LA COMPLESSITA’ SIRO-IRACHENA RIDOTTA ALL’OSSO. Mappa per orientarsi nel disordine mediorientale

Naturalmente, come ogni mappa, anche questa è produzione di uno sguardo soggettivo. E’ scritta di getto in tre ore, non ha note d’appoggio, si basa sulle conoscenze (relativamente limitate) dell’autore. 

Il problema siro-iracheno proviene dalle forme statuali che vennero imposte nel XX° secolo ad una regione che, storicamente, non ne aveva. Tale problema è esteso a tutta la fascia Africa-Medio Oriente-Asia Meridionale e venne creato per una sovra imposizione di forme statuali, lì dove storicamente si sono avuti califfati e pullulare di piccoli regni più o meno tribali. Non solo si è imposta una forma che non aveva ragioni di esistere date le tradizioni storiche, culturali, politiche e soprattutto religiose ma la stessa ripartizione, seguendo unilaterali interessi dei colonizzatori, ha assemblato pezzi di popoli incompatibili ed ha diviso in pezzi  popoli storicamente omogenei.

Questo vero e proprio disastro geopolitico, in Medio Oriente, ha nome e data precisa: l’accordo spartitorio tra Francia e Gran Bretagna del 1916, negoziato tra due diplomatici che vi apposero il proprio nome, l’Accordo Sykes (UK) – Picot (FRA) con altrettanto distruttivi contributi successivi. L’anno prossimo ne ricorre il secolo di anniversario. Questa è la base del problema  ma poi su questa base già di per sé contraddittoria, si sono sommate ulteriori contraddizioni lungo la Seconda guerra mondiale ed i decenni successivi.

SYKES PICOT

L’ORIGINE DEL PROBLEMA

Si arriva così con un carico di pezzi di puzzle che non sono stati torniti per combaciare, alla Seconda guerra USA-Iraq. L’Iraq era uno dei capolavori “meglio riusciti” dei geografi politici britannici: curdi (non arabi) sunniti, con arabi sunniti, con arabi e iranici sciiti. I minoritari arabi sunniti, a loro volta innaturalmente separati dai parenti dislocati nell’attigua Siria, avevano con Saddam, il governo autoritario della pentola a pressione irachena. Questa minoranza governava su un’altra minoranza, i curdi, a cui era stato negato lo Stato precedentemente promesso dai soliti inglesi. I curdi sono oggi 30-40 milioni e sono locati dentro ben sette stati in quella porzione di cartina geografica con la quale non abbiamo confidenza, sebbene noi europei si sia tutti di razza “caucasica” poiché lì sono le nostre origini ancestrali (circa 50.000 af). La minoranza arabo sunnita in Iraq, governava poi anche su una maggioranza di sciiti, di etnia mista arabo-iranica. Non solo i britannici s’inventarono uno stato di tipo europeo su un territorio storico, la Mesopotamia, che trascendeva questa categoria di appena 10.000 anni ma lo fecero, anche, per dare un contentino riparatorio di un altro bel casino che avevano combinato. Si tratta del legittimo (legittimo in base al Corano) emiro di Mecca e Medina col quale fecero un’alleanza usandolo per liberare la zona dagli ottomani, salvo poi non mantenere le promesse territoriali che dovevano compensare gli sforzi degli arabi. Il contentino fu negargli la sovranità sulla Penisola arabica-Siria promessa ma dare ai due figli, la sovranità su due stati inventati ex novo, quella che sarà la Giordania, e l’Iraq. Non solo, in seguito aiuteranno la famiglia al-Saud, che tradizionalmente stava a Mecca e Medina come gli svizzeri stanno al Mediterraneo, a soppiantare i legittimi discendenti di Muhammad che stavano appunto a Mecca e Medina, inventando un terzo stato: l’Arabia Saudita. Al – Saud compì l’impresa dandosi una legittimità religiosa (che non aveva) ricorrendo al patto tra suoi antenati ed un altro illegittimo, un certo al-Wahhab da cui discende il wahhabismo, una interpretazione coranica estrema che esiste solo in Arabia Saudita.

Quando saltò, il coperchio della pentola a pressione irachena ovvero Saddam, tutte queste contorte linee di forze disordinate, presero vigore e ne nacque la situazione che fa da premessa alla storia più recente. Naturalmente dei disastri Sykes Picot fa poi parte anche tutta la storia Israele-Palestina ma già aggrovigliati con quella siro-irachena, ce la risparmiamo. Inoltre, lo sciagurato design delle scatole di sabbia mediorientali, si era intrecciato col petrolio, con i postumi della R.A.U. (tentativo di unione laica tra Egitto-Siria e Yemen, da cui derivava il partito Ba’th, al governo proprio in Siria ed Iraq), erano arrivati gli americani, i russi erano diventati sovietici e poi di nuovi russi, gli ottomani erano diventato turchi, gli israeliani erano diventati una potenza regionale atomica e gli iranici erano diventati una repubblica islamica sciita, aspirante atomica.

Si arriva così all’Isis. Dopo aver lungamente ricercato tempo fa sull’argomento, chi scrive si è fatto questa idea sull’origine dell’Isis. L’Isis è un soggetto tripartito. Il suo scheletro è dato dall’élite della minoranza sunnita irachena, proveniente dall’esercito, dai servizi segreti e dalla polizia dei tempi di Saddam. Questa è la sua infrastruttura locale e militare (professionale). Su questo scheletro si è formata la muscolatura e gli organi dati da vari tipi di aderenti al radicalismo islamico (salafiti, jihadisti, wahhabiti et alter) provenienti da tutto il mondo musulmano. Il sistema nervoso è stato fornito da…? Ora qui la faccenda è sia oscura che complicata. Chi scrive ritiene che l’origine strategica del progetto Isis sia arabo saudita. Per lungo tempo questa origine è stata negata. Poi si è cominciato ad ammetterla ma con la formula: all’inizio privati sauditi hanno finanziato l’Isis poi la creatura si è rivoltata contro. Dopo le dichiarazioni di Putin in Turchia, i giornali continuano con la versione dei finanziamenti privati. Chi scrive (e non sono il solo ma in compagnia di ben più qualificati di me) non ritiene che siano stati i “privati” ma la famiglia reale saudita in piena consapevolezza ed intenzione e ritiene che questo non sia stato solo l’inizio di cui successivamente i sauditi  avrebbero perso il controllo, venendone addirittura minacciati, ma sia valido ancor oggi. Su quanto questo progetto fosse stato condiviso tra sauditi ed americani il discorso si fa lungo e complesso. Il progetto è stato probabilmente condiviso con “una parte” degli americani di più e con un’altra di meno mentre è stato condiviso sicuramente con gli israeliani e con i turchi. Attualmente, non è escluso che la variegata composizione interna dell’Isis abbia conflitti strategici interni e col patrocinatore saudita. Altresì non è detto si renderà docile alle soluzioni che verranno approntate sopra la sua testa. A cosa mirava, il progetto Isis?

L’obiettivo del progetto era triplice: 1) Il primo fine era quello di creare uno stato sunnita prendendo un pezzo di Iraq ed un pezzo di Siria. Questo nuovo stato ricuciva l’unità tribale sunnita separata dal Sykes Picot. Abbandonava l’impossibile convivenza con curdi e sciiti. Creava uno stato intercapedine tra mondo sunnita-israeliano e il mondo sciita-iraniano, “affiliato” all’Arabia Saudita. Sottraeva terra e potere alle tribù sciite siriane che erano specularmente ma inversamente al problema iracheno, a loro volta una minoranza (sciita) che governava una maggioranza (sunnita). Ambiva ad integrare parte dei pozzi iracheno-siriani con il sistema saudita-Golfo. Si poneva come possibile alternativa alla rete degli idrocarburi che sfociava nel Golfo, offrendo una teorica possibilità di sfociare direttamente nel Mediterraneo. Questo primo fine motivava lo scheletro armato del soggetto che con la fine di Saddam aveva perso tutto: terra, potere, futuro. 2) i sauditi avevano un problema con al-Qaida. Era al-Qaida il vero Frankenstein a cui avevano dato vita assieme a gli altri paesi del Golfo e che si era rivoltato contro “il creatore”. Si tenga conto che di tutte le costruzioni istituzionali del vario mondo musulmano, la monarchia è probabilmente, la forma meno legittima secondo la tradizione coranica. La monarchia marocchina ha legittimità un po’ stiracchiata, quella giordana -hascemita da Husayn, lo sceriffo di Mecca e Medina fregato dagli inglesi- invece è pienamente legittima discendendo dall’antico clan di Muhammad [Banu Hascim] e non a caso saranno i giordani a decidere il tavolo di composizione delle trattative sul post Siria concordato l’altro giorno a Vienna. Quella saudita  non ha alcuna discendenza da Muhammad ed è del tutto infondata. Ma il culmine è che una monarchia e per giunta infondata, governa su Mecca e Medina. Scorrendo il registro delle cronache, troverete diversi attentati ed arresti di affiliati ad al-Qaida in Arabia Saudita mentre non ne troverete neanche uno di Isis. Per risolvere il problema al-Qaida che era il progetto 1.0, si creò il progetto 2.0 di modo che gli affiliati al primo si travasassero nel secondo. L’inimicizia, ambigua come tutte le cose arabe, tra al-Qaida ed Isis, discende da questa competizione. Il travaso si è fatto stringendo i cordoni della borsa per al-Qaida e inondando l’Isis, poiché il jihadista è sensibile al soldo si è prontamente travasato. I resti di al-Qaida sono rimasti nella sfera d’interesse del Qatar.  Come posizionamento, fatta salva l’adesione allo stesso ceppo ideologico che origina da Sayd Qutb e i salafiti, mentre al-Qaida era contro il nemico vicino (tutti i governi illegittimi arabo-musulmani) e quello lontano (il Grande Statana occidental-americano), Isis voleva uno stato-territorio ed il suo nemico principale, sia territoriale, sia ideale, era il mondo sciita. Sciiti infatti erano sia i governanti siriani, sia quello che rimaneva dell’ex-Iraq, sia il nemico storico dei sauditi, l’Iran. Tecnicamente parlando, al-Qaida nasce e rimane una organizzazione di tipo terroristico, Isis no, è un progetto che rivendica uno stato non su base etnica ma su base religiosa il che non toglie che possa -anche- usare il terrorismo. 3) il terzo obiettivo era il più ambizioso ma non so dire se sia stato previsto come un tentativo-alone o un fine perseguito con piena convinzione. Si trattava di monopolizzare il mondo dell’estremo islamismo, strappandolo da una galassia variegata che al suo estremo spettro politico ha i Fratelli musulmani che non sono terroristi (appoggiati da Qatar) e consegnandolo al mondo wahhabita di cui i sauditi sono monopolisti. Tutte le più efferate pratiche dell’Isis non fanno che ripetere le gesta e le prescrizioni di al-Wahhab, la letteratura che gira tra gli affiliati dell’Isis è tutta di esplicita origine wahhabita. La gran parte del network di nuove scuole coraniche e moschee, aperto tanto nel mondo islamico, quanto in quello extra-islamico, hanno origine saudita-emirati.  La ramificazione dell’Isis, dall’Estremo Oriente, all’estremo Occidente africano, segue questa linea di manipolazione e monopolio dell’interpretazione più rigorosa del Corano, al fine di condizionare tutti i governi del vario mondo musulmano, nonché disturbare i nemici esterni all’Islam, che siano cinesi, russi, indiani o europei. Quindi: uno stato islamico-califfale nel Siraq anti-sciita, soppiantare al-Qaida con il conseguente riorientamento strategico, egemonizzare il variegato mondo islamista con il wahhabismo.

I cinesi, quando si tratta di uiguri (popolazione turca, musulmana, nell’ Ovest dei confini nazionali cinesi, nel Xinjiang), vanno per le spicce. Eppure, per quello che si sa, forse gli islamici sono responsabili addirittura di un attentato a Beijing. Inoltre, paventano che l’Isis si allarghi alle regioni centro-asiatiche dove i cinesi hanno progetti relativi alla propria, nuova, Via della Seta. Ma in questi giochi in cui i comuni mortali si perdono per bancarotta etica e logica, la Cina è anche cliente dell’Arabia Saudita (petrolio) e gli ha venduto i missili su cui i sauditi pensano di mettere le testate nucleari date dai pakistani (che sono amici dei cinesi). Gli indiani del neo-nazionalista indù Modi, hanno cominciato a fare a botte con i musulmani interni e lì la faccenda è complicata anche dal Pakistan. Lo stesso Pakistan pare abbia un segreto accordo di fornitura di testate atomiche ai sauditi, qualora si presentasse un problema con l’Iran. I russi sono quelli che hanno le idee più chiare e le mani più libere nell’opporsi ai disegni egemonici sauditi. Oltre ad interessi geopolitici generali, ai problemi di terrorismo islamico nel Caucaso, il dente avvelenato per il dumping sul prezzo del petrolio, hanno l’interesse imprescindibile di mantenere la base navale di Tartus in Siria, che è l’unico punto d’appoggio fuori del Mar Nero. Non appena Isis si è presentata a ridosso di Tartus, Putin ha fatto decollare i caccia. Gli iraniani sono ovviamente schierati come “il nemico” principale, attraverso l’Iraq sciita, Assad e gli alawiti (che sarebbero sciiti ma non ortodossi), ed Hezbollah che sarebbe una specie di fratellanza musulmana versione sciita.  Hezbollah ha interessi sia in Siria, sia in Libano. Inoltre, l’Iran rimane l’unico vero nemico armato contro Israele. I curdi iracheni, ovviamente combattono contro l’Isis per ragioni confinarie. L’Isis vorrebbe quanto più Iraq è possibile, i curdi resistono per la loro parte, altrettanto in Siria. I turchi, non vogliono che prenda forma un possibile stato curdo, in specie quello sul versante siriano che è monopolizzato dal peggior nemico interno della Turchia di Erdogan, il Pkk. Altresì, possono tollerare  uno stato sunnita in Siraq anche se è da vedere bene di che tipo e vorrebbero partecipare al banchetto siriano prendendosi un pezzo del suo Nord. Gli israeliani sono solidali con l’Arabia Saudita e l’allontanamento dei confini sciiti, oltre ovviamente a vedere di cattivo occhio Assad e combattere Hezbollah. L’Isis ha tagliato molte teste ma neanche una ebraica. L’Egitto sta alla finestra, può poco al momento ed ha le sue gatte interne da pelare, nel Sinai e contro la Fratellanza musulmana, ha simpatia per i petrodollari sauditi ma non è detto non si faccia sotto alla partita. In fondo ha rapporti storici con una Siria laica e sicuramente non condivide le strategie saudite più hardcore. D’altro canto, al-Sisi, è debitore dell’appoggio del Golfo al colpo di stato che ha rovesciato Morsi e la Fratellanza musulmana. Si tenga quindi conto che c’è: uno scontro sunniti-sciiti (Arabia Saudita – Iran) detto “scontro settario”, ci sono appetiti territoriali e vecchie inimicizie d’area, l’esibizione di potenza wahhabita per soppiantare al-Qaida ed egemonizzare l’islam radicale. Intorno, russi ed americani che osservano e partecipano, europei (francesi e britannici) convinti, da un secolo, che la cosa li riguardi.

Gli americani? Innanzitutto bisogna dividere gli americani in due. Da una parte l’’industria militare più tradizionale, i neocon, la Clinton, uniti e solidali col progetto saudita, quantomeno per ciò che riguarda la risistemazione dei confini mesopotamici. Dall’altra l’amministrazione Obama. Obama ha dichiarato -ed ha conseguito comportamenti pratici coerenti-, che il Medio Oriente è sceso nella graduatoria degli interessi geopolitici americani. Ricordiamo che la strategia geopolitica obamiana annunciata punta all’Asia, quella praticata punta anche a dividere Russia ed Europa, il gas di scisto emancipa per grande parte gli USA dalla dipendenza dal petrolio mediorientale. La politica dei prezzi gestita come un’arma dai sauditi, andava contro l’Iran e la Russia ma non meno contro gli americani tentando di mettere il scisto fuori mercato. E’ in gioco lo statuto del dollaro, i trattati regionali (Tpp. Ttip. Tisa, allargamento NATO), gli USA hanno già un bilancio fuori dai limiti e non sono onnipotenti, il discorso sulle priorità ha senso.  Obama sta sdoganando l’Iran per creare un quartetto+1 auto-bilanciato (Iran, Arabia Saudita, Turchia, Egitto + Israele non direttamente) che si neutralizzi a vicenda creando il famoso equilibrio delle potenze regionali. Che si venga a formare un nuovo stato sunnita in Siraq è dato forse per scontato per cui l’impegno anti-Isis è stato solo mimato. Quello della parte neocon-Clinton invece è stato agito ma a favore del progetto sauditi-Isis.  Recentemente è diventata golosa l’idea di dare finalmente uno stato ai curdi. I curdi sono tanti, non sono arabi, sarebbero eternamente grati (alleati fidati) a chi dà loro la statualità, avrebbero prossimità al Caspio, starebbero in mezzo ad Iran, Caucaso, nuovo stato sunnita/Medio Oriente. Probabilmente, l’idea sarebbe consentita da iracheni, iraniani (recalcitranti ma potrebbe essere oggetto di scambio con altri favori)  e nuovo ipotetico stato sunnita, non credo dai turchi ma anche qui si tratta di vedere la contropartita. L’Iraq curdo è quello più ricco di petrolio.

Recentemente, Umberto Veronesi di cui era sconosciuta la competenza geopolitica, ha azzardato l’idea di sdoganare la pretesa sunnita di un nuovo stato siro-iracheno. In termini di realismo, che è l’unica filosofia che conti in geopolitica sebbene non sia la sola ad influenzarne il pensiero, questa pare l’unica soluzione possibile. E’ molto difficile pensare di riportare i sunniti iracheni con curdi e sciiti in un unico stato. E’ altrettanto improbabile, pensare di ricostituire la Siria originaria. E’ parimenti difficile che l’Arabia Saudita, il Qatar, i golfisti,  la Turchia, i curdi e gli stessi sciiti accettino un ritorno alle posizioni di partenza. Fece parte della strategia neocon che mosse Bush in Iraq, balcanizzare la regione. Sapevano cosa stavano facendo e contavano su oggettive linee di faglia, le stesse dei Balcani.

Si tratterà quindi di vedere come e quando dar seguito a questo esito scontato premettendo che non sarà affatto facile e che proprio al giungere al dunque di chi si prende cosa e come, le azioni sul campo si infittiranno per guadagnare posizioni-fiches da giocarsi al tavolo delle complesse trattative. Altrettanto, si manifesteranno caoticamente tutte le direzioni divergenti che compongono oggi l’interno del soggetto Isis. Chissà che la strage parigina non possa esser inquadrata anche in questo senso. Ricordo anche che quella di Charlie Hebdo avvenne tramite soggetti che si richiamavano ad al-Qaida non ad Isis.

Si tratterà poi di vedere cosa ne sarà dell’obiettivo 2) e soprattutto 3) della strategia Isis-Arabia Saudita. Uno stato sunnita di impostazione islamica naturalmente sarebbe la success story che nella competizione jihadista farebbe trionfare l’Isis su al-Qaida e più in generale sul ribollente mondo dell’islam radicale che esiste e non necessariamente imbraccia il mitra. Ma poiché il mondo arabo è il più tipico dei gineprai hobbesiani, se i sauditi l’avessero vinta su questo punto, chissà “gli altri” cosa farebbero. Soprattutto il Qatar che tanto si è speso in Siria. Infine, l’idea di una egemonia wahhabita con uno stato di partenza ed impegni terroristici in tutto il mondo musulmano sarebbe inaccettabile per tutti. L’idea stessa di un califfato è una minaccia mortale alla legittimità di qualsiasi sovranità statale dell’Islam che, ricordiamolo, conta 1,6 miliardi di persone. Ricordo che il “califfato” è ritenuta l’unica forma legittima di forma politica in base alla storia essendo questa la forma in essere della zona dalla morte di Muhammad (632) al 1924. In base alla storia, non al Corano che in materia non dice nulla.  S’impone quindi, una qualche forma di normalizzazione dell’Isis ed una sua trasformazione in gruppo dirigente della nuova entità statale con rilascio in vuoto a perdere, dell’anima jihadista che bisognerebbe poi vedere che fine farebbe.  I discendenti di Sykes non so cosa stiano facendo ma qualcosa di molto arzigogolato, sicuramente lo stanno facendo (as usual), probabilmente come consulenti geopolitici dell’Arabia Saudita e “padrini occulti” della nuova creatura. I discendenti di Picot bombardano, vengono mitragliati nei boulevard, cantano la Marsigliese e vanno e bombardare di nuovo e di più. Sanno che con i bombardieri non si risolve nulla se non ottenere una sedia la tavolo che tratterà il finale di partita e ritenendo quella, “zona loro”, quella sedia è ritenuta fondamentale. Qualcuno dovrà pur ricostruire con creatività, la schumpeteriana distruzione, no? Vedo un bel TGV Baghdad – Damasco, Damasco – Ryad e non solo.

In Europa, si mostra plasticamente come i più sono ignari del mondo. Se ne sentono di tutti i colori e si discute su un discreto numero di cose (ideologiche, romantiche, emotive) che poco o nulla hanno a che fare col problema. che è intricato ma non richiede una laurea in meccanica quantistica per esser approcciato. Ci sono le élite francesi strapazzate da sogni di potenza neo-coloniale: i francesi si stano dimostrando un popolo assai unito nel ritenersi “speciale”, entro un certo limite questo è anche simpatico folklore, nel mondo complesso diventerà invece un problema. Ci sono poi quelle che si occupano solo di euro, derive neo-liberali ed impossibili limiti di bilancio da mantenere nel futuro anche immediato. I francesi hanno già defezionato e poiché anche gli americani spingono per l’aumento delle spese della difesa ed hanno inviato due bei missili a miss Merkel, uno con su scritto VW e l’altro DB, per cui penso che i limiti diventeranno improvvisamente porosi. C’è l’europeo medio che è terrorizzato dal mondo che è e che verrà. Dalla politica all’informazione che nulla hanno fatto sino ad oggi per intermediare la nuova complessità del mondo, potenti dosi di isteria non fanno che confondere ulteriormente le cose.  C’è poi il circo dell’incompetenza mediatica e gli avvoltoi e le iene che pasteggiano su i cadaveri. L’intellighenzia di sinistra, a casa loro quando si tratta di migranti, Tsipras, l’euro ed il neo-ordo-liberismo che hanno scoperto con qualche decennio di ritardo diventando però tutti docenti di teoria monetaria, ti guardano come se parlassi di Yoda e Dart Fener. L’ambiente alternativo più estremo, vede complotti sofisticatissimi e non vede quelli più concreti. L’Isis è la CIA, non c’è stato nessun attentato ma solo covert operations, il cattivo è sempre l’America (powered by sionisti), il mondo (al pari dei neo-con) è idealmente diviso in buoni-buoni vs cattivi-cattivi. Il fondamentalismo arabo è una invenzione pura e semplice. Sono invero i più disincantati per certi versi ma nella sottovalutazione delle dinamiche arabo-islamiche mostrano la stessa cecità degli imperialisti e dei colonialisti ovvero un ottuso euro-centrismo ed un occidentalismo che sebbene critico, riduce la complessità del mondo nuovo al solo imperialismo capitalista. Recentemente, le uniche cose sensate che si sentono vengono dette da generali in pensione. Infine, leggersi qualcosina su l’Islam che è: a) più del 20% del mondo; b) in potente crescita demografica; c) dirimpetto a noi; d) già consistentemente presente da noi; e) un posticino con 3o e più stati del continuum afro-asiatico; f) una cultura molto complessa che ha millequattrocento anni, non sarebbe una cattiva idea.

Tutto questo disadattamento evidente, depone a sfavore delle previsioni sulla consistenza del nostro prossimo futuro che sarà pesantemente condizionato da questo gioco e da quello più ampio che attiene alla risistemazione dei pesi di potere sul globo.

= = = =

(Questo articolo è stato ripreso, tra gli altri, anche qui e qui)

[A chi interessa: 1) Un nostro studio di più di un anno fa, qui (più puntate); 2) Un nostro corposo studio su Corano ed Islam, qui (Intro + 7 puntate); 3) un’altra analisi sullo scenario di otto mesi fa, qui]

Informazioni su pierluigi fagan

64 anni, sposato con: http://artforhousewives.wordpress.com/, due figli, un gatto. Professionista ed imprenditore per 23 anni. Negli ultimi venti e più anni ritirato a "confuciana vita di studio", svolge attività di ricerca multi-inter-transdisciplinare da indipendente. Il tema del blog è la complessità, nella sua accezione più ampia: sociale, economica, politica e geopolitica, culturale e filosofica. Nel 2017 ha pubblicato il libro: Verso un mondo multipolare, Fazi editore. Ogni tanto commenta notizie di politica internazionale su i principali media oltre ad esser ripubblicato su diverse testate on line. Fa parte dello staff che organizza l'annuale Festival della Complessità e pubblica su specifiche riviste di sistemica. Tiene regolarmente conferenze su i suoi temi di studio, in particolare sull'argomento "Mondo e complessità". Nel 2021 è uscito un suo contributo nel libro collettivo "Dopo il neoliberalismo. Indagine collettiva sul futuro" a cura di Carlo Formenti, Meltemi Editore. A seguire: "Europa al bivio. Tra radici e sfide" a cura di Vincenzo Costa, Marcianum press, 2024 Venezia e "L'era multipolare: competizione o cooperazione" a cura di Gabriele Germani, La Città del Sole, 2024, Napoli.
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11 risposte a LA COMPLESSITA’ SIRO-IRACHENA RIDOTTA ALL’OSSO. Mappa per orientarsi nel disordine mediorientale

  1. Do ha detto:

    L’ha ribloggato su Luci di Doe ha commentato:
    La versione complessa…

  2. mododidire ha detto:

    Letto su EuNews. Grande chiarezza, davvero necessario, complimenti

  3. Enrico Sgarella ha detto:

    Ciao Pierluigi!
    Che ne pensi di un parallelo fra le bombe sui treni in Spagna (e la conseguente uscita della Spagna dall’alleanza anti irachena) e l’attacco mirato alla Francia? (subito dopo l’attentato all’aereo russo) Per scoraggiarne l’impegno o perlomeno farlo ridurre entro certi limiti. Se ciò fosse vero Italia e Germania potrebbero essere obiettivi da non sfruculiare.
    Un eccesso di terrorismo potrebbe costringere l’Europa a dar vita finalmente ad un esercito centrale .. Una dose eclatante ma non incalzante di terrorismo potrebbe essere nel senso del disegno politico che hai ben delineato tu.
    ciao Enrico
    PS ne approfitto per segnalarti l’evento che ho organizzato (il 26 prossimo in via val Chisone 33 proiezione del film IL Volo di Wim Wenders e incontro con Piero Bevilacqua e Vezio DE Lucia) su immigrazione, integrazione (e a questo punto terrorismo) partendo da un appello pubblicato sul Manifesto del 29 settembre scorso (in poche parole recuperare i territori semiabbandonati del centro sud italia pianificando una immigrazione e integrazione ben amministrata come a Riace e a Caulonia).
    Ciao Enrico
    https://www.facebook.com/events/907641952663108/

    • pierluigi fagan ha detto:

      Ciao Enrico,

      ti ringrazio della segnalazione che mi sembra un progetto molto interessante. Quanto al fine degli attentati, ritengo sia semplice ovvero mettere la Francia in contraddizione con se stessa, indebolire il nemico. In una settimana, hanno fatto ritorsioni contro Hezbollah (Libano), russi (Sinai) e quindi Parigi. Concordo che è assai poco probabile prevedere attentati in Europa ed in particolare in Italia per il Giubileo. Questo, se parliamo di Isis. C’è poi sempre la possibilità che qualcun altro possa avere interesse a farlo lasciando che la colpa cada sul maggior indiziato. Qui la partita che ho descritto nell’articolo ha due livelli, quello descritto e quello di tutti i ricciolini ed arabeschi che da questo disegno principale dipartono. Sottolineo che questa non è l’unica partita geopolitica che si sta giocando. Hollande che s’appella all’UE e non alla NATO, l’idea di un esercito europeo, russi si-russi no, interessi polacco-balto-ucraini vs quelli di Europa occidentale, insomma ci sono giochi infeudati in altri giochi.

      • Enrico Sgarella ha detto:

        Vero. Come in una seria matassa ingarbugliata tiri un filo ma non sai che cosa si sposterà alla fine… Infatti qualcun’altro potrebbe avere interesse a fare un attentato (o “un piccolo” attentato o un falso attentato magari autodenunciato) a San Pietro per incolparne l’ISIS e ricavarne vantaggi interni…
        ciao

  4. aeroporto2 ha detto:

    bella la prefazione, intelligente il pezzo. personalmente condivido e riconosco l’analisi.

  5. Leonardo ha detto:

    Buongiorno, ho letto questo articolo, cosa che avevo già fatto poco tempo dopo la sua pubblicazione, con rinnovato interesse, adesso che è passato quasi un anno. Il quadro dipinto ha assolutamente senso e, tra le altre cose, descrive (a mio avviso ottimamente) le mire e le intenzioni con cui il progetto di sistematica disintegrazione della Siria è stato portato avanti.

    Mi incuriosirebbe sapere come rivaluterebbe la situazione alla luce degli eventi trascorsi da quando il post è stato redatto, con particolare riferimento alla prossima riconquista di Aleppo da parte delle forze filo-governative (la assumo per scontata in assenza di un massiccio intervento militare o diplomatico occidentale) e tutto il codazzo di reazioni isteriche, scomposte e diplomaticamente poco professionali (es. la scenata di Samantha Power) che sta provocando all’interno delle cancellerie occidentali.
    I rigurgiti guerrafondai delle componenti neocon interne alle elite americane in questi giorni trovano sempre più spazio su quotidiani anche prestigiosi, come il Washington Post e il New York Times. Gli scontri interni all’amministrazione hanno raggiunto livelli aspri, con Kerry che negozia cessate il fuoco e il Pentagono che bombarda le truppe siriane a Deir-Ez-Zor un paio di giorni prima che entri in vigore il progetto di condivisione di intelligence tra comandi militari russi e americani.
    Si tratta solo di un gioco delle parti, magari anche elettoralmente motivato, o è effettivamente segno allarmante di un reale deteriorarsi della situazione? Personalmente le plateali minacce reciproche che le due superpotenze sono arrivate a scambiarsi mi preoccupano, e non credo che i Russi avrebbero schierato altri dispositivi missilistici di difesa anti-aerea se non temessero una reale possibile escalation della situazione.

    Per certi versi mi sembra che Mosca abbia accettato l’idea che la Siria non tornerà più quella di una volta e che lo stesso Assad sia rassegnato a controllare “la parte di Siria che conta”.
    Una Siria dimezzata sarebbe sufficiente ad ostacolare quel piano di creazione di un “Sunnistan” di cui parlava in questo post, motivando in tal modo la rinnovata aggressività di quella parte delle elite americane che supportano il progetto saudita?

    • pierluigi fagan ha detto:

      Buongiorno, grazie di aver riportato in vita una analisi di un anno fa, nulla meglio del tempo conferma o falsifica gli impianti interpretativi che usiamo. La faccenda siriana potrà finire o bene o male. Per bene s’intende che -prima o poi- si tratterà e l’esito non potrà che essere un sostanziale pareggio ovvero qualcosa da poter mostrare alle rispettive opinioni pubbliche come tale. Per paraggio s’intende qualcosa di simile a quello che prospetta lei ma saranno i particolari a definire la stabilità della soluzione o la sua provvisorietà. Cruciale, sarà vedere se, come e dove, l’ipotetico Siraq sunnita, possa avere accesso alla costa mediterranea, senza accesso non serve poi a molto se non a salvare la faccia ma questo possibile accesso, sulla cartina, non si vede. Nel frattempo, la posizione saudita si è molto indebolita, direi che la strategia Isis ed i piani egemonici wahhabiti si vanno ridimensionando, la casa regnante ha seri problemi di bilancio, l’alleanza con gli USA è assai contraddittoria (mentre ahinoi cresce il ruolo europeo, Francia ed Italia ad esempio), ad Algeri hanno dovuto concedere un taglio della produzione e come ricorda D.Flores su Limes, sembra che vadano confluendo verso comuni interessi con i russi (alzare un po’ il prezzo ma non tanto da riportare in mercato lo shale americano). La posizione turca è cambiata e l’utilizzo del tasto curdo da parte degli States, si è fatto più delicato. Di contro, è proprio l’area curda (quella irachena ma anche quella iraniana e quella turca) quella in cui dovrebbe sfociare la Via della Seta cinese di terra. Chissà anche Israele quanto preferisca avere jihadisti sunniti al confine o il più ragionevole Assad grato di esser sopravvissuto ed assai più conciliante. Israele ha grosse partite in ballo con i russi ma sopratutto coi cinesi (di cui si parla poco).

      Potrebbe finire male significa che sopratutto da qui all’8 Novembre ma anche dalla votazione all’insediamento che è a Gennaio 2017, parti dell’élite americana (le stesse che come lei giustamente nota hanno sabotato il piano Kerry-Lavrov), vogliano forzare la mano portando lo scontro al livello dal quale non si può -per credibilità e dignità imperiale- far marcia indietro. Potrebbero farlo di loro sponte o potrebbero anche farlo con l’avvallo della Clinton che preferirebbe trovarsi col fatto compiuto e non dover lei esporsi per prima. Non le so dare però una valutazione di probabilità di questa ipotesi. Potrebbe anche esser un “male provvisorio” ovvero qualche lavoro sporco che guadagni qualcosa per la trattativa finale e che non necessariamente travalichi i limiti del confronto diretto USA-Russia che è comunque da evitare anche se è bello minacciarlo.

      Infine, c’è sempre la possibilità non vada affatto a finire. Gli USA mostrano chiari segnali di voler stressare l’amministrazione russa su ogni teatro, dalla nuova carta d’intenti con la Finladia ad Aleppo. Questo gioco si basa sul tempo, più a lungo lo porti avanti, più hai possibilità di vincerlo semplicemente perché, a quel punto, è il primo Pil mondiale contro il dodicesimo (o anche USA 14 volte e mezzo il Pil russo). Ma a questo punto, andrebbe valutato anche l’interesse cinese e lì, la partita potrebbe davvero mettersi male per gli americani.[http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=126617&typeb=0&la-terza-guerra-mondiale-spiegata-da-kaczynski]

      Mi scuso di non poter esser più preciso ma allo stato attuale, è meglio osservare il dipanarsi dei fatti e rimandare le analisi più precise a quando, proprio attraverso i fatti, sapremo meglio dedurre quanti assi, quanta posta e quanto bluff è in ogni giocatore.

      • Leonardo ha detto:

        Grazie della risposta e del tempo dedicatole.

        Quello che personalmente mi spaventa di certi ambienti neocon è che non sono affatto certo della razionalità che li muove. Mi sono fatto l’idea che ci siano persone in quell’ambiente che nutrono l’intima certezza di poter sfidare la Russia, convinte che, mettendola di fronte ad un confronto diretto che non potrebbe vincere, finirebbero per costringerla a piegarsi e lasciare il campo. Una sorta di “calling a bluff” in senso “pokeristico”.

        Personalmente mi sembra una scommessa estremamente pericolosa. Da quello che ho visto finora, negli ultimi anni, la classe dirigente russa appare cauta ma determinata e sempre più intenzionata a stabilire linee rosse invalicabili. E’ anche abbastanza capace da esser riuscita, finora, a gestire oculatamente le proprie risorse, impiegandole dove aveva la possibilità di farle contare davvero, ottenendo il massimo risultato con i mezzi relativamente limitati di cui dispone (risultato che è consistito comunque nel mettere una pezza a tentativi altrui di cambiare lo status quo in una maniera che avrebbe danneggiato gli interessi russi).

        Tempo fa lessi la trascrizione di una specie di “question time” di Lavrov sulla performance diplomatica russa nel 2015 ( http://www.mid.ru/en/foreign_policy/news/-/asset_publisher/cKNonkJE02Bw/content/id/2032328 ). Verso il fondo risponde ad una domanda sul reset delle relazioni russo-americane. Nella risposta c’è un passaggio in cui (parafrasando) Lavrov esplicitamente fa capire che Mosca è consapevole delle difficoltà per gli USA di adattarsi alla transizione ad un mondo multipolare e che per questo entro certi limiti capisce il tentativo di impedirne o ritardarne l’avvento, auspicandosi però che simili “mosse” possano esprimersi nell’ambito di regole reciprocamente accettate a livello internazionale, in modo da prevenire un completo arbitrio che si risolverebbe in conflitti più gravi.
        Ebbi l’impressione di una classe dirigente convinta che il tempo fosse dalla propria parte e disposta ad accettare di giocare la partita con l’occhio rivolto alla necessità di accomodare qualche intemperanza dell’avversario pur di facilitare uno svolgimento meno traumatico possibile del processo.

        Mi è venuto in mente sulla base di quanto Lei diceva a proposito della “terza via” (il proseguimento su nuovi fronti dello scontro che adesso ha il suo epicentro in Siria), cioè del tentativo di logorare la Russia.
        Nonostante l’attuale disparità di risorse (che comunque i Russi mi sembrano utilizzare in maniera più efficiente… si pensi ai 6500 miliardi di dollari di spese non rendicontate del Pentagono), il mio timore è che sia una strategia di lungo corso ricca di possibili frustrazioni per chi intende perseguirla e che prima o poi qualcuno (e qui mi riallaccio a quanto dicevo all’inizio del post) perda la pazienza e forzi la mano in un tentativo di risolvere la questione prima che, come giustamente ricordaVa, la potenza economica cinese e il subbuglio che sta scuotendo il pianeta, possano minacciare di spingere la superpotenza americana in una situazione di ancora minor controllo.

      • pierluigi fagan ha detto:

        Sì, il rischio c’è. Speriamo allora tutti vogliano -e siano in grado- di andare per le lunghe. Quello che effettivamente preoccupa è che la riduzione di potenza derivata da un nuovo assetto multipolare, incide fortemente sull’intera organizzazione sistemica del modello americano ma per andare lentamente in quella direzione, si dovrebbe pur vedere una strategia di modifica interna a gli States di cui però -fino ad ora- non v’è alcuna traccia. Forse la strategia economica di Trump ma lui è impresentabile e molto probabilmente non vincerà le elezioni.

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