IL POTERE DELLA PAROLA.

(Post tratto dal mio fb). Nulla sembra ontologicamente più lontano dal concetto di potere con effetti pratico-materiali che la parola, immateriale flatus voci che però ha significati. Questo perché con cecità selettiva, eliminiamo il termine medio: l’umano.

La parola esce da un umano, va da un altro umano, si conficca nelle mente che è poi propriamente ciò che fa dell’umano un umano e l’umano, da solo o più spesso in compagnia, fa cose con effetti pratico-materiali in base a ciò che ha in testa (parole, concetti, idee, immagini di mondo). Tutto molto semplice, sebbene paia a noi strano.

A volte equivochiamo come stranezze del mondo nostre stranezze gnoseologiche, nostre ignoranze, non distinguiamo la nostra stranezza mentale dal mondo, la proiettiamo.

Nel libricino di BCL (La crisi della narrazione, Einaudi, 2024), c’è un racconto del grande studioso di mistica ebraica Gershom Scholem (su cui ha scritto un interessante articolo Alessandro Visalli che rimando in link), che riferisce una vecchia storia chassidica. Non la riporto tutta anche se, se ne perde la godibilità, vado alla struttura logica.

Si parte da un famoso mistico che quando doveva far accadere qualcosa, andava in un posto nei boschi, accendeva un fuoco, diceva delle preghiere e tutto si realizzava secondo proposito. Una generazione dopo rimaneva la conoscenza del posto nel bosco ma si perdeva la pratica del fuoco votivo, tuttavia il risultato finale era identico. La generazione successiva si perse anche la conoscenza ed il ricordo delle preghiere, oltre la pratica del fuoco; tuttavia, bastava andare in quel posto del bosco e il risultato finale era identico. Infine, arriva il momento che nessuno più ricorda il posto del bosco, il fuoco, le preghiere, eppure al semplice racconto di come tutto ciò veniva una volta fatto, si produce lo stesso risultato finale, accadeva la cosa desiderata.

Adorno, amico di Scholem, argomenterà facendola, secondo me, un po’ più complicata del necessario.

Di fatto, quel racconto, è il racconto della grande intuizione culturale proprietaria della antica e longeva cultura ebraica. Il potere della parola. Questo strano popolo senza terra, unico nella storia umana almeno degli ultimi tremila anni, è rimasto una identità senza altro in comune che la potenza della parola. Potenza che è servita loro internamente come legante culturale anche a grandi distanze geo-storiche, che è servito esternamente per difendersi o manipolare a modo loro, il mondo loro circostante.

Nl 2020, più di un terzo dei Premi Nobel era di origine ebraica, il 20% media degli ultimi centoventi anni, di per loro -gli ebrei- sono solo il 2 x 1000 della popolazione mondiale. Sterminato l’elenco dei filosofi del Novecento che vantano questa discendenza culturale (quella genetica oltreché ininfluente è più complessa ed imprecisa). Sceneggiatori, produttori, editori, scrittori, giornalisti, professori, i lavoratori della parola e dei concetti che le parole si portano appresso, hanno nella culla ebraica (che è culturale), un luogo spesso comune. Ma attenzione perché poi di parola in parola, di concetto in concetto, si costruisce una mentalità, una o più “immagini di mondo”.

Gli stessi ebrei interrogatisi sul fenomeno, ricordano l’importanza di un loro fissato codice culturale che risale in scrittura a Maimonide, ma deve essere molto più antico, originario: il potere della parola.

Il codice sarebbe lo “studio” secondo quanto riportato in Mishné Torà (Ripetizione della Torà) del filosofo andaluso del XII secolo (che poi sarebbe anche colonna dell’insegnamento di Confucio). Tutti gli ebrei debbono prioritariamente studiare, anche più che pregare. Dati i risultati direi un consiglio da tenere a mente.

C’è forse di più da dire sul potere della parola già noto anche a Platone (che rimpiangeva l’oralità al posto delle strettoie della scrittura nel Fedro) che pure dagli ebrei ebbe influenze nel suo viaggio egiziano (vero o presunto la questione è controversa), da cui il Timeo, una Genesi rivista in parziale salsa greca ma neanche più di tanto. Ricordo che Genesi pare sia l’ultimo pezzo composto del corpo dell’Antico Testamento, forse 500 a.C. in quel della segregazione babilonese dei sacerdoti ospiti degli zoroastriani, da cui appresero molto come ricorda poi Nietzsche. Peccato che le origini dell’Avesta antica siano perdute (pare IX secolo a.C. ma in questi casi di tradizione orale si può comodamente retrodatare anche di mille anni o più, come per i Veda)

Sta di fatto che questo piccolo ed originale popolo dalla persistenza millenaria per quanto o forse proprio grazia la diaspora continuata, ci mostra sia il potere della parola, della mente, del pensiero, sia l’effetto che questo potere ha su altri umani. Siamo animali narratori, avidi di narrazioni, loro le sanno fare meglio di chiunque altro e così mostrano una conoscenza dell’umano che forse non ha eguali in Occidente.

Attenzione, molta è conoscenza implicita, non è tutto Chomsky. Quando un narratore di origini ebraiche, in una battuta di un film, in un sarcasmo, in una piroetta auto-ironica al limite della ferocia ti fa ridere, è perché ha una conoscenza dell’umano più sferica di quelle che abbiamo noi codificato nelle partizioni disciplinari.

La parola magica sarebbero i tanti nomi di Dio, ma c’è forse da rovesciare l’assunto, il Dio è proprio la parola.

Rif: https://www.mosaico-cem.it/cultura-e-societa/libri/una-quantita-sproporzionata-di-nobel-ebrei-il-segreto-lenorme-valore-dato-allo-studio-religioso-e-secolare/?fbclid=IwAR23F6I8TdSo6wgKwWD1Eh9zp5w-yneUv2gP9lPkSPJGcludwadghpv8Znc

https://www.sinistrainrete.info/filosofia/27519-alessandro-visalli-a-partire-da-gershom-scholem-il-nichilismo-come-fenomeno-religioso-la-questione-dell-elitismo-e-del-messianismo-politico.html?fbclid=IwAR1urfFmCmRUvCPPvu-69uBHeN8w1v8h7mKDLsBVLBet0l2CVqbMLxrwv7Y

>> A chi mai interessasse, segnalo lo sviluppo di un interessante dibattito sul post originario per chi ha accesso al mio fb.

Informazioni su pierluigi fagan

64 anni, sposato con: http://artforhousewives.wordpress.com/, due figli, un gatto. Professionista ed imprenditore per 23 anni. Negli ultimi venti e più anni ritirato a "confuciana vita di studio", svolge attività di ricerca multi-inter-transdisciplinare da indipendente. Il tema del blog è la complessità, nella sua accezione più ampia: sociale, economica, politica e geopolitica, culturale e filosofica. Nel 2017 ha pubblicato il libro: Verso un mondo multipolare, Fazi editore. Ogni tanto commenta notizie di politica internazionale su i principali media oltre ad esser ripubblicato su diverse testate on line. Fa parte dello staff che organizza l'annuale Festival della Complessità e pubblica su specifiche riviste di sistemica. Tiene regolarmente conferenze su i suoi temi di studio, in particolare sull'argomento "Mondo e complessità". Nel 2021 è uscito un suo contributo nel libro collettivo "Dopo il neoliberalismo. Indagine collettiva sul futuro" a cura di Carlo Formenti, Meltemi Editore. A seguire: "Europa al bivio. Tra radici e sfide" a cura di Vincenzo Costa, Marcianum press, 2024 Venezia e "L'era multipolare: competizione o cooperazione" a cura di Gabriele Germani, La Città del Sole, 2024, Napoli.
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