CRONACHE DA 620 A 655

CRONACA 655

SOGNI DELLE NOTTI DI MEZZA ESTATE. Il principale quotidiano greco dà oggi notizia di un incidente occorso all’elicottero di Stato su cui volava Tsipras e l’ammiraglio capo della flotta ellenica, disturbato da caccia turchi.

Sempre in Grecia, ondata di commozione nazionalistica qualche giorno fa per la morte di un pilota greco di un Mirage che stava intervenendo al confine aereo per il quotidiano sconfinamento dei caccia turchi. Non si sa se l’incidente è stato dovuto a cause naturali o cosa, per il momento la versione ufficiale propende per le naturali ma il sentimento popolare è per il “cosa”.

Il primo ministro turco, qualche giorno fa ha tuonato che “la Grecia sta diventando un “rifugio sicuro” per i nemici della Turchia.” riferendosi probabilmente ai piloti turchi riparati in Grecia durante il recente fallito colpo di Stato.

Negli ultimi tempi i greci accusano i turchi di diversi sconfinamenti e provocazioni recenti nei cieli e nei mari antistanti la penisola anatolica. Se prendete una cartina vedrete che le isole greche distano pochi chilometri dalla costa turca e la storica insofferenza reciproca fa il resto.

Poche settimane fa è toccato ad una nave dell’ENI sloggiare dalle acque cipriote per intervento della marina militare turca che in seguito si è replicata con una nave Exxon. Segnalo a latere che è noto da tempo che i fondali dell’Egeo sono strapieni di gas ancora tutto da localizzare esattamente e poi da trivellare.

Ma segnalo anche la improvvisa e strana decisione di Erdogan di anticipare le elezioni programmate a fine 2019, al prossimo giugno. Evidentemente, Erdy ha bisogno di votarsi poteri speciali per l’estate.

Ricordo che la scorsa estate abbiamo avuto la crisi Qatar – Arabia Saudita e quella precedente il fallito colpo di Stato contro Erdogan, l’estate è la stagione preferita per chi pianifica birichinate, non c’è neanche da mobilitare il soft power per accompagnare le crisi tanto la gente ha caldo, va in vacanza e se ne frega più del solito. Ma di quali birichinate si parla? E chi lo sa … .

C’è ancora la Siria dove i sauditi hanno detto di esser pronti a sostituire i 2000 soldati americani che Trump vorrebbe riportare a presiedere il confine col Mexico. Penso che a Erdy non piacerebbe affatto avere i wahhabiti ad un tiro di schioppo lui è che è fratello musulmano. In più pare che poiché i sauditi sono notoriamente delle pippe dal punto di vista militare (vedi Yemen) manderebbero canaglie nigeriane e del Ciad regolarmente comprate al mercato delle forze mercenarie. Ma si può pensare anche al Libano (io mi gioco il Libano) che già i sauditi tentarono di destabilizzare con il recente strano sequestro del primo ministro o l’azione decisiva su i curdi, qualche recrudescenza della questione Qatar (amico della Turchia), l’indeciso statuto della Turchia nella NATO recentemente sgridata dagli americani per l’acquisto degli S 400 russi. O Erdy sogna cose o sa cose e con le elezioni anticipate va al plebiscito per mettersi in condizioni di gestirle al meglio.

I greci però non hanno dubbi (qui), questa estate i turchi faranno qualche marachella nelle loro acque territoriali. Per questo si stanno candidando ad ospitare forze aeree americane che stanno da tempo smobilitando da Incirlik (Turchia). Per quanto, di questi tempi, avere gli americani come protettori non so quanto sia un buon investimento.

Sebbene la nostra geografia fantastica favoleggi di Stati Uniti d’Europa e cosmopolitismo liberal-nordeuropeo, quella fisica, culturale e geopolitica rimane nel Mediterraneo nel quale è meglio ricordarselo, sono in molti a far sogni di potenza. Ma nel paese in cui sebbene da sette settimane non succeda assolutamente nulla sul piano politico c’è chi tutti i giorni discute animatamente di come s’è svegliato Di Maio o se è inciampato il vecchietto di Arcore, poiché i più dormono (del resto è aprile), non disturbiamo i connazionali. Sogni d’oro.

CRONACA 654

19.04 VALORI CON MOLTI (A)ZERI. Una calda notte di luglio di sette anni fa, un quadrimotore di una compagnia aerea azera, mentre sta trasportando qualcosa per le forze armate USA/forze multinazionali anti-talebane, in quella che è più lunga guerra della storia americana (2001-2018), si schianta in Afghanistan. Abitanti del luogo si recano in direzione del crash per dare una mano ma vengono accolti a mitragliate. Talebani? L’International Secutity Assistance Force, sostiene che non c’erano talebani in zona. La compagnia aerea azera, privata, è la Silk Way Airlines.

La Silk Way Airlines è anche quella compagnia che portava armi di una azienda tedesca che produce nel nord della Sardegna, da Cagliari, alla Saudi Air Force di Tafir, quelle con cui i sauditi bombardano gli Houti nello Yemen. By the way, ad oggi ed in maniera imprecisa, in Yemen si contano a migliaia morti, feriti mentre milioni sono gli sfollati. 30 milioni sono le persone in indigenza assoluta in quella che ONG hanno definito “… la peggiore catastrofe umanitaria”. Ma ci sono anche 750.000 casi sospetti e 2200 morti accertati per colera (ne scrivemmo tempo fa) con crescenti allarmi dell’OMS, Croce rossa, MSF e moltissimi bambini muoiono disidratati per eccesso di defecazione, una morte orribile. I sauditi bombardano ospedali e campi profughi da tempo, ma certo non come “i russi in Siria”. C’è anche chi sostiene (WP) che gli USA, avrebbero venduto il fosforo bianco ai sauditi ma ingiungendogli di usarlo “in maniera appropriata” ovvero secondo le regole internazionali. Altri sostengono che l’uso è stato bellico. Il fosforo bianco vi brucia sfrigolando la pelle, poi i tessuti ed infine le ossa, so che non è così raccapricciante quanto i gas siriani ma insomma …

Questa compagnia azera pare sia una specie di official carrier del commercio di armi, specificatamente di quelle vendute dall’ Occidente, soprattutto ai Sauditi & friends. La troviamo infatti anche nella storia di quella giornalista bulgara che al seguito delle truppe che riconquistano Aleppo, nota numerosi scatoloni di legno con scritte in bulgaro, armi per le fazioni jihadiste in Siria. La giornalista investigativa fa indagini e scopre registrazioni per ben 350 voli operati dall’azera Silk Way ma sotto copertura diplomatica ovvero con divieto di ispezione del carico, copertura offerta dal governo azero e rinforzata dall’attiva collaborazione di tutte le ambasciate azere nei paesi balcanici. Le armi caricate sono di produzione americana, israeliana e dei paesi balcanici mentre la consegna è varia: Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, Comando delle operazioni speciali USA (“speciali” sta per lavori sporchi) ed altre forze europee in Afghanistan ed Iraq. I pagamenti sono per lo più fatti da aziende di facciata e co-firmati dal governo saudita. Nei vari giri di questa faccenda, Israele spicca con una discreta presenza sia come venditore, sia come destinazione dei voli azeri per la consegna dei materiali.

L’Azerbaigian è partner NATO, “nazione più favorita” degli USA dal ’95, “l’unico amico che l’America ha nel bacino del Mar Caspio” secondo l’ex capo della commissione esteri del Senato USA. Il presidente azero Aliyev è noto per i suoi continui e munifici viaggi in occidente per quella che è stata chiamata “diplomazia al caviale”. L’Azerbaijan è l’estrattore del gas che poi giungerà in Italia con il TAP (Puglia), per sostituire quello russo precedentemente via Ucraina e del bloccato progetto russo del South Stream, TAP su cui Obama investì 45 md US$ ed in cui il capo commessa è la British Petroleum. Il paese caspico è anche in trattative per un trattato di associazione con l’UE. Un membro del Congresso americano ha provato a presentare una censura per il paese in cui pare ci siano sistematiche frodi elettorali, carcere per i giornalisti e torture a gli avversari politici (spesso musulmani sciiti), ma invano. In compenso l’UE ha aperto un ufficio per la democrazia ed i diritti umani a Baku, per dare consigli al presidente azero che è in carica da quindici anni (eletto con l’85% dei voti), peccato che la principale ONG mondiale anticorruzione lo abbia eletto “corruttore dell’anno 2012”, accusandolo anche di controllare i capitali delle oscure banche azere.

Il consorzio di giornalismo investigativo già su i Panama papers (NYT, The Guardian, Süddeutsche Zeitung ed altri) che ha varato uno specifico progetto di indagine sulle morte della giornalista maltese Daphne Caruana saltata in aria con la sua Peugeot 108, ha ora trovato tracce di tangenti di 1,4 milioni di US$, pagate da una banca a ministri maltesi. Daphne stava indagando su questi traffici, sulla banca che aveva transitato i soldi il cui 60% del capitale è riconducibile ai figli del presidente azero, canali su cui pare siano transitati fiumi di dollari per oliare i meccanismi europei di approvazione del TAP.

La domanda è: poiché il presidente Macron l’altro giorno si è molto arrabbiato agitando mani e braccia nell’appassionato discorso a difesa dei nobili “valori” europei di cui i transalpini sono i vigili guardiani e che vanno difesi anche coi bombardamenti, con la reiterazione nel suo speech del termine “valori”, intendeva riferirsi al catalogo delle opzioni etiche o ai contratti firmati tra l’Azerbaijan e le compagnie francesi Suez, Naval Group, Gruppo CIFAL (commercio internazionale, petrolio, difesa), Credit Agricole e la Space Systems del Consorzio Airbus?

CRONACA 653

18.04  COMPRENSIVO E PROGRESSIVO, IL NUOVO TPP. L’accordo di libero scambio tra 11 Paesi per un Pil complessivo di poco superiore a quello dell’intera Cina, il terzo più grande dopo NAFTA ed EU, è stato firmato lo scorso 8 marzo. Perché fosse approvato velocemente e tenesse fuori l’ingombrante presenza americana che per altro -con Trump- si era già chiamata fuori, sono state cancellate 50 pagine della precedente redazione con ben 22 disposizioni a suo tempo introdotte proprio dagli americani, inclusa la faccenda dei poteri giuridici delle imprese di far causa a gli stati.

Dopo essersene chiamato fuori con sdegno visto che era uno dei progetti più cari ad Obama nell’ambito della dottrina “Pivot to Asia”, recentemente Trump ha dichiarato che verrà ripreso in esame anche se visto che sono state cassate proprio le 22 disposizioni di garanzia per gli USA che Trump riteneva oltretutto insufficienti, è da vedere se la dichiarazione tendeva a tener buone le aziende americane piuttosto inviperite o aveva un suo per quanto oscuro fondamento. Potrebbe anche essere che il realista Trump, visto che gli 11 sono andati avanti da soli, di gran carriera e con buona armonia, capitanati dal Giappone, ci ripensi sul serio anche se ho i miei dubbi.

Ricordo che il Giappone ha di recente firmato un accordo di libero scambio con l’UE e ne esiste uno anche col Canada, traete voi le conclusioni. I britannici hanno cominciato a sbavare nell’ambito della nuova dottrina “Global UK” annunciata da May qualche mese fa. L’anno prossimo dovrebbe chiudersi la trattativa per il distacco dall’UE post-Brexit ed allora vedremo l’Isola dei Pirati tornare in auge con un nuovo Commonwealth e la sicura adesione al CP-TPP. UK ormai ha un unico per quanto importante punto di forza: il sistema finance-bank-assurance con sede nella City. Quindi dove c’è movimento di capitali (e nel CPTPP c’è solo Singapore), ci sarà Londra, giurateci. Chissà quindi che di questo neo CPTPP non sentiremo parlar presto anche in Europa.

Multipolare, significa anche nuove aree regionali, questa è una, il nuovo accordo di libero scambio interno all’Africa, sarà l’altra. I belli addormentati nel bosco delle International Relations, qualche geopolitico che è rimasto indietro, gli antimperialisti convinti che il mondo lo domina il capitalismo e non gli Stati ancora cercano il globale, l’egemone, piangono il WTO e inorridiscono per il disordine, il caos, il neo-nazionalismo ma se avessero studiato l’abc dei sistemi complessi, saprebbero che più sono complessi, più si autorganizzano in sottosistemi. La realtà cambia velocemente, certe mentalità no, lì c’è il disadattamento e con il disadattamento, il collasso.

Immagine tratta da qui.

CRONACA 652

17.04. POLANYI E IL SOCIALISMO DEL XXI SECOLO. Karl Polanyi fu un economista, sociologo, antropologo e filosofo ungherese. Quindi economista complesso e non dedito alla teologia economica che va per a maggiore. Eterodosso lo è stato non solo rispetto al mainstream liberale, ma anche a quello marxista. Polanyi (con Braudel, uno dei miei più frequentati riferimenti), credeva che ciò che chiamiamo “capitalismo”, fosse una forma storica con due caratteristiche: 1) una forma economica totalitaria in cui vige la sola economia di mercato che fa di ogni cosa una merce (natura, lavoro, denaro); 2) l’unica forma in cui l’economia è scorporata dalla società, nel senso che invece di esserne una funzione come ovunque e sempre è stata, è diventata l’ordinatore, ciò che ordina tutta la società.

Se avesse ragione Polanyi, ne conseguirebbero due indicazioni per chi vuole trasformare il proprio mondo: 1) pluralizzare l’economia includendo lo scambio, la reciprocità, la ridistribuzione ma anche forme statali e cooperative (ed altre nuove forme di proprietà su cui c’è fervida teorizzazione anche se non ricordo i riferimenti), pur mantenendo una parte di mercato; 2) ripristinare il controllo della società sull’economia.

Quest’ultima indicazione ha poi diverse interpretazioni. I comunisti sono convinti debba farlo una rivoluzione portata avanti dal mai ben specificato proletariato (powered by una élite a fin di bene detta “partito comunista”) per fare poi una economia non plurale ma sociale di tipo comunista, dei cinesi diremo dopo, i polanyiani penso vedano l’obbligo di sviluppare una democrazia in grado di sottomettere l’economico al politico (oltretutto pluralizzando le forme economiche) ed il politico al democratico. Polanyi era socialista e democratico come sinonimi: “Il socialismo è, essenzialmente, la tendenza insita in una civiltà industriale a trascendere il mercato autoregolamentato subordinandolo consapevolmente a una società democratica.” I cambiamenti andrebbero fatti a più livelli (locale, nazionale, regionale, globale) da una società corta, di cui prioritariamente bisognerebbe coltivare lo sviluppo democratico, con prospettive temporali lunghe, per tentativi ed errori.

Questo articolo (qui), sostiene secondo me a ragione, che quello cinese, è il più importante caso di re-interpretazione del sistema capitalistico mai prodotto (anche se l’articolo poi va da altre parti). In Cina stanno tentando di mettere il mercato sotto lo Stato, stante che lo Stato è in mano a quello che loro chiamano “partito comunista” che ha strutturale antecedente nelle longeve forme imperial-confuciane. E’ un tentativo in corso, non va ipostatizzato eccessivamente, ma è molto significativo dal punto di vista strutturale, storico, politico e geopolitico. Per molti paesi in giovane crescita potrebbe diventare un modello. Se lì il politico ha quella forma, da noi dovrebbe esser la democrazia ma poiché a nessuna frega una cippa di questo concetto che tutti ritengono di conoscere e comprendere mentre ne sono molto lontani, la questione è chiusa prima di poterla aprire. Buona riflessione, comunque. (Inquadramento del Polanyi-pensiero, qui.

CRONACA 651

16.04 IL LENTO LUNGO ADDIO. (Post di analisi geopolitica generale su MO, come sempre “eterodossa”). Ci sono due modi di raccontare la geopolitica del Medio Oriente. La prima è la versione mainstream occidentalista: regimi illiberali, stati canaglia, silenzio su Israele, islam civiltà inferiore di tipo “orientalista”, terra sacra dei monoteismi, buco nero del terrorismo nuova variabile geopolitica dei nostri tempi, anima jahdista dell’islam. La seconda è la versione critica: perenne perturbazione anglo-sionista, palestra dell’imperialismo americano con ancelle coloniali franco-britanniche, faglia Occidente – Russia / Oriente, eterno richiamo del controllo delle risorse energetiche e loro logistica, fronte anti-russo. I due sistemi di analisi a volte comprendono, a volte no, attori definiti secondari (che secondari non sono affatto): Egitto, Iran, Turchia. C’è del vero e dell’esagerato in entrambe le descrizioni che anche quando non coordinate al loro interno, sono da intendere come due distinte visioni del mondo, di quel mondo e del modo con cui lo categorizzano. Hanno i loro sponsor, i servi dell’Impero e gli amici dell’anti-impero.

Pochi anni fa mi immersi in uno studio dell’islam: fondazione teorica, Corano e sua esegesi, processo storico, ricostruzione geo-storico-culturale. Mi piace sempre ricordare che in MO c’è meno di un sesto dell’intera popolazione musulmana mondiale. Tolto Obama, gli altri attori medio-orientali erano più o meno quelli di oggi. Obama aveva al tempo liberato una dottrina geopolitica nuova, il Pivot to Asia che prendeva atto che il nemico principale (di solito non si usa così esplicitamente la parola “nemico” ma per andar brevi in fondo si intende quello) era la Cina. A tutti gli studiosi degli imperi è noto che ogni impero è forte ma non onnipotente, sulla scorta del seminale lavoro di Paul Kennedy del 1987, l’impero deve stare in equilibrio tra la lunga lista dei suoi potenziali impegni e le risorse e la logistica che è in grado di mettere in campo per perseguirli. Ogni volta che l’impero perde la sua intelligenza centrale e si dissipa a ricorrere i mille interessi che lo compongono, va inesorabilmente incontro alla sua nemesi: l’overstretching, l’eccesso di impegno, estensivo ed intensivo che porta al collasso. C’è in sostanza una natura materiale che determina questa entità, lo determina in potenza così come nel limite di quella potenza.

L’interesse storico degli americani per il Medio Oriente è dato da tre fattori: le risorse energetiche, Israele, la collocazione geo- strategica di faglia est-ovest, dove l’est storicamente inteso come russo (ed iraniano), è poi diventato viepiù cinese. La questione israeliana è notoriamente complessa; di per sé come soggetto geopolitico, gli USA avrebbero interessi con Israele solo nella misura in cui questi sarebbero il più certo alleato del quadrante, ma nella dinamiche effettive poi si somma il grande potere che Israele e la comunità ebraica americana hanno sulle élite statunitensi (di cui essi stessi fanno parte). L’essere una faglia è condizione geografica quindi di lunga durata, però gli USA hanno faglie di rapporto coi russi molto più vaste (dal Baltico al Mar Nero-Mediterraneo, centro-Asia, regione polare e Bering) e altre coi cinesi (in più, ricordiamolo, la Cina è il nuovo nemico principale in via oggettiva), toccherebbe quindi decidere quali sono le più importanti perché non si può far tutto.

Ma la vera novità è la questione energetica. Quattro sono le novità degli ultimi anni: 1) la domanda mondiale tendenzialmente aumenta ma non così tanto quanto si temeva/aspettava; 2) si scoprono continuamente nuovi giacimenti sempre e solo fuori il MO; 3) per quanto sottostimate e non veramente perseguite come alternativa possibile, le energie rinnovabili ci sono e soprattutto hanno un futuro certo; 4) last but not least, gli USA sono diventati produttori, potenzialmente esportatori e sostanzialmente auto-immuni a shock come quelli degli anni ’70. Tolta dunque l’alleanza monotesita-banco-finanziaria con ebrei/sionisti/Israele e il richiamo geografico che però va relativizzato nell’ambito dell’attualità del secondo millennio, il perno storico della faccenda USA-MO, va perdendo forza. Di contro, dovreste mettere le quote di bilancio che la faccenda MO fa gravare su i conti economici imperiali generali e la congiuntura economico-finanziaria degli USA rispetto a dieci, venti, trenta, cinquanta anni fa.

Ne conseguiva, già qualche anno fa, l’intenzione americana di disimpegnarsi sostanzialmente (non del tutto, ovviamente) dal MO, la stessa intenzione che oggi dichiara a giorni alterni Trump. In geopolitica capita spesso che gli interpreti cambino ma i fattori strategici no, la politica varia ma la geografia no. Quando si dice “l’intenzione americana” ci si riferisce al comandante in capo il cui potere è notoriamente relativo poiché la composizione degli interessi dell’impero è assai vasta e contraddittoria. Ricordo distintamente un caso di un accordo limitato su una faccenda siriana firmato il giorno prima da Kerry e Lavrov, sabotato sistematicamente il giorno dopo dal comportamento dei vertici militari americani sul campo. Ma esempi del genere rilasciati negli ultimi anni se ne contano diversi.

Le precedentemente citate due immagini di mondo occidentali che approcciano il MO sono l’una imperial-coloniale e l’altra anti-imperialista. Ma da quello che ho studiato, sebbene a molti non faccia senso citare le potenze locali, la storia islamica, la composizione etnica ed i giochi di potenza locali, emergeva chiaro che ciò che lì succede seguendo la logica dei portatori d’interesse locali è la precondizione per tutto ciò che poi leggiamo parlando solo di USA e Russia, a volte comprendendo Israele, a volte no.

Chi scrive, ha pubblicato più di uno studio sull’Isis, su i sauditi e più in generale su quel mondo arabo-islamico. Le ragioni che hanno mosso l’AS e le altre monarchie del Golfo, a deliberare e varare questo soggetto geopolitico (non erano terroristi apolidi, dovevano fare uno “Stato”), erano varie, non si fa una strategia se non a più fini. Uno dei fini, forse il più urgente, era proprio quello di incendiare la zona di modo che gli americani non avrebbero potuto neanche volendo, ritirarsi -come debolmente più volte annunciato- parzialmente dal quadrante. Il terrorismo in Europa aveva anche il fine di far premere gli alleati su gli USA a “far qualcosa”.

Gli USA sono l’assicurazione al minor costo per il massimo risultato per Israele ed Arabia Saudita. Lo si era capito già l’11 settembre 2001, l’inizio del nuovo mondo multipolare. Le cose complesse si capiscono meglio ad una certa distanza.

CRONACA 650

Foto REUTERS

CICCIOBELLO DI PAPA’. Eccolo qua, pensavate che era un po’ che non mi occupavo di uno dei miei soggetti preferiti, vero? E invece io li marco sempre stretto gli amichetti miei e quindi mi ero giusto tempo fa domandato cosa fosse venuto a fare MBS nel suo recente “Western Tour” Londra, Stati Uniti, Parigi.

Cinque settimane fa MBS arriva a Londra per una ““… visita che inaugurerà una nuova era nelle relazioni bilaterali incentrate su una partnership che offre ampi benefici sia per il Regno Unito che per il Regno dell’Arabia Saudita”, dichiarò il portavoce di Downing Street. Particolari nel primo articolo linkato. Debbono essersi intesi a meraviglia visto che pochi giorni fa è circolata la strana notizia che la Regina avrebbe sangue di Muhammad via i musulmani di Spagna del XV secolo. Caramba che sorpresa! Inglesi e sauditi sono parenti!

Poi, tre settimane fa, è andato in USA, ma-che-sarà-mai-andato-a-fare, il Principe tre settimane in USA? Chissà, quando Trump in una recente intervista ha risposto che se i sauditi volevano la presenza USA in Medio Oriente, bastava pagassero, forse intendeva lanciargli un messaggio criptato? Fortune ci informa nel secondo link che MBS ha ”reso omaggio a Donald Trump. A New York si è visto con Bill Clinton e a Houston con due ex presidenti, George W. Bush e il padre, George H.W. Bush. È stato a Harvard e a Wall Street, poi nella Silicon Valley dove ha visitato il campus di Google, a Seattle dove ha incontrato il fondatore di Amazon Jeff Bezos, nel deserto della California dove ha discusso l’esplorazione dello spazio con Richard Branson”. Infine cicciobello splendido arriva ad Hollywood dicendo che da lui ha intenzione di investire “64 miliardi di dollari in parchi di divertimento, cinema e altre attrazioni”. Da cui il secondo e terzo link.

Nel quarto link, giusto pochi giorni fa, eccolo di ritorno in Europa con Monsieur Macron che la prima sera a Paris, lo ha invitato ad una cena personale tra loro in quel del Louvre. Che carini, uno così liscio, l’altro così irsuto, yin e yang, due giovani e rampanti confettini con la M, due M&M’s. Macron si è investito il ministero degli Esteri europeo, vuole bombardare, schiera vascelli, ieri ha mandato in giro sue foto nella War Room dell’Eliseo, riceve Curdi, si fa prendere pesci in faccia da Erdogan, telefona con Putin e segue i NATO Brothers come un segugio. Del resto se Merkel è la Presidente del consiglio dell’UE ed ha l’Economia e fra un po’ la banca centrale, cosa meglio degli Esteri per il Presidente dell’esagono globale (c’è un Limes appena uscito in proposito)? Cosa pensavate, si intestasse le Pari Opportunità? I francesi hanno già aperto un Louvre ad Abu Dhabi, ora danno a MBS anche un’Opera ed una Sinfonica. I francesi vendono legittimità, loro garantiscono dei valori occidentali. Lo hanno fatto perdonando la Germania e garantendogli la legittimità nel dopoguerra, nonché sviluppando tutta la narrazione e la struttura europeista, euro incluso. I francesi legittimano, son quelli che danno i documenti falsi.

Così MBS si è ritoccato la bio inserendosi nel lineage dei Windsor, diventa produttore cinematografico visto che Weinstein ha lasciato un grande vuoto, si compra l’identità culturale e chissà su cos’altro avrà “armeggiato”. Debbo quindi rettificare il post precedente in cui mi sono dimenticato di lui nel giro delle telefonate tra i moschettieri occidentali che l’altra notte si saranno agitati nel vedere che la montagna Trump aveva partorito solo il topolino del “cane pazzo” Mattis. Sarebbe curioso immaginarsi se ha sentito la May o Macron o i Clinton o … no, Netanyahu no. Ma te li immagini al telefono con Bibi che accusa MBS di non aver pagato abbastanza e cicciobello che gli risponde “ma proprio tu me vieni a parlà di braccino corto che sei pure e…. ? No Netanyahu non si può immaginare. Chissà come è andata davvero. Bah.

Molti si affannano a cercare analisi e notizie occulte nei siti al confine col dark web ma è incredibile come le storie prendano un altro aspetto se invece di leggerle con la cronologia in avanti le leggete con la cronologia all’indietro, vero? Mi ricorda la leggenda che voleva che in certi dischi dei Led Zeppelin se leggevate le tracce al contrario, avreste sentito invocazioni a Satana. Satana, quello furbo delle pentole che però si scorda i coperchi che poi si sente la puzza. Forse Saviano ci stava invitando proprio a domandarci da dove veniva tutta quella puzza di gas?

LINKS: http://www.lastampa.it/…/marzo-la-visita-di-moh…/pagina.html

http://fortune.com/…/03/21/mbs-saudi-prince-us-visit-busin…/

http://www.lastampa.it/…/il-principe-saudita-mb…/pagina.html

https://www.huffingtonpost.it/…/mbs-a-parigi-cena-al-louvr…/

CRONACA 649

14.04 L’ORA PIU’ BUIA (h. 03.00). “Allora capo, facciamo che prendiamo tre palazzine vuote di periferia e ci picchiamo sopra un centinaio di missili che fanno BUM! BUM! BUM! dicendo che sono centri di ricerca su i gas venefici. Facciamo tipo alle 3 ora locale così è buio, la gente sta a casa e non corriamo rischi, i fotografi immortalano le scie dei missili perché una immagine vale più cento parole. Lei va in televisione e fa il pezzo da padre severo ma giusto, io chiamo russi ed iraniani e gli do le coordinate dei lanci pregandoli di star calmi che se manteniamo tutti le palle ferme, nessuno si fa male e ne usciamo tutti alla grande, ok?”

Così, alla fine deve esser andata e meno male. Avrebbero potuto farlo già due giorni dopo il presunto attacco quando è arrivata la Cook ed avrebbero dimostrato la stessa cosa ed in più anche di esser svegli e sempre sul pezzo. L’hanno invece fatto quando la faccenda s’era intricata assai e si rischiava di non saper più come uscirne senza perdere la faccia. Vedremo nei prossimi giorni ma l’impressione, anche leggendo i pezzi dei giornali mattutini, è che qualcuno voleva il colpo grosso, qualcuno voleva trascinare gli USA al first strike per iniziare una escalation da manovrare in un senso ben più ampio, rischioso e drammatico. Invece del first strike hanno avuto l’one shot, Armageddon è rinviato, anche questa volta la terza guerra mondiale non è iniziata, delusione.

Delusione dei commentatori e pioggia di penne occidentaliste avvelenate su Trump, pallone gonfiato da sgonfiare con pennini appuntiti che fa quello che non dovrebbe e non fa mai quello che dovrebbe. Immagino le telefonate tra Netanyahu, May, Macron e gli amici americani che vedevano sgonfiarsi il trappolone messo in scena, anche stavolta è andata male. L’impressione è che, per l’ennesima volta, noi si sia sopravvalutata l’intelligenza e la sofisticatezza delle élite occidentaliste.

Solo pochi giorni fa abbiamo espulso ben 150 diplomatici russi per una ragazza poi dimessa dall’ospedale ed il padre che oggi mangia, legge il giornale e piano piano si sta rimettendo chissà da cosa visto che il presunto gas a cui si è sostenuto fosse stato esposto è incurabile e letale al 100%. Dopo quella bella prova di improvvisazione e cialtroneria, si è ripetuta la scena questa volta muovendo intere flotte, concitati Consigli di Sicurezza, giorni del giudizio e gli Avengers che a proposito escono con il nuovo episodio nelle migliori sale il prossimo 25 Aprile.

L’ora più buia è quindi quella in cui sta sprofondando l’Occidente, una gloriosa civiltà che sembra aver le idee sempre più confuse, che mena fendenti a vuoto, che scambia la realtà per il cinema come neanche l’ultimo dei Veltroni, che combatte coi selfie ed i tweet e non si raccapezza più in un mondo che gli sta inesorabilmente sfuggendo di mano.

Intanto pare che a Parigi sia morto Haftar e Macron che ha due TGV fermi su tre e ha rischiato di diventare un meme eterno della vasta collezione delle figure di m. stile Powell, ora si trova con un problema in più. Anche il neo rieletto al Sisi e lo stesso Putin, perdono il loro campione nel teatro libico e vedremo come si riaprono i giochi colà.

Il conflitto titanico permanente tra West and the Rest, continua. L’ora più buia è quella che precede il sorgere del sole. Peccato che il sole, notoriamente, sorge ad Oriente e che l’Occidente sia il luogo del tramonto.

[La citazione pare provenga da Paulo Coelho che i miei lettori e lettrici sapranno non essere esattamente un mio riferimento culturale. Ci stava bene però nel contesto, spero verrò perdonato]

CRONACA 648

13.04 MA LA SINISTRA DOV’E’? E’ AL CINEMA. Volevo scrivere un post sull’articolo di Ernesto Galli della Loggia su Corsera (qui) che bacchetta Stefano Feltri giornalista economico e vicedirettore del Fatto quotidiano. Feltri, pare (non l’ho letto, né ho intenzione di farlo) ha dato il suo contributo all’inflazione di confusione, pubblicando un pamphlet sulle illusioni del sovranismo. Galli della Loggia gli rammenta che non c’è democrazia possibile senza il sistema giuridico-territoriale che chiamiamo stato o nazione. Il bello è che entrambi sarebbero più o meno liberali. Prendiamo quindi atto del fatto che anche all’interno dell’universo dato dalla condivisione di una stessa potente e comune immagine di mondo (il pensiero liberale), se hai una origine economica (Feltri) pensi che il mercato ne sa più dello stato, se sei di origine politica (Galli della Loggia), pensi il contrario.

Ma poi ho trovato una notizia più ghiotta. L’OCSE, ha pubblicato due studi “Taxation of Household Savings and The Role and Design of Net Wealth Taxes”, in cui analizza il rapporto tra sistema fiscale e tasso di diseguaglianza nei principali paesi sviluppati, segnalando che l’Italia è nel gruppo di testa immancabilmente di cultura “anglosassone” (USA, UK, Paesi Bassi) in cui le diseguaglianze sono aumentate troppo negli ultimi dieci anni. Ne consegue una ricetta molto semplice: applicare una patrimoniale ed introdurre cospicue tasse di successione. Quindi ridistribuire dall’alto al basso. Da altra parte, sappiamo dall’ex chief economist di World bank, Branko Milanovic, che a fronte di una potente corrente di ridistribuzione di ricchezza che ha mosso dai paesi ricchi a quelli poveri (effetti positivi della globalizzazione), nei paesi ricchi è avvenuto il contrario con un trasferimento di ricchezza dai poveri ai ricchi (effetti negativi della globalizzazione).

Se Milanovic quindi fa l’anamnesi e la diagnosi (ci sono ridistribuzioni positive ma anche negative), OCSE dà la prognosi (in alcuni stati-economie occidentali occorre ridistribuire alla foce visto che farlo alla fonte è molto più difficile data la natura ormai troppo complessa della circolazione di ricchezza). Feltri che pure dovrebbe occuparsi di economia e politica, in realtà se ne occupa da giornalista acuendo quello strano fenomeno per il quale ormai i giornalisti sono diventati gli intellettuali di un mondo sempre più complesso che viene ridotto a categorie del pensiero di superficie, meglio se polemico perché la polemica fa audience come il wrestling. Galli della Loggia a questo punto spicca per spessore del ragionamento ricordando che se il mercato fa molte cose belle e buone, senza uno stato che ne ottimizza socialmente i risultati, la società che è la destinazione finale del funzionamento economico, si scombina.

Conclusione, abbiamo quattro fonti liberali che discutono in maniera semplice e comprensibile a tutti di globalizzazione e diseguaglianza intorno alla contraddizione fondamentale del sistema storico occidentale che non quella tra capitale e lavoro ma proprio quella tra stato e mercato. Ci si domanda: ma la “sinistra” che pure aveva intuito il valore della funzione egemonica nei sistemi di pensiero, dove è finita? E’ mai possibile che dobbiamo farci dire l’ovvio da Galli della Loggia, il capo economista della World Bank ed addirittura farci dare le ricette di ridistribuzione dell’OCSE?

Meno male che la distribuzione del film “il giovane Marx” c’informa che a Roma è stata aggiunta una sala di proiezione dato il piccolo ma significativo successo della pellicola. La sinistra non ha più un suo sistema di pensiero, ma in compenso ha una sua chiesa in cui si entra pagando regolare biglietto, in cui va pregare il santo patrono degli oppressi. Brutta fine eh?

CRONACA 647

12.04  LA CANNONATA LIBERATORIA. Assistiamo in queste tristi ore, al manifestarsi della faccia feroce di una figura politica che è stata il perno della storia occidentale di poco più degli ultimi tre secoli: il liberale.

Politicamente, il liberale nasce in Inghilterra prima della sua ideologia, esattamente in quel del 1688-89. Qui, un manipolo di parlamentari ribelli al dominio assoluto del re, fa un accordo sottobanco col nemico storico dell’Inghilterra, lo Statolder delle Province Unite (Olanda) al quale i congiuranti inglesi avrebbero facilitato l’invasione notturna delle coste inglesi, scortandolo poi fino a Londra, fino alla deposizione del re. E’ lì che gli inglesi battezzano la nuova forma del potere politico, la forma parlamentare di rappresentanti eletti -al tempo- da meno dell’3% della popolazione. Dichiarano la tolleranza religiosa poiché il clero è il pilone ideologico del nemico, dichiarano che ogni individuo ha diritti naturali, fondano la moderna massoneria e potenziano le istituzioni scientifiche (Royal society). Ottenuto il potere, questi aristocratici ed alto borghesi inglesi cominceranno a produrre una voluminosa ideologia, poiché condannati a cercar le loro giustificazioni nel mondo delle idee e dei valori, visto che i nemici monarchici godevano addirittura dell’appoggio di Dio.

Mettono a direttore della Zecca di Stato Isaac Newton che inventa il gold standard e commissionano un libro di teoria politica al filosofo John Locke: i Due Trattati sul Governo. Si impossessano dell’università e sfornano storici che a ritroso, battezzano i precedenti eventi “Gloriosa Rivoluzione”. In seguito, incautamente, giacobini francesi e marxisti europei sposeranno il concetto di “rivoluzione” come loro prassi di riferimento, la “rivoluzione” nasce per essenza come colpo di Stato fatto da una élite, questa élite ottiene il potere e comincia ad imporre il sistema che ritiene debba governare la vita associata: il fondamentalismo di mercato. Ovviamente tale rivoluzione condotta da un manipolo di malintenzionati dovette esser definita “gloriosa”, i liberali svilupparono così la tendenza ad aggettivare i fenomeni col termine contrario al dato di fatto, un colpo di Stato in accordo col nemico tutto è meno che “glorioso”.

Ne segue la storia moderna che non posiamo qui riassumere se non ha titoli principali: produzione torrenziale di leggi che formino le condizioni per far del mercato la trama della vita associata; sviluppo congiunto delle tre principali forme di economia ovvero banco/finanza – produzione – consumo; parlamento eletto da pochissimi che determina e governa l’interesse nazionale, gramsciana occupazione semi-totalitaria del mondo culturale, re-investimento dei proventi della tassazione che si vuole leggera ma pur sempre cospicua per creare le migliori condizioni di sviluppo dell’economia inclusa la produzione di una ipertrofica forza militare (navale nella versione inglese, visto che stanno su un’isola). Vanno a diffondere la “libertà” in giro per il mondo sino a creare il più grande impero della storia umana, illuminato da due testimonial d’eccezione: Dieu (Dio) et mon droite (e il mio diritto) ovvero legge di Dio e legge dell’Uomo libero. Sul perché il motto inglese, poi britannico, poi del Regno Unito sia in francese non posso qui fornire spiegazioni, ma si ammetterà che è curioso.

Nella loro eccellente e sofisticatissima produzione culturale, vanno anche a produrre una narrazione che vuole il mercato un fatto naturale ed autoregolato, idealizzazione a cui purtroppo crederanno anche molti intelletti critici. In realtà, come detto nel motto, tutta la faccenda dipende da leggi e le leggi si fanno in parlamento ed il parlamento va dominato dai rappresentanti dei pochissimi. “Capitalismo” e “democrazia” diventano di due sistemi concettuali cardine della narrazione ma come già nell’uso del “glorioso”, non dicono il vero. Il primo termine copre la vera essenza che è “società ordinata dal mercato manipolato giuridicamente (cioè politicamente) dai più ricchi”, il secondo utilizza addirittura l’antica e quella sì “gloriosa” forma politica dell’Atene di Pericle per occultare il dominio politico occulto di una élite. La democrazia occidentale è da sempre una oligarchia giustificata da un popolo che acclama i propri tutori. Poi saranno costretti da varie ragioni anche di opportunità funzionale ad allargare il censo di votanti e rappresentanti ma riusciranno in vari modi a far sì che il vero potere rimanga nelle mani di pochissimi, il potere che è sempre tanto politico, che economico, e finanziario, che culturale.

Questa ideologia domina le società anglosassoni, gli anglosassoni dominano l’Occidente e l’Occidente domina il mondo. Oggi cominciano ad uscire libri di autentici liberali preoccupati (segnalo E. Luce, Il dramma del liberalismo occidentale per la politica interna e V.E.Parsi , Titanic, Il naufragio dell’ordine liberale, per la politica estera ma anche altri di ideologia economica un po’ pentita della indecorosa sbornia di neo-liberalismo, il tipico fondamentalismo che spunta come l’Inquisizione quando stai perdendo potere effettivo sulle cose del mondo ) che constatano che le cose sono un po’ deragliate ed il liberalismo sta andando in crisi.

E che sia in crisi e come tutti gli organismi in crisi diventi sempre più egoista e cattivo, lo vediamo dalla sceneggiata che cattura i titoli dei giornali con toni ansiosi: partiranno i missili del giudizio? Quanto, dove e cosa colpiranno? Come reagirà il cattivo autocrate, assolutista, illiberale, il monarca-cristiano russo ? Solita depistare e confondere i complessi meccanismi che governano la nostra facoltà pensante, questa ideologia moderna si racconta come scritta dalla ragione, dall’ingegno, dalla tolleranza, dalla iniziativa individuale, dal merito, dal valore (per la verità è questa una piramide concettuale che sotto a vantati valori etico-morali-pratici ha in cima il solo valore monetario), dall’insopprimibile anelito di libertà.

In realtà ha scritto la sua e la nostra storia sempre e solo con la stessa penna tonante: le cannoniere.

CRONACA 646

11.04. IL CONFLITTO A PIU’ DIMENSIONI. Due articoli (link in fondo) su una faccenda a cui accennammo poco tempo fa relativa al conflitto USA – Russia.

Una buona regola del poker è il non sedersi mai al tavolo con un giocatore molto, ma molto più ricco di te. Una partita a poker è fatta di tre cose: 1) le carte che hai nelle varie mani di gioco; 2) la psicologia dei giocatori tra impenetrabilità, simulazione ed autocontrollo; 3) i soldi che puoi mettere ad ogni tornata, sul piatto. Se la terza variabile è molto asimmetrica, a parità delle altre due, garantisce al più ricco di poter rilanciare sistematicamente annullando in pratica l’abilità e la fortuna degli avversari sulle altre due. Alcuni spiegano così la fine dell’URSS alla fine della lunga guerra fredda, alla lunga i sovietici non poterono più tenere il passo con gli americani e implosero.

Il primo articolo è una intervista al prof. M. Hudson che è un economista eterodosso molto lucido sull’aspetto finanziario dell’imperialismo americano e britannico. Hudson sostiene che il caso Skripal fa parte di una lunga strategia che preme su i detentori di capitali russi. Messi sotto pressione dalle sanzioni, gli oligarchi, hanno in passato fatto uscire i loro capitali passando per le banche della Lettonia e da qui a Londra e Delaware. Il secondo articolo, conferma grandi perdite di capitale per gli oligarchi colpiti da sanzioni e l’intenzione di Mosca di copiare il sistema off-shore / in-shore degli anglosassoni (capitali liberi e detassati come fossero in un off-shore, stante che questi non sono in sperdute isolette periferiche ma nella capitale britannica ed in uno stato degli USA come il Delaware), istituendo due piazze speciali interne a Kalinigrad e nell’estrema Siberia orientale, per convincerli a rimanere.

L’attacco al capitalismo russo tende a mettere i capitalisti che fanno funzionare l’economia russa, in conflitto di interessi col governo, a succhiare capitali, a destabilizzare il rublo complicando di molto l’equilibrio economico e finanziario del nemico.

Il fine ultimo è quello che costringere il nemico a far qualcosa per allentare la morsa delle mani che stringono sulla sua carotide per soffocarlo. Secondo Hudson si tratterebbe della Corea del Nord e/o dell’Ucraina e/o della alleanza con l’Iran e/o della Siria (Trump se ne andrebbe dalla Siria se anche i russi si astenessero dal supportarla lasciando così campo libero ad Israele ed Arabia Saudita vs il solo Iran) se non dei più strategici rapporti sino-russi.

Una volta ammorbidito il nemico, Trump arriverebbe con la “proposta che non si può rifiutare” per staccarlo definitivamente dal gruppo delle potenze sfidanti che nei russi ha il detentore del potere militare ultimo: l’arsenale nucleare.

Seguendo le mosse del lungo e complesso conflitto multipolare, impareremo che la politica internazionale non è un film western fatta solo di pistoleri. Ci sono aspetti economici, finanziari, attacchi Internet, spie e contro spie, manipolazione delle opinioni pubbliche, manipolazione ambientale, fattori demografici, divide et impera dentro e fuori gli schieramenti, trappole invisibili, strategia di lungo periodo, oltre ai fattori militari.

Dovremmo tutti evolvere sistemi di pensiero più articolati per capire in che mondo siamo capitati e come eventualmente mettere in campo strategie per trovare il nostro miglior adattamento. Non si possono tenere staccati i diversi aspetti monetari, economici, tecnologici, demografici, politici, culturali com’è d’uso nelle nostre mentalità forgiate dalle specializzazioni. Vale per la geopolitica, vale per capire le dinamiche europee, vale per seguire le giravolte della nostra più provinciale politica interna. Nella realtà concreta, nel mondo dei fatti, queste cose sono tutte “intrecciate assieme” che è poi la traduzione del latino cum-plexus.

Per vivere in un mondo complesso, dovremmo evolvere una mentalità complessa. Il contro-potere da opporre a quello che ci vuole dominare, ha la sua precondizione di possibilità nel formare una adeguata mentalità, una mentalità che non insegnano all’università e non promuovono nel diluvio dell’inutile e distorta informazione quotidiana. Non è facile, ma è necessario.

  1. QUI il primo articolo
  2. QUI il secondo articolo

CRONACA 645

10.04. IN ATTESA. Siamo in attesa di vedere la “punizione” che Trump comminerà ai siriani per il presunto attacco a gas di cui abbiamo già scritto. Nell’attesa, tre brevi considerazioni.

La prima è questo breve commento di Rampini. Debbo dire che Rampini si è distinto nella sua categoria per equilibrio di giudizio sulle varie faccende che hanno riguardato Trump sino ad oggi. Oggi sottolinea, secondo me giustamente, la pressione interna che sta accerchiando Trump il quale potrebbe usare la questione siriana per tentare di divincolarsi dalla morsa del pubblico giudizio che tenta di immobilizzarlo. Ricordo che siamo a circa sei mesi dalle decisive elezioni di mid term.

La seconda è stare a vedere che tipo di risposta sarà. Abbiamo già avuto un assaggio con l’attacco israeliano ad una base aerea siriana. Già in passato Trump bombardò proprio una base aerea e alcuni analisti prevedono che anche questa volta, l’intento sarà attaccare basi aeree siriane. Se così sarà ed a seconda del tipo di attacco, se poco più che formale come nel caso del primo bombardamento Trump o sostanziale come nel caso israeliano, capiremo meglio come si stanno evolvendo i giochi di potenza. Vedremo cioè quale sarà l’intenzione, se quella di dar corpo a qualche titolo di giornale nella guerra delle opinioni pubbliche interne o come alcuni temono, danneggiare definitivamente e forse completamente la capacità aerea dei siriani. In questo caso, sarà poi da valutare quanto il fine è diretto al conflitto siriano stante che il governo siriano ha certo un forte vantaggio ad avere aviazione che i suoi nemici non hanno e che l’eliminazione della sua forza aerea darebbe spazio ad ancora un lungo conflitto di terra con prezzi altissimi. Ma sarà anche da valutare quanto è importante per l’AS (da seguire il tour di MBS che potrebbe preludere all’organizzazione di una “calda estate”) ed Israele, non avere una Siria con aviazione anche per futuri sviluppi nel quadrante, leggasi Libano. Sostanzialmente persa la parte siriana del conflitto, è chiaro che a questo punto, l’ultima trincea della corsa dei gasdotti al Mediterraneo diventa -appunto- il Libano di cui forse sentiremo parlare presto. Diverso sarebbe se, come altri avevano ipotizzato, bombardasse i palazzi del potere di Assad, molto simbolico ma si presume, poco di reale impatto.

Infine, si segnala un Macron scatenato poiché quando di parla di nord della Siria e del Libano, i francesi si ricordano dei loro fasti coloniali e si eccitano grandemente nel loro mai sopito delirio di potenza. Con la sua dichiarazione di voler punire la Siria anche da solo, è chiaro che Macron mette ulteriore pressione a Trump. Siamo nel 2018, in un mondo nuovo e nel quale ci si aspetterebbe qualche novità di strategia complessiva da parte del campione del neo-europeismo rampante ed invece eccolo là a lucrare qualche spicchio di ruolo politico neo-coloniale dopo che il suo Picot nel 1916, partecipò a creare quella precondizione da cui discende tutto il secolo dei conflitti medio-orientali in cui ancora oggi siamo immersi. Come dice spesso un mio amico francese: “Plus on remue la merde, plus elle pue”. (Più si smuove la merda, più essa puzza.). E c’è pure chi, in Italia, lo ritiene un mito da imitare ….

CRONACA 644

08.04 ALLA CANNA DEL GAS. C’è modo e modo di ammazzare. Non c’è problema se usi proiettili o detonazioni, se fai morire di fame o di sete, se spingi al suicidio o usi lame o bastoni o altro corpo contundente, l’importante è che non usi gas. Ecco allora che se decidi di far sembrare che qualcuno ha ucciso una spia in pensione non importa se c’è movente credibile o meno, invece che accoltellarlo o sparargli col silenziatore nel vicolo buio, cosa che non avrebbe interessato nulla a nessuno poiché “spia” e “morto ammazzato” non accendono molto la pubblica attenzione, lo devi attaccare col gas. Poiché il problema non è certo ammazzarlo o meno ma attirare l’attenzione, poco importa che in effetti poi non lo ammazzi, l’importante è che rimanga impresso che tu abbia fatto la cosa più ignominiosa del mondo: usare il gas.

Sono settimane che si teme e qualcuno addirittura pare che sapesse esser pronto, il famoso attacco col gas a Ghouta in Siria. Come già più volte in passato è successo, addirittura proprio all’inizio della guerra civile siriana in quel della periferia di Damasco, qualcuno ha usato il gas. Le condizioni apparenti portano a sospettare senza indugio del governo siriano così come qualche giorno fa, in prime time e su un canale della televisione pubblica e di stato, Roberto Saviano – che è uomo d’onore- ci ha mostrato commentando filmati crudi ed insopportabili, che avrebbero testimoniato di quello che lì succede, è successo, o sarebbe successo.

Poco dopo abbiamo anche saputo che i servizi segreti russi sapendo dell’imminente uso del gas da parte dei ribelli jihadisti al fine di gettare l’ignominiosa colpa sul mostro Assad, avrebbero avvertito gli americani del trappolone che stava per scattare così da disinnescare, momentaneamente, il meccanismo “hai utilizzato il gas e ti avevo detto di non farlo? allora ora ti rado al suolo”. Così l’attacco col gas non c’è più stato, i palazzi del governo siriano a Damasco sono ancora in piedi e Saviano, che è uomo d’onore, è andato fuori sync con gli eventi.

Abbiamo poi saputo altre tre cose: 1) il governo siriano stava praticamente finendo di riconquistare questa sacca di resistenza che si trova vicino alla capitale per altro, com’è ovvio trattandosi di un pezzo di città, con innumerevoli morti civili, tra cui è superfluo ricordare che nella definizione ci sono ovviamente anche “donne e bambini”. Ma donne e bambini morti sotto i bombardamenti non fanno sdegno se non c’è il gas; 2) si sono incontrati i tre apparenti nuovi alleati (russi, turchi ed iraniani) per cominciare a gestire la fine del conflitto e ciò che ne consegue; 3) Trump, ha spiazzato tutti dicendo che per quanto di sua decisione avrebbe appunto deciso di ritirare le forze americane dalla Siria, costano un botto e lui ha molte cose da fare che non impicciarsi di quel nido di vipere che chissà se troverà mai pace. Abbiamo anche saputo che Arabia Saudita che è lo sponsor dei ribelli jihadisti, non l’ha presa bene, così come Israele perché senza l’amico americano si sentono un po’ abbandonati.

Ecco allora che Assad, che non solo è una bestia immorale, la quintessenza del Male, ma è anche radicalmente deficiente, mentre stava “vincendo” la sua lunga guerra, mentre i suo alleati stavano creando le condizioni per archiviarla e pensare al dopo, mentre Trump dichiarava si volersi disimpegnare, eccolo ordinare il fatidico attacco col gas (notizia di stamane data dai “ribelli” siriani) pur sapendo che questo avrebbe creato molti problemi a Trump, molti problemi ai suoi alleati ed avrebbe attirato l’ira funesta di tutti coloro che sopportano tranquillamente migliaia di morti e milioni di profughi ma non l’uso del gas. Siccome è radicalmente deficiente non si è accontentato di ammazzare gente perché lì si faceva guerra, doveva usare il gas, fosse l’ultimo suo atto prima di essere spazzato via dai bombardieri americani. Adesso vediamo se Trump si troverà costretto a far alzare i caccia dalle portaerei, radere al suolo i palazzi del potere siriano, richiamare la possibile ritorsione russa e tornare indietro dalle sue dichiarate intenzioni di abbandono pressato dallo sdegno pubblico tra cui si distingueranno francesi e britannici, gli ultimi Dioscuri dei “diritti umani” oltre a Saviano che però è “uomo d’onore”.

Del resto, tutta la carneficina siriana, come ai più noto, nasce in origine per una questione di gasdotti. Quello sunnita o quello sciita che si contendevano la possibilità di attraversare la Siria per sbucare sul Mediterraneo e diventare nuovi fornitori di energia per l’Europa. E’ incredibile come quella fiammella azzurrina che hai acceso stamattina per far gorgogliare il caffè nella moka, possa creare tanti problemi in giro per il mondo eh? Quando si dice la complessità …

CRONACA 643

05.04  RIEMPIRE GLI SPAZI VUOTI. (Post denso e contorto, evitatelo se non vi trovate in stato riflessivo) Come qualsiasi altra cosa che esiste, anche noi esseri umani siamo soggetti all’imperativo ontologico di adattarci al contesto, pena la fine dell’esistenza. Gli esseri umani hanno sviluppato uno specifico organo per intermediare l’adattamento: la mente. La nostra mente è molto complessa ma lo è meno della complessità naturale ovvero l’insieme di tutto ciò che è. La condizione della relazione tra la nostra mente e il mondo è dunque quella della riduzione, ridurre la complessità maggiore del mondo al livello della minore facoltà complessa della nostra mente. Questa vocazione alla riduzione è dunque per noi naturale ed obbligata e va intesa come un “there is no alternative”. Certo, evolvendo la nostra conoscenza in quantità e soprattutto qualità, si può a sua volta ridurre il rischio riduzione poiché se la riduzione è obbligata va anche detto che essa è sempre soggetta a rischio di perdere elementi essenziali per davvero catturare nella mente il mondo per come questo è e non per come questo ci piace pensare che sia onde infilarlo nello spazio limitato della nostra mente.

Data la premessa affrontiamo il tema: l’unione degli europei. L’articolo linkato (qui) ci dice che i tedeschi si stanno concretamente muovendo per pensare l’introduzione di una clausola di rescissione dal contratto dell’euro. Il Trattato di Maastricht, tra i suoi poco invidiabili primati, ha anche quello di essere l’unico contratto noto a non prevedere la sua rescissione, un moto d’ansia di assoluto nella cangiante relatività eraclitea del mondo. Ma se questi “finché morte non ci separi” sono psicologicamente comprensibili, sappiamo anche che valgono fino a che decidiamo che valgono e quindi sono sempre un ““finché ho voglia di credere “finché morte non ci separi””.

Qual è il punto? Il punto è che il tema di fondo “unione degli europei” è stato ridotto ad una questione economica e la questione economica ad una questione monetaria. La prima riduzione di complessità è figlia dei tempi moderni ovvero la convinzione che i fatti economici siano non solo quelli più importanti nelle moderne società ma la loro stessa essenza, la seconda ovvero ridurre la complessità economica al vincolo monetario è figlia dei tempi specifici dell’alternanza dei paradigmi a governo del pensiero economico.

Sta di fatto che ora ci si accorge che la seconda riduzione di complessità è indebita ma in realtà lo sbaglio di eccessiva riduzione è il primo. Il tema stesso “unione degli europei” andava inteso non come una prescrizione ma come una risultante dell’eccessivo frazionamento del sub-continente. A lungo, questa ricchezza di specie del sub-continente, la sua socio-diversità, è stata per taluni versi un fatto positivo ma con l’alto prezzo correlato del conflitto permanente. In particolare, nella prima metà del Novecento, si è verificato un collasso da convivenza in due puntate che ha prodotto una distruzione complessiva (umana e materiale) non di molto inferiore alla Peste Nera del ‘300. Erano secoli e secoli che ci si ammazzava gli uni con gli altri, per via delle diverse etnie, poi perché io credevo a dio in un modo e tu nell’altro, poi perché questo spazio è mio e non tuo, poi perché il popolo “x” voleva diventare l’aristocrazia continentale e sottomettere tutti gli altri, poi perché ognuno voleva liberare la sua volontà di potenza, poi perché … . Insomma la vestizione del conflitto è cambiata secondo le stagioni ma era la natura del conflitto sottostante derivata da troppi sistemi in uno spazio limitato, il vero motore.

La riduzione del problema dal titolo “troppi galli nel pollaio” al rimbalzante “allora facciamo dei tanti galli un solo gallo”, si è dimostrata una riduzione impossibile, l’applicazione della metafisica neo-platonica che prevede l’Uno ed i Molti come poli unici dello spazio delle possibilità, un riduzionismo troppo semplificato. Oggi e sempre più domani, al problema della eccessiva frammentazione delle nazioni-Stati che connota la realtà geo-storica europea, si somma il problema della convivenza planetaria, un problema che ancorpiù sconsiglia di presentarsi alla competizione per gli spazi nel pianeta finito, rimanendo piccoli, particolari e impotenti.

Lo spazio di coloro che a questo punto si mobilitano per riformare l’eurozona si va riempiendo. Lo spazio di coloro che si battono per eliminarla del tutto si sta ingrandendo. Lo spazio di coloro che hanno creduto di aver così trovato la soluzione al problema dell’unione degli europei si sta contraendo ma lo spazio di coloro che rimangono pervicacemente convinti che esista davvero una possibile prescrizione all’unione di così tante diversità rimane di una sua tenace consistenza mentre si va formando lo spazio dei convinti del “meglio soli che male accompagnati”.

Noi, per istinto naturale, ci dirigiamo sempre più convinti verso lo spazio vuoto, quello che assume come vero il problema di fondo ma false le soluzioni (federali, confederali, solo economiche o peggio monetarie, torniamo ad essere padroni a casa nostra) sin qui elaborate. Ci deve essere da qualche parte una riduzione del problema ad una soluzione non semplice che ancora non abbiamo pensato. Questo spazio vuoto va riempito, questo è il segreto di un adattamento riuscito. Non negare il problema, non negare il fallimento delle soluzioni pensate, non pensare che togliere di mezzo le soluzioni fallaci risolva il problema.

CRONACA 642

GEOPOLITICA DI TRUMP. Pochi giorni fa, Trump ha annunciato che gli USA si ritireranno dalla Siria presto, molto presto, aggiungendo: “Let the other people take care of it now…” . In IR, questo si chiama “scarica barile”, ovvero quando una superpotenza risparmia impegno diretto in un quadrante lasciando siano altri ad affrontare rischi e costi. Potrebbe anche significare lasciare il quadrante alla sua entropia naturale, ovvero aprire una fase di “tutti contro tutti”, lasciar sfogare le dinamiche endogene. Chiamarsi fuori quindi per lasciar spazio ad altri e magari sperare si verrà in seguito richiamati con supplica, quindi con aumentato potere negoziale. Di fatto e se l’annuncio avrà seguito (non è stile di gioco di Trump non fare ciò che dice), Trump dà per chiusa la partita siriana (e che l’abbia data per chiusa ci sono riscontri già da tempo), evita il confronto con l’avanzata in Siria di Erdogan, lascia alla Russia il suo ruolo cardine ma si deresponsabilizza anche per ciò che eventualmente decideranno di fare Israele ed Arabia Saudita. Tutto ciò al netto di quello che invece farà a breve contro l’Iran, ma quella è un’altra partita.

Nella telefonata Trump – Putin del 20 marzo, fonti russe affermano che l’americano avrebbe lanciato al russo l’invito ad un bilaterale in luogo e data da definire. Dopo c’è stata l’espulsione reciproca di diplomatici ma si badi bene, gli USA hanno lasciato alla Russia la decisione di con chi sostituire gli espulsi. Non si tratta quindi di una riduzione di rappresentanza che significherebbe senz’altro un grande raffreddamento delle relazioni , ma di avvertimento o di azione condotta più badando alla forma che alla sostanza. Sappiamo da tempo che la strategia geopolitica complessiva di Trump prevede -tra l’altro- di provare a staccare Russia da Cina e tutte le punture di spillo registrate recentemente con esibizione reciproca di armi e scontri diplomatici potrebbe preludere proprio all’apertura di una”grande trattativa”. Sta di fatto che sono mesi che il caso Ucraina è scomparso dai radar e non c’è argomento più immediatamente doloroso da manipolare per davvero alzare la tensione con Mosca mentre il disimpegno in Siria offre sul piatto un ghiotto, parziale, vantaggio.

Dopo la visita di Kim Jong un a Pechino, a metà Aprile ci sarà il bilaterale Trump – Shinzo Abe ed entro maggio, forse, l’incontro diretto USA – Corea del Nord. Nel frattempo, la Corea del Sud ha accettato i diktat americani sul riequilibrio della bilancia commerciale. E’ questo il primo risultato concreto della guerra dei dazi. Rimangono sospesi i dazi verso l’Europa, anche qui in attesa che la trattativa sulle nuove regole del commercio USA-UE abbia esito positivo o negativo.

Infine, mentre continua il bombardamento ad Amazon ed al comparto più globalista dell’economia americana (la finanza è capitolo a parte), cioè l’hi-tech digitale, si annunciano dazi massicci verso la Cina, circa 60 mld US$. Promessi già forse per la prossima settimana, rimarranno però sospesi per altri 30 giorni in cui rimarrà aperta la finestra della trattativa. Sebbene ritualmente fiocchino analisi sul fatto che Trump ed i suoi non capiscono niente di economia, esattamente come avvenne per la Brexit, qualcuno (un articolo del Sole24Ore) comincia a capire che la razionale sottostante è geopolitica e non strettamente economica. Chissà, forse prima o poi i padroni delle narrazione dominante, penderanno atto che il paradigma è cambiato e che l’esperto economico non è più in grado di leggere fenomeni che rispondono ad altro ordinatore. Distruzione creatrice quindi, meno economisti e più geopolitici.

Concludendo l’interlocutorio punto di aggiornamento, Trump sta imprimendo una accelerazione alla sua strategia che è nota ed ampiamente annunciata da tempo, pur nel disinteresse e sottovalutazione generale. Tatticamente certo c’è l’incombenza delle elezioni novembre prossimo, strategicamente c’è il disegno di ri-sottomettere a giri ancor più stretti l’Europa e la Germania nello specifico (Germania che nel frattempo ha dato definitivo via libera al raddoppio del North stream 2 nel Baltico), il tentativo di staccare Russia e Cina o quantomeno problematizzare la relazione, la decisa ed a questo punto chiara volontà di contenere e mettere sempre più in difficoltà l’unico vero concorrente che rischia di portare l’attuale configurazione multipolare sbilanciato a bilanciato: la Cina.

Come già scritto nell’articolo sul conflitto permanente (qui), la questione è sia complessa che lunga quindi mettiamoci comodi e vediamo come andrà a finire, seguire gli sviluppi di strategie mal si coniuga con l’ansia quotidiana. Segnalo infine che non è chiaro il fine ultimo di Trump. Potrebbe trattarsi di riequilibrio, prender tempo, contenere l’avanzata cinese e quindi difendere l’ancora ampio primato da multipolare sbilanciato che gli USA mantengono e manterranno ancora per un po’ (quanto “un po’ è da vedere), incluso un tentativo di ri-bipolarizzare lo scenario oppure un rivedere i legami di interdipendenza in preparazione di un confronto più deciso e risolutivo. Ma ne riparleremo più in là, se Trump riuscisse nei suoi intenti, abbiamo altri sette anni davanti.

CRONACA 641

31.03  AGNELLO DI DIO. Guardando ieri i filmati degli scontri a Gaza, c’era un drone nero che buttava bombette di gas lacrimogeni o urticanti dall’alto ed un palestinese con la fionda che roteava a cerchi sempre più ampi per dar forza alla pietra con la quale voleva buttarlo giù. Mi veniva allora in mente di scrivere qualcosa di ironico su Davide e Golia reloaded ma a pari inverse, magari abusando della citazione di contesto del venerdì santo.

Poi però ho sentito lo speaker del TG Sky riportare una dichiarazione ufficiale dell’esercito israeliano che lamentava che Hamas aveva mandato avanti un bambina di sette anni contro l’esercito schierato ed ho pensato di scrivere qualcosa di tristemente ironico sul fatto che sempre più si nota l’aperta e voluta vena di surrealismo che accompagna il dare notizie.

Ma poi su altri canali, ho sentito mettere in relazione i fatti di ieri come effetto di una presunta lotta interna alle fazioni palestinesi per il controllo di Gaza e mi è venuto da scrivere qualcosa di sarcastico su questa distribuzione massiva di corruttori logici (che diavolo c’entra l’eventuale problema politico interno ai palestinesi con i 16 morti? I sedici morti sono logicamente connessi a sedici pallottole sparate da sedici armi imbracciate da sedici diversi soldati che sparano su gente che non imbraccia armi da fuoco).

Tenete conto che quella di ieri è solo la prima manifestazione di una serie che continuerà sino al 15 Maggio, forse c’è poca ironia da fare, tocca invece capire.

Israele afferma che, formalmente, quello di Gaza non è suo territorio ed è in base a questa finzione giuridica che si può permettere di opporre esercito a manifestanti e non invece polizia. Quello palestinese sarebbe un tentativo di invasione ostile ed è normale che l’invasore venga ucciso dal difensore. Potremmo andare avanti per ore a discutere che tipo di sovranità sussisterebbe in un territorio che non appartiene ad alcuno stato e che non controlla i propri confini, assediato per terra, mare e cielo da più di dieci anni. In senso logico-politico (quindi non giuridico e stante che questo dipende da quello), quello di ieri è un esercito che spara su manifestanti che non hanno armi da fuoco, quindi si configura come strage fascista perché qui da noi, nelle patrie del diritto e dei diritti civili, uccidere sedici manifestanti e ferirne altri mille è repressione asimmetrica, quindi eminentemente fascista.

Gaza è una prigione a cielo aperto dalla quale puoi scappare solo andando in Egitto il quale, come ogni stato sovrano farebbe, non si sogna minimamente di accogliere i tuoi due milioni di profughi. Gaza è una ridicola finzione giuridica nella quale se ti avvicini alla rete che separa la prigione dal mondo libero, il mondo di questa longeva civiltà che si picca di avere tremila anni e di avere un rapporto speciale con un dio che la protegge da tutte le altre creature che pure sarebbe suoi figli (e quindi si capisce che se inizi così a trasgredire la logica di senso comune, tutto il resto ne discende in conseguenza), è libero si spararti.

Chissà, forse se quelli di Gaza si vestissero con gonne, tacchi e calze a rete, rivendicando il diritto a manifestare la propria libertà di genere, visti i sedici morti ammazzati, qualcuno qui da noi insorgerebbe. Forse il Guardian farebbe un articolo sul ritorno del fascismo, forse i diritti-umanisti ed i diritti-civilisti alzerebbero il ditino ammonitore, forse uno straccio di sdegno sarebbe gettato ad infiammare il pubblico risentimento. Magari qualcuno parlerebbe di sanzioni o potremmo richiamare per colloqui il nostro ambasciatore, di solito si dovrebbe far così coi fascisti, no?

Ai tempi della mai davvero svolta discussione su i riferimenti culturali da dare alla ipotetica Costituzione degli europei, c’era chi tuonava per inserire le radici giudaico-cristiane. Le nostre radici affonderebbe in quella cultura che spara su i ragazzetti arrabbiati, che inventa finzioni giuridiche per salvarsi la coscienza dalla colpa, che compra colombe ed uova, mangia pizze al formaggio e salame, accede la tv e sospira “questi di Hamas sono proprio dei criminali”, poi va su fb e posta il meme per salvare gli agnellini dall’olocausto pasquale. Del resto, il sacrificio dell’agnello a dio (Esodo 12,1 -12,46) nasce proprio da quel popolo di allevatori che però, nel tempo, si è evoluto. Meglio salvare l’agnello e sacrificare il palestinese.

CRONACA 640

29.03 IL GATTO DI SKRIPAL. (Ne abbiamo parlato a RadioBlackout, qui). Avrete sentito parlare del gatto di Schrodinger, una situazione limite degli strani effetti della meccanica quantistica, per i quali c’è un gatto messo in un scatola in cui c’è un timer che ad un certo punto attiva un percussore che rompe una fialetta di gas velenoso. Il punto è che non si saprà se il gatto è vivo o morto fino a che non si aprirà la scatola.

Così l’ex colonnello russo Skripal e figlia, stanno in un ospedale londinese tra la vita e la morte. Se solo per l’attentato di cui è stato oggetto c’è stato il putiferio che avrete letto, immaginate voi cosa succederà se e quando morirà. Naturalmente se morirà, lo farà in tempo utile per far crescere l’indignazione anti-russa al punto di giustificare il famoso ritiro delle nazionali di calcio occidentali, così da farlo fallire, quindi ben prima del 14 Giugno.

Sapevamo già che il movente dell’attentato era molto debole, Skripal vive in Gran Bretagna da otto anni, venne consapevolmente dato dai russi a gli inglesi in uno scambio di spie e quello che aveva da dire l’ha detto ed è di otto anni arretrato sulle informazioni dello spionaggio russo.

Se il movente era debole, i tempi erano improbabili. Dopo otto anni i russi si vegliano improvvisamente prima delle elezioni presidenziali e poco prima dei mondiali di calcio in cui vorranno fare sfoggio di soft power, di cordialità ed amicizia per accreditarsi come potenza del nuovo mondo multipolare. Neanche Tafazzi ubriaco di vodka, avrebbe fatto harakiri in modo così scientifico.

Ma se il movente è debole ed i tempi improbabili, la modalità lascia sconcertati. Accantonate le strade ventilatore della macchina, pulloverino della figlia contaminato dai russi all’areoporto di Mosca, oggi siamo al gas spruzzato sulla porta della sua villetta londinese. Tutto ciò badate bene, usando un gas prodotto alla fine della guerra fredda solo da voi russi (potevate pure lasciare la carta d’identità sotto lo zerbino già che c’eravate o una ciotola di uova di storione, un colbacco magari) e non per poi ammazzare una ex spia, solo per lasciarlo a fare il gatto di Schrodinger per un po’ in un ospedale londinese. E noi che eravamo rimasti alla coltellata nel viottolo buio o la pistola con silenziatore o la bomba collegata all’accensione della macchina, ingenui, oggi si va di vaporizzatore, meno efficiente ma molto più elegante.

Una storia debole, improbabile e sconcertante nella sua assurdità. Eppure c’è qualcuno che sa che tutto questo non è percepibile, non è pensabile, non è analizzato. Tra la lettura del quotidiano con un cornetto e cappuccino mattutino o storditi da una giornata di lavoro davanti alla tv, rimane poco, rimane solo una ex spia ammazzata dai russi criminali che ci fanno indignare per il loro odio inumano verso ciò che abbiamo di più caro: i valori della nostra civiltà. Se 150 diplomatici russi espulsi in occidente vi sembrano pochi, controllate l’andamento della salute del povero Skripal, il peggio potrebbe ancora arrivare. C’è chi usa il gas nervino e chi gas nervosi e se lui e la povera figlia dovessero morire, diventeranno tutti molto nervosi. Vediamo quindi quando apriranno la scatola …

CRONACA 639

22.03 QUANDO SEMBRA CHE CE L’HANNO PROPRIO CON TE. Macchine Uber ad intelligenza artificiale mettono sotto uno con l’intelligenza naturale, poi quel leggerino di fb che vende profili finisce sotto inchiesta, ci si mette anche Trump vagheggiando tasse ad Amazon, poteva mancare Tesla che schianta un tizio imprigionato in un robot che si auto-gestisce? Per uno che le macchine le mette in orbita, non è bello. Quando ti va male e sembra proprio che …

Tutti questi fatti, la cui coordinazione è sospetta, sono stati accompagnati da relativi downgrade e discese dei valori di quotazione. Sono stati anche anticipati dall’improvviso pullulare di articoli sulla stampa americana, anche economica, che si sono improvvisamente accorti delle evidenti “posizioni dominanti” che questi attori occupano nei rispettivi mercati, a volte monopolisti, a volte oligopolisti. Più il constatare che ogni giorno chiude una catena distributiva tradizionale perché contro l’on-line c’è poco da fare. Con ampi riflessi, non solo occupazionali e di raccolta fiscale, ma anche produttivi (dal settore auto all’impatto sulla piccola e media industria del dominio Amazon che tratta solo grandi marchi da cui ottiene grandi sconti che mettono tutti gli altri fuori mercato). Insomma un intero settore di aziende globaliste e democratiche che sognavano di rivoluzionare il mondo stesso, prima finisce sotto la lente d’ingrandimento, poi cominciano a incontrare incidenti, poi cominciano a perdere soldi, prestigio, potere … .

CRONACA 638

22.03  MARI SEMPRE PIU’ CALDI, GUERRE SEMPRE PIU’ FREDDE. Qualche giorno fa ho letto questo articolo su una serie televisiva che sta spopolando in Norvegia (pare ora venduta anche ad altri paesi del nord Europa http://m.dagospia.com/la-norvegia-porta-in-tv-i-suoi-incubi…), che si muove in un futuro prossimo in cui la Norvegia è stata invasa ed annessa alla Russia (!). Di solito, le distopie, usano entità immaginarie o come nella “Svastica sul Sole” del grande P.K. Dick, del passato. Usare una situazione a sfondo paranoide con entità presenti è bizzarro. La cosa avrebbe -nella trama-, a che fare col petrolio.

Se la Norvegia fu uno dei fondatori del Patto Atlantico, Svezia e Finlandia sono sempre state neutrali ma pare che in Svezia, distribuiscano opuscoli sul come prepararsi alla guerra (https://www.ilpost.it/…/06/svezia-fine-neutralita-nato-rus…/) e si stia formando una inedita maggioranza per entrare nella NATO, così come se ne comincia a parlare anche in Finlandia. I tre scandinavi fanno parte del Consiglio dell’Artico e con USA e Canada, formerebbero un 7a 1 contro la Russia, essendo sia la Danimarca che l’Islanda, già dentro l’organizzazione atlantica.

Nel Baltico, su cui si affacciano le teste di ponte filo-americane di Polonia più le tre repubbliche baltiche, ci sono da tempo frizioni con rallentamenti dei lavori del raddoppio del North Stream, aerei che sconfinano, sommergibili che spuntano in rada, muri eretti tra Estonia e Russia e contestazioni con accuse reciproche, tra cui quelle che riguardano Kalinigrad ovvero Konigsberg (russa http://www.lastampa.it/…/missili-a-kaliningrad-…/pagina.html).

Ma la questione scandinava potrebbe avere a che fare soprattutto con l’Artico, il nuovo El Dorado per minerali, petrolio, gas, rotte di molte miglia inferiori a quella meridionali, tra cui quella cinese per l’Europa, visto che il ghiaccio pare destinato a sciogliersi prima del previsto (qui).

Come si può evincere dal titolo del post, c’è un nuovo paradigma di correlazione inversa termodinamica per il quale più farà caldo sulla Terra, più le relazioni tra stati diventeranno fredde. Di contro, una guerra che si volgesse repentinamente dal freddo al caldo, porterebbe l’inverno nucleare. Non un granché come previsioni del tempo che farà.

CRONACA 637

21.03. FARSI CARICO. Di ieri la notizia che Madame Lagarde (IMF ), suggerisce a gli europei di mettere da parte i soldi dei tempi soleggiati (sarebbero i nostri … 🙂) per i prossimi tempi piovosi. Si dovrebbe accantonare un 0.35% di Pil annuo, da conferire ad un fondo di stabilità centralizzato in EU. Si sono letti, a riguardo, più commenti, vorrei aggiungerne un altro, che va un po’ per conto suo.

Lagarde è al suo secondo mandato. Prima della sua ricandidatura al secondo che è quello attuale, scoppiò un putiferio all’interno dell’IMF. Sebbene molti abbiamo le idee chiare su cosa sia il FMI, forse è il caso di ricordare che i fondi su cui opera sono erogati (in quote certo diverse) da tutti i membri che son ben 190. Il putiferio nacque per la sollevazione della maggioranza degli stati membri che contestavano una esposizione di ben 30 mld di US$ del fondo sulla Grecia, praticamente il più oneroso intervento degli ultimi decenni. Dopo la crisi di due estati fa, IMF ha parzialmente cambiato posizione all’interno della troika, sostenendo con forza l’haircut del debito greco, per rendere realistica la sua restituzione, fatto ignorato del tutto da Commissione e BCE. La sollevazione interna la fondo, sosteneva che il fondo doveva prevenire rischi sistemici ed aiutare economie davvero malmesse soprattutto dei paesi non OECD-OCSE, non certo dilapidare i fondi per beghe interne alla ricca Europa, stante che buona parte del debito greco estero sta in mano bancarie franco-tedesche (motivo per il quale UE-BCE fecero orecchie da mercante alla richiesta di haircut dell’IMF). Lagarde promise di tener conto delle obiezioni e su questa rassicurazione ha ottenuto il secondo mandato.

Ieri, parrebbe aver dato corso ai suoi impegni, Gli europei sono complessivamente la seconda economia mondo, non è proprio il caso che il più povero resto del mondo versi contributi per le sue malformate forme comunitarie che tutto sono men che cooperative. Tradotto: cari amici, la prossima volta non vi sognate proprio di venir a chiedere i soldi a me anche perché non ve li potrò dare. La faccenda va inquadrata anche nella guerra dei fondi monetari ovvero l’interesse, in fondo americano, di mantenere IMF unico ed al centro del sistema mondo, altrimenti gli scontenti (leggasi soprattutto Asia-BRICS) potrebbero farsene uno per conto proprio (che poi magari se lo faranno lo stesso).

Lo 0,35% o giù di lì del nuovo fondo interno, andrebbe a sommarsi a quel 2% o giù di lì di Pil in contributo NATO che nessuno dà ma che adesso Trump pretende.
Insomma, era solo per far presente che sono tempi difficili per tutti e che per un motivo o per l’altro, l’Europa non può più contare su i deferenti contributi al suo eccezionale prestigio. Poiché la tempistica di queste nuove richieste di presa di responsabilità arrivano guarda caso mentre si sa che si stanno ridiscutendo gli assetti interni all’eurozona, i messaggi Lagarde-Trump arrivano giusto in tempo per dire: visto che state rifacendo i conti, metteteci anche questi. Per essere sicura di esser compresa, Lagarde ieri ha parlato in un think tank a Berlino.

CRONACA 636

19.03 RIMANERE SOLI CON LO SCERIFFO DI NOTTINGHAM. Non c’è più Robin Hood, il naturale senso di giustizia che sta già nella mente dei più piccoli, non ha più una immagine. Non ha immagine perché non si sa cosa dovrebbe fare Robin Hood, siamo paralizzati davanti all’ingiustizia, non riusciamo ad immaginare per cosa concretamente batterci.

Ho letto “Ingiustizia globale” (LUISS U.P. 2017) dell’ ex chief economist della World Bank, Branko Milanovic, forse il maggior “economista della diseguaglianza” del mondo, se mi passate la definizione. Il serbo americano illustra con precisione gli effetti del trentennio globalizzato: 1) riequilibrio della diseguaglianza tra stati ed aree del mondo (convergenza); 2) accentuazione violenta delle diseguaglianze interne ai paesi occidentali con sparizione delle classi medie e distacco di una minuscola élite di ricchi e super-ricchi (divergenza). Milanovic è molto meno preciso di Piketty ed abbastanza elusivo sul punto principale motore di questo secondo effetto che deriva dalla torsione finanziaria dei sistemi economici occidentali. Nelle appendici tematiche finali si domanda “Come si può ridurre la diseguaglianza in ricchi welfare state?” Sembra fare al caso nostro, vediamo …

La globalizzazione e quindi la libera circolazione dei capitali rende “molto difficile” (eufemismo) la tassazione della componente che maggior contribuisce a creare diseguaglianza: il reddito da capitale. C’è anche quello da lavoro ovviamente ma i volumi di quello da capitale sono molto maggiori e determinanti e per altro anche quello da lavoro è molto sfuggente alla tassazione, nelle multinazionali. L’accesso alla globalizzazione, impone l’accettazione della concorrenza fiscale, il fatto cioè che un paese di decine di milioni di abitanti debba competere sull’attrattività delle aliquote con uno stato-francobollo, un paese con un welfare sviluppato e tradizionale,con uno che non ce l’ha, un paese produttivo manifatturiero con una disneyland finanziaria. Si rimane basiti dalla logica degli economisti.

Secondo questi cultori delle comparazioni asimmetriche, tutti gli stati dovrebbero convergere verso un unico modello a piccolo stato, piccolo budget pubblico, basse aliquote, vantaggi finanziari per “attrarre capitali”. La storia? La geografia? La demografia? La diversa composizione della struttura economica? Chi se ne frega, il modello è quello, allineatevi! Meno male che qui siamo nella culla dell’anti-totalitarismo. Dopodiché?

Milanovic disprezza ogni cautela su i limiti della crescita e quindi tassare i capitali e fare ridistribuzione, poiché deprime la circolazione e l’investimento, non andrebbe fatto neanche se si potesse e comunuque non si può. Allora? La ricetta è: ridurre la dotazione della proprietà dei beni patrimoniali e dell’istruzione. Già, ma come? Alzare le imposte di successione, tassare le società per spingerle a distribuire l’azionariato ai dipendenti di modo che anche loro avrebbero redditi da capitale (ma Milanovic fa finta di non sapere che a quel punto le società scapperebbero da chi non mette queste leggi), “politiche fiscali ed amministrative” che “permetterebbero ai poveri di possedere e mantenere beni finanziari (come ?). Ma non basta, certo. Si dovrebbe permettere a tutti di andare ad Harvard di modo da avere pari opportunità per il successo e la scalabilità della piramide sociale. Commento? Sono basito.

Duecento pagine di analisi abbastanza oneste, sulle inaccettabili diseguaglianze, sul fatto che stanno crescendo e sono destinate ulteriormente a crescere, sul fatto che in occidente hanno generato una élite dinastica che attraverso il potere dei soldi dirige il circo politico e quindi l’emissione di leggi, venendo a formare una plutocrazia che sta già tentando di restringere il diritto di voto (manipolando sistemi elettorali e collegi elettorali, facendo campagne stampa sul fatto che molti non hanno i requisiti per votare consapevolmente) e quello che rimane lo manipola controllando l’informazione e la cultura pubblica, che è colpa di questa plutocrazia egoista se l’unica forma elementare di reazione è un moderato populismo. Tra l’altro, un populismo mobilitato su tutto (dalla casta ai migranti, dai diritti civili ai valori religiosi-etici-morali-sessuali) tranne che sul punto (le diseguaglianze, appunto), proprio grazie al potere condizionante che hanno i detentori dell’agenda del discorso pubblico. Dopo duecento pagine di fredda analisi i cui concetti qui riassunti sono i suoi (con tante citazioni di Marx e Gramsci) non miei, che si fa? Dobbiamo andare tutti ad Harvard e diventare speculatori di borsa con chissà quali soldi.

Non c’è più Robin Hood e non c’è perché nessuno ha idea di come affrontare questa mostruosa macchina di potere che prospera sul nostro modo di vivere e che sta distruggendo le nostre società. La rabbia per questa evidenza di cui molti si rendono conto magari anche solo epidermicamente, è sviata su dicotomie accessorie e di secondaria importanza. Scannatevi esibendo la vostra falsa coscienza, mobilitatevi sul particolare, l’accessorio, indignatevi moralmente per le ingiustizie secondarie, insomma tenetevi occupati sull’inutile.

L’unica tassa sul lusso e su i conti correnti applicata negli ultimi decenni, è stata fatta da Mario Monti (!). Per alcuni l’unica via è uscire dal capitalismo, dal neoliberismo, fare la rivoluzione, poi lamentarsi del fatto che “non c’è più la sinistra”. Trovare modi concreti e diretti di prendere i soldi ai ricchi per darli ai poveri, non va più di moda. Lo sceriffo di Nottingham sorride e ringrazia.

CRONACA 635

18.03 PUTIN E IL PROBLEMA DEI TRE CORPI. Oggi si vota in Russia ma qual è il “problema Putin” per l’Occidente? Il problema è semplice.

Da qualsiasi parte prendiate l’analisi sul sistema mondo, non c’è modo di evitare di concordare sul fatto che la Cina è una potenza in ascesa, che questa ascesa è inevitabile, che la Cina è virtualmente inattaccabile per varie ragioni, che la Cina trascina e sempre più trascinerà l’intero continente asiatico che è il 60% del mondo in termini di popolazione. Si può certo frenarla e provare entro certi limiti a contenerla, condizionarla ed obbligarla dentro un perimetro di contenimento fatto di India, Sud Est asiatico e Giappone, ma questi rallentamenti non saranno sufficienti per invertire la tendenza di fondo. Tutti gli analisti imperiali americani nei loro studi, per dare una speranza ai propri committenti, non possono che convergere verso sempre la stessa ed unica variabile debole di sistema: il collasso con frammentazione della Repubblica popolare. Per varie ragioni, chi scrive pensa che questo sia puro wishful thinking determinato da una sorta di inaccettabilità dei limiti oggettivi della realtà di potenza, corroborato da una sostanziale ignoranza della storia e della cultura (in Cina le due cose coincidono) cinese. Credo che -in fondo-, questo lo sappiano anche gli analisti di cui sopra. Per certi versi, verso il sistema Cina-Asia non c’è altro atteggiamento razionale che accettarlo e conviverci, una parte di mondo non sarà mai più sotto il controllo occidentale. Ma il mondo è grande ed una spartizione garantirebbe almeno altri cinquanta anni di ordine mondiale, tempo che la Cina e l’Asia crescono e si sviluppano appieno.

Qui interviene il “problema Putin”. La Russia, non mostra forti motivi contrari alla possibilità di pensarla come aggregabile al sistema occidentale allargato. La Russia è più occidentale che orientale sebbene come tutti i sistemi posti su una faglia, ondeggi tra le due tradizioni. E’ dotata di una oligarchia molto simile alla plutocrazia americana ed avrebbe una ottima posizione di relazione con l’Occidente potendo scambiare energia con tecnologia. Poiché è anche l’unico vero competitor atomico, la sua cooptazione darebbe a gli USA un vantaggio di opzione finale decisivo, decisivo anche per gestire il conflitto permanente con la Cina-Asia, rallentando la sua ascesa inevitabile. In più, aggregare i russi al sistema permetterebbe di operare contenimento verso la Cina, togliendogli l’opzione artica e premendo anche da Nord ed Ovest. Accusati di “russofobia” nei giorni scorsi, gli inglesi hanno prontamente dichiarato di non esserlo affatto, loro ce l’hanno solo con Putin. Il problema Putin è che questo signore interpreta l’essere Russia come un polo a sé, non aggregabile al sistema occidentale, il fatidico “terzo corpo” che porta dinamiche lineari (dinamica dei due corpi) a non lineari e tendenzialmente caotiche (problema dei tre corpi di H. Poincaré).

Putin è l’espressione di una seconda élite presente in Russia, per molti versi ed in senso strutturale e non ideologico, un derivato del sistema sovietico: il complesso cultural-industrial-militare. Questo verrebbe a decomporsi sostanzialmente nel caso prendesse potere l’oligarchia economico-finanziaria. Putin è lì a garanzia di una equilibrata convivenza tra le due élite, equilibrio che però di fronte a casi cruciali, mette la vecchia élite tradizionale sempre prima della seconda.

La strategia americo-occidentale dei prossimi anni quindi, cercherà in tutti i modi di alterare gli equilibri di convivenza tra le due élite russe, premendo costantemente sulla Russia, nella speranza che prima o poi, l’élite economico-finanziaria prenda il sopravvento su quella tradizionale. Il mondo futuro va semplificato a due, se rimane a tre sarà molto difficile controllarlo.

Il mondo multipolare è ingestibile e tende all’auto-organizzazione, quindi va riportato a bipolare ma su questa via obbligata c’è Putin, il perno d’equilibrio della precaria relazione tra due gruppi di élite russi.

CRONACA 634

AH, AH , AH, MA COME PENSATE DI FINANZIARE I VOSTRI RIDICOLI SOSTEGNI ALLA POVERTA’ ? Quanti anche qui su fb, ripetono il mantra del giorno confezionato dagli sceneggiatori della commedia politica. Gli stessi che ripetono che fuori dell’UE non c’è salvezza o quei svalvolati che hanno fatto girare il meme “+EUROPA, -PUTIN”. Quella UE a cui capo (formale) c’è il signore qui sotto che per 18 anni (accipicchia, più di Putin e Xi Jinping) è stato Presidente del consiglio di un paradiso fiscale. Qui la notizia di 2053 accordi speciali per attirare multinazionali che in cambio di pochi posti di lavoro, pagano sempre meno tasse per un danno stimato per la sola Italia (ma chissà come è stata fatta la stima) di “appena” 10 miliardi di euro annui. Magari l’idea della flat tax di alcune nostrane forze politiche stava lì a rassicurare che il “nuovo che avanza” borbotta il suo anti-europeismo a parole ma il suo sostanziale allineamento nei fatti? Prima ti fottono poi vogliono pure che sospiri “ancora, ancora”. Irredimibili.

CRONACA 633

17.03  FEEDBACK. Letteralmente “retroazione”. Ve ne sono di positivi e negativi. Positivo è quando da un banale litigio si finisce a coltellate, ad ogni transazione, la risposta è maggiore dell’imput e quindi si scalano velocemente a salire i gradini di un conflitto. Negativo è “porgi l’altra guancia”, quando la risposta è inferiore all’imput e tenta di sedare l’escalation. Tutti i processi di equilibrio nei sistemi dinamici, sono a base di feedback negativi, dall’omeostasi alla resilienza degli ecosistemi, tutti i processi che portano al collasso sono a base di feedback positivi.

Ci si domanda: la risposta russa all’espulsione britannica dei 23 diplomatici e tutto ciò che ne è conseguito, sarà a feedback positivo o negativo?

Domani si vota in Russia ed è improbabile che la risposta verrà data oggi o domani. Forse lunedì sapremo. Molto improbabile una risposta a feedback positivo. La risposta britannica alla faccenda Skripal, ha evidentemente teso ad alzare la tensione richiamando risposte ancorpiù piccate, per innescare un crescendo che culminasse con il giustificato ritiro delle nazionali di calcio occidentali dai prossimi mondiali che è il fine ultimo di tutta questa incredibile faccenda. Si tratterebbe di un danno enorme per i russi, di prestigio internazionale ed economico.

Una risposta a feedback negativo (ad esempio una simmetrica espulsione di qualche diplomatico britannico ma comunque meno dei 23 russi cacciati da Londra), sarebbe elegante ma non è detto che Londra non proceda ad altre “rivelazioni”, innescando altre azioni di sfida che -prima o poi- richiederebbero un “adesso basta!”, da cui l’escalation per arrivare al fine ultimo che è quello dato.

Probabile un feedback simmetrico poco evidente, qualcosa che visibilmente pareggia (o quasi) i conti davanti alle opinioni pubbliche ma che è accompagnato da qualcos’altro di poco evidente per le opinioni pubbliche che però comunica silenziosamente a Londra quale potrebbe essere l’effetto finale dell’escalation, il prezzo finale da pagare per l’affronto se condotto fino in fondo. Probabile anche posporre la sostanza della risposta a mondiali felicemente avvenuti. “Imperdonabile” come giudizio dati ieri dal portavoce russo, significa “non dimenticheremo”. Il laconico commento di Putin “Le accuse del Russiagate non ci toccano minimamente e abbiamo messo di dare attenzione alle storie sulle spie” direbbe di un “guardate che non abbocco”, un feedback negativo già a lungo praticato nella faccenda ucraina.

Per quanto l’intera faccenda testimoni di quanto le élite anglosassoni siano ben sicure di poter guidare le proprie opinioni pubbliche e quelle europee come il pifferaio di Hamelin faceva coi topi (l’intera faccenda è, tecnicamente parlando, “surreale”), testimonia anche di una volontà che deve aver fatto i suoi calcoli in termini di gioco. Mancano tre mesi ai mondiali e la costruzione dell’indignazione diffusa che possa giustificare una mossa così impopolare come il ritiro delle nazionali da un mondiale (sopratutto per francesi e tedeschi senza i quali l’effetto boicottaggio fallisce), dovrà costruirsi nel tempo, la faccenda quindi dovrebbe andare avanti per un bel po’.

Di contro, i russi sono campioni di scacchi e negli scacchi, oltre ai pezzi ed ai giocatori, c’è la variabile tempo. La prima partita dei mondiali è iniziata.

CRONACA 632

15.03  LEGGI ETERNE E REGOLE STORICHE. Per andar veloci a trattare una enorme mole di dati, il nostro pensiero adotta alcune scorciatoie, tra queste il concetto di legge come certezza di formulazioni “se A, allora B”. Questo tipo di “leggi”, vennero scoperte a gli inizi della modernità (‘500-‘600)in fisica ed astronomia e fecero molta impressione, ulteriormente potenziata dal fatto di crederle valide “ovunque e per sempre”. Una bella comodità, saper di poter contare su questi meccanismi di verità, oltretutto “ovunque e per sempre”. Fummo talmente impressionati da queste regolarità euristiche da estendere a nostro piacimento il concetto di legge che era nato nell’osservare dinamiche dei corpi non biologici, anche ai corpi biologici, le società, e quant’altro del mondo umano. Ad esse ricorre spesso una disciplina, l’economia.

L’idea ad esempio che ad ogni innovazione tecnologica della breve storia del nostro modo economico, abbia sì generato l’appassimento di un settore vecchio ma anche l’espansione di uno nuovo che ne prende il posto, è una di queste presunte “leggi”. C’è chi gli ha dato anche un nome “distruzione creatrice”, dal sapore un po’ darwiniano, essendo Darwin un ottimo testimonial di scientificità. All’economics piace molto sentirsi “scientifica”.

Il caso del giorno è la chiusura per fallimento della catena americana Toys “R” Us, pare, 33.000 dipendenti per strada solo negli USA. La catena distributiva perde così la guerra contro un’altra catena distributiva, quella delle piattaforme on line. Sono molti i casi di fallimento del cosiddetto “retail” (“al dettaglio”, ma qui s’intende “per strada” cioè negozi, catene etc.), che non possono competere con l’on line. Bene, ai preoccupati di questa strage che è strage occupazionale, i devoti dell’economics rispondono con sorriso di chi la sa lunga “tranquilli, è sempre (sempre quanto? dove? in quali casi?) stato così, mors tua sì ma anche vita mea, i conti torneranno -come minimo- a pari, non vi fate prendere dalla sindrome del luddista, qualcuno è distrutto ma molti altri verranno creati”. Questo dice la legge della distruzione creatrice. Giusto?

No. Se prendiamo il campione della distribuzione off line (retail) cioè Walmart, vediamo che per ogni singolo dipendente di Walmart, ci sono 51.000 $ di fatturato, se prendiamo il campione dell’on line, Amazon, vediamo che ci sono 101.000 $ di fatturato, cioè in Amazon si fanno più soldi con meno persone, com’è intuitivamente ovvio. La chiusura di Toys “R” Us porterà ad un saldo occupazionale negativo perché on line si vendono lo stesso numero di giocattoli con molte meno persone occupate. Invero ci rimetteranno anche molti altri tra cui i locatori di capannoni e negozi su strada ed anche i piccoli produttori che potevano sperare di vendere se messi nelle rastrelliere a vista (produttori cioè poco noti, che non possono fare pubblicità) e che on line non hanno alcuna speranza anche per via delle politiche di acquisizione prodotti e scontistica di Amazon.

Quindi, l’economics dovrebbe smetterla di ammannire “leggi” che nel suo campo semplicemente non esistono poiché non si tratta di un universo newtoniano ed affidarsi alle più precarie “regole”. Le regole valgono fino a prova contraria, sono contingenti, storiche, sensibili ai contesti. La nuova wave di innovazione tecno-informatica, ridurrà il bisogno di lavoro umano. Potremmo evitare di buttar via ancor altro tempo nel cercare di opporsi a questa evidenza intuitiva e dimostrabile e magari investirlo nel cercare soluzioni? Potremmo distruggere l’ampio sistema di verità infondate che guida questa disciplina e la sua interpretazione politica e crearne di nuove?

Uno dei tanti scogli nel nostro precario percorso di adattamento al mondo che inconsapevolmente o con consapevolezza limitata, stiamo creando.

CRONACA 631

14.03. PUO’ ESSERE O NON ESSERE. Premetto la clausola di incertezza, nel senso che scrivo provando a fare una pura ipotesi, troppe cose non sappiamo del fatidico “cosa c’è sotto” per cui andiamo per ipotesi tanto per riempire il punto interrogativo che incombe su una faccenda che sta lievitando con grande, troppa velocità.

La questione è quella dell’ex spia russa che si era venduta a gli inglesi, residente in UK da svariati anni dopo esser stata scambiata dai russi contro agenti russi beccati dagli inglesi. Stamane Londra ha espulso molti diplomatici russi (il primo lancio della notizia su Repubblica riportava diplomatici “sovietici”) e stasera c’è in convocazione urgente il Consiglio di sicurezza ONU, dopo che Londra aveva accusato Mosca senza mostrare prove e dando, irritualmente per i codici diplomatici “normali”, un ultimatum di 24 ore ai russi per dare “spiegazioni”. Si ricordi che Boris Johnson, qualche giorno fa ed “a caldo”, appena uscita la notizia, aveva annunciato il possibile boicottaggio dei prossimi mondiali di calcio da parte della nazionale inglese. Che succede?

Molti hanno già notato che: a) dopo mi sembra otto anni di tranquilla esistenza in quel di Londra non si vede ragione per la quale i russi avrebbero dovuto tentar di ammazzare la loro ex spia visto che quello che aveva da spifferare, l’aveva già spifferato da tempo; b) non si vede perché farlo spruzzando nervino in luogo pubblico e non con la più antiquata rivoltella, anche perché in effetti l’uomo non sta certo bene, ma non è morto; c) non si vede perché farlo a poche settimane dal voto russo per il rinnovo della carica di Presidente; d) non si vede perché farlo a ridosso di un evento internazionale – mondiali di calcio – a cui i russi tengono molto come vetrina di cordialità, affidabilità, amicizia e prestigio internazionale. Inoltre non si vede come si possa accusare la Russia così senza prove decisive ma soprattutto pubblicamente, stante che cose da spie e contro-spie avvengono di continuo senza diventare di pubblico dominio, non si vede perché dare un ultimatum così clamoroso, perché rifiutare l’invito di ieri di Lavrov a portare la questione nei normali binari diplomatici, non si capisce perché procedere subito alle clamorose espulsioni portando la questione all’ONU dove ci sarà la solita censura 3-2 (USA-IK-Francia vs Russia-Cina). Poiché pare certo che seguiranno espulsioni di russi londinesi anche nei settori commerciali e finanziari e contro espulsioni di reciprocità da parte di Mosca, è chiaro che si va al ritiro della nazionale inglese dai mondiali. Quindi?

Delle tante ipotesi che si possono fare a me solletica quella anti-europea. In Germania c’è una coalizione con l’SPD il cui Schroeder è presidente del consorzio per il raddoppio del gasdotto North Stream ma da dicembre anche presidente del gioiello russo Rosneft. La rielezioni certa di Putin ed i mondiali avrebbero probabilmente spinto ad una normalizzazione dei rapporti come alcuni analisti avevano già ipotizzato (ne parlò anche Limes qualche giorno fa). Trump eleva dazi contro tutti in Europa ma invitando a trattare paese per paese per isolare la Germania. Aspetta la reazione perché ha già fatto sapere che non vede l’ora di mettere sanzioni sulle auto europee importate, che per lo più sono tedesche. La Germania è anche a capo di quella Europa che sta trattando la Brexit. Tillerson vien fatto fuori proprio un attimo prima l’impennata odierna di Londra. Se Londra non va ai mondiali, forse seguita da Parigi potrà forse esimersi Berlino? Se ricomincia la pioggia di sanzioni, espulsioni, ostracismi vari, Berlino potrà non accodarsi? In queste condizioni Berlino può raddoppiare il North Stream e coltivare i suoi sogni di espansione orientale?

Forse la coppia anglosassone ha un comune interesse a mettere pesantemente in difficoltà la Germania ed ad evitare in tutti i modi la riviviscenza di quel dannato fantasma che tormenta i sonni dei geopolitici anglosassoni da più di un secolo: la GeRussia?

CRONACA 630

12.03. E SE PROVASSIMO COI MONGOLI? Ieri sera ho visto -in tv- un film su un gruppo di nomadi della Mongolia interna cinese. Il capo tribù, portava un giovane venuto da Pechino per fare l’insegnante stagionale, a vedere la caccia di un branco di lupi. I lupi attaccavano e massacravano un gruppo di gazzelle. L’indomani, tutta la tribù andava al cimitero della gazzelle sventrate e congelate e ne prendevano un certo numero per venderne la carne al mercato, ma molte le lasciavano lì. Il ragazzo di città chiedeva allora meravigliato al capo-saggio: “Ma perché non le prendiamo tutte, faremmo molti più soldi ?”. Il capo, con benevolo sorriso di comprensione, rispondeva: “Vedi, se noi prendessimo tutto il loro cibo, per sfamare i loro cuccioli, i lupi attaccherebbero i nostri greggi, noi allora prenderemmo i fucili e stermineremmo tutti i lupi. A quel punto le gazzelle crescerebbero di numero e poiché brucano il sottile strato d’erba della taiga, la taiga si desertificherebbe in breve tempo e così morirebbero anche i nostri cavalli. Pensi sia un buon affare per un mongolo avere qualche soldo in più per poi vivere in un deserto senza pecore e senza cavalli ?”

Ieri Bankitalia ha presentato l’ennesimo rapporto sulla distribuzione di ricchezza media tra le famiglie italiane. Dice il rapporto: “Il 30% più povero delle famiglie detiene appena l’1% della ricchezza nazionale. Il 30% delle famiglie più ricche detiene invece circa il 75% del patrimonio netto degli italiani. Per altro oltre il 40% di questa quota è detenuta dal 5% più ricco. È aumentata la disuguaglianza nella distribuzione dei redditi che, misurata dall’indice di Gini, è tornata in prossimità dei livelli prevalenti alla fine degli anni novanta del secolo scorso. È aumentata anche la quota di individui a rischio di povertà. L’incidenza di questa condizione, è salita al 23 per cento, un livello molto elevato”.

L’anno scorso, analogo rapporto Oxfam, aveva notato “Il sistema fiscale e previdenziale svedese, per esempio, è il più avanzato in Europa e favorisce una riduzione delle disuguaglianze di reddito del 53%, mentre il sistema fiscale e previdenziale italiano, è tra gli ultimi posti della classifica europea”. Oxfam aggiungeva anche “”il grande potere d’influenza dei super ricchi, delle multinazionali e di una parte del settore privato a livello nazionale ed europeo, non fa che accrescere povertà e disuguaglianza in tutto il continente. Sulle norme fiscali, per esempio, l’82% dei componenti del gruppo che elabora raccomandazioni per l’Unione europea sulla riforma del settore fiscale appartiene al settore privato e commerciale”.

Ne traiamo una considerazione generale di questo tipo: nei sistemi sociali più semplici come quelli di pochi nomadi mongoli a contatto con tutte le variabili del sistema in cui vivono e da cui dipendono, c’è una percezione diretta dell’equilibrio per cui si sa che il vantaggio egoista di oggi porta alla catastrofe generale di domani. Nei sistemi sociali in cui ognuno è carcerato in un puntino di rette e curve che disegnano un sistema molto complesso, la vista è corta, la previsione è breve, l’egoismo della particella divora la condizioni di possibilità stesse di ciò da cui essa stessa dipende.

L’oceano furioso di chiacchiere tempestose che sta accompagnando il commento ai risultati elettorali italiani e più in generale l’irrimediabile idiotismo delle élite europee che nonostante segnali costanti ed incrementali di rivolta sociale, per altro monopolizzata da interpreti che ne distorcono parzialmente il fine naturale, dicono che ci stiamo apprestando ad un futuro “senza pecore e cavalli”. Un capo mongolo per la segreteria PD aiuterebbe?

CRONACA 629

11.03. GRANDI STORIE. Centoquattro anni fa, dopo un secolo di relazioni interne tese ma sostanzialmente pacifiche, l’Europa si ripiegò su se stessa precipitando in un conflitto interno che distrusse Stati, Imperi, cose e circa 25 milioni di persone.

Dopo una pausa di transizione segnata da enormi tensioni sociali, economiche e culturali, settantanove anni fa, l’Europa precipitò in un secondo conflitto che contagiò l’intero pianeta, distruggendo ancora di più, tra cui più di 75 milioni di persone.

Settantaquattro anni fa, gli Stati Uniti d’America sbarcarono le loro truppe e posero sotto protezione l’intera Europa occidentale che da allora è diventata l’appendice subordinata dell’Impero occidentale a guida anglosassone.

Ventisette anni fa, l’Europa occidentale si riunisce con quella orientale rimasta sotto tutela sovietica.

Venticinque anni fa, l’Europa firma un trattato (Maastricht) che stabilisce un progetto di stretta unione economico-monetaria al suo interno.

Sedici anni fa, entra in circolazione una moneta unica per diciannove Paesi.

Due anni fa, la Gran Bretagna decide di abbandonare l’Unione europea.

Tre giorni fa, il presidente americano, firma l’introduzione di dazi generalizzati ma con diretti effetti proprio sulle produzioni europee. Ieri, dopo il primo colloquio USA-EU per trovare una via d’uscita al contenzioso, Trump annuncia che se l’Europa metterà a sua volta contro-dazi, lui scatenerà una violenta guerra produttivo-commerciale totale, partendo dalle auto (tedesche, francesi, italiane). Sono decine di miliardi in bilico, sono centinaia di migliaia di posti di lavoro, è un rischio che può far precipitare nel caos anche i sistemi economici più forti e con essi le relative società. Gli americani che sbarcarono settantaquattro anni fa e che per tutto questo tempo ci hanno annesso geo-politicamente come sistema protetto, si reimbarcano e ci dicono che la festa è finita, il mondo è complesso e difficile, ognuno deve prendersi la propria responsabilità su come stare al mondo. Termina così una lunga storia e ne inizia un’altra.

Il mondo non è più quello di una volta ma gli europei non vogliono prenderne atto. Gli europei, pensano di essere una sorta di aristocrazia del mondo a cui è dovuto uno statuto speciale in virtù della lunga loro lunga ed affascinante storia. Hanno congelato le loro contraddizioni interne che già centoquattro anni fa li portarono a massacrarsi l’un con l’altro, come per altro avevano fatto nei millecinquecento anni addietro.

Con i soldi e la protezione degli americani, si sono ricostruiti dopo la grande distruzione traendone addirittura delle “leggi” sulla crescita economica e privati di reale sovranità geopolitica, si sono convinti che il mondo era un gioco “win-win” (mai espressione fu più ridicola e sintomo di una mentalità che abbandona a grandi falcate la realtà delle cose terrene), fatto di grandi chiacchiere e totale dedicazione ai fatti economici. Hanno scambiato il “doux commerce” di Montesquieu, per la “pace perpetua” di Kant. Ma cosa è il mondo non lo decidono gli europei, lo decide il mondo stesso, quel mondo di cui gli europei sono oggi solo il 6,6%. Abituati a determinare il mondo. gli europei ora dovrebbero imparare il concetto a loro profondamente straniero di “adattamento”.

Frazionati in una cinquantina di stati-francobollo, sempre più anziani ed in stallo demografico, senza materie prime ed energie, senza una rilevante potenza militare, assediati da interi continenti -giovani e massivi, affamati e pieni di energia-, fuori dai settori produttivi più innovativi, senza significativi investimenti di ricerca, viziati da welfare che si sono potuti permettere in condizioni speciali e protette, senza intellettuali meritori di questo nome, ripiegati su due ideologie dell’Ottocento secolo in cui “noi” dominavamo il mondo intero, avvitati intorno ad una espressione metafisica (la “mano invisibile”) buttata lì da un filosofo morale scozzese del 1776, fideisticamente convinti dell’eternità ed indiscutibilità delle loro cattedrali valoriali, sempre pronti a spiegare a tutti gli altri cos’è il “bene” e cos’è il “male”, cos’è “civile” e cosa no, intenti a farsi le scarpe gli uni con gli altri convinti che i giochi tra il re francese, l’imperatore tedesco, il papa italiano, l’aristocrazia spagnola e la perfida Albione fossero la cifra eterna di un mondo che si muove ciclicamente al suo interno ma restando sostanzialmente fermo ed uguale a se stesso nella sostanza.

Franchi contro i tedeschi ed uniti contro tutti gli altri, liberali contro socialisti, settentrionali contro meridionali, aristocrazia occidentale contro plebaglia orientale, ricchi contro poveri, bianchi contro neri, establishment contro antiestablishment, cosmopoliti viziati ed irresponsabili contro nazionalisti impauriti e con lo sguardo rivolto a ciò che eravamo, questo pezzetto di mondo sta diventando un formicaio impazzito ora che i grandi formichieri stanno cominciando ad introdurre le loro proboscidi da cui saetta la lingua filiforme e vischiosa. Si salvi chi può, ognun per sé, tutti contro tutti, io speriamo che me la cavo.

Il Grande Sacerdote del credo di Francoforte ammonisce “la fede è irreversibile”, ma sappiamo tutti molto bene quale sia l’unica cosa veramente irreversibile.

CRONACA 628

(09.03) CI ASPETTA UN ANNO DAVVERO DIFFICILE. (Su dazi-Trump, governo Italia, Europa-euro) Il primo problema della complessità è dato dal numero di variabili che bisogna tenere interagenti nel discorso. Per fotografare le situazioni complesse occorrerebbe tener conto di molte variabili e seguire gli effetti non lineari della loro interazioni, il che porta via molto spazio di scrittura e molta attenzione in chi legge, requisiti che non si possono trovare su questo media. Darò quindi una descrizione molto sommaria delle difficoltà che si presentano nell’anno di tempo che parte da oggi.

Tenete conto almeno di tre variabili. A maggio 2019 ci sono le elezioni europee, a settembre scade Mario Draghi alla BCE, a novembre ci sono le elezioni di mid-term in USA.

Partiamo d queste ultime. Trump ha due caratteristiche inedite: la prima è che ha un programma “rivoluzionario” che vuole muovere molte variabili del sistema USA (interne ed esterne); la seconda è che ha un potere decretato dal consenso popolare ovvero un rapporto diretto con il suo elettorato, non intermediato ed anzi palesemente avversato dai corpi intermedi del Deep State e della grande stampa. Conditio sine qua non, per lui, è avere una solida maggioranza in entrambi i rami del legislativo, vincere le elezioni di mid-term è quindi essenziale. Se Trump dovesse perdere uno dei due rami (o entrambi o andare troppo vicino alla parità), la sua presidenza sarebbe sostanzialmente segnata. A nessun presidente USA piace essere una “anatra zoppa” ma per Trump, è semplicemente inaccettabile. I suoi avversari che sono molti e trasversali, ovviamente, proprio a questo puntano, azzopparlo ad un piede, una gamba o entrambe.

Ne consegue che Trump ha recentemente fatto una riforma fiscale, ha annunciato un piano di investimenti infrastrutturali per rilanciare lavoro e logistica interna al Paese e ieri, ha lanciato un primo piano di dazi commerciali. Quest’ultimo, è stato lanciato come flessibile e trattabile. Trump vorrebbe trattare con ogni singolo Paese le condizioni del rapporto. I rapporti tra Paesi sono di varia natura e in essenza, benché composti di molti fatti, non possono essere ridotti a questo o quel fatto. Tant’è che ha motivato la sua azione che riguarda il commercio, appellandosi alla sicurezza nazionale che non è un fatto commerciale. Ci sono varie questioni sottese a questo capitolo: i saldi molto negativi della bilancia commerciale USA, la protezione dell’autonomia produttiva in settori strategici, i rapporti geopolitici (la divisione del mondo in “amici” e “nemici”), la ricostruzione della potenza USA secondo uno schema ben diverso da quello sviluppato sino ad oggi. Ma al di là di questi aspetti che ci portano ad altre ed ancor a più complesse questioni, Trump deve produrre risultati o concreti fatti a supporto di promesse, per vincere le elezioni di mid-term. Ad esempio ridurre il deficit e recuperare fondi da investire nel piano infrastrutturale, quindi occupazione.

La questione geopolitica è un denso capitolo in cui si segnala il post rilasciato ieri sulla firma del trattato TPP senza gli USA, la rinegoziazione del NAFTA, questioni relative all’Asia, quindi Cina, quindi la notizia di oggi su un possibile incontro con Kim Jong un. Ma noi dovremmo concentrarci sul capitolo Europa, perché è quello che ci riguarda con più urgenza ed impatto.

Il fine mandato di Draghi a settembre pone la questione della successione e la successione verrà decisa nei rapporti di forza tra l’area nord-est capitanata dalla Germania e l’area sud-ovest capitanata dalla Francia, discussione che andrà a giudizio finale dopo le elezioni europee. Non è solo la poltrona che pure è decisiva, è che qualche riforma dell’euro va fatta (e già se ne sta discutendo) e come ben sapete qualsiasi cosa attiene la forma di questa valuta comune, è decisiva per gli equilibri europei. Tenetevi poi Draghi lì a lato, libero e disponibile per fare qualcos’altro.

A maggio ci sono le elezioni europee che senza spreco di enfasi possiamo definire “decisive”. Mentre alcuni si dedicano ignari a fotografare buche, a scrivere di Balotelli e del CAF di Bari o di Calenda o della crisi della sinistra occidentale, molte cose si stanno muovendo verso questa scadenza decisiva. Poiché l’Italia non potrà avere un governo propriamente detto, si dovrà rivotare e senz’altro si rivoterà facendo coincidere le nuove elezioni politiche con le europee, appunto, a maggio 2019. Le nuove elezioni saranno un referendum sull’Europa e sull’euro con tutte le truppe pro e contro schierate di tutto punto. Poiché non sarà un sondaggio d’opinione ma questione storica e decisiva, aspettiamoci di tutto di più.

Trump ha applicato dazi flessibili e contrattabili invitando ogni Paese ad andare a trattare one-to-one ma noi siamo vincolati da patti europei che ci impongono di devolvere anche questo diritto sovrano all’Europa che tratta per tutti. Ma Trump non tratterà mai con l’Europa intera, vuole il one-to-one in genere e nello specifico, vuole disarticolare l’Europa e ridimensionare la potenza della Germania.

Noi ci troveremo in biforcazioni. Gli USA hanno con noi un deficit meno della metà di quello che hanno con la Germania e quello con la Germania è molto segnato da produzioni sulle quali Trump vuole recuperare potenza interna. La nostra trattativa o quella della Francia sarebbe su piani e punti molti diversi da quella con la Germania, decideremo di farci carico gli uni dei problemi dell’altro e staremo uniti o cercheremo di salvare le nostre Alcoa o ILVA, sacrificando le BMW e le Mercedes? O viceversa? Visto che Trump chiede di riequilibrare i contributi NATO, l’UE ci esenterà dai vincoli di bilancio per dare più soldi a gli USA o andremo a litigare tutti compatti facendoci una NATO per conto nostro? Ma una euro-NATO che risponde a chi?

Che rapporti intercorrono tra l’amministrazione Trump ed il cdx italiano o il M5S o tra Macron e Merkel ed il PD? Cosa è venuto a fare Steve Bannon a Roma la scorsa settimana o cosa è andata a fare G. Meloni in Ungheria a due giorni dal voto? Meglio una Italia che torna in alcuni aspetti sovrana ma del tutto asservita e schierata con la rinnovata potenza USA o meglio rimanere alleati della diarchia franco-tedesca ma con tutto ciò che questo comporta dato che conosciamo come la Germania intende i rapporti di integrazione europei? A quale lupo far guidare il branco e quale pecora verrà sacrificata?

Fermiamoci qui, la matassa è grossa e la indagheremo meglio in seguito. Se volete un modesto consiglio, evitate di perdervi nel ginepraio delle opinioni “a fette”, quelle solo degli economisti, quelle solo dei geopolitici, quelle dei sovranisti, quelle dei globalisti, degli euroasiatisti, gli ossessionati dai migranti, dal neo-liberismo o altro. Non perché ognuno di questi punti non sia legittimo e importante ma perché non può essere trattato al netto di tutti gli altri. La realtà è una e non risponde alle nostre preferenze e sensibilità di attenzione settoriale. Sopratutto, non è più l’epoca delle libera preferenza, sono in ballo questioni serie, gravi e decisive, le opinioni sono gravide di conseguenze, gli atti pure. Noi non siamo gli spettatori o i critici, noi siamo lo spettacolo. Stay tuned.

CRONACA 627

(08.03)LA NAVE DI ULUBURUN. Al largo della Turchia sud occidentale, nel 1982, venne rinvenuto un relitto poi datato ad almeno il -1300, contenente materie prime e lavorate provenienti dalla Grecia, Anatolia, Canaan, Egitto, interno dell’Africa. Molti altri ritrovamenti archeologici hanno confermato esistesse in epoca così remota, una fitta rete di scambi commerciali tra tutte le sponde del Mediterraneo orientale. I mari, invitano alle interrelazioni.

NYT dà notizia che il TPP without U.S. starebbe in dirittura finale. Si tratta in sostanza del vecchio TPP (emendato da alcuni articoli su cui si erano fissati gli americani) portato avanti nonostante la rinuncia di Trump ed è chiaro che NYT usi la notizia nelle polemica interna sollevata dai dazi che debbono ancora essere emessi. Dice però che giovedì prossimo ci sarebbe la firma in Cile, quindi vediamo. L’accordo riguarda Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malaysia, Mexico, Nuova Zelanda, Peru, Singapore e Vietnam, ma sarebbero molto interessati anche Indonesia, Corea del Sud, Filippine, Taiwan e Tailandia. Pare che anche la Cina stia pensando di occupare lo spazio vuoto lasciato da Trump. Il ruolo pivot degli USA, oggi è stato ereditato dal Giappone, Giappone che a sua volta ha firmato un accordo di libero scambio con l’UE.

C’era però anche un articolo del Guardian (https://www.theguardian.com/…/britain-in-talks-to-join-the-…) che diceva che UK era molto interessato ad accodarsi. Avevamo già segnalato che quando UK avrà ufficialmente chiuso le pratiche di divorzio con EU, ne vedremo delle belle. Guardian chiude l’articolo facendo polemica economica spicciola sull’assurdità di uscire da accordi con una area grande e dirimpetta per andare a farli in una area piccola e dall’altra parte del mondo. NYT, invece, poiché deve fare anch’egli polemica con suo governo ma in un altro contesto, riporta un professore di Tokyo che dice “Il TPP in quanto tale non deve essere visto come un mero accordo di libero scambio economico. Dovrebbe essere visto da un punto di vista geopolitico.”. L’intera Brexit, come ebbi modo di scrivere a suo tempo prima dell’allora referendum, era ed è una faccenda geopolitica solo che non è interesse del Guardian dirlo, mentre -improvvisamente- la lettura geopolitica è utile al NYT. Si noti già nel titolo l’uso del termine “alleati” …

Come cambia una notizia data in un modo o nell’altro, vero? Pensate poi a quelle che non vengono date per niente. (QUI)

CRONACA 626

Stamane alle 11.00, ospite a Rai RadioTre – Mondo, su dazi Trump: (Podcast)

CRONACA 625

SE NE RIPARLA L’ANNO PROSSIMO. Come uscire dallo stallo aritmetico-politico del rebus consegnatoci dalle appena avvenute elezioni? Se analizzate tutte le soluzioni, vedrete che ve ne sono tre/quattro possibili sul piano dei numeri ma non su quello dell’opportunità politica. Qualunque coalizione si pensi, una parte verrebbe massacrata alle successive elezioni e nessuna forma politica (a parte alcune frange della sinistra-sinistra) tende di sua natura al suicidio. Che fare?

Governo del Presidente “all-in” quindi, soluzione che congela le differenze distribuendo le responsabilità. Di solito però, questa soluzione ha un fine a breve, di solito “rifare” una legge elettorale e poi andare a votare. Ora, è pur vero che questa legge elettorale è sgangherata ma potrebbe esser riformata solo togliendo l’assurdità uninominale ed introducendo un premio al primo partito, cosa che però è molto improbabile verrà fatta visti i risultati del 4 Marzo. Del resto sembra proprio che quella in vigore, sia stata fatta col chiaro intento di produrre questo risultato, un risultato che evidentemente serviva a qualche fine. Allora con quale fine fare il governo degli indistinti, quale era il fine sotteso a questa legge elettorale, cosa si vuole andar a raccogliere?

2019: a Maggio voteremo per le elezioni europee, scade il periodo di incandidabilità di Berlusconi e soprattutto, ad Ottobre scade Mario Draghi alla BCE. Se ne deduce la grande opportunità: elezioni congiunte Europa – Italia, Berlusconi tenta di riprendersi il centro-destra, Renzi si tiene e rilancia il centro-sinistra, prendono un anno di tempo per rimettersi in forma, si faranno accadere cose che aiutano e rinforzarsi le forze sistemiche (cioè di modo da fare delle elezioni politiche un referendum Europa sì – Europa no) e dopo le elezioni italiane, che comunque daranno un esito di semi-ingovernabilità, si consegna il tutto a Super Mario. Tutto è bene quel che finisce bene. Mettetevi comodi …

[Avviso a gli euro-perplessi: avete un anno di tempo per mettere in campo il manipolo di coraggiosi che volessero salvare la principessa Italia dalle spire del Grande Drago]

CRONACA 624

TAKE OVER. La Physocephala vittata è un insetto che depone le uova dentro il corpo della vittima, poi se ne ciba dal di dentro e la induce a sotterrarsi prima di spirare di modo da trovarsi casa e cucina pronte per far passare una felice e protetta infanzia alla propria prole. Negli anni ’80, tempi di scalate di giovani raider, si prendeva il potere di una azienda, la si svuotava dal di dentro e nonostante ovviamente si fosse perso molto dell’originario valore, rimaneva pur sempre una infrastruttura base che si sarebbe dovuta altrimenti costruire ex novo con molta maggiore fatica.

Così Renzi col PD, una formazione politica nata grande, composta da molte tribù politiche al suo interno e con un vasto quanto eterogeneo elettorato esterno. Renzi ha indotto alla secessione l’anima ex-PDS ed ora cercherà di fare altrettanto con gli ex Ulivo/Margherita di cui pure si era posto come riferimento. Colpiva ieri sentire l’istituzionale e felpato Zanda parlare con toni inalberati e velenosi anche a nome di Franceschini, Gentiloni ergo Mattarella, delle dimissioni a parole e non nei fatti.

Alcuni hanno avanzato l’ipotesi che Renzi si sarebbe fatto un suo En Marche ma costoro non hanno calcolato quanto difficile sia una start-up e quanto rischioso sia proporsi per una adesione attiva. Una cosa è chiedere un voto espressamente per sé, altra cosa è chiedere un voto per conto di una nebulosa simbolica a cui molti sono affezionati, che sia perché progressista o socialdemocratica o social cristiana o di sinistra moderata e responsabile o social moderna o riformista migliorista o altro dei vari concetti di cui quella tradizione è tentativo (mal riuscito) di sintesi.

Non è solo la differenza tra fare una cosa daccapo e modificare una cosa che già c’è, non è solo preferire di risultare ambiguamente al centro di una serie di proiezioni ideali piuttosto che esporsi dichiaratamente in un modo preciso che esclude altrettanto precisamente altre opzioni, è che -conti alla mano- ciò che davvero rappresenta politicamente Renzi in quanto idee ovvero il “liberalismo progressista”, in Italia, pesa storicamente molto poco. Il liberalismo progressista ha lontana origine nella mentalità dei fondatori della Gran Loggia di Londra che fondò la moderna massoneria a partire dall’Inghilterra. Certo non il 18% che oggi ha, ma neanche un 8% che forse avrebbe sotto altro marchio. Anche dovesse alla fine ritrovarsi con un PD al 10%, ne avrebbe sempre un saldo attivo, rispetto al lancio di un nuovo marchio.

Ieri Renzi, ha dato colpa della sconfitta a coloro che gli hanno bocciato il referendum e poi a coloro che gli hanno impedito di andare ad elezioni prima sfruttando l’onda lunga della vittoria di Macron in Francia. La prima è semplicemente una stupidaggine perché non c’è alcuna ragione logica per sostenere quella affermazione, la seconda è addirittura un insulto all’intelligenza elettorale, come a dire “la gente è stupida, intontita dal successo di Macron mi avrebbe scambiato per lui e mi avrebbe votato sull’onda dell’entusiasmo e dell’imitazione gregaria.”. Poi ha ribadito i suoi punti forti, tutte dicotomie di cui lui è il bene e tutti gli altri il male, congegno retorico tipicamente demagogico.

Gli ex-ex comunisti li ha fatti fuori, ora vedremo cosa succede con gli ex-ex democristiani, pezzi meno facili. Un po’ dispiace, dispiace per gli amici ed amiche che continuano a votare pur con i maldipancia quel simbolo di una galassia valoriale che aveva i suoi perché, dispiace per il disequilibrio che induce nel quadro politico, dispiace per il significato politico davvero misero di questa storia troppo anni ’80. Questa l’essenza del furbo provinciale toscano, una modernità mal masticata a metà tra Fonzie e Gordon Gekko che sta divorando dal di dentro il corpaccione cristiano-social-democratico, in nome di una esuberante volontà di potenza che si ispira ai valori del liberalismo anglosassone risciacquati in Arno e supportata da una tribù di giovinastri altrimenti anonimi proiettati al vertice del mondo che conta. Una storia molto italiana, direi.

CRONACA 623

(05-03 Scritto la mattina del giorno dopo il voto del 4 marzo): LA LUNGA MARCIA VERSO DOVE?. L’Italia è politicamente e storicamente un Paese pigro e tendenzialmente conservatore. Col voto di ieri, non sembra esser diventato rivoluzionario ma di volersi mettere in moto per andare da qualche altra parte che non quella in cui ristagnava. Si tratta, come spesso accade nelle transizioni, più di un no a questo che un sì a quello, un distacco. Ma tali tipi di distacco dalle condizioni di status quo, una volta iniziati diventano irreversibili. Non si tratta cioè di una “fluttuazione”, ma del gradino di una scala che ancora nessuno sa dove porti anche perché è natura di questi processi costruirsi mentre avvengono.

Le forze status quo, alla Camera, ottengono un 37%, davvero una contrazione netta e non recuperabile. Una intera classe dirigente la cui composizione va ampliata alla società civile del ceto dirigente, è stata invitata a farsi da parte definitivamente. Del resto, poiché non erano precedentemente mancati segnali inequivocabili ed è questo chiaro trend a far capire che non si tratta di una fluttuazione ma di una corposa tendenza, l’invito è diventato numericamente quadrato proprio per la mancanza di un “ravvedimento” che la classe dirigente ha dato dimostrazione di non voler o saper praticare.

Le transizioni, anche quando sono rapide, sono molto più lente di quanto si desidererebbe. In quel 50% di voti tra M5S e Lega, c’è tutto ed il suo contrario e nel tempo, la sua odierna compattezza dichiarativa è destinata a frazionarsi in diverse opzioni, toni, gradazioni, ma è indubbio che questi due cartelli hanno svolto tutto sommato bene il ruolo di veicoli per la messa in moto della transizione.

Noi tutti siamo parte di questo processo, noi siamo il processo. Dovremmo tutti, vincitori e vinti, prendere atto che ci troviamo in una nuova situazione in cui il distacco si è prodotto ormai in maniera irreversibile ed una nuova Italia è tutta da costruire. Adesso che ci siamo detti l’un l’altro che non vogliamo più stare dove stavamo, c’è da chiarirci meglio dove vogliamo andare. Ora, viene il tempo dei progetti, il momento più delicato perché se non ci saranno progetti seri, responsabili eppur coraggiosi, potremmo finire nel disordine che accompagna ogni transizione, quel disordine che alla fine invoca l’ordine purchessia poiché la società nasce proprio per intermediare al caos ed alla complessità naturale e non sopporta a lungo lo stato di disordine.

Già sappiamo che alcuni punteranno a questo esito, l’après moi le déluge che oppone la vendetta all’onta del rifiuto, il nazionicidio a cui si dedicano -in genere- i rifiutati. La classe dirigente è pur sempre un rappresentante di vari poteri, averla così sonoramente bocciata e non avere pronte della alternative, potrebbe portare i poteri all’ostruzionismo ultimo.

Dovremmo tutti sentirci convocati al tavolo del “che fare?”, capendo che il che fare è relativo a cose concrete cioè idee con la realtà dentro. Coloro che hanno inventato partiti a sei mesi dalle elezioni sono proprio coloro di cui non abbiamo più bisogno, come non abbiamo più bisogno di coloro che si sono dedicati al disprezzo dell’altro e che ora possono contare quanto popolo c’è dietro a quell’altro e dietro a se stessi, abbiamo ora urgente bisogno di un ritorno alla politica quotidiana da parte di tutti o del maggior numero o di chi ha idee e voglia di dargli corpo. Dobbiamo dare risposte a quel punto interrogativo, la polis ci ha convocati.

CRONACA 622

04.04:  IL VOTO TRA ASSOLUTO E RELATIVO. Pare l’uomo non possa fare a meno di pensare per coppie di concetti. La cosa forse proviene dall’ontologia di base tipo Io – non Io o vita – morte o giorno – notte o maschio – femmina etc.. Come però intendere ciò che produce questo motore mentale, cambia da cultura a cultura. La cultura cinese, ad esempio, origina da una interpretazione relazionale mutevole dei due termini della coppia, lo yin e lo yang non si affermano mai del tutto e la loro potenza espressiva è alternata. Da noi invece la coppia dà vita alla dicotomia (et: divido in due parti) che tende al dualismo, cioè all’opposizione. Ne consegue uno dei significati del concetto di “dialettica”. La partizione Bene – Male originò dallo zoroastrismo antico di tradizione orale e da allora, segna l’origine di questa nostra interpretazione della diade.

Volevo segnalare solo un fatto. Nella nostra vita reale, non esistono assoluti, né alcuno di noi incontra il totalmente bene o il totalmente male o il bello ed il brutto o il giusto e l’ingiusto assoluti. Nella nostra vita mentale invece, organizziamo le gerarchie con giudizi di valore assoluto e di questi amiamo discutere senza ovviamente andare mai a sintesi visto che non c’è alcun medio logico tra due assoluti. Ne consegue che la vita mentale e quella reale viaggiano su binari sempre paralleli, è un modo infruttuoso di usare il pensiero. La cosa si rileva soprattutto nel dibattito pubblico.

Ad esempio “Io sono per i mercati aperti” o “Io sono per i mercati chiusi” dove se un mercato è del tutto chiuso è praticamente inesistente e contraddice la logica stesso dello scambio di eccedenze e mancanze e dove se un mercato è del tutto aperto non esisterebbero stati poiché i due sistemi avrebbero poteri e confini in conflitto permanente. In Europa, ad esempio, ci sono barriere impenetrabili per l’agricoltura africana, in pratica noi non saremmo in grado di produrre alcunché di competitivo sul piano dei prezzi e dovremmo cedere totalmente la sovranità alimentare primaria ma poiché questo è evidentemente poco saggio, non lo facciamo quasi mai. Però andiamo in giro a predicare la religione morale dell’apertura, perché in altri casi ci conviene.

L’istituto Euler Hermes (gruppo Allianz) ha calcolato che tra il 2014 ed il 2017 sono state poste 3.439 misure protezioniste di diverso tipo, dall’ imposizione di tariffe a controlli sanitari, ambientali e di sicurezza. Di queste, la maggior parte è stata introdotta da Washington, 401: più di 300 delle quali dall’ Amministrazione Obama. Trump ne ha decise 90 nel 2017, l’ India ne ha introdotte 293, la Russia 247, la Germania 185. La Cina sembra meno, ma la Cina usa altri modi per proteggersi o rendere molto difficile la penetrazione di merci estere.

Se questa è la prassi per altro ovvia, perché il dibattito pubblico si svolge per principi stereotipati? Perché discutiamo per concetti a grana grossa quando ogni realtà è fatta di grana fine? Perché nessuno di noi vive in una democrazia, noi viviamo in un sondaggio d’opinione permanente che deve approvare o disapprovare intestinalmente quello che faranno coloro che decidono per noi. La natura complessa della realtà a noi è preclusa perché perderemmo la bussola valoriale a dover decidere caso per caso, noi dobbiamo solo odiare il nemico ed adorare l’amico, amare il Bene e rifuggire dal Male, tendere all’assoluto mentre qualcun altro si sporca le mani nel gestire il relativo.

Democrazia contemporanea: partecipare ad un sondaggio d’opinione una volta ogni quattro anni. Buon voto!

CRONACA 621

 02.03: ACCIAIO. Ricordi di giovinezza mi fanno venire in mente il titolo di una rivista teorica degli stalinisti italiani con testata a carattere scatolato su fondo giallo. Acciaio era il nickname di Dzugasvili, ma anche la materia prima fondamentale dell’intera industria e quindi, ai tempi addietro, dell’economia.

Ora pare che Trump, stia per emettere dazi sulle importazioni dell’acciaio e dell’alluminio, si parla di un 25% nel primo caso e di un 10% nel secondo. Non è chiaro se e quando la farà (io credo lo farà) e come, ossia anche rispetto a chi, se solo cinesi o anche altri, tra cui l’Europa. Si ricordi che la storia dell’attuale progetto di Unione europea, individuò proprio nell’acciaio e nel carbone, le materie la cui contesa contribuiva a generare guerre soprattutto tra Francia e Germania, la CECA -infatti- è del 1951-1952. Le guerre della materie si trasferiscono in genere a quelle sull’energia e da qui a quelle economiche generali, poi valutarie ed infine a quelle tra gli esseri umani, ma questa è previsione statistica, non assoluta.

Ne conseguirebbero diverse ipotesi. I dazi sono un chiaro esempio di dirigismo economico che rompe definitivamente il consensus del dogma iperliberista del mercato, sebbene la strada dei dazi si sa quando e come inizia ma non si sa sopratutto dove alla fine porti. Si tratta infatti di una rottura di reciprocità e quando inizia, la catena può portare a contro-dazi e barriere selettive asimmetriche che in definitiva tendono a semi-paralizzare il mercato internazionale.

Porrebbe un problema immediato soprattutto all’Europa, in quanto l’Europa è complessivamente una potenza mercantile con la Germania che -mi pare- detiene quasi l’80% del saldo positivo (nel restante 20% c’è molto di italiano). L’Europa potrebbe esser esentata da dazi e così configurarsi come special partner senza bisogno di formalizzare un Ttip o trattata da competitor. Trattata da competitor significherebbe spingere l’Europa con la Cina in difesa del libero mercato, trattata da special partner non sarebbe esente da ulteriori richieste tipo non esserlo a nostra volta coi cinesi. Ma si potrebbe creare anche un situazione più delicata con applicazione americana di dazi non all’Europa che non è un ente giuridicamente esistente, ma direttamente ai tedeschi. Questo potrebbe spaccare la già incerta Unione. Noi, ad esempio, ci troveremmo in conflitto d’interessi tra l’interesse di solidarietà europea e quello di egoismo nazionale.

Altresì a seconda di dove si collocherà l’Europa se ancora sarà un sistema omogeneo, ne conseguirà il fine stesso del programma cinese detto “Vie della Seta”.

I dazi sono le forbici con cui Trump disegnerà i confini dell’area degli amici e dei nemici, buttando sul piatto il peso residuo ma ancora fenomenale del primo mercato mondiale da una parte, il valore internazionale del dollaro e gli accordi militari dall’altra. Trump si costruirà il suo polo, noi aspettiamo di capire dove quelli più grandi, grossi e potenti di noi, decideranno si finisca. A proposito di sovranità … (QUI)

CRONACA 620

01.03: TE C’HANNO MAI MANDATO A QUER PAESE? (cit. A. Sordi). Avrete letto dei vari scandali che stanno colpendo le associazioni ed istituzioni occidentali che operano nei luoghi disagiati della Terra per “aiutare” i locali. Si sta venendo a creare una sorta di disgusto collettivo per queste entità che agendo sotto i vessilli del “bene”, si rivelano invece composte da uomini che angeli non sono. C’è già chi ne ha tratto la deduzione logica che con i nostri soldi, i miei ed i tuoi, vengono pagate le soddisfazioni alle perversioni personali di qualche privilegiato travestito da buon samaritano. Uno scandalo dunque, una potente irritazione morale e pratica.

Ora riferirò di una questione a monte, lo faccio per completezza di informazione, non voglio suggerire alcun complotto intenzionale, solo dare percezione di un dietro le quinte che molti magari non conoscono. Da tempo, l’accademia anglosassone, ha prodotto una mega-narrazione che molti conosceranno come visione neo-liberale dell’economia e della società. Non solo in economia, politica, globalizzazione, le narrazioni si incastrano nei sistemi di pensiero e questi sono fatti anche da precise definizioni di tipo antropologico, psicologico e sociologico e data il massiccio sviluppo delle sottostanti scienze dure e la convinzione che da queste vengono quelle, biologico.
L’intera narrazione neo-liberale è organica anche se, complice la rigida separazioni delle discipline, se ne può accorgere solo chi non segue le divisioni disciplinari, in pratica, quasi nessuno.

Ad un certo punto, da un po’ di tempo, alcuni altri hanno notato che questo generale sistema di pensiero o più che altro il mondo che ha creato, produce livelli di diseguaglianza giudicati molto negativamente. Il giudizio negativo si può dare sul piano morale ma anche su quello funzionale.

L’evidenza dei dati sulle diseguaglianze è incontrovertibile, così i fautori del sistema di pensiero dominante sono partiti alla controffensiva, al dato va data una qualche diversa spiegazione altrimenti potrebbe finire col creare risentimento verso il sistema di pensiero dominante. Si è così celebrato lo sforzo di due economisti e scienziati politici D. Acemoglu e J.A. Robinson, i quali hanno pubblicato la loro requisitoria dall’immodesto titolo “Perché le nazioni falliscono” (il Saggiatore), pietra miliare del sistema di pensiero con cui l’Occidente pensa il resto del mondo. La tesi dice che tutto dipende dalle istituzioni che si hanno, se sono liberali le nazioni prosperano, altrimenti falliscono.

Dentro questo che fissa il paradigma (il paradigma è la verità a priori che ordina un intero sistema di pensiero), si è poi prodotto un aggiustamento di tiro specifico sul capitolo “aiuti umanitari”. Lo ha prodotto W. Easterly con “La tirannia degli esperti”, Laterza. Easterly, per collocarlo, sta in polemica con J. Stiglitz, J, Sachs -ed il per noi ottimo istituzionalista- Ha Joon Chang. La tesi è ancora quella del rinforzo del paradigma: ma quali aiuti, bisogna imporre libero mercato e piena mobilità dei fattori, ogni intervento dall’alto è “pianificazione” oggetto -nel migliore dei casi- di eterogenesi dei fini. Insomma, Popper-Hayek, come sempre “gli austriaci”, vil razza dannata che avendo perso un impero concreto, ne hanno prodotto uno nel pensiero a cui gli anglosassoni (che pensano poco, di loro) hanno poi dato corpo.

Questa linea di pensiero contesta l’intervento diretto in favore di quello indiretto, invece che dargli i soldi dovremmo imporgli il sistema, un “per il tuo bene” che rifiuta l’elemosina in favore del retto consiglio il che ha anche il merito di essere molto “protestante”. Ha poi l’indubbio vantaggio di giustificare il ritiro degli USA quale maggior donatore delle istituzioni globali che fanno finta di restituire l’1% del saccheggio colonial-imperiale che continua a perpetrarsi. Se poi viene fuori che i samaritani sono anche dei porci maialoni che fanno baldoria con i corpi dei poveri assistiti, il cerchio si chiude e l’indignazione fa molto di più della supposta ragione.

La visione individualista del mondo, prima di essere sbagliata è illogica. Cosa si fa per l’individuo, per dargli modo di non perdere la sua battaglia adattiva nel mondo? Lo si manda a scuola. Volete aiutare qualcuno? Non decidete per lui, mettetelo nelle condizioni di poter decidere da sé, dategli il coraggio di servirsi della sua propria intelligenza (Kant). Aprite scuole, alzate i livelli d’istruzione, promuovete conoscenza, irrigate la vigna, la vite sa meglio di voi quale sia il suo fine, il suo “bene”. Ma no, magari poi decidono di mandarvi a “quer paese”…

(Perché non ascoltare cosa hanno da dire coloro che vorremmo aiutare? Ad esempio: http://www.lanavediteseo.eu/item/scrivere-per-la-pace/

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