CRONACA N.400 (17.12.15)
Studio sulla consapevolezza basato sulla teoria dei grafi (cioè gli schemi di interrelazione tra nodi) che sosterrebbe la teoria emergentista in luogo di quella focalizzata. Cioè la funzione (consapevolezza) deriverebbe dalla funzionalità globale (la rete di trasmissione degli impulsi cerebrali) e non da un modulo specifico (qui). Già si sapeva, ma la maggioranza degli studiosi fatica ancora ad ammetterlo.
CRONACA N.399 (17.12.15)
VERSO IL FINALE DI PARTITA? Si muovono le pedine sulla scacchiera mediorientale, in vista forse del finale della partita siro-irachena ma non solo. Il giocatore più attivo è l’Arabia Saudita, non nelle vesti di chi ha creato il problema (l’Isis) ma in quelle di chi deve risolverlo, un classico.
Negli ultimi giorni Riyadh ha incontrato la macedonia delle organizzazioni che combattono in Siria contro al-Asad per selezionarle (ma non doveva farlo la Giordania?), compattarle e dargli una forma coordinata che le porti poi, dopo chissà quale ultima azione sul campo per fissare con vantaggio le ultime posizioni, al tavolo di Vienna (qui). Hanno poi preso delle innocue elezioni municipali (qui) al cui voto partecipano meno del 25% degli aventi diritto perché i consigli eletti non decidono nulla essendo solo consultivi, per, ultimo paese al mondo, elargire il diritto di voto alle donne. Solo il 15% dei candidati era donna ed alla fine ne sono state elette 20. La farsa è stata comunque gradita dalla stampa occidentale che ha gridato alla “svolta storica”. Si ricordi poi che il riposizionamento saudita è già iniziato con la presidenza della commissione su i diritti umani ONU, a Settembre (qui). Ma la vera svolta storica era un’altra. Riyadh fonda e si propone di coordinare, una nuova mega-alleanza del mondo islamico-sunnita (qui e qui). Ben trentaquattro paesi (esclusi ovviamente gli sciiti o filo-sciiti, l’Indonesia, i centro-asiatici in orbita Mosca, l’Oman che a questo punto si pone come perno non allineato a niente ed a nessuno, l’Algeria di cui nessuno pare domandarsi il perché del diniego) formeranno una alleanza militare coordinata dai sauditi, ufficialmente “contro” il terrorismo e le mie espansive degli sciiti. All’interno già si sta operando per mettere a disposizione della coalizione a guida USA, l’esercito dei famosi “boots on the ground” che dovrebbe a breve cominciare l’offensiva su Mosul. Il nucleo è formato dai membri del Consiglio per la Cooperazione nel Golfo (GCC), attorno ad esso “reparti speciali” della coalizione ovvero americani, inglesi, francesi ed italiani che faranno finta di star lì a fare altro (tipo riparare dighe). Quando si tratterà di al-Raqqa, si vedrà anche a cosa serve la nuova coalizione dei ribelli coordinati di cui abbiamo già detto. Ancora in discussione (con i russi) chi e come pulirà la zona a nord di Aleppo, partita inserita nel gioco più grande (qui). I sauditi, per sostenere la loro nuova immagine di super-partes non unilaterali, infine, hanno accettato il momentaneo cessate il fuoco nello Yemen, poi si vedrà.
Insomma, quei pazzi visionari dell’Isis volevano unire tutto il mondo sunnita in un califfato a guida wahhabita, il “problema”, mentre invece potrebbe finire col formarsi una ben più moderna confederazione del mondo sunnita (magari dopo l’alleanza militare cominceranno a parlare di “moneta unica”?) a guida wahhabita ovvero la “soluzione”. Non tutti i mali vengono per nuocere…
CRONACA N.398 (14.12.15)
Netta affermazione, in Corsica, degli indipendentisti, 35,34% dei voti, 24 i seggi, due in meno della maggioranza assoluta. Il “ritorno dei corsi” infoltisce la pattuglia dei secessionisti (scozzesi, catalani etc.). Sarà questo, probabilmente, il nuovo fenomeno con sui dovranno farei conti gli stati nazionali europei.
CRONACA N.397 (11.12.15)
Nel totale silenzio informativo italiano, i primi di Dicembre a Johannesburg – South Africa, sì è tenuto il Forum per la cooperazione China – Africa (FOCAC) a cui hanno preso parte ben 48 paesi africani, una partecipazione di poco inferiore all’ultimo vertice generale dell’Unione africana (qui). Xi Jinping si è presentato con 60 mld di dollari di prestiti ed aiuti, anche sulla scorta del fatto che la Cina è ormai il primo partner commerciale del continente con il quale, nel 2014, si sono registrati flussi di scambio bidirezionali per 220 miliardi di dollari. Sulla scia di questo generale rapporto privilegiato, la Cina si è proposta anche come partner per la sicurezza e di conseguenza, si è fatta affittare un perimetro di terra a Gibuti in cui verrà stanziata la sua prima base militare cinese sul continente. Ma ecco che a preoccuparsi per la sicurezza dell’Africa, giunge pronta anche la sentinella americana. In questo articolo (qui), ci viene spiegato che gli strateghi americani sono improvvisamente preoccupati per l’espansione dell’Isis e quindi facendo leva su un hub principale che sarà a Gibuti, sono pronti ad aprire molte altre piccole basi militari un po’ dappertutto nel continente nero. A Gibuti ci sono anche una base francese ed una italiana (in funzione anti-pirateria somala).
CRONACA N.396 (10.12.15)
SPOSTAMENTI PROGRESSIVI DELL’UOMO NERO. Abu Bakr al Baghdadi forse non è mai esistito o è esistito e chissà da quando non esiste più o sebbene esistito o esistente nel’immaginario narrativo pubblico, non era lui il vertice dell’Is. E’ comunque interessante seguirne le peripezie, vere o presunte, poiché ci possono dire comunque delle cose. L’ultima, da fonte iraniana, è che in seguito ad un bombardamento che avrebbe per altro decapitato il vertice operativo dell’organizzazione, si sarebbe fatto curare in Turchia per poi, tramite servizi turco-americani, andare in convalescenza a Sirte, in Libia.
L’uomo nero si pone così al margine degli eventi. E’ in condizioni di salute molto precarie, da lì al peggioramento, alla morte, è un passo. E’ fuori dal centro della tenzone, non comanda operativamente più le sue truppe, di fatto non ne è più il comandante che, letto dall’altra parte, significa che ora Is è passibile di modifiche nel comportamento. Non è più nel “quartier generale” ma in una “filiale”.
Lo Stato islamico, in Siraq, sta per esser normalizzato. Il problema si appresta a rendersi conforme alle soluzione. La soluzione sarà il risultato dell’equazione le cui variabili si vanno definendo sia nella definizione dei soggetti (la riunione delle “opposizioni siriane” a Riad), delle alleanze (tra cui la nuova amicizia tra curdi iracheni e turchi), dei rapporti di forza ovvero di porzioni di territorio controllato. Poi ci sarà l’offensiva finale, prima del “Congresso di Vienna”.
Quello che è abbastanza chiaro è che a gli iracheni verrà lasciato il piacere di riprendersi (se saranno in grado) Falluja e Ramadi, ai turco-curdi più Coalizione USA&friends Mosul. la nuova Coalizione di Riad riprenderà Palmira ed arriverà ad al Raqqa mentre da Nord arriveranno i curdi siriani e la Coalizione USA&friends ma saranno poi i primi ad “entrare” in città. Ancora in discussione l’area di Aleppo oggetto di controversia tra russi (siriani), turchi e curdi siriani.
CRONACA N.395 (09.12.15)
VARIABILI INATTESE. C’è chi la vede come lotta tra classi, chi la vede come lotta tra le nazioni, chi la vede come lotta tra civiltà e chi tra civilizzazioni. Pochi ormai la vedono come lotta tra sessi e quasi nessuno l’ha mia vista come lotta tra generazioni. Una volta andava forte anche quella tra razze o etnie e sempre viva è quella tra credo religiosi. Ma rimangono due ostinate variabili inclassificate. Una è quella del “popolo” ebraico. Gli ebrei sarebbero una etnia ma senza terra, un popolo definito culturalmente e religiosamente che ha trasmissione genetica endogena. La religione ebraica nasce proprio per creare un popolo in luogo di un coacervo conflittuale di tribù (12). La seconda è quella di clan. Il clan al Saud, poche migliaia di individui legati da trasmissione genetica che possiedono uno stato dotato di ingenti riserve petrolifere. Padroni dell’OPEC e delle sue politiche sin dagli anni ’70, registi occulti e fomentatori di molte trame arabo-mediorientali, maggiori acquirenti di armi al mondo, promotori della prima al Qaida e di molte sue gesta tra cui probabilmente anche l’11/9 e poi promotori e tutt’ora manovratori dell’Isis-IS, di recente manovratori imbizzarriti dei corsi petroliferi e scopriamo qui (http://www.theguardian.com/…/saudi-arabia-accused-of-trying…) anche avversatori di ogni accordo sul clima, questa “famiglia” tiranneggia su mezzo mondo. Il caso saudita ha le sue bizzarrie poiché la religione che dicono di professare, sul modello di quella ebraica, nacque proprio per distruggere l’antico ordine dei clan ed elle tribù fondendole in un solo “popolo” o “umma”.
Così, tanto per dire che non dovremmo fissarci troppo sulle categorie che usiamo per discriminare il complesso caos della Storia. Esistono poi sempre delle variabili extra-categoriali che concorrono decisivamente allo sviluppo della trama.
CRONACA N.394 (09.12.15)
Per la gioia fanciullesca dei suoi sempre più numerosi fan, Putin sta utilizzando il conflitto nel Siraq come liveshow per la propria industria bellica. Ha mostrato di poter sparare missili a lunga gittata dal Caspio, di avere ben attenti gli apparati spia del cielo, ha lanciato un nuovo caccia, un nuovo tank, ha inaugurato una nuova war room ipertech, ieri ha sparato missili da un sottomarino, forse ha mostrato altre cose che chi doveva vedere ha visto senza che noi ne avessimo necessariamente informazioni, insomma non solo sta avvertendo i malintenzionati di essere pronto a ricevere eventuali ospiti indesiderati ma sta anche facendo un ben impressionante promo per l’unica altra industria -oltre l’energia che di quest tempi vale sempre meno- che può sorreggere le esangui esportazioni russe.
Per quanto l’argomento abbia una sua intrinseca repellenza, va notata una rilevante capacità tattico-adattativa. Se il primo fine dell’innalzamento della tensione ed il mantenimento costante della stessa per lungo periodo è quello di costringere l’avversario a dissanguarsi nella spesa militare, Putin sta dicendo: va bene, se questo è il gioco allora giochiamo a questo gioco. Messa sotto la pressione del minacciato attacco, l’industria bellica russa sta migliorando la sua competitività e questo sforzo gli varrà il premio di un maggior income dall’export che a sua volta verrà investito in maggior competitività. Ci sarà poi da vedere anche che tipo di qualità esprime questa industria. Comincia infatti ad aleggiare una certa perplessità sulle rinomate capacità di sviluppo tecnologico del’industria bellica americana. L’intera faccenda del F35 sembra dimostrare che in realtà il fine del mercato orientato al profitto (ma senza passare per la soddisfazione del cliente) che è quello di riprodurre all’infinito il ciclo spesa-ricerca-applicazione, ad un certo punto diverge dal fine intrinseco che sarebbe fare al minor costo e nel mìnor tempo il sistema d’arma più efficace. L’F35 non è più un costo è un pozzo senza fondo, non sta rispettando alcun tempo di consegna ormai da anni e sopratutto non ha ancora prodotto nulla che sia utilizzabile concretamente. Recentemente, si sono levate voci critiche (dal mondo militare US) anche sulla vantata invisibilità delle tecnologie stealth ed infatti ecco che al lancio del nuovo caccia T50, i russi fanno sapere che il nuovo prodotto ha impareggiabili doti di elusione radar. Insomma, quando ci si ingaggia in una relazione (che sia competitiva o cooperativa), ci si deve disporre al cambiamento, le relazioni cambiano i sistemi. Così, il sistema bellico russo cresce veloce con chiari fini pratici che ne affinano la competitività al punto da favorirne l’export, quello americano dovrà ora fare i conti con il malcontento dei generali che potrebbe retroagire sull’intera catena degli appalti, degli investimenti, delle finalità di produzione. Questo avrà un costo enorme per casi del genere: il tempo. La cosa ci porterebbe a fare osservazioni sulla natura monodimensionale della Teoria dei giochi, una teoria nata per ridurre la complessità a fini predittivi modellizzabili ed usata come prima guida per lo sviluppo strategico statunitense, ma le faremo un’altra volta.
CRONACA N.393 (08.12.15)
Dopo essermi letto la prima parte dell’ultimo numero di Limes (e nonostante un devastante febbrone influenzale), resto basito. Le migliori menti dell’analisi geopolitica italiana, non vanno oltre le tradizionali ricostruzioni di Isis (nella sue varie declinazioni in vari tipi di sigle) come fenomeno derivato da una sequenza di errori: dalla gestione del dopoguerra americano, al governo sciita settario di al-Maliki. Per carità, queste sono cose note da tempo e vere ma queste origini non spiegano lo Stato Islamico, tanto quanto pergamena ed inchiostro non spiegano il Corano. The Guardian, qualche giorno fa (qui), pubblica un documento originale interno allo Stato islamico, che avrebbe dettato le linee guida di istituzione della struttura statale, a uno-tre mesi dopo la dichiarazione del califfato di Abu Bakr al-Baghdadi. Non trovo motivi per ipotizzare che questo documento sia falso, chi avrebbe avuto interesse a produrlo? per che fine? In assenza di risposte lo ritengo vero e se è vero, allora è vero che poche settimane dopo l’annuncio di al-Baghdadi era pronto e circolante un progettino che mirava alla costruzione di una sofisticata struttura statale-ideologica, nulla d’improvvisato. E chi l’avrebbe partorito? La risposta è la stessa che danno ex-generali americani e ricercatori seri citati nell’articolo, “menti molto fini e ben preparate”.
Da un altro documento riservato, di cui entrò in possesso, pubblicandolo, lo Spiegel ad Aprile di questo anno, scopriamo che proprio sotto o accanto la cupola del potere dell’IS, ci sarebbe un Consiglio della shari’a che è presentato come l’organo più potente di tutta l’organizzazione. Ma questo consiglio “ideologico-giuridico” non sarebbe composto da nemmeno un iracheno ma da personaggi provenienti per lo più da “i paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Gcc)”, che ha sede a Riyadh e di cui l’Arabia Saudita è dominus. Del resto, lo stesso IS nei materiali di propaganda copiosamente diffusi in rete, pubblicizza che l’affiliazione prevede uno stage di formazione ideologico-teologica di ben tre/quattro settimane, che sono tenuti da imam wahhabiti, stante che il wahhabismo è professato solo in Arabia Saudita (e quindi gli stessi imam “formatori” sono sauditi. Poi ci sono quelle 500 miglia di confine in comune tra l’AS e l’Iraq sunnita , una frontiera logistica di cui nessuno tiene conto (ed è incredibile come nessuno sottolinei proprio l’aspetto logistico: come si pensa di mandar avanti uno stato con 8-10 milioni di abitanti senza traffici alle frontiere oltre a quelli noti di cose militari e petrolio, tutti e soli traffici con la Turchia? mah…), il dato BBC che ha stimato in 35% i tweet dei supporter dell’IS che twittano dall’AS, al Jazeera in un sondaggio (per la verità “scientificamente” discutibile) ha rilevato un 80% di supporter sauditi alla strategia dell’IS, le ipotesi fatte dal Pentagono e non solo che vedono i foreign fighters sauditi dell’IS al primo posto (accanto ai tunisini). Insomma molte piste portano a Riyadh (e ve ne sono molte più di quanto velocemente ho riportato) ma nessuna sembra interessare gli analisti di Limes. Strano.
CRONACA N.392 (07.12.15)
Potenza soffice. Il Cile ed il Perù sono nel Tpp. L’Argentina ha chiuso con il kirchnerismo ed ha un governo liberale. Dilma Roussef è sotto impeachment. Cade ora anche lo chavismo, pedina fondamentale dello scacchiere. A Washington si brinda.
CRONACA N.391 (05.12.15)
Zerohedge (qui) segnala la preoccupazione per l’inedito ruolo molto attivo che l’Arabia Saudita sta prendendo sul piano geopolitico. La faccenda però è messa giù in maniera un po’ troppo cinematografica come si evince dal compiaciuto utilizzo della metafora del “Game of Thrones”. Ci sarebbe cioè una lotta generazionale tra vecchia e nuova linea degli eredi al trono, cosa di cui per la verità si parla già da tempo nell’ambito dei pochi che da tempi non sospetti seguono le imperscrutabili vicende del regno neo-medioevale. Noi ci occupammo dei sauditi a più riprese, a partire da più di un anno fa (qui, qui, qui, qui) e poi la scorsa primavera. Il problema saudita non nasce con l’arrivo della nuova generazione testosteronica ma da una fredda analisi sulle possibilità di sopravvivenza del regno e del potere della sua articolata famiglia regnante. Dati precisi sull’AS sono impossibili tanto quanto quelli sulla Corea del Nord ma pare che per dichiarazione del Centro Statistico Nazionale (qui) ai sauditi fa piacere farci sapere che sono circa 30 milioni, un terzo dei quali però sono immigrati stranieri. Ci sarebbe poi da nettare gli sciiti ed altre origini miste, per cui se si dice che i “sauditi” in quanto tali sono 15 milioni non si è troppo lontani dal vero e semmai lo si è per eccesso (per fare un raffronto, gli iraniani sono 77 milioni). Beneficiati dalla manna petrolifera, questi 15 milioni non hanno assunto alcuna vera competenza tecnica per cui tutta la moderna macchina che manda avanti il 30° paese per reddito pro capite, è in mano a stranieri e gli stranieri (qualificati) costano. Essendo una invenzione recente, il concetto “Arabia Saudita”, ha basi fragilissime. Primo perché l’area è storicamente tribale, secondo perché la tradizione o prevede un califfato o prevede piccoli regni per clan tribali (tipo Emirati Arabi Uniti) ma non certo un “regno”, terzo perché questo “regno” è in mano ad un clan che proviene dal centro della penisola che nella tradizione della zona non ha mai avuto alcuna importanza e centralità quindi “tradizione”. Infine, tempo fa, sulle riserve petrolifere dell’AS, si è allungato il dubbio del raggiunto “peak oil”. Fu proprio per il fatto che si supponeva fosse stato raggiunto il peak oil in SA che si cominciò a parlare del peak oil come di una certezza universale, poiché al momento di questi fatti, l’AS era il detentore centrale della risorsa.
Ecco il perché del nuovo appassionato interesse per l’energia solare (qui) che però si manifestava già tre anni fa (qui). L’eventuale eclissi dei proventi petroliferi, farebbe saltare tutto il sistema (dati Limes) poiché la famiglia al Saud “compra” la sua legittimità, esternamente acquistando armi americane ed investendo qui e lì nel capitalismo occidentale o commissionando lavori interni faraonici a vantaggio delle imprese straniere, internamente non facendo pagare le tasse a garantendo un livello di vita straordinario ad una popolazione che socio-culturalmente è composta da beduini (non è un insulto, è la definizione etnica propria di quella popolazione che fino a soli cinquanta anni fa era nomade o semi-nomade).
Il piano Isis, il piano di allargarsi alla Mesopotamia assicurandosi tra l’altro diritti di sfruttamento e transito delle pipeline essenziali, il piano di egemonizzare la composita area dell’islamismo con una centralità che storicamente il wahhabismo non ha mai avuto rispetto al salafismo, il piano di allargare il peso egemonico dell’islamismo hanbalita powered by wahhabismo su tutto il mondo sunnita, il piano di allargare presenza ed influenza nel mondo islamico (gli affiliati all’Isis ovvero Libia, Niger, Nigeria, Mali, Somalia, Afghanistan-Pakistan), il piano di infiltrarsi presso nazioni non islamiche (ceceni, uiguri, foreign fighters europei) è il piano di chi sta progettando il proprio futuro. Progetti che si fanno quando “del doman non v’è certezza”.
CRONACA N.390 (04.12.15)
Una lettura ulteriore dell’intricato conflitto siriano (qui). C’è da aggiungere che l’ipotesi di nuovi giacimenti offshore al largo delle coste siriane, collimerebbe con altre informazioni che incrociai tempo fa su un maga-giacimento al largo delle coste del Libano. I libanesi avrebbero già fatto gli assaggi e le risonanze che confermerebbero dimensioni e qualità del deposito ma starebbero volontariamente rimandando senza fine, la messa in gara dei diritti di trivellazione, nel timore di diventare una nuova Siria. Se si confermasse questa variabile, saremmo a ben ? conflitti nella stessa guerra: 1) guerra settaria sciiti-sunniti mossa da Arabia Saudita vs Iraq-Iran; 2) guerra d’egemonia all’interno dell’islam radicale; 3) guerra del radicalismo verso le posizioni del sunnismo quietista anche per un grande ritorno dell’idea del califfato: 4) guerra Qatar-Turchia (e turcomanni) vs Siria per possedere il territorio su cui far passare il nuovo gasdotto; 5) guerra dei curdi iracheni e siriani per l’indipendenza; 6) guerra Turchia – curdi siriani; 7) guerra al Qaida + vari “ribelli” vs Siria sponsorizzata da monarchie del Golfo ed americani; 8) guerra dei russi contro al Qaida, vari ribelli, Isis ed indirettamente loro sponsor incluse le recenti frizioni con la Turchia; 9) guerra dei francesi (britannici, tedeschi) contro l’Isis e per partecipare al dopo-guerra; 10) puntatine Israele vs Hezbollah; con la gentile partecipazione di una Coalizione internazionale che non si sa bene cosa faccia e naturalmente dell’Isis contro curdi, sciiti, alauiti, russi e sunniti fedeli ad Assad. Ho visto addirittura un video in cui la Corea del Nord minaccia di nuclearizzare la Turchia cancellandola dalla cartina se oserà avere scontri armati coi russi…
CRONACA N.389 (04.12.15)
TURBATIONEM E REGRESSUM. Dopo il colpo Macrì in Argentina, con lo scoppio di un “manipulite brasileiro”, Dilma Rousseff è finita sotto impeachment. Non seguo la faccenda da vicino e quindi non so dire se c’è onesta fondatezza nella faccenda o sfrontata manipolazione. Segnalo solo che l’eventuale crollo del Brasile, ovvero il già da tempo auspicato e tentato passaggio al fronte neo-liberista sudamericano (Colombia, Perù, Cile, Argentina), sarebbe un colpo decisivo per l’allineamento del sub continente nella difficile partita della nuova geopolitica multipolare. La partita però è ancora lunga.
CRONACA N.388 (02.12.15)
SENZA RITEGNO. Allora, i russi fanno un conferenzone stampa in cui portano foto e video che testimoniano del traffico armi-petrolio tra te e l’Isis. Tu ovviamente neghi sebbene i russi abbiano detto che possono andare avanti un bel po’ a mostrare altre prove. Vabbé, negare ci sta. Ma da dove fai dichiarazioni di altisonante sdegno? Da Doha, in Qatar. E che ci fai, proprio oggi, a Doha in Qatar? Ci firmi nuovi strategici contratti per la fornitura di gas anche perché i russi ti stanno per chiudere i rubinetti del gas ed hanno strappato l’accordo per il Turkish stream. L’ipotesi che tutto il giochino Qatar-Siria-Turchia-Isis vertesse sul famoso gasdotto che proprio oggi si è firmato e che il jet abbattuto non fosse altro che un casus belli che mettesse in moto tutta la macchina che ora vediamo in piena azione è contenuto nel nostro recente articolo che riposto, uscito su sinistrainretehttp://www.sinistrainrete.info/…/6176-pierluigi-fagan-pivot… (ipotesi presa da articoli di altri, corre obbligo precisare). Gli americani hanno commentato lo scoop russo con un lapidario “assurdo!”. A me pare che l’aggettivo può estendersi all’intera vicenda,a tutta questa guerra, a tutto il vociante dibattito che commenta tutto ma non spiega niente. Assurdo.
CRONACA N.387 (02.12.15)
DELIRIO GIURIDICO. Obama firma la legge per lo sfruttamento privato delle risorse minerarie degli asteroidi. Ma in base a quale diritto gli americani legiferano sul bene comune del Sistema solare? (qui)
CRONACA N.386 (02.12.15)
Nel Settembre 2014 qualcuno si domandava come fosse possibile che le autocisterne dell’Isis facessero avanti indietro per la consegna del petrolio che forniva una parte della loro consistenza finanziaria (qui). Al briefing odierno del Ministero della Difesa russo, viene data finalmente la risposta (qui). Ora, quando si torna ai link del primo articolo e si legge la fantasiosa spiegazione che a suo tempo ne dava il Wall Street Journal, come evitare di pensare che tutta la faccenda dell’Isis non sia una bella presa in giro organizzata? Com’è possibile che due sconosciuti sotto pseudonimo si facessero domande riposte alle quali si sarebbe più di un anno fa cominciato a dar soluzione al problema dei tagliagole su cui tanto dibattiamo oggi?
CRONACA N.385 (01.12.15)
UN DICEMBRE ROSSO SHOCKING? Il 1° Gennaio dovrebbero iniziare i colloqui Siria-ribelli. Si può allora facilmente prevedere o che alcuni faranno di tutto per non farli fare perché le posizioni non sono ancora assestate o che ci si darà tutti un gran da fare per arrivare al tavolo con la posizione negoziale migliore, quindi fare un gran casino hobbesiano sul terreno. Solo citando Repubblica, Corsera e TG3 (quindi riferendomi solo al mainstream) abbiamo: 1) russi avrebbero rinunciato unilateralmente al Turkish stream; 2) avrebbero annunciato ufficialmente di voler armare i curdi siriani (alla faccia della de-escalation…); 3) gli americani avrebbero annunciato l’invio di truppe leggere, commandos che agirebbero dietro le linee o accanto a gli “alleati”(?), pare in Iraq ma con “mani libere” anche in Siria; 4) gli inglesi avrebbero deliberato l’invio di bombardieri, i tedeschi praticamente, anche; 5) i siriani avrebbero buttato giù un ospedale MSF; 6) gli emirates (quelli a cui date i soldi quando volate Alitalia) avrebbero detto che sono disponibili ad inviare truppe in Siria ma solo sotto il comando saudita (questa ideona farà strada!); 7) Sponda sud informa di una conferenza a Ryad con tutte le organizzazioni militari che combattono Assad in Siria; 8) i curdi siriani hanno minacciato i turchi di buttargli giù elicotteri ed aerei se sorvoleranno i loro territori; 9) Obama ha gentilmente ricordato a Putin “il pantano afghano”; 10) mentre i nostri prodi si organizzano in Siria, ingenti quantità di jihadisti neri si stanno trasferendo a Sirte, in Libia; 11) gli israeliani hanno detto che loro faranno avanti-indietro dalla Siria come gli pare e piace. Non mi stupirei che a sto’ punto anche i russi mandino truppe tattiche.
Se ne deduce un bel casino, i prossimi giorni, su i vostri schermi. Ricordo che a 44 km nord da Aleppo c’è Dabiq, il “luogo” in cui l’Isis ritiene ((in base alla profezia di un tradizionalista del IX° secolo) ci sarà l’armageddon finale in cui i rum, i bizantini, gli ortodossi, oggi, i russi, verranno polverizzati aprendo la strada al trionfo dell’Islam.
CRONACA N.384 (24.11.15)
Se l’aereo russo è caduto in territorio siriano.
Se i piloti si sono eietatti cadendo in territorio siriano.
Se i russi dicono di poter dimostrare che l’aereo era entro i confini siriani.
Erdogan ha pisciato fuori dal vasino.
Erdogan è molto nervoso. Se l’aereo era o no entro i confini, data la dinamica riportata era semmai problema da moviolone, Sparare missili per un problema da moviolone denota nervosismo. Chiamare subito dopo la NATO è voler drammatizzare la situazione. Forse Erdogan sa cose che non sappiamo ovvero che si stanno approntando soluzioni del problema Siraq che non solo non lo prevedono ma che lo inquietano.
(Un commento poi uscito su Internazionale, qui)
CRONACA N.383 (24.11.15)
La nave di Teseo, una breve nota (qui).
CRONACA N.382 (23.11.15)
NON C’E’ STATO SENZA NAZIONE. Il prode M. Molinari (qui) che di solito si di distingue per il perfetto allineamento USA-Israele, fa una compilation di opinioni che convergono verso il ridisegno del Siraq. La costa a gli amici di Putin, al Nord lo stato ai nuovi amici degli americani: i curdi. In mezzo il Sunnistan per la gioia dei golfisti. Non s’è capito ancora bene che si fa Raqqa ma visto che è a Nord chissà non si voglia usarlo per convincere i turchi che la faccenda dei curdi la vedranno di traverso. Gli sciiti oltre a proteggere gli alawiti avranno qualche metro oltre Bagdad ma ci sarà da litigare per i pozzi, in più gli iraniani hanno curdi in patria e non saranno contenti di un nuovo stato filo-americano ai confini. Poiché però con gli iranici c’è in ballo anche un’altra partita si farà un forfaittone -felici tutti!- In effetti quei pasticcioni di Sykes-Picot avevano fatto stati ma dimenticandosi le basi etniche quindi c’è anche la giustificazione teorica. Ineccepibile. Ecco a cosa serviva tutto sto’ casino dell’Isis, a creare una situazione irreversibile che favorisse il finale di partita già previsto. Era tutto previsto dall’invasione di Bush, ricordo le cartine dei geopolitici di Washington sul NYT, anni ed anni fa, che dire….quando c’è chi sa fare strategie…chapeau!
CRONACA N.381 (22.11.15)
Nel nostro ultimo articolo (qui), facevamo finta di chiederci cosa stessero tramando gli eredi di Sykes, i britannici. Qui un articolo di una da me stimata blogger, su John Cantlie. Ho il fondato sospetto che Cantlie sia un MI6, cosa che per altro gli appartiene come tradizione di famiglia (bio su Wikipedia). L’ipotesi è che i britannici, mentre apparentemente sono innaturalmente defilati nella tenzone nell’area che apparteneva ai loro mandati, siano attivamente schierati come consulenti del progetto e quindi in base alla nostra tesi principale, consulenti geopolitici dell’Arabia Saudita, il che sarebbe, di nuovo, tradizione essendo gli inglesi coloro che hanno permesso a gli al Saud, d’impadronirsi della Penisola arabica. Complottismo? Beh, non l’ho inventato io il concetto di Spectre… .
CRONACA N.380 (20.11.15)
DI MALI IN PEGGIO. Questa ve la ricordate tutti no?
E’ la manifestazione per Charlie Hebdo, Hollande coi due suoi più stretti interessi, la Germania della Merkel e il Mali di Keita. Se venisse confermata la paternità dell’azione al al-Qaida saremo aQ 2 – Isis 1. Infatti anche i lupi solitari di Charlie Hebdo si richiamavano ad al-Qaida. Del resto è nello statuto di al Qaida fare terrorismo contro il cosiddetto “nemico lontano”, l’Isis in teoria doveva occuparsi solo di tagliar gole ai musulmani non wahhabiti ed altri locali. Ora che invece, Isis s’è messa a mitragliare nei boulevard, al Qaida ci tiene a far sapere che non sarà da meno. Domanda ai fieri rappresentanti del popolo francese che si son levati con un sol uomo a cantare la Marsigliese: ma sapendo dei vostri e non sempre puliti interessi in giro per tutta l’Africa occidentale, sapendo che ben due organizzazioni islamiche vi hanno preso di mira per dimostrare ai propri rispettivi pubblici chi è più cattivo, l’idea di rinforzare i bombardamenti in Siria, Vi sembra una idea responsabile verso i vostri cittadini? Ora che fate? Se continuate loro certo non smettono. Se smettete fate una figura de grandeur merde. Continuate con le vignette che sfottono perché voi avete lo champagne ed i barbari no? Je ne vous comprends pas…
CRONACA N.379 (19.11.15)
Segnalo la posizione del poco simpatico M. Houellebecq, oggi sul Corsera. In pratica: 1) governo francese attuale e precedenti, ma anche opposizioni, sbagli drammatici, incluse avventure libiche, irachene e siriane (non ha citato gli altri teatri coloniali ma vabbé); 2) frontiere aperte ed accoglismo della sinistra morale, pazzi irresponsabili; 3) unica soluzione: democrazia diretta. A grandi linee, concordo, purtroppo.
CRONACA N.378 (19.11.15)
Quelli che si mettono la bandiera francese sul profilo facebook, pensano di tenercela anche dopo aver letto questo qui?
CRONACA N.377 (18.11.15)
Che in Belgio, 40 persone su 1 milione (e 18 il Francia) sentano il bisogno di affiliarsi allo Stato Islamico ed in Italia solo 1,5, vorrà dire qualcosa? Bombardare Bruxelles? [Fonte:Internazionale]
CRONACA N.376 (17.11.15)
Segnalo questo articolo, qui, sul Sykes Picot e conseguenze.
CRONACA N.376 (16.11.15)
Quel “Allons enfants de la Patrie” intonato nel tunnel del deflusso dallo Stade de France, è carburante per i trenta raid su al-Raqqa ed oltre. Qualcuno ha notizie di Alain Badiou? di Le Monde Diplomatique? Frederic Lordon? Jacques Sapir? Etienne Balibar? E mai possibile che non si levino voci di ragione in questo momento? Al di là dell’astratto multiculturalismo e dell’anticapitalismo da salotto, c’è qualche francese che è in grado di dare un concreto “Che fare?” allo smarrito popolo francese ed a se stesso? Qualcuno ha notizie ?
CRONACA N.375 (16.11.15)
Dovremo, ahinoi, seguire da vicino lo sviluppo dei fatti conseguenti la strage di Parigi. Da qui dipartono linee inquietanti. Invocazioni alla restrizione delle libertà, anti-islamismo militante, possibile invocazione dell’art. 5 del Patto NATO (difesa collettiva), guerra. Neanche l’ombra di una manifestazione popolare francese per chiedere il ritiro dei bombardieri nei molti teatri di conflitto in cui la Francia è impegnata. Anzi, marsigliese enoi non abbiamo paura a gran voce. E’ questo il momento in cui si scontano mesi ed anni di sottovalutazione del problema, mancanza di analisi e conoscenza della complessa situazione che lì ha il groviglio ma che estende poi il tessuto a più ampio raggio, forze democratiche ed almeno tendenzialmente pacifiste paralizzate, conversione della nostra alta e repressa tensione sociale pluricausata in un unico flusso di energia che verrà manipolato e portato a sfogarsi lì dove serve proprio a coloro che quella tensione hanno causato. Se è questo il momento in cui tutto il complesso collassa nel semplice, s’impone farla semplice: o è pace come precondizione per discutere e capire democraticamente cosa succede e cosa fare o è guerra.
CRONACA N.374 (15.11.15)
Un mio post su facebook sui temi di cui all’intervento sul “Il prezzo del disadattamento” è diventato un breve articolo (qui).
CRONACA N.373 (15.11.15)
Ieri sera mi sono visto 8 e 1/2 sulla 7. Enrico Letta, Massimo Cacciari, un ex generale dell’aeronautica, V. Camporini, oggi a capo dell’IAI (Ist. Affari Internazionali) ed il Punto di Paolo Pagliaro. Oggetto, ovviamente Isis a Parigi. Beh, non è certo, almeno nel caso Letta e Camporini (membro della Fondazione Italia-USA), il mio universo di riferimento. Neanche Cacciari del tutto, ma almeno Cacciari è un filosofo. Proprio Cacciari, con la sua solita insofferenza per la stupidità del mondo, ha dato subito la piega giusta, inquadrando il problema come complesso, necessitante una diagnosi ed una prognosi sistemica. Ma poi Pagliaro l’ha messa che in fondo sanno tutti molto bene chi c’è dietro l’Isis: l’Arabia Saudita. Pagliaro usa la versione debole della tesi ovvero AS ha finanziato in ordine sparso all’inizio ed ora il mostro gli è sfuggito di mano. Noi siamo convinti della tesi forte, l’AS ha finanziato ed organizzato come Stato il progetto Isis e continua a farlo, per perseguire un disegno geopolitico. Ma comunque, è già qualcosa che se ne parli in tv e che gli altri abbiano convenuto sulla necessità di cambiare atteggiamento con questi soggetti, gli stessi a cui Renzi ha reso omaggio appena una settimana fa. Poiché Cacciari insisteva nello sgridare l’unilateralismo francese ed indicava un una “coalizione occidentale” il soggetto che avrebbe dovuto intervenire in loco, il generale consigliava di allargare il discorso a Russia ed Iran e Letta conveniva, seguito da Cacciari. Precedentemente, i tre s’erano trovati d’accordo in quella che ormai si fa strada come verità ampiamente condivisa ovvero che tutto il casino nasce dalla disgraziata guerra americana in Iraq. Non è tutto ma è qualcosa rispetto alla melassa confondente che straborda, in questo giorni, da tutte le parti.
CRONACA N.372 (14.11.15)
Cosa dovremmo capire per agire di fronte a fenomeni come quelli di ieri sera a Parigi? Forse dovremmo partire dall’anello di causazione più semplice, non l’unico, ma comunque quello senza la cui esistenza non esisterebbero neanche gli altri. L’anello più semplice ha tre segmenti. Il primo segmento è dato dal fatto che ieri sera, a Parigi, molte persone trovavano bello trascorrere la serata in compagnia, o in un ristorante cambogiano, o ad un concerto rock, o a vedere una partita di calcio. Il lato piacevole della vita normale secondo gli standard europei e più in generale occidentali. Questi standard sono garantiti da una complessa macchina economica e finanziaria che in quanto determina gli ordini sociali dei nostri popoli-nazioni, diventa interesse di Stato. Una parte di questa macchina, per i francesi, include una vasta serie di rapporti interessati con realtà extra-nazionali che si trovano, tra l’altro, in Africa occidentale e Medio Oriente. Il secondo segmento presenta una perturbazione a gli interessi dello Stato francese. Si tratta di conflitti indiretti, conflitti che riguardano fazioni politiche locali al territorio extra-francese, la fazione del potere in carica che ha ottimi rapporti con lo Stato francese, quindi con il loro interesse, e fazioni sfidanti. Potrebbe esser lasciato essere un conflitto indiretto ovvero aspettare che si risolva in favore dell’uno o dell’altro ma bisognerebbe allora accettare il fatto che se vincesse il potere sfidante, bisognerebbe dire addio ai benefici della propria presenza che estrae ricchezza locale per alimentare lo standard di vita nazionale. Se non si accetta questa eventualità, la riduzione della propria potenza, allora bisogna intervenire ed il conflitto da indiretto, diventa diretto. Si arriva così al terzo segmento. Avere un conflitto tra uno Stato ed una entità non formale, porta allo scontro asimmetrico. E’ uno scontro come qualsiasi altra forma più tradizionale, cioè una guerra, ma mentre le guerre propriamente dette hanno un solo campo di battaglia ed eserciti regolari con vittime civili collaterali, lo scontro asimmetrico può arrivare ad avere due campi di battaglia, due eserciti, uno regolare ed uno no, vittime civili facenti parte del campo di battaglia non come collaterali. Quello che è successo ieri a Parigi è la chiusura del circolo delle cause semplici in una forma finale di guerra asimmetrica.
Poiché in definitiva, il soggetto centrale di tutta questa situazione è il popolo francese, perché è questo che deve decidere del prezzo del proprio standard di vita, perché è questo che elegge i propri rappresentanti che poi interpretano e gestiscono l’interesse nazionale, perché è esso stesso quello che paga il prezzo d vite umane della guerra asimmetrica, tocca la popolo francese decidere come agire.
Può certo desiderare di distruggere il potere sfidante locale di modo da non subirne la reazione ma nel caso in oggetto, questo obiettivo parrebbe non alla portata del solo Stato francese. Potrebbe allora allearsi con gli altri nemici del potere sfidante ma chissà perché, proprio lo Stato francese risulta alleato con gli amici del potere sfidante e nemico dei loro nemici naturali. Potrebbe inventare una qualche forma più sofisticata di intervento indiretto che forse: a) renderebbe meno esplicito ed evidente il suo ruolo; b) potrebbe addirittura portare effetti più concreti degli interventi diretti, cioè militari. Sembra però che questa forma più sofisticata di manovra sul mondo complesso non sia conosciuta in Occidente. Del resto, nel passato, anche quando era conosciuta, ha portato a risultati disastrosi. Potrebbe migliorare la propria intelligence, polizia e forma repressiva interna di modo da minimizzare i rischi delle ritorsioni indirette ma questo consiglio sembra non tenere conto della oggettiva ed ineliminabile porosità delle società occidentali. Eliminare questa porosità che offrendo libertà offre anche opportunità di azione per il nemico, significherebbe togliere “occidentale” da “società”e tra l’altro non si vede quale logica potrebbe avere, visto che la ritorsione si ha per essersi impicciati in cose da cui proviene parte della qualità di vita di quella società. In pratica si accetterebbe di peggiorare la qualità di vita ma alzando i rischi di ritorsione, un assurdo. Si potrebbe accettare una moderata rinuncia di parte di quella qualità della vita ma allora bisognerebbe agire internamente per redistribuire la tanta che hanno i Pochi, compensando quella poca che perdono i Molti.
Rimarrebbe certo una parte del problema. Popolazioni con alti tassi di natalità, quindi giovani, sono strette nel triangolo insostenibile fatto da: 1) una memoria storica di umiliazioni seriali, di morti, stupri, ingiustizie, rapine, tracotanza, sudditanza ad opera di soggetti coloniali; 2) una realtà economica depressa e corrotta poiché gli interessi di monarchie medioevali, élite militari, stati confinanti, potenze planetarie, soggetti settari, variamente in concerto tra loro, non mostrano alcuna capacità di aiutare ad un adattamento sociale e storico ai tempi che sono; 3) una ideologia molto indeterminata sebbene presente come unica ed in forme molto estese, che offre spunti per interpretazioni che vanno dalla quiete universale alla guerra santa, che non ha una autorità centrale normativa, che è usata da interessi settari o nazionali o geopolitici da parte di attori molto svagati e molto ricchi. Tale triangolo che ha solo entrate e non uscite, è poi inscritto del cerchio della modernità, quella in cui si è immersi ma con pochi diritti di fruizione se si vive fuori dall’Islam, quella vista nei mezzi di comunicazione di massa e con nessun diritto di fruizione bensì solo di desiderio, se si è nell’Islam. Tale desiderio è poi ambivalente perché in conflitto con alcune norme della propria etica religiosa e relativo al mondo di coloro che, in fondo, si odiano.
Questa secondo problema è più complesso e merita un dibattito ampio e profondo ma è meno urgente. Quello più urgente è che i francesi e coloro che partecipano della loro sorte, decidano dentro l’equazione data: se pagare i prezzi degli atti di guerra condotti per sostenere una parte del proprio tenore di vita, se incrementarli incrementando l’azione di guerra, se diminuirli astenendosi da azioni unilaterali, se diminuirli di più astenendosi del tutto da condurre azioni di guerra aperta. Il resto è “temps perdu”.
CRONACA N.371 (14.11.15)
Ed ora l’onda di sdegno e commozione, le improbabili contro-analisi su chi è stato e perché l’ha fatto, la melassa retorica, la voglia di restituire il colpo. Noi non stiamo capendo cosa è diventato e cosa diventerà il mondo, il nostro e quello a noi vicino. Noi non siamo adeguati ai tempi che ci è toccato in sorte di vivere. Viviamo ignari convincendoci che tutto va per il solito, poi soprassaltiamo un po’ quando succede qualcosa di violento che ci lambisce o colpisce, poi dimentichiamo e torniamo a prorogare ostinatamente il nostro corso di vita estraneo. Noi ci rifiutiamo di capire perché rifiutiamo di agire perché sappiamo che questo agire turberebbe profondamente il nostro modo di essere, noi non vogliamo cambiare. Quando il mondo cambia e noi no, poiché chi detta le regole del gioco della realtà è il mondo, noi ci troviamo disadattati. I morti di Parigi e quelli che verranno sono le vittime del nostro disadattamento.
CRONACA N.370 (13.11.15)
Interessante la pista di ricerca che porta a studiare quali sono stati gli interessi del Regno Unito in Italia e come sono stati agiti. Qui e qui, due interviste ad uno dei due autori del libro “Colonia Italia”. Non ho letto il libro e non mi addentro nelle sue indicazioni. Rilevo solo la molto plausibile tesi di una longeva tutorship che la Gran Bretagna avrebbe sviluppato sul nostro paese. E’ già abbastanza noto a gli storiografi che i britannici furono padrini attivi della nostra unione nazionale per ragioni di equilibrio di potenza rispetto alla Francia. Ma più in generale, è ora che l’intellighenzia si svegli dal sono idealistico-dogmatico che non tiene conto né dei puri interessi materiali degli attori geopolitici, né della natura sofisticata e fuori qualsiasi norma etica o giuridica delle pratiche per difendere o sviluppare, i propri interessi. Contro chi si addentra dentro questo mondo opaco e nebbioso, partono le bordate dell’ostracismo e della delegittimazione “complottista!”. Come se lo sviluppo di strategie sofisticate per la gestione del potere non fossero fatti ma proiezioni fantastiche, tesi evidentemente assurde. Il nostro è un mondo panglossiano, il migliore dei mondi possibili, non una ruvida arena in cui lottano e combattono egoismi nazionali pronti a tutto pur di preservare il proprio potere su gli eventi. Il bello è che poi andiamo pure al cinema a goderci l’ultimo film su 007!
CRONACA N.369 (09.11.15)
Aung San Suu Kyi stravince le elezioni birmane e volge al termine la lunga dittatura militare, si affaccia un nuovo soggetto-oggetto geopolitico. La Birmania è stata sino ad oggi ostracizzata dalla comunità internazionale, compreso l’ASEAN asiatico e con l’unica eccezione di una relazioni di convenienza con la Cina. La Cina ha nella Birmania (chiamata Myammar dalla giunta militare ma è probabile tornerà ora al suo nome originario) interessi emergeteci ma sopratutto l’approdo diretto sull’Oceano Indiano, bypassando cioè la rischiosa e complicata situazione degli stretti e dei mari contesi dell’Estremo Oriente. La nuova leader invece, è stata beniamina dell’Occidente e portabandiera della lotta per i diritti umani. Per ragioni religiose, storiche e parzialmente etniche, ci sono legami con l’India mentre per ragioni etniche e storiche con la Thailandia. Il paese è sottosviluppato ed ha molte materie prime ed energia (idrocarburi e idroelettrica). Ci sono quindi tutti gli ingredienti per: a) prevedere una ampio ed intenso sviluppo, una sorta di nuova terra promessa, vergine, con costo del lavoro irrisorio, turistica etc.; b) prevedere un intenso corteggiamento da parte di Cina, Stati Uniti ed anche India. Se la nuova leadership birmana sarà in grado in essere un soggetto, potrà fare aste di amicizia e gestendo tutte le relazioni, garantire un futuro equilibrato e splendente la suo popolo, se non sarà in grado diverrà terra di lotta e di conquista per l’egemonia, in particolare americana (un brutto colpo per la strategia di evasione dal Mar Cinese di Xi Jinping), sarà quindi un oggetto. Difficile fare previsioni.
CRONACA N.368 (07.11.15)
Mal celato disappunto sulla stampa internazioccidentale (esempio, qui), rispetto all’incontro Cina-Taiwan a Singapore (a Singapore, ovvero terra neutra ma dal chiaro sapore finanziario, ossia di interesse concreto). Il fatto che due fratelli in litigio si incontrino dopo 66 anni dovrebbe far giubilare tutti coloro che hanno a cuore la pace e la concordia nel nuovo mondo complesso. Insomma, abbia visto Winnie Jimping the Pooh, sorridere negli Stati Uniti, nella carrozza con la regina Elisabetta, stringendo le mani di Angela Merkel, ora con il fratello separato Ying-jeou … chissà perché è così giulivo…?
CRONACA N.367 (07.11.15)
Qui pubblicato un mio articolo che si trova assieme ad altri due interventi, uno di Barbara Spinelli, l’altro di Francesco Lacaita. Il mio articolo era un discorso più ampio al cui interno si parlava dell’idea di un esercito europeo mentre gli altri due si riferiscono strettamente a questa ipotesi che pare, abbia preso una recente attualità concreta. Da quello che ho visto negli ultimi tempi, occupandomi di cose a questa idea relate, l’idea di un esercito europeo consegue un pronunciato malessere nelle relazioni Europa-NATO. Da una parte, gli americani dirigono l’Alleanza a proprio piacimento, imbarcando chi serve alla bisogna (ad esempio tutta l’Europa dell’Est), dall’altra si lamentano perché gli europei non spendono per la difesa quanto dovuto. Gli europei si lamentano perché non condividono appieno certe decisioni strategiche che fanno seguito alla politica estera dell’egemone mondiale ed in particolare, si lamentano i generali perché sono sempre più del tutto subalterni, recentemente anche a gli estoni o ai lituani. Ne consegue l’idea di creare un sub-sistema, una NATO europea, certo interna alla NATO generale ma con una sua consistenza sistemica distinta. Lo strumento va separato dall’utilizzo? Beh, cronologicamente sì, nel senso che prima si costituisce un sistema, poi si disputa sul dove e come dirigerlo. Certo, i due momenti non sono poi così distinti in quanto il sistema va costituito in base ai principi che ne determineranno le forme, ma personalmente vedrei positivamente la cosa in quanto crea una forma senza la quale la subordinazione è totale ed irreversibile. Dire che un singolo paese da solo deve uscire dalla NATO è nobile ma assai irrealistico, dire che il sistema militare europeo deve seguire gli interessi europei è non solo ovvio ma incontrerebbe anche molti favori trasversali. Se si arriva al punto critico che verifica che gli interessi europei vanno da una parte e quelli americani dall’altra, beh se ne può prendere atto e magari scorporare il sistema europeo rimanendo alleati non “dentro” la NATO ma da fuori. Il potere contrattuale aumenterebbe di non poco, l’autonomia anche.
Segnalo infine che molti fantasmi che vengono richiamati laddove si paventa una riforma radicale del sistema euro (incluso un suo scioglimento parziale), il ritorno del tutti contro tutti, rimarrebbero chiusi nelle mura del castello. Se si ha un esercito in comune è impossibile farsi guerra gli uni con gli altri. Per certi versi, la costituzione di un sistema d’arma comune permetterebbe una più disinvolta discussione sull’unica vera forma di “in comune” che abbiamo in Europa.
Capisco che qualcuno nutra difficoltà a mischiare armi e monete ma lì fuori, nel mondo concreto che non è diviso in discipline, armi, culture, storie, religioni, monete, economie e potere politico stanno tutte assieme e tali vanno considerate se si vuole avere sovranità reale, quindi autonomia.
CRONACA N.366 (06.11.15)
Gli hindu si mettono a lapidare i musulmani (qui) e Renè Girard ci lascia (qui).
CRONACA N.365 (05.11.15)
Della faccenda dell’aereo russo caduto nel Sinai, ovviamente, non sappiamo più di quanto non possa sapere chiunque legge le notizie pubbliche. Non c’interessa quindi sapere cosa è successo semplicemente perché non è possibile, al momento. Ci interessa però esaminare velocemente le dinamiche della battaglia delle informazioni. Russi ed egiziani sono entrambi e per motivi diversi, interessati ad escludere attentati. Se l’Isis è in grado di mettere valigie bomba a Sharm, addio turismo (problema con cui l’Egitto combatte già da tempo e stante stante che il turismo assorbe il 15% della forza lavoro egiziana). Se l’Isis ha provocato i morti, per i russi compare il costo dell’operazione Siria e l’opinione pubblica potrebbe innervosirsi. Da qui forse, anche l’insistenza degli americani che hanno visto coi satelliti cose che invece non hanno visto nel caso controverso dell’abbattimento dell’aereo sull’ Ucraina. Dal silenzio sulle letture satellitari di altri dobbiamo presumere che solo gli americani vedono dall’alto? Del resto, i russi non sono felici neanche nel dare la colpa alla propria compagnia aerea ed alla propria industria aeronautica. Ma l’Isis avrebbe rivendicato dicendo che ha sparato un missile, non di aver messo una valigia. Potrebbe star facendo propaganda a facoltà che non ha visto che il suo prestigio verso il proprio pubblico è drasticamente sceso dopo i bombardamenti russi in Siria. I russi potrebbero occultare la faccenda del missile per non allarmare ulteriormente la propria popolazione o forse prendono tempo per capire a chi addossare la colpa della fornitura, stante che fino ad oggi l’Isis, tale tecnologia non la possedeva, né aveva ragione di farlo. Gli americani insistono sulla valigetta perché la preferiscono al missile ed alle domande che ne conseguirebbero? Gli egiziani potrebbero occultare la faccenda del missile per non rendere esplicito il fatto che il Sinai è terra di nessuno. Qualcun’altro avrebbe potuto lanciare quel missile contando sul fatto che l’Isis ne avrebbe rivendicato comunque la paternità, qualcuno che vede non di buon’occhio ciò che i russi stanno facendo in Siria. Lo stesso avrebbe potuto mettere la valigia a Sharm. Vedremo gli sviluppi…
CRONACA N.364 (03.11.15)
Il Sole affronta la questione del figlio unico in Cina, qui. Notiamo due cose che ci servono per trarne indicazioni più generali. La prima è che i dati demografici vengono commentati da Schroders. Anzi, se fossero solo commentati non ci sarebbe nulla di male, è che invece vengono giudicati. Ora, la decisione di Deng Xiaoping, venne presa alla soglia del miliardo di persone, quali problemi innescava la crescita demografica incontrollata di un sistema di un miliardo di persone insistente su un territorio (la Cina) che per gran parte della sua geografia è fatto di montagne, deserti, altipiani a grandi altezze? Se il punto di vista di Deng non è il punto di vista di Schroders, che senso ha che Schroders giudichi Deng? Più in generale, quanta confusione facciamo nel produrre opinioni particolari su fatti generali?La seconda è l’accusa di dirigismo. Se uomini associati in popolo si autogovernano, cosa dovrebbero governare? se governano ad esempio la propria crescita demografica, sbagliano? Credo sia molto importante rompere questo falso tabù, i tempi della vita senza consapevolezza dei limiti datici da ciò che ci circonda, sono terminati. Se non impariamo in fretta ad autogovernarci nei limiti ambientali e demografici del pianeta inteso come un tutt’uno andremo spediti a perderci nel caos globale da noi stesso creato. Direi allora che la discussione è semmai come si esprime questo autogoverno, se è un imperio proveniente da una élite auto-nominatasi o se è la diffusione di una consapevolezza di responsabilità civile democratica, non se auto-governarsi o laissez-faire.
CRONACA N.363 (31.10.15)
La cronaca 361, si occupava di Gran Bretagna ed USA. Oggi è la volta della Germania (quie qui). In coda al pezzo del Sole, gli americani ne hanno anche per cinesi e giapponesi. Insomma nessuno sembra più comportarsi come dovrebbe. A Merkel fischieranno le orecchie…già ma dove sta frau Angela? Qui.
CRONACA N.363 (30.10.15)
FARE NON PENSARE! Roberto Esposito, giustamente, lancia l’allarme (qui).
CRONACA N.362 (30.10.15)
Uno dei maestri occidentali delle relazioni internazionali, H. Kissinger, termina la sua ultima fatica (Ordine Mondiale, Mondori, Milano, 2015, p.372) con una raffica di ben quattro citazioni da Eraclito, il filosofo della guerra e del fuoco, dell’ordine dal disordine, del divenire.
CRONACA N.361 (30.10.15)
Recentemente, la Gran Bretagna ha: 1) aperto la prima piazza non asiatica di scambio dello yuan; 2) deciso di collocare T-bond cinesi; 3) portato a spasso in carrozella Xi Jinping con la Regina; 4) firmato patti di scambio ed investimento con i cinesi; 5) fatto una joint coi cinesi per lo sfruttamento minerario della Groenlandia; 6) aderito e per prima tra i paesi occidentali, alla nuova banca cinese Aiib. Gli americani quindi sono un po’ nervosi, (qui e qui).
CRONACA N.360 (29.10.15)
CRESCETE E MOLTIPLICATEVI. Ed ecco che la Cina manda in soffitta la politica del figlio unico. La legge non era molto vecchia, era del 1979 e stabilita non da Mao ma da Deng. Ha avuto il merito di contenere la popolazione già su livelli molto alti, tanto che tra il 2030 ed il 2050, l’India supererà la Cina. Ma ha avuto anche due effetti negativi. Uno è stato sopportato a lungo ed è stata la soppressione, in molti casi, delle bambine per puntare sulle maggiori possibilità date dell’essere maschi. Questo ha per altro creato una asimmetria tra i sessi che provoca non pochi problemi per il naturale accoppiamento. L’altra è la transizione demografica che vede in prospettiva molti anziani e pochi figli unici su ognuno dei quali, gravitano teoricamente due genitori e quattro nonni. Più che altro, meno giovani e quindi meno manodopera per alimentare la crescita. Da oggi, (qui), si torna a concepire. Dati i numeri dei cinesi, ci si aspetta un piccolo boom di bebè. Produttori di passeggini unitevi!
CRONACA N.359 (29.10.15)
PALLONI GONFIATI. Per una, credo, involontaria -ironica- sincronia, l’edizione on line di Corsera, ha appaiato due notizie su dirigibili militari. Uno (qui), americano, è incidentalmente volato via e poi precipitato. L’altro (qui), cinese, ha superato il test di volo a 20 km ma punta ai 100. Magari in molti altri casi accade il contrario, però la sincronia era simpatica in termini di “mondo che verrà”.
CRONACA N.358 (28.10.15)
CONSIGLI PER GLI ACQUISTI. Domani dovrebbero rendersi noti i risultati del Plenum del Comitato centrale del Partito Comunista Cinese, riunito per approvare il 13° piano quinquennale (con tanto di spottino YouTube, qui), in gran parte rivolto agli sforzi per far crescere una grande classe media che possa costituire il motore centrale di una economia ancora troppo dipendente dalle esportazioni. Ciò ovviamente richiederà un grande sforzo del governo e del bilancio. Ecco allora che gli americani vanno ad accarezzare contropelo la tigre cinese (qui) per ricordargli di mettere nel budget una buona voce per gli armamenti in quanto è possibile che serviranno da qui a poco. Messaggio recepito dalla borsa di Shanghai che premia con un +10% le industrie militari. Il messaggio è: “siete sicuri di avere soldi sia per dirigere lo sviluppo della vostra economia interna, sia per dirigere la vostra proiezione di potenza esterna?“.
CRONACA N.357 (28.10.15)
DISTRUZIONE CREATRICE. La più celebrata tra le tecniche di rinnovo del mercato è la schumpeteriana distruzione creatrice. Si butta già il vecchio e si fa spazio al nuovo. Teoria vorrebbe che la dinamica appartenesse alle virtù della “mano invisibile” ma se la mano è indaffarata a muovere qualcos’altro (può darsi che il mercato, nelle pause, vada su You Porn), ci vuole l’aiutino. Ecco allora la sequenza OMS – Efsa. Oms ci ha distrutto la carne, gli insaccati, sono girate news sulla tossicodipendenza dal formaggio, dalla pizza, anche il pesto è arma di distruzione di massa. Cribbio, cosa dovremmo mangiare allora? Tranquilli, c’è il novel food: Insetti, alghe, vermi, larve e scorpioni, ma anche nanomateriali, cibi costruiti in laboratorio, nuovi coloranti potranno finire sulle tavole degli europei, se avranno il via libera della Agenzia europea della sicurezza alimentare (Efsa). Enjoy your meal! (qui)
CRONACA N.356 (23.10.15)
Definitivamente violate le diseguaglianze di Bell (qui), la matrice in cui si trova la fenomenologia quantistica è non locale. Si dimostra così che ci sono cose che sono e che non capiamo come fanno ad esser come sono. La cultura della complessità ha previsto col concetto di “emergenza” che noi si possa aver derivato la nostra mente in darwiniano accordo con la realtà in cui siamo immersi ma questi esperimenti dicono che questa non è l’unica realtà ed in questa altra realtà valgono altre regole a cui quindi non arriveremo mai solo pensando perché la nostra mente non è analoga a quel livello di realtà. La nostra realtà deriva anche da quella ma le due non sono reciprocamente deducibili linearmente e sopratutto, non sono analoghe. Si aprono nuove terre incognite… , la ragione viene kantianamete riportata ai limiti che le sono propri: l’interpretazione dei dati di realtà.
CRONACA N.355 (23.10.15)
Da un po’ di tempo, si sta sviluppando questo fenomeno degli italiani in terza età che migrano in altri paesi. C’è il gruppo che preferisce raggiungere i paradisi delle badanti (Bulgaria, Romania, Ucraina), ci sono quelli che scelgono i posti forse più simili all’Italia come la Spagna e le Canarie, chi azzarda un Tunisia o Marocco, chi è più intraprendente e cambia continente, dal Sud est asiatico o Oceania al Centro o Sud America, se non l’Africa. Ora si propone anche il Portogallo (qui). Il primo motivo è economico, pensioni da fame qui sono redditi più che dignitosi in altri contesti, in alcuni casi si diventa addirittura “classe agiata”. Poi c’è la qualità di vita, sole, mare, vita più semplice, gente che sorride, quel piacevole senso di estraneità che si prova capendo poco la lingua locale così da impermeabilizzarsi dalla condivisione dei problemi. C’è forse anche una presa di curiosità coraggiosa. In fondo “si sente” che c’è ancora un be po’ da vivere, che si potrebbe azzardare una “seconda vita”. Andare incontro a nuove idee o progetti, magari sogni ma anche impegni, questa volta magari scelti con più oculatezza e sulla scorta della esperienza cumulata nella “prima vita”.
A commento, si potrebbe fare della lamentazione sociologica del tipo “costretti a fuggire dal proprio paese, dalle proprie radici, traditi dalla patria”. Ma si potrebbe anche vederci del buono, mettere a frutto l’opportunità di vivere più a lungo, fare finalmente quello che si voleva fare, perché no: “godersela un po’”. Non ultimo, aspettare i frutti di questa diaspora dei nonni. Si vengono a formare nuove comunità internazionali in molti di questi posti. Nell’isola greca in cui trascorro ormai quasi metà dell’anno, tra gli stanziali o semi-stanziali, ci sono francesi, olandesi, tedeschi, inglesi oltre che greci e debbo dire che la conoscenza reciproca e la condivisione di spezzoni di vita sulla base di interessi comuni maggiori di quelli che che si avrebbero con connazionali rancorosi ed acidificati dalle difficoltà italiche, è molto più interessante. L’internazionalizzazione del nonno italico farebbe forse bene anche alla mentalità media del nostro travagliato paese. Anche questo è mondo nuovo…
CRONACA N.354 (16.10.15)
Limes, qui, fa il punto sulla ricostruzione della strage di Ankara. Noi l’abbiamo fatta a caldo, nella cronaca 350. Il punto interessante però è quel doppio accenno ai curdi. Gli Stati Uniti starebbero riconfigurando la propria strategia nell’area, abbandonando i ribelli “moderati” e puntando sulla costituzione di una prima entità statale curda. Nel secondo accenno, alla fine dell’articolo, il farsi strada dell’idea di una secessione controllata dei curdi turchi. Kurdistan! sembra essere il nuovo nation building della strategia americana.
CRONACA N.353 (16.10.15)
A Yale (qui) hanno scoperto, sottoponendo vari soggetti a risonanza magnetica, che ognuno ha un suo peculiare modo di organizzare le connessioni cerebrali. Il cervello-mente è, in fondo, fatto di tre cose principali: neuroni, dendriti-assoni, flussi chimico-elettrici generati dai neuroni e veicolati tramite dendriti-assoni. I neuroni sono le varietà, i dendriti-assoni sono le interconnessioni, quello che viaggia nel network sono le interrelazioni. Questa è anche la descrizione-base di qualsiasi ente complesso, è propriamente, l’ontologia complessa.
I ricercatori americani hanno così potuto vedere dalle scansioni, che a parità di imput, ogni soggetto organizza l’attività cerebrale diversamente, ossia, ogni soggetto ha la sua identità mnestica che sia specifico design dell’architettura delle interconnessioni, modo di far viaggiare le interrelazioni, aree cerebrali attivate. Di nuovo, in termini di ontologia, se ne deve dedurre che le interrelazioni di cui le cose ed i fenomeni sono intessuti, marcano l’identità che è dunque estremamente plurale.
CRONACA N.352 (14.10.15)
Oskar Lafontaine (qui) promuove un programma di sinistra in Europa che smonti l’euro e reintroduca lo SME. Bruno Amoroso l’aveva già detto quattro anni fa, perché ci si mette tanto a ragionare a sinistra? Io aggiungerei, costruire subito un esercito europeo autonomo dalla NATO.
CRONACA N.351 (14.10.15)
Commento di geopolitica del FT, qui: 1) si eccepisce che gli USA perdano col Medio Oriente, un’area strategica. Ora, Il Medio Oriente è sicuramente un’area strategica basta guardare una cartina geografica ed aprire un libro di storia. Il problema però è che nel mondo contemporaneo le aree strategiche sono un po’ dappertutto, alcune di maggior peso, altre meno ma con possibilità di scambiarsi i pesi a seconda delle geometrie degli eventi. Poiché gli acuti commentatori di geopolitica, quando ti spandi un po’ dappertutto sono subito pronti ad ammonirti con l’overstretching! dovrebbero far pace con se stessi e spiegare perché è più importante essere presenti in A e non in B o viceversa. Se non hai una dipendenza strategica dalle fonti di energia fossile, il Medio Oriente è una voragine che inghiotte tonnellate di soldi e comunque non riesce a mettersi in equilibrio, quindi (se hai cose più importanti da fare) puoi anche lasciarlo perdere a se stesso; 2) un commentatore onesto non può continuare a ripetere la solfa delle mire espansioniste della Russia. Quello dell’ Ucraina è stato una via di mezzo tra la rivolta assistita ed il colpo di stato. La Crimea ha votato per la secessione democraticamente. Ok non è fair riconoscere una secessione del vicino ma non è fair neanche assistere le rivolte o tramare colpi di stato nel vicino di una potenza nucleare; 3) i cinesi costruiscono isole sul loro mare antistante, allora? è entro i suoi confini o non è entro i suoi confini? Se avesse costruito portaerei staremmo più tranquilli? Gli USA hanno 10 portaerei in servizio, 1 di riserva, 2 in costruzione ed 1 in progetto, totale 14 e sono tutte nucleari. I cinesi ne hanno 1 in servizio ed 1 in costruzione (meno dell’India e dell’Italia!) e sono convenzionali. Trovano più veloce costruirsi un’isola davanti casa, allora?
Ma quando mai si potranno leggere analisi, notizie e commenti non influenzati dal conflitto d’interessi?
CRONACA N.350 (11.10.15)
COSE TURCHE. Ankara, 95 morti, 246 feriti, chi è stato? Le coordinate di scenario sono: 1) Erdogan vuole riformare la Costituzione in chiave autocratica, alle ultime elezioni ha perso la maggioranza assoluta, ne ha indette di nuove che si terranno il 1° Novembre; 2) Erdogan ha un serio problema coi curdi. Popolo a cui era stato promesso uno stato, sono circa 40 milioni dispersi a largo raggio ma anche concentrati in una zona (Kurdistan) che oggi è spezzettata tra Iran, Iraq, Siria, Armenia, Azerbaigian e Turchia; 3) l’attentato ha colpito una manifestazione indetta, tra gli altri, dal partito moderato curdo che è proprio quello che ha tolto la maggioranza assoluta ad Erdogan alle ultime elezioni e che rischia, al di là del portare avanti istanze curde, di diventare il rappresentate meglio piazzato di tutte le opposizioni ad Erdogan.
La versione ufficiale afferma si sia trattato di kamikaze. Se cose fosse, c’è solo un indiziato: estremismo islamico. Ma se la versione ufficiale si fosse affrettata a fornire questa versione per chiudere in fretta il processo interpretativo del -chi è stato?- allora la rosa dei colpevoli si allargherebbe. Quanto?
A. Si pensa possa esser stata una “strage di stato”. Erdogan avrebbe inscenato il terrore per rafforzarsi come unico pretendente a controllarlo. C’è confusione? Più poteri sovrani e ci penso io.
B. Ma potrebbe anche esser stata una frangia islamica o nazionalistica (o entrambe) interna che avverte che non tollererà una crescita di consensi ai curdi e promette ulteriore caos se la minaccia non venisse sventata preventivamente (da Erdogan).
C. Ma potrebbe anche esser una frangia islamica interna, già alleata con Erdogan qualche anno fa, che poi è stata scaricata brutalmente e che ricorda ad Erdogan che certi debiti non si condonano. Bisogna infatti dire che, a bocce ferme, l’attentato fa più male che bene ad Erdogan. La strage ha proporzioni inusuali anche per il mattatoio turco-curdo, erano pacifisti, era il partito moderato, con l’opposizione di sinistra ed i sindacati. Se qualcuno ne beneficerà elettoralmente (e la sincronia con la prossima scadenza elettorale dice che il fatto è correlato con questa scadenza), è più probabile sia l’opposizione che non Erdogan.
D. Questo ci porta ad allargare la rosa dei sospetti ulteriormente. Potrebbero esser stati i servizi segreti siriani. I siriani, dopo esser stati sul punto di capitolare, stanno rialzando la testa e c’è da presumere abbiano una lunga lista di vendette da perpetrare nell’area. Un bel colpetto alle mire ottomane di Erdogan, creando un’operazione simpatia verso i curdi, ci potrebbe stare.
E. Potrebbero esser stati i russi. Erdogan, a differenza di Nethanyau, non si è allineato e con i russi son frizioni. Se continui così…aspettati il peggio, potrebbe esser il messaggio.
F. Potrebbero esser stati gli americani. Forse nel suo barcamenarsi tra tante spinte e pressioni, Erdogan non sta rispettando alcuni patti. Quanto è malleabile Erdogan per gli interessi USA nella zona? Sappiamo tutto quello che ci sarebbe da sapere per esprimere un giudizio? E se gli americani vedessero di buon occhio uno stato curdo da ficcare a ridosso del centro-Asia? Un Kurdistan amico (e certo potrebbe ben esser amico degli USA uno stato così a lungo agognato che nasce finalmente per loro decisivo appoggio), confinante con Iran, Iraq, Siria e Turchia, ad un tiro di scoppio dal Caspio e dalla Russia caucasica non sarebbe male…
G. Infine, la vendetta. Erdogan ha favorito non poco l’Isis. E se ora non stesse mantenendo certi patti? Se tra le sue mille giravolte, stesse tradendo alcuni patti fondamentali?
Di tutte, la A mi sembra la meno probabile.Poi metterei la B e la C. Poi la G. D, E ed F sono le preferite. Ma per pesare meglio le possibilità di E ed F (russi o americani) bisognerebbe sapere cose che non sappiamo ed aspettare di vedere se le elezioni si terranno regolarmente. Certo è che Erdogan non sta messo bene…
CRONACA N.349 (08.10.15)
Wahhabiti sull’orlo di una crisi di nervi chiamano al jihad contro russi, iraniani e siriani,qui. Quando in tempi non sospetti, argomentavamo che l’Isis fosse una chiara emanazione wahhabita (quindi saudita al di là delle dichiarazioni ufficiali), avevamo colto nel segno.
CRONACA N.348 (07.10.15)
MANIPOLARE SISTEMI. Ecco che le previsioni del Pil tedesco si contraggono di un -0,3% (da 2,1 a 1,8). Però mancano ancora: a) gli effetti VW; b) gli effetti Deutsche bank che è la seconda puntata di “scopriamo gli altarini germanici”; c) il rialzo dei tassi Fed che comunque, prima della fin dell’anno, ci sarà. Quindi non è vero come dice l’articolo (qui) che questo sarà anche il trend 2016, il 2016 sarà peggiore. In particolare, la stretta sulla circolazione monetaria del dollaro che è fatta per far rientrare i capitali, cioè fargli uscire dai sistemi BRICS (et affini) che avranno meno soldi per le esportazioni tedesche, per cui…
CRONACA N.347 (07.10.15)
Sto leggendo “L’Età del Caos” di Rampini a cui seguirà recensione. Rampini è decisamente un supporter di Obama ma si deve considerare che Rampini ha oggi la doppia cittadinanza, quindi il suo è un discorso da “americano”, ha cioè anche e sopratutto una valenza interna, interna a gli Stati Uniti. Rampini dice però chiaramente che qualsiasi presidente si trova e si troverà costretto a “gestire un’epoca di declino relativo”…”la superiorità degli Stati Uniti non sarà mai più come prima, l’ascesa del resto del mondo è ineluttabile”. Esatto.
Ora, quando in passato si commentavano certe bizzarre uscite di Berlusconi, non si teneva conto del “a chi sta parlando?”. Berlusconi ovviamente non stava parlando a Micromega o a Libertà e Giustizia, stava parlando (tra l’altro “populisticamente”) al proprio elettorato. Quando oggi riportiamo frasi e commenti di politici americani, ad esempio sulla Siria o sulla Russia, dovremmo similmente domandarci “a chi stanno parlando?”. Stanno parlando a gli elettori americani perché è già iniziata la lunga corsa alle presidenziali dell’anno prossimo. La strategia repubblicana è quella di mostrare un Obama inerte, incerto, fiacco il che fa imbestialire l’americano medio tutta azione e muscoli attivi. Il paradosso è che Obama è tutt’altro che inerte, incerto e fiacco nella sua azione mondiale. Il disimpegno dal Medio Oriente e l’accordo con l’Iran, la mossa ucraina per mettere Europa e Russia nell’impossibilità di convolare a fertili relazioni bipolari, la tortura cinese ai cinesi, la firma del Ttp e l’auspicata firma del Ttip e del Tisa, il corteggiamento indiano in chiave anti-russa ed anti-cinese, non sono atti inerti, incerti e fiacchi. Solo che non si possono rivendicare pubblicamente, non si può pubblicamente il loro valore geopolitico. Nell’ambito della dialettica politica americana, sono operazioni sofisticate che non solo non possono esser rivendicate esplicitamente ma non risultano neanche comprensibili appieno per una mentalità che impugna il martello e che rende ogni problema un chiodo.
A dire di non lasciarsi impressionare dai toni barricadieri che criticano Obama perché non butta giù i Sukhoi russi in Siria. E’ lo stato populista della democrazia americana a portare a questi toni.
CRONACA N.346 (06.10.15)
La questione è nota sebbene solo a pochi: la Francia sta messa male. Le ragioni (non tutte) vengono oggi riportate qui. Si pone allora il problema: cosa farà questo o il prossimo governo francese? Niente, portando la Francia in collisione col sistema euro o qualcosa andando in collisione coi lavoratori strappa-camicie?
CRONACA N.345 (06.10.15)
Abbiamo oggi 3/4 valenti economisti, non conformisti, che ci stanno spiegando perché l’euro è sbagliato, non funziona e neanche il Trattato di Maastricht. Ora, sono passati ventitrè anni da quel trattato e ci stiamo accorgendo quanto i trattati strutturino le società, strutturando in un certo modo le valute ma anche i regolamenti economici e financo quelli giuridici. C’è un altro trattato all’orizzonte, il trattato che dopo quello NATO e quello euro/Europa, se sottoscritto, compirà l’opera già quasi irreversibile di porre ogni nostra velleità di un diverso modo di vivere, dentro una irresistibile gabbia d’acciaio. Questo trattato è il Ttip, la cui versione “Pacifico” è stata firmata ad Atlanta dopo molti anni di trattativa. Sarebbe il caso che i nostri valenti economisti, non aspettino altri ventitrè anni per spiegarci perché evitare la loro firma, (qui).
CRONACA N.344 (06.10.15)
Platone continuava a farsi le domande che faceva e si faceva Socrate, una di queste era: che cos’è la giustizia? Il greco giungeva infine all’idea che la giustizia è l’ordine, quando ogni cosa è al suo posto, quando le cose sono come dovrebbero essere. Rimaneva sospeso il problema di definire come quindi doveva essere, questo essere a posto delle cose. Nel nostro moderno vivere associato, questo “come dovrebbero esser le cose”, è posto nelle leggi che regolano il diritto. Per governare l’esercizio delle leggi, ci sono le istituzioni. Ora, mentre nei sistemi stato-nazionali, queste leggi e queste istituzioni sono il frutto di complesse dinamiche storiche che hanno stabilizzato le norme, in ambito internazionale esiste una vaga nuvola di norme più consuetudinarie che formali ed una ancora più incerta costituzione delle istituzioni. Poiché, quindi, il processo è in fieri è molto importante seguire il come si sviluppa poiché posture sbagliate determineranno future scogliosi.
Ecco qui un caso di disordine delle cose, di ingiustizia, laddove l’imputato è chiamato a far da giudice a se stesso (qui). E’ chiamato da chi ha la sufficiente potenza per imporre la sua visione dell’ordine delle cose ma altresì, dimostra di non aver lungimiranza, poiché aver la potenza per compiere ingiustizie è sempre un potere che va incontro al suo dissolvimento.
CRONACA N.343 (04.10.15)
LEZIONI AFGHANE. Osservando fatti e facendoci sopra delle interpretazioni, assumiamo delle parziali e provvisorie verità. Sono parziali perché la nostra mente è sempre sottodeterminata rispetto alla reale complessità e sono provvisorie perché in attesa di falsificazioni, sempre possibili. Da questo materiali instabile, possiamo trarre delle indicazioni utili per fare altre interpretazioni che chiameremo lezioni, lezioni della storia.
- La prima lezione che possiamo trarre dalla nota sottostante (la Cronaca 342) è che quando, all’interno del pensiero economico, estraiamo dalla complessità dei fatti una regola, una supposta legge economica, operiamo un fatale riduzionismo. Tale riduzionismo è fatale perché nella riduzione, perde la sostanza stessa dei fatti che dovrebbe spiegare. Come Marianna Mazzuccato ricorda, dietro molte delle per altre poche reali innovazioni recenti, c’è un investimento statale, quasi sempre del Pentagono. D. D. Eisenhower, che forse è bene ricordare chi fu (qui, si noti la biografia semplice sulla colonna di destra, capo militare di primo livello, oltretutto del sistema militare nell’atto del suo massimo sforzo concreto cioè la Seconda guerra mondiale, presidente del sistema politico, rettore di una importante università, il tutto in un uomo di idee politiche repubblicane) lo ha detto e spiegato a chiare lettere. Il complesso (il sistema) tecnoscientifico-militare-industrial commerciale è un sistema che investe massicciamente in ricerca come nessun operatore privato potrebbe fare, sviluppa brevetti e produce prototitpi che il militare testa, avvia la prima produzione per fornitura militare, questa poi va consumata come qualsivoglia altra produzione (fare guerre), la coda lunga passa allo sfruttamento commerciale di massa e fa occupazione e Pil. Il tutto chiude nell’assicurare quel potere mondiale che poi permette di non mettere in discussione il punto invisibile di partenza, la valuta che innesca il processo, il dollaro. Questo è “il sistema” e la sua consistenza nulla ha a che fare con ciò che si discute nel pensiero economico. Un sistema è un tutt’uno integrato, non c’è ricerca senza il dollaro, non c’è militare senza ricerca, non c’è commerciale senza il militare, non c’è potere politico senza lo sviluppo del commerciale e quel potere politico amministra il dollaro che è l’innesco del sistema, sistema che è circolare, tutt’uno indivisibile. Non ha senso domandarsi da dove inizi un sistema circolare, esso va preso nella sua intera auto-consistenza. Libero mercato, curve di Philips, fiat money o qualsiasi altra presunta legge economica, non spiegano se non un pezzo del sistema, mai il sistema intero.
- Da quanto sopra detto, consegue una lezione gnoseologica. Se osserviamo sistemi a pezzi, se non com-prendiamo il sistema in quanto tale ma solo suoi spezzoni, non capiamo la realtà con cui abbiamo a che fare, se non la capiamo si può escludere a priori che riusciremo a cambiarla. Il pensiero critico ha accettato supinamente di essere incluso nella separazione dei saperi. Quanto sopra descritto, lo possiamo trovare a pezzi separati, in qualche analisi sociologica o economica (a sua volta separata tra economia di produzione e scambio e monetaria-finanziaria) o politica o geopolitica ma mai, in una unica analisi. Se si condivide una analisi sistemica generale, poi si possono sviluppare analisi regionali ma se si hanno soltanto analisi regionali non si capirà mai l’interdipendenza dei fattori e quindi la realtà che da questi sistemi è ordinata.
- Sul piano pratico, si conferma (se mai ce ne fosse stato il bisogno) ciò che qualunque analista di politica internazionale sa, una unanimità che prescinde dall’appartenenza a questa o quella scuola di pensiero (realista, idealista, costruttivista etc.): le guerre asimmetriche in cui si confrontano schieramenti leggeri e relativamente numerosi e locali contro schieramenti pesanti (corazzati, aerei etc.) non locali, non possono esser vinte da questi secondi. I motivi sono territoriali. La fazione che viene da fuori non controlla il territorio, né mai potrà fisicamente farlo per ragioni di quantità e conoscenza ma sopratutto, non controlla i territori ideologici che sostengono la fazione locale. Questi, sono le ragioni che danno ai locali una spinta motivazionale inarrivabile per gli invasori e sono il motore per il quale, il reclutamento di nuove forze stante le alte perdite tra i difensori, è continuo e paradossalmente incrementale. Infatti, gli invasori, collezionano sempre progressiva antipatia da parte delle popolazioni locali neutrali o addirittura inizialmente a favore, perché è l’azione stessa di guerra, la sproporzione designati a vincere vs designati a perdere, gli esterni più alieni di quanto non lo siano gli interni, ad alimentare le ragioni dei difensori.
CRONACA N.342 (03.10.15)
ESSERE DISTRATTI. Uno si distrae con tutto ‘sto casino. Poi bombardano un ospedale ed uno si domanda: “ancora?” + “ma ancora non hanno finito di fare quello che dovevano fare in Afghanistan?”. No, non hanno finito. Se andate su Wikipedia, scoprite che la guerra in Afghanistan è datata 2001- oggi, il che significa che dura da 14 anni, la più lunga guerra USA dal dopoguerra. Vi risparmio la contabilità dei morti (di cui 53 italiani), rilevo solo che se dura ancora vuol dire che non può esser vinta.Allora uno si domanda: perché insistono? Ecco allora che facendo un po’ di conto si scopre che pare sia costata mille miliardi (fine 2014). Ora, poiché il Pil afghano è di 20 miliardi ne consegue che dandoli all’Afghanistan avrebbero semplicemente raddoppiato il loro Pil per 50 anni, ad oggi, per i prossimi trentasei anni. Già, ma così avrebbero fatto occupazione in Afghanistan, non negli USA. Ed ecco così che possiamo conseguire una legge economica keynesiana: non so quanti americani sono felicemente a casa a guardare baseball mentre la moglie cucina la steak di manzo e i due figli giocano nel giardino con l’erba rasata perché papà è occupato alla Raytheon o qualche altre produttore d’armi, armi che sono servite ad ammazzare 21.000 tra papà, mamme e bambini afghani (7 volte quelli delle Twin Towers, 21.000 sono solo le vittime civili le più alte mai registrate in un conflitto moderno). Forse si fermeranno ad un moltiplicatore 10, 1:10 come facevano i nazisti?
CRONACA N.341 (03.10.15)
Peter Sloterdijk è uno dei più importanti filosofi contemporanei o quantomeno, uno dei più noti. L’autore di “Critica della ragion cinica”, “L’ultima sfera. Breve storia della globalizzazione”, “Ira e tempo”, della trilogia “Sfere” e del provocatorio articolo “Regole per il parco umano”, illustra qui la sua idea di “delusione” relativa al fatto che l’occidentale ideologia tripartita -capitalismo-razionalismo-liberal/democrazia- si stia avviando a trasformarsi in -capitalismo-razionalismo-auoritarismo-.
Autore non facile da inquadrare e da me non molto approfondito e per quel poco, non eccessivamente apprezzato. Mi sembra che la sua posizione sia quella sostanzialmente espressa nella sua prima opera. Qui, il tedesco, si faceva promotore di un atteggiamento impertinente, di un cinismo attivo, provocatorio e non di un cinismo passivo, arrotolato su se stesso. Ecco, il resto delle sue opere (a parte Sfere che ha un intento sistemico), sono in fondo un contrappunto alla modernità, un controcanto in cerca continua di un punto di vista spiazzante ma per andare dove e fare cosa, non saprei dire. E non so se saprebbe dirlo anche lui stesso…
CRONACA N.340 (02.10.15)
Obama non così contrariato dall’azione russa in Siria? Noi lo sosteniamo, ora lo sostiene anche Limes (qui).
CRONACA N.339 (02.10.15)
ECCO PERCHE’ SI CHIAMA IL GIOCO DI TUTTI I GIOCHI. Ekathimerini sarebbe il principale quotidiano della Grecia, un equivalente più o meno del Corriere della Sera. Ecco quello che ha rivelato su i convulsi giorni del Luglio greco (qui).
CRONACA N.338 (01.10.15)
Interessante articolo de Le Scienze sulla difficoltà di dare una definizione senza eccezioni di vita (qui). Mi ricorda il paradosso del sorite in ontologia: quand’è che un mucchio di granelli di sabbia, a furia di sottrarne uno ad uno i granelli, non è più un mucchio? Ovvero, l’impossibilità di fissare un confine certo entro ed oltre il quale c’è pertinenza o no del concetto. Pare essere nella natura di quasi tutti i concetti, non delle cose ma dei concetti, non poter avere questo confine. Del resto, essendo fatti di idee è anche normale che abbiano i bordi sfumati. La vita è un concetto con cui categorizziamo un certo gruppo di sistemi complessi ma i suoi bordi, svaniscono se li cerchiamo.
CRONACA N.337 (01.10.15)
Donald Trump si pronuncia favorevolmente all’intervento russo in Siria e non è la prima volta che ha parole di rispetto per Putin ed i russi. Viceversa picchia come un fabbro sui cinesi. Se vincesse primarie e presidenziali potremmo assistere ad una inversione strategica copernicana: dividere russi dai cinesi e concentrarsi su questi. Meno Ucraina più isole Diaoyu-Senkaku ? Oppure le idee in campagna elettorale sono una cosa e quelle a potere raggiunto, un’altra?
CRONACA N.336 (30.09.15)
IL PASSAGGIO A TEORIE ESPLICATIVE COMPLESSE. Il mondo dell’evoluzionismo sta discutendo come riquadrare la propria visione interpretativa. Se ne dà efficacemente conto nel link qui sotto. In sostanza, si discute se e come passare da teorie semplici che sono quasi sempre riduzioniste e deterministe ma che sopratutto, guardano la modello newtoniano delle “Legge di natura” come l’unico possibile a teorie complesse.
Le teorie complesse non puntano alla forma stentorea della “legge di natura” perché la natura stessa sembra un tutt’uno animato da un groviglio di leggi che debbono fare i conti le une con le altre. Quando poi ci trasferiamo al mondo umano, queste leggi diventano ancor meno singolari e precisabili. Pur riferendosi alla biologia evolutiva, l’articolo parla di pattern esplicativi. La parola “pattern” però risulterà un po’ ostica ai non sistemici ed ai non anglosassoni. Si potrebbe tradurre con “schemi descrittivi o interpretativi”. Uno schema (una matrice), è una sorta di grafo del pensiero, utile in quanto applicabile per inquadrare i fenomeni a grana grossa e/o perché ricorre spesso ma non necessariamente sempre. Altresì, non si basa su un punto-verità da cui tutto origina ma su una interrelazione di punti verità.
Questa è indubbiamente la strada per lo sviluppo di una mente ed una conoscenza adeguata all’Era della Complessità. Si segnala come la biologia evolutiva stia ad un livello epistemologico che l’economia, la politica, la geopolitica e molti altri sguardi sul fenomeno complesso, neanche lontanamente si sognano. Dovremmo renderci conto (ed un po’ vergognarci) che queste discipline, siano ancora fondate su paradigmi del XIX° secolo. Considerando che dovrebbe esser discipline storiciste, ovvero che interpretando i proprio tempo col pensiero, cambiano al cambiar del tempo, il loro statico fissismo è ancor più ridicolo.
CRONACA N.335 (30.09.15)
Nulla meglio dei commenti di geopolitica per capire quanto poco si capisca della nostra epoca. Dopo l’incontro al vertice ONU, i due partiti simmetrici inversi dei commentatori hanno dovuto fare i conti con il grigio del compromesso. Il partito bianco degli amici degli americani hanno mandato giù a malavoglia il boccone Putin continuando a ribadire che per Assad è finita. Tipo quelli che prendono atto di avere torto a 359° gradi però ribadiscono l’1° dell’ultima trincea “sì però su questo avevo ragione io, eh?”. Il partito nero che denuncia a dosi progressive di paranoia l’imminenza della Terza guerra mondiale, ha mandato giù a malavoglia la conversione USA, il trattato con l’Iran, l’evidenza che tutte le corbellerie scritte sull’Isis prodotto intenzionale della CIA, si stiano sgonfiando e la soddisfazione di poter dire “ve l’avevo detto” stagliandosi davanti al finale fungo atomico, gli verrà negata. Per questa volta.
Secondo me, Obama è moderatamente contento di come stanno andando le cose. Come nel caso Tsipras-referendum, spesso noi consideriamo i poteri come un monolito. I poteri invece, spesso, vivono sulla soglia liminare che divide una molteplicità dall’altra. Alle volte, i poteri, debbono fare i conti con la loro consistenza interna invece che con quella esterna. E’ mia convinzione che Tsipras indisse quel referendum per chiarire internamente a Syriza quali fossero i margini di resistenza o di rivoluzione nella trattativa con l’Europa. Il seguito della faccenda, con le dimissioni per nuove elezioni e l’uscita di Unità Popolare, sembrano confermare questa lettura. Così Obama, può mostrare a tutta la pletora di portatori di interesse nel fomentare il casino mediorientale che lì non si arriva a nulla, che quando è troppo è troppo, che alla fine, fanno una figuraccia davanti a tutto il mondo con Putin che si erge come Grande saggio e per la seconda volta (la prima fu durante l’apice della crisi siriana, l’estate scorsa). Meglio fare accordi con l’Iran, smetterla con il maneggiare l’Isis, ribelli siriani, Erdogan, sauditi e compagnia varia e dedicarsi ai cinesi che sono una vera priorità.
CRONACA N.334 (29.09.15)
Trovato fossile di pipistrello in Germania che pare abbia 49 milioni di anni (qui). A commento della scoperta, il ricercatore dice “…com’erano i pipistrelli 49 milioni di anni fa? come quelli moderni”. Che ha fatto l’evoluzione per 49 milioni di anni? Pare, niente. Perché “l’evoluzione” è un concetto che deriva da una confusa interpretazione. Quando le specie hanno raggiunto il loro miglio adattamento, al mantenersi delle condizioni di ciò a cui si devono adattare, non cambiano più. Quella di Darwin, non dovrebbe dirsi una teoria dell’evoluzione ma dell’adattamento relativo.
CRONACA N.333 (29.09.15)
Mah, insomma, questo articolo è quello che è, però l’argomento c’interessa. C’interessa cioè il punto della relazione tra i saperi umanistici e scientifici. Più in generale, si dovrebbe cominciare a pensare una facoltà universitaria di complessità dedicata esclusivamente allo sviluppo orizzontale del pensiero generalista. Nell’era della complessità, si avrà bisogno della relazione tra possessori di visioni orizzontali e possessori di competenze verticali. Le visioni orizzontali sono semplicemente quella formate da una conoscenza allargata (quindi non approfondita) di tutti i saperi umani, scientifici, umanisti, scienzumanisti.
CRONACA N.332 (28.09.15)
Caracciolo su Limes, commenta il voto catalano, qui. Più che un commento sembra un auspicio. Per una rivista di geopolitica, un treno di secessioni continentali è come avere una finale di Champions tutte le settimane per la Gazzetta. Del resto, tra Ucraina, Is, Cina ed altro, Limes sta già beneficiando di una crescente attenzione geopolitica, il che è un bene.
Nei fatti, il voto catalano è a doppia lettura. E’ pur vero che i secessionisti hanno una maggioranza nel parlamento locale e questo predispone a compiere atti politici e giuridici progressivi per fare pressione e magari ottenere qualcosa. Dall’altro è chiaro che non puoi spingere alcun processo reale o meglio, definitivo, avendo dietro solo metà della popolazione. Però, così come la partita scozzese non è finita col referendum perso, quella catalana non è finita col voto pareggiato. Sono processi lenti che, tra l’altro, si rinforzano l’un l’altro. Certo, se qualcuno prima o poi ce la farà (e qualcuno ce la farà), verrà giù il diluvio. Consiglio quindi di scaricarsi la cartina di Limes perché tornerà utile in seguito.
CRONACA N.331 (28.09.15)
La nomina di un rappresentante dell’Arabia Saudita a capo della Commissione diritti umani dell’ONU è talmente assurda (qui) che mi sono rifiutato di inserirla in questo diario di cronache della complessità perché sapevo che meritava un’indagine per capirne il senso. Non ho faticato troppo per trovare questo “L’Arabia Saudita sarà a capo di un gruppo consultivo di cinque ambasciatori autorizzati a selezionare i candidati, a livello mondiale, per più di settantasette posizioni che dovranno affrontare le violazioni dei diritti umani e dei mandati” (GlobalResearch.org). Dunque, i sauditi sono stati messi lì per coordinare la verificare di effrazioni e supervisionare le nomine di coloro che debbono indagare.
Oggi i francesi iniziano a bombardare l’Is, l’Iraq si schiera armi e bagagli con l’asse Siria-Iran-Russia. Israele di tira fuori, i giordani sono fuori da sempre. Per non fare una figuraccia c’è da giurare che, sopratutto dopo l’incontro Putin-Obama, gli USA si ricorderanno di essere presenti in loco, anche i cinesi pare stiano andando a ficcare il naso. Non si sa che farà Erdogan ma c’è da giurare anche qui che farà come gli israeliani. Che si stia preparando lo stritolamento dei wahhabiti incappucciati? E quando qualcuno di loro verrà preso e giudicato, chi presiederà la giuria? Magari uno dei settantesette scelti da un altro wahhabita?
CRONACA N.330 (27.09.15)
Come anticipato nella cronaca 323, l’Iraq si sposta lungo l’asse Siria-Iran-Russia (qui). Si ripropone la domanda: che farà Erdogan ?
CRONACA N.329 (26.09.15)
Uscirà su questo blog lunedì, un articolo sul Gioco di tutti i giochi. Si tratta dei rapporti di potenza e controllo. difesa ed allargamento del proprio spazio di manovra, tra gli stati. E’ questo il gioco che non è condizionato da nessun altro ma che condiziona tutti gli altri. E’ studiato da geopolitica e relazioni internazionali. La teoria più in voga in queste discipline è il realismo. Il realismo ha precedenti illustri in Tucidide, Machiavelli, Hobbes e nello specifico delle relazioni internazionali, Morghentau, Carr e Waltz, sebbene poi sia molto ampio il suo sviluppo (da Gilpin a Kissinger in poi). Il realismo parte dall’assunto che ogni stato cercherà in tutti i modi di preservare se stesso, una sorta di imperativo ontologico sistemico. Preservare può significare difendersi o difendere più in generale i propri interessi ma in una rete di soggetti competitivi in uno spazio chiuso (il pianeta), questa difesa per essere attiva, facilmente diventa offesa. In pratica, diventa una dinamica con due obiettivi correlati: controllare e non farsi controllare.
Essendo di natura ontologica, il principio di sopravvivenza è il primo che incontriamo nell’essere delle cose, come delle persone. In letteratura è detto “stato di natura”, intendendo che è mosso prevalentemente da ciò che viene prima della cultura. In questo gioco si gioca senza regole preordinate, in un certo senso sono i giocatori, giocando, che danno le regole a se stessi, a gli altri, al gioco stesso. E’ quindi il trionfo della ragion pratica e la ragion pura vi ha poca o nessuna presa. Il giudizio, a sua volta, risente assai poco degli influssi ideologici o morali poiché il gioco bada al risultato ed a ciò che è funzionale al risultato nudo e concreto.
Si nota il generale smarrimento di chi affronta gli argomenti di relazioni internazionali o geopolitica, laddove ci si stupisce che i buoni in fondo sono altrettanto cattivi, che quelli di destra possono allearsi di quelli di sinistra, che il nemico del mio nemico è mio amico, che ciò che è valido oggi può non esserlo un minuto dopo ed altri smarrimenti. Ciò è dovuto all’utilizzo di categorie errate. Categorie del giudizio morali o ideologiche sono inidonee per comprendere il gioco di tutti i giochi.
Mettiamo, ad esempio, che io sia emotivamente ed idealmente vicino alla Grecia vs la Germania e vicino alla Germania vs gli USA. Come giudicare i fatti recenti? Potrei confermare il mio giudizio negativo verso la Germania per il suo comportamento nei fatti di Luglio (capitolazione di Tsipras) ma poi rischio di gioire perché la Germania, che non ha mai bombardato nessuno, promuove un concreto processo di pace multilaterale in Siria. Ma poi gioisco anche perché i maestrini teutonici stanno facendo una davvero ben misera figura con la faccenda VW e prossimamente, forse anche con quella Deutsche bank. Ma poi gioisco di meno quando scopro che gli USA che hanno scoperto il misfatto tedesco, producono un inquinamento pro capite che non è raggiunto neanche da quello di tutti gli europei ed i cinesi messi assieme. Insomma, c’è da trovare un punto di vista dal quale ordinare i giudizi e forse, dato che si giudica un gioco abbastanza primitivo e per certi versi amorale, sospendere la partecipazione emotiva ed operare con il giudizio razionale.
CRONACA N.328 (25.09.15)
CRONACA N.327 (24.09.15)
L’ottimo Fabio Mini su Limes (qui). Non c’è niente da fare, quando si parla di strategia, un generale sta sempre un passo avanti.
CRONACA N.326 (23.09.15)
Lancio dell’agenzia di stampa del Sole24Ore. Draghi spinge ormai da tempo verso l’integrazione politica sapendo che se l’euro rimane una costruzione di trattati, ha il tempo contato. Poiché non credo che la Germania voglia cedere sovranità ad istituzioni comunitarie, effettivamente, l’euro ha il tempo contato.
Radiocor – Il presidente della Bce Mario Draghi ha ribadito la necessita’ che l’unione economica e monetaria completi l’integrazione passando ‘da un sistema basato sul coordinamento fondato sulle regole alla condivisione di sovranita’ in istituzioni comuni’. Tra queste istituzioni c’e’ anche la proposta di un Tesoro della zona euro.
‘Queste idee ora devono essere spiegate chiaramente’. L’appello di Draghi e’ di muoversi, dunque, in tale direzione. Uno dei problemi principali emersi durante la crisi, ha aggiunto Draghi nel corso di un’audizione all’Europarlamento, ‘e’ che l’unione monetaria richiede un centro politico che possa prendere decisioni rilevanti sui bilanci, sull’economia e sulle questioni finanziarie in modo trasparente e con piena legittimazione democratica’.
CRONACA N.325 (22.09.15)
Un interessante commento sulla vittoria di Tsipras del Sole24Ore, qui. Ricordiamo che la diarchia socialisti-popolari al governo dell’Eurozona, aveva tra i primi obiettivi, far fuori Tsipras e l’esperienza di Syriza. Battaglia persa. Certo, Tsipras e Syriza hanno dovuto cedere nell’intento politico e camuffarsi da innocente dono votivo come fecero gli achei col Cavallo di Troja. Ma chissà che a notte inoltrata, da quel cavallo, non possano uscire con daghe, archi e frecce e far dall’interno ciò che non riusciva dall’esterno. Vedremo, occorrerà giudicare su i fatti, as usual…
CRONACA N.324 (22.09.15)
Della serie, scontro tra immagini di mondo, si segnala con divertimento, il viaggio di papa Francesco negli Stati Uniti, previa tappa per prender coraggio a Cuba. Questo buon articolo de il Fatto (qui) disegna lo scenario: il rappresentante del sistema storicamente perdente nel paese in cui si concentra tutta la cultura del sistema vincente. Insomma, visita a casa del diavolo. Che farà Francesco? Sarà diplomatico e benevolente anche per supportare la locale Chiesa o starà lì ma con la testa al mondo che vede negli Stati Uniti se non “il” problema, almeno una sua parte principale? Sarà interessante seguirlo. Per pura simpatia umana, gli auguriamo di non soffrire troppo di mal di pancia poiché se la nostra visione dell’uomo e della sua missione è corretta, è certo che mister Bergoglio, di mal di pancia soffrirà parecchio, almeno all’inizio…
CRONACA N.323 (22.09.15)
La geopolitica del Medio Oriente è un frattale di complessità dinamica. Le alleanze e schieramenti sono variabili nel tempo e seguono i principi della geometria complessa. Ora è la volta di una nuova ed inedita liaison israelo-russa (qui). Arrivata nell’area con rinnovata intenzione, la Russia, pone un problema nuovo ad Israele. Di contro, Israele, ha qualche nuovo problema di relazione con gli Stati Uniti. Ergo, Tel Aviv fa sapere a Mosca se non di essere amica, certo di non esser nemica. C’è del realismo nella mossa israeliana. In fondo Mosca può garantire sia per l’Iran e quindi per Hezbollah. L’impegno in Siria tutto sommato ci sta, anche come barriera verso quel guazzabuglio di sunniti che certo non hanno dichiarato guerra alla stella di David ma sulla cui coerenza di comportamento, non sempre si può far affidamento. In particolare, per prevenire degenerazioni libanesi alle porte di casa. Messi tranquilli gli israeliani, tranquilli da sempre i giordani che non vogliono rogne a priori, fatto perno su Siria e Libano, d’accordo con Iran e quindi buona parte del governo iracheno, rimangono sauditi e turchi. Che farà Erdogan?
CRONACA N.322 (21.09.15)
RENDERSI CONTO. E’ così Tsipras ha vinto la scommessa. Avevo azzardato un giudizio di “politico di stoffa” per il giovane premier greco il 19 Agosto, nelle Cronache sul mio sito, il giorno in cui le anticipazioni davano per dimissionario il governo e nuove elezioni a Settembre. E’ riuscito a mettere insieme una coalizione con i variopinti pezzi di quella sinistra di solito litigiosa ed inconcludente. Ha vinto le elezioni a Gennaio con più di un terzo dell’elettorato. Ha lanciato il referendum che costò la testa a Papandreu, l’ha vinto. Ha capitolato nella trattativa con l’Europa, è andato perdendo consenso nella sua compagine parlamentare ed allora ha rilanciato andando a chiedere al popolo che ne pensava. Ed il popolo gli ha restituito lo stesso successo di Gennaio. Sono ben 7 i punti che distanziano Syriza da Neo Democrazia, qualcosa in meno di Gennaio ma molto di più dell’aspettato.
La minoranza di sinistra anti-euro di Syriza esce decisamente sconfitta e con lei, tutti i non greci che avevano partecipato al Processo del lunedì del commento facile, seduti sulle loro poltrone. Non fa piacere per due ragioni. Chi scrive non è certo in favore dell’euro, non vagheggia altre europe e preferirebbe ci si concentrasse su altre rotte. Ma non fa piacere maggiormente per un’altra ragione. La ragione è che molte persone con le quali si potrebbero pur condividere spezzoni di ragionamento, si sono rivelate prive di qualsiasi rispetto per i dati del mondo reale. Un fiume di volontà di potenza impotente ha animato discussioni sul filo dell’insulto, sarcasmo, disprezzo, un crollo della ragione dialettica. Tutto questo si è prodotto dalla bolla idealistica in cui molte menti vivono, meno del 3% della popolazione greca si è riconosciuta nell’interpretazione estrema del referendum, meno della metà dei nazisti di Alba Dorata. Io che vivo sei mesi l’anno lì, invano ho cercato di mostrare attraverso analisi percentuali e studi comparati che la mentalità greca media non autorizzava in nessun modo quella interpretazione, nulla. E’ stata tale la voglia di vedere nel reale quello che si aveva nell’ideale da negarne l’esistenza. Questo accecamento della ragione è ciò che impedisce qualsivoglia cambiamento sostanziale. Non c’è eros, non c’è reale desiderio di conquista, di realizzare le idee, di trasformarle in cose. C’è solo la ragione impotente, il vorremmo ma non possiamo, l’ipertrofia delle idee e se i fatti non corrispondono, tanto peggio per i fatti. Questo è un problema in primis per le idee stesse, idee senza realizzabilità, senza piani e strategie, senza progressione temporale, senza il desiderio della scalata del consenso, sono idee fasulle, ancorché fossero sani i principi.
La Grecia ha bisogno di molte cose ma spero che almeno una maggior giustizia sociale si possa pretendere dal nuovo governo. Non è la battaglia che molti sognavano, l’armageddon del neoliberismo ordoliberista ma evidentemente è il reale che oggi è razionale per la contingenza che detta i rapporti di forza tra l’Europa delle élite e i greci. Per noi che abitiamo un Paese in cui si discutono gli aerei del premier e gli scioperi del Colosseo, sarebbe già la Parigi del 1870. Rendiamocene conto.
http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=123927&typeb=0&la-lezione-di-greco
CRONACA N.321 (19.09.15)
Pare dunque che gli antenati sono prima scesi dagli alberi per mangiare altro che non frutti o poi si sono ambientati, conquistando gradatamente la posizione eretta (qui). Il che ci potrebbe portare a domandarci: cosa spinse a terra i primi ominidi? Si potrebbe evocare il caso ma il caso, in presenza di cambiamenti così insistiti nel tempo pare avere meno probabilità. Si dovrebbe allora ricorrere alla necessità ma quale? Una necessità ambientale ovvero una improvvisa inospitalità degli alberi, una epidemia della frutta, una invasione parassitaria. Questa ipotesi potrebbe giustificare un cambiamento però molto locale, cioè in ristretta zona specifica. Se ne dovrebbe conseguire il disadattamento di un piccola popolazione, la sopravvivenza casuale di qualche unità, il suo fortunato accoppiamento e trasmissioni di caratteri dentari e digestivi più adatti, la formazione di un piccola proto-popolazione e da lì la sua vincente diffusione in alternativa parallela a quella rimasta su gli alberi. Questa strada è possibile sebbene la forma a collo di bottiglia (i pochi casi iniziali) ne restringono le possibilità. In alternativa si potrebbe ipotizzare una necessità parziale ovvero una asimmetria tra popolazione e risorse (sovrappopolazione in pratica) che spinse gradatamente alcuni ad integrare frutta con foglie ed erba. Questo avrebbe annullato la selezione della popolazione legata ai soli alberi e la popolazione avrebbe continuato a crescere perché rifornita da due ambienti. Per ragioni numeriche e di opportunità ambientale, gli individui con capacità di assorbire i nuovi alimenti (prima in parte, poi in esclusiva) avrebbero prevalso e riprodotti in giusto numero avrebbero dato inizio al nuovo tratto di evoluzione-adattiva.
Ne conseguirebbe che già in questo tratto delle origini, come poi probabilmente si verificò tra Paleolitico inferiore e Mesolitico, la spinta demografica è foriera di grandi salti adattativi. Buono a sapersi oggi che proveniamo da un incremento di fattore 4 della popolazione umana sul pianeta.
CRONACA N.320 (19.09.15)
I sondaggi pre-elettorali hanno recentemente dato una serie di cattive prove, non solo in Grecia. Il motivo, probabilmente, è che ci troviamo in un periodo di transizione. Nelle transizioni, l’elettore è facile abbia una decisione a priori ma forse non dichiarata neanche a sé, l’indecisione dovuta ad una sostanziale scontentezza dell’offerta elettorale si aggiunge, così come l’indecisione sul parametro in base al quale prendere la decisione (a favore di X o contro Y). L’ambiente sociale in cui si vive, la tendenza riflessa dai mezzi d’informazione, la ritrosia a comunicare pubblicamente di votare per qualche partito ritenuto “sconveniente” (dal proprio intorno sociale o dal mainstream), peggiorano la prevedibilità dell’indagine. Si sconta infine la bassa rappresentatività campionaria che non è un grande problema quando la fotografia ha per oggetto un ambiente statico ma lo diventa, quando l’ambiente-oggetto è in movimento, è dinamico.
Detto ciò, i sondaggi greci per le elezioni di domani danno queste tendenze (si esamineranno prima quelli che hanno rilevato dal 16/17 al 18 cioè ieri, poi quelli immediatamente precedenti, dal 15/16 al 17):
A) Dei quattro del primo gruppo, 3 danno la vittoria a Syriza, 1 a ND. Lo scarto in favore di Syriza va da 0,7% a 2,5%. Quello che dà in testa ND, indica lo scarto in 1,8%. Dei sei del secondo gruppo, quattro danno in vantaggio Syriza e 2 ND. Complessivamente quindi, sembra esserci una tendenza in favore di Syriza, sebbene con scarto contenuto. Non è detto che la dichiarazione di voto Syriza sia ancora gravata da qualche imbarazzo e quindi le cifre sottostimino il risultato (ma altrettanto potrebbe dirsi di ND, per altri versi). Rispetto a Gennaio, più che crescere ND, decrescerebbe Syriza e non solo per la scissione di Unità Popolare.
B) Unità Popolare, la scissione a sinistra di Syriza, c’è chi la dà sotto chi appena sopra il quorum, comunque intorno al 3%. Anche qui potrebbe esserci una sottovalutazione. Se Syriza arrivasse seconda di poco e Unità Popolare non prendesse il quorum (se cioè Syriza non arrivasse prima dove c’è il premio di +50 deputati, anche per “colpa” di UP che però disperderebbe il voto) ci sarebbe da riflettere per la sinistra in genere, su quanto costa la ragion pura rispetto alla ragion pratica e quanto la politica debba farsi guidare dall’una o dall’altra o in che misura.
C) Le previsioni su Alba Dorata e quelle sul KKE sono il linea coi risultati ottenuti a Gennaio, non incrementerebbero né decrementerebbero. Assieme fanno poco più di un 10-12% di elettorato molto schierato da considerare, più o meno, inamovibile. Almeno in questa fase.
D) Sebbene con posizioni eterogenee, Alba Dorata, KKE, UP ed anche Antarsya una formazione di sinistra-sinistra che pur come unione di dodici sigle diverse non raggiunge in genere il quorum, potrebbero, tutte assieme, essere indicate come il fronte più radicale nei confronti dell’euro (in senso negativo, ovviamente). Sembrerebbe che tutte assieme, sommino ad un 15% dell’elettorato. Così tanto per dare una indicazione quantitativa di quanti effettivamente cavalcherebbero una battaglia per l’uscita dal sistema dell’euro.
E) Nel mezzo del segmento centro-sinistra – centro-destra, ANEL che condivideva l’onere del governo con Syriza, non avrebbe il quorum e perderebbe la rappresentanza parlamentare. PASOK che si unisce a Dimar, sarebbe in lieve progresso con la possibilità di diventare il terzo partito (sebbene a meno del 25% di dimensione rispetto ai due più grandi). To Potami, la nuova formazione di centro modernista, perderebbe qualcosina. Ek, unione di centristi, in cerca del quorum.
E’ da vedere il numero dei votanti. Queste elezioni non sono benvolute dai greci e la partecipazione pubblica che si registra sembra scarsa. Potrebbe quindi valere più che l’incremento oggettivo di consensi, il fatto di andare o non andare a votare. Domani in serata, le prime analisi sul voto.
CRONACA N.319 (16.09.15)
下落, declino, in giapponese. S&P declassa il rating del debito di stato giapponese (da AA- ad A+, livello Irlanda per intenderci). Sarà stato per gestire la prossima fase di tempesta delle informazioni negative contro il loro debito e la loro economia, oltre che per gestire la tempesta delle informazioni negative sulla Cina, che i giapponesi hanno recentemente comprato il Financial Times? (dal Gruppo Nikkei, 23 Luglio scorso).
CRONACA N.318 (16.09.15)
Tempo fa avevamo avanzato l’ipotesi che l’amministrazione Obama non controllasse interamente la catena dei comandi sul campo in Medio Oriente. Questo perché ci risultava strano il divario tra la logica del disimpegno che aveva fatti concreti su cui basare la sua credibilità (Iraq, Yemen, accordo con l’Iran, scarso impegno nella lotta ad Assad, marcata indifferenza se non contrarietà con Israele) e tutte quelle mancanze e disattenzioni, troppe per risultare casuali, rilevate nella lotta all’Isis. Molti, da ciò, hanno evinto che addirittura l’Isis fosse una creatura americana, cosa che noi non abbiamo mai pensato. Era però da chiarire quale fosse il vero atteggiamento perché è altrettanto incredibile che si sia lasciato fiorire il dominio territoriale di questa ipotesi di nuovo stato, così, senza alcuna vera opposizione. Ecco oggi emergere un possibile scandalo nel Centcom (l’area di cui è responsabile il Centcom nell’illustrazione), uscito giorni fa per una rivolta delle spie sul campo ed in via di approdo addirittura al Congresso (qui).
Può darsi che: a) la storia sia proprio come sembra apparire ovvero che tra forze sul campo e vertici dell’amministrazione vi siano stati segmenti che hanno manipolato l’informazione per far sembrare che tutto andasse bene; b) la storia sia montata per far credere questo quando invece era proprio questa l’intenzione dell’amministrazione sebbene non potesse mostrarla apertamente ovvero l’amministrazione sapeva la verità e voleva proprio che non si facesse nulla di concreto lasciando le dichiarazioni di guerra al vento di parole. Qualcosa mi indirizza verso la prima ipotesi. Obama ha cambiato diversi segretari di stato e con essi, direzione politica delle forze armate, è evidente a tutti che questo settore della sua strategia politica non l’ha dominato appieno, almeno in Medio Oriente (ma certamente sì nei casi russo e cinese). E’ noto che questo segmento è ancora pieno di funzionari dell’amministrazione precedente ed abbiamo visto tutti il ruolo di McCain che è pur sempre un repubblicano. E’ altrettanto certo che non è l’elezione di un nuovo presidente a smantellare la rete degli stakeholders dell’instabilità, dai private contractors, all’industria militare uniti dal collagene repubblicano filo-israeliano-saudita. Ma non mi stupirei fosse alla fine anche una via di mezzo, un -lascio fare tanto non possono far nulla di concreto ed ho cose che ritengo più importanti da fare-.
Comunque, che gli USA siano in loco e non stiano facendo nulla di concreto contro l’Isis ora è verità da Congresso.
CRONACA N.317 (14.09.15)
LA GRANDE DIVERGENZA TRA FATTI E NARRAZIONI NELL’ERA COMPLESSA.
Nell’Era complessa, saremo sempre più divaricati tra la crescita dei problemi derivati dall’incremento di complessità ed il tentativo di raccontarci cose buone da pensare per restituire coerenza e sedare la nostra ansia con l’impressione del controllo che stiamo sempre più perdendo.In mezzo, invisibile ai più, il nostro disadattamento a questi costanti incrementi di complessità.
Migranti africani e mediorientali tendono ad aumentare (x2, x3) ogni anno, quindi è un trend. L’analisi alla fonte del fatto dice che vi sono molte ragioni per prevedere il suo progressivo dispiegarsi per molto tempo futuro. Praticamente nessun elemento ci aiuta a prevedere il contrario. I popoli del mare, arrivano ed arriveranno sempre di più, costantemente.
Il fatto provoca uno stato di emergenza ma se è emergenza adesso con piccoli volumi, cosa accadrà nel perdurare costante ed incrementale di questi volumi? Ecco allora la sovrapproduzione narrativa. Accogliamoli tutti cantando l’Inno alla gioia nella patria del cosmopolitismo kantiano…no, aspetta, chiudi un attimo le frontiere che le ragioni della pratica ci dice che abbiamo un problema. Li integriamo tutti, no alziamo muri e ci disponiamo in fila per fargli lo sgambetto mentre corrono. Piangiamo tutti perché vediamo un bambino morto ma chissenefrega se solo ieri, nell’Egeo, ne sono morti undici più quattro neonati, non ci sono le foto…
Poiché il problema è sistemico e l’Europa non è un sistema, il problema prevarrà su ogni soluzione fendendo i muri di chiacchiere e modificando decisivamente il nostro stesso modo di essere. Sarebbe già qualcosa cominciare a pensare, come…
CRONACA N.316 (11.09.15)
Quando il Labour party, si spostò su posizioni di sinistra radicali, subì una pesante e progressiva emarginazione politica tra il 1979 ed il 1983 quando ne divenne segretario Neil Kinnock. Kinnock cercò di ristabilire l’immagine di un partito di governo ma il partito rimase ancora indietro. Fu nel 1994 che arrivò Blair che finalmente vinse le elezioni nel 1997 anche se al prezzo di un netto spostamento al centro. Blair vinse ancora nel 2000 e 2005, fino a quando, nel 2007, si ritirò, Da allora il Labour non ha più ripreso il primo piano della scena politica. Desta quindi sorpresa la sonora affermazione di J. Corbyn come nuovo leader del partito (circa 60% della preferenze). Sono infatti più di trenta anni che il Labour non esprime una leadership dichiaratamente di sinistra. Poiché, già nel 1981, l’ala governal-parlamentare di tendenze centriste, uscì dal partito provocando quella serie di sconfitte che poi riportarono ad una nuova transizione verso il centro poi coronata dalla lunga monarchia blairiana, non si può escludere che il processo si ripeterà anche in futuro. La convivenza sinistra-centro nel Labour pare possibile solo se i primi sono soggetti alla leadership dei secondi, non il contrario.
Ma le cose potrebbero andare diversamente questa volta. Nei fatti, più che al Labour, i britannici si prostrarono davanti a Blair, figura carismatica che improvvisava la linea politica tant’è che ritirato lui, il Labour non seppe più trovare rotta di navigazione. La situazione britannica è oggi assai cambiata. Come Sanders con i democratici americani ma in fondo anche Trump con i repubblicani, si notano segni di vistosa insofferenza per le leadership di sistema. Alle ultime elezioni del Regno Unito, solo il loro bizzarro modo di contare i voti ha oscurato una certa affermazione dell’UKIP di Nigel Farage mentre clamorosa è stata l’affermazione del Partito Nazionale Scozzese e buona quella del partito verde della sola Inghilterra e Galles. Tra l’altro, proprio questa forza e il Sinn Fèin hanno subito manifestato compiacimento per l’affermazione di Corbyn, preludio forse ad una più stretta collaborazione futura.
Nei fatti, il Regno Unito non è più così unito sia per la ripresa degli indipendentismi, sia per il frazionamento del quadro politico. I dividendi del sistema economico-politico sempre meno congrui e sempre meno equamente distribuiti, portano a grande incognite per il 2020, quando Corbyn potrà pesare concretamente il suo sogno di sfida politica portata a quello che una volta era il ventricolo destro del cuore del sistema anglosassone. La sua vittoria è comunque, già oggi, un segnale forte. Il sistema comincia a vacillare, le posizioni si radicalizzano.
CRONACA N.315 (11.09.15)
Dichiaro aperta simpatia per Wikipedia. Internet è una struttura che ospita fenomeni positivi e negativi. La preponderanza degli uni o degli altri, più che dai vincoli strutturali del sistema sono il riflesso della società di cui sono un tessuto. Naturalmente, la forte prevalenza di imprenditoria a fini commerciali, determina uno sviluppo sempre più pubblicitario e commerciale del sistema. Wikipedia offre conoscenza, gratuitamente e non traccia gli utenti. Si può e la si deve criticare per migliorarla ma mi spingo a definirla una della poche forme realmente democratiche esistenti. Che venga criticata dall’alto della conoscenza accademica (ad esempio U. Eco), è un merito per l’oggetto criticato ed un demerito per il critico assoluto. Le università potrebbero ben formare i propri studenti, richiedendo ad esempio un loro maggior impegno magari supervisionato dagli stessi docenti, a controllare ed aggiornare le diverse voci. Verificherebbero apprendimento, capacità di sintesi, indurrebbero all’utilizzo di tecnologie oggi necessarie per qualsiasi attività. Ma naturalmente ciò: a) non fa profitto; b) toglie al sapere la sua aurea elitaria. Questo secondo è poi, forse, la vera ragione per cui i “sapienti” snobbano questa forma di condivisione del loro sapere che, tra l’altro, migliorerebbe non poco il loro linguaggio e la capacità di comunicare che sarebbero poi amplificatori potenti dell’utilità delle loro stesse conoscenze.
Se ne parla qui.
CRONACA N.314 (10.09.15)
LA MANO VISIBILE: nella sua vaghezza (chi? quando? come?), il Sole24ORE (che rilancia una notizia WSJ, qui), riporta la notizia dell’apertura d’indagine contro grandi banche e fondi americane ed europee per il sospetto che abbiano manipolato le aste dei Treasury Bond. E’ questa la struttura effettiva dei mercati. Il gruppo di testa delle prime 5/6 banche e fondi, se tra loro coordinati, è ampiamente in grado di manipolare le quotazioni vendendo o acquistando in maniera concentrata e coordinata. Al limite, non è neanche necessario immaginare un giro di telefonate o mail che concordi l’azione (cosa che comunque non si vergognano di fare come è emerso nello scandalo della manipolazione del Libor) poiché queste società si tengono reciprocamente costantemente sott’occhio e sono quindi, a loro volta, soggette al principio gregario per il quale se si muove massicciamente uno, tutti gli altri lo seguono. Messi assieme, dilatano gli effetti del principio gregario a tutti gli altri operatori e una massa critica di operatori che si muovono in maniera coordinata, determina senz’altro i movimenti sensibili delle quotazioni. E’ questo il meccanismo che crea e sgonfia le bolle. Per intenderci, non è necessaria una teoria del complotto per spiegare la dinamica, basta quella sul coordinamento dei movimenti degli stormi di uccelli. Naturalmente la cosa è ben nota e ben accetta a Wall Street (che a sua volta è il capo-stormo del sistema borsistico planetario), almeno fino a che non giocano con i buoni del tesoro americano.
Poiché A. Smith non era del tutto cretino, nella sua Inquiry (la Ricchezza delle nazioni in cui compare il concetto di “mano invisibile” che però è anteriore di almeno sei decenni al’opera dello scozzese), indicava necessaria una costante repressione degli accordi tra grandi aziende poiché queste, avrebbero cospirato costantemente contro il principio della libertà di mercato. Ma poiché Smith lo si legge per riportata sintesi e non per intero e poiché si estraggono i concetti dal loro contesto e li si fanno diventare armi ideologiche, che la vera libertà del mercato fosse costantemente da difendere non solo dalla pervasività dello Stato ma degli stessi operatori di mercato, si è persa e con essa quella libertà che è la precondizione per l’esistenza del principio di auto-organizzzione dei sistemi.
CRONACA N.313 (10.09.15)
E’ SEMPRE TUTTO PIU’ ANTICO DI QUANTO PENSASSIMO? Dalla ri-datazione dello Shighir Idol di “soli” 11.000 anni fa, alla scoperta del giorno, un nuovo antenato ominine: l’HOMO NALEDI. Tre elementi portano questa scoperta alla ribalta assoluta: 1) Enormi quantità di reperti ne fanno il possibile antenato più documentato della paleoantopologia; 2) Compresenza di caratteristiche molto arcaiche (le spalle, il volume cranico) ed addirittura moderne (i piedi). Ma è la terza caratteristica a destare la maggior attenzione. I resti molto abbondanti direbbero di una sepoltura intenzionale, il che per un avo di un metro e mezzo, con un cervello grande come una arancia e probabilmente vissuto tra i 2,5 ed i 2,8 mio af, sarebbe semplicemente fatto che obbliga a riscrivere quasi tutte le nostre conoscenze pregresse. Per questo, il titolo del post ha il punto interrogativo cautelativo. E’ da vedere come evolve lo studio.
C’è un team internazionale che si è scervellato sulla questione due anni prima di arrivare all’annuncio di questi giorni. Sembrerebbe non esserci altra possibile spiegazione (i particolari nell’articolo –qui-, c’è già una voce Wiki in inglese –qui-). Chissà… . Personalmente ne sarei entusiasta. Per quel poco che ho studiato in questi anni della materia, mi sono precocemente convinto che l’intenzionalità umana (che è il punto preciso che m’interessa) sia derivata da un disaccoppiamento nel coordinamento motorio. L’homo naledi ha mani ricurve adatta ancora all’arrampicata su gli alberi ma piedi adatti a lunghe camminate. Il tutto collegato al cervello molto piccolo, direbbe di un possibile exaptation (SJGould) ovvero del riciclo di una struttura cerebrale, prima dedicata al coordinamento complesso dei quattro arti e non più necessaria quando si era scesi dagli alberi anche se non completamente, per simulare l’azione senza agirla. L’intenzionalità è qualcosa che viene dal meno non dal più, dalla possibilità di non agire, quindi di agire quando si delibera l’azione, appunto, intenzionalmente. Lì sarebbe, il nucleo iniziale del pensiero umano e questo nucleo è senz’altro ciò che caratterizza il genere. Prima dell’infatuazione per il linguaggio che ha colto fatalmente anche la paleoantroplogia (come tutti i paradigmi pervasivi), decenni fa, erano tutti abbastanza convinti che quel nucleo avesse a che fare col bipedismo o meglio con la rottura del quadripedismo-manismo tipico della famiglia Hominidae.
Il fatto però che in due anni, non siano arrivati a poter presentare il ritrovamento con la datazione certa, indica che la questione ha lati controversi. Staremo a vedere…
CRONACA N.312 (09.09.15)
Varietà (neuroni) in interrelazione (sinapsi), cambiando le sinapsi cambia l’output di sistema. Ovvio (qui).
CRONACA N.312 (04.09.15)
Omaha beach ovvero spiaggia della Normandia al Giugno ’44? No, Golfo di Napoli Settembre 2015 (come si può evincere dal Maronn ‘u’ carmine iniziale, qui il video). Non è l’euro, non è la guerra, non sono fagottini morti annegati, è solo il clima. Quello che secondo l’Istituto di climatologia del Mediterraneo, rischia di salire fino a 7 gradi in Italia nello specifico, più che altrove (notizia di qualche giorno fa, Sole24ore, qui). Non volevo tediare con nuovi problemi, solo con le soluzioni. Se non leggiamo euro, guerre, migranti, clima, economia, sovranità politica, sovranità militare, tutte assieme (perché lì fuori, nel mondo reale, sono tutte assieme e non divise per discipline), non potremmo pensare le soluzioni.
CRONACA N.311 (06.09.15)
Guerra civile + guerra santa (geopolitica in islamico) + guerra fredda Ovest – Est = migranti. Migranti ? Dobbiamo risolvere il problema alla fonte! Gran Bretagna e forse Francia annunciano bombardamenti in Siria dopo che i russi hanno già inviato aerei ed altro e gli USA sono lì impegnati da tempo. E’ una logica omeopatica ( ὅμοιος, simile, e πάθος, sofferenza; poi dici che l’Occidente è scientifico…). Se è la guerra come crocevia di interessi divergenti il problema la soluzione è fare più guerra mossa da interessi sempre più divergenti. Il grande ritorno del pensiero magico…
VIDEO Le Monde: qui
CRONACA N.310 (04.09.15)
DICHIARATA GUERRA ALLA LOGICA: stamane, Repubblica e Corsera (almeno nell’ on line) aprono con la “Preoccupazione del Pentagono” per una crisi di migranti che scopriamo improvvisamente, durerà venti anni (!). Ci si domanda: che cosa c’entra il Pentagono che è il quartier generale del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti d’America? Il Gen Dempsey, presidente del Joint Chief Staff del Pentagono, ha parlato all’ABC News (http://abcnews.go.com/…/gen-martin-dempsey-calls-mig…/story…) dicendo che questa è una crisi reale (wow, pensavamo fosse finta) e che da soli e con gli alleati, si dovranno mettere in campo le risorse necessarie a gestirla. Tipo: poiché m’è scoppiata la tubatura dell’acqua in bagno dovremmo stanziare fondi per comprare un sacco di catinelle. Chi vende le catinelle? I raccoglitori di migranti, cioè gli europei, quelli che vivono sulle coste mediterranee in particolare. Ed ecco spiegata l’uscita di Obama sul fatto che Italia e Grecia sono state lasciate sole ad affrontare la crisi, ergo, bisogna dargli un po’ di soldi per fare ricettività di migrante. La Merkel allora pensa, uffa di nuovo con questa storia del dare soldi a quei perdigiorno, adesso ci penso io e dichiara la piena ricettività di siriani in fuga per quanto riguarda la Germania, creando tra l’altro un bel casino a tutti quelli che stanno in mezzo al tragitto Turchia – Germania. Ma chiamare un idraulico che ripari la tubatura, no?
Ci arrivano persino quelli di Repubblica e Corsera ed infatti entrambi gli articoli, dopo l’accorata preoccupazione di Dempsey (Rep:http://www.repubblica.it/…/migranti_il_pentagono_una_cris…/… + Corsera:http://www.corriere.it/…/profughi-pentagonocrisi-enormene-a…) riportano un lungo pistolotto di Putin, aspirante idraulico, che ha gioco facile a dire che se si prendono a martellate le tubature, il minimo che possa succedere è che si rompano, bombardate la Siria, usate terroristi per scopi geopolitici, chissà che fate e sopratutto non fate con l’Isis, poi è logico che vi beccate i fagottini morti sulla battigia che poi vostro figlio vi domanda: papà perché quel bambino dorme vestito in spiaggia e…vagli a spiegare…”. Se ci arrivano i nostri due dioscuri dell’analfabetismo funzionale…
Ed infatti ecco la vera preoccupazione di Dempsey, la troviamo di nuovo sul sito ABC News. Alla successiva domanda della giornalista su un possibile coinvolgimento della Russia tra le forze che potrebbero contenere i problemi alla fonte (ci arriva persino l’ABC), Dempsey viene preso da una gesticolazione inusuale (vedere il filmato) segno di un ceto imbarazzo logico-emotivo, per dire poi: bla..bla..bla..bla…I think that’s a problem. E’ un problema se i russi vengono in Siria a combattere l’Isis. Già, un bel problema davvero. Ma esattamente quale?
CRONACA N.309 (02.09.15)
L’uomo ha sovranità narrativa sull’intero arco della sua storia, molto difficile e non immediato è lasciar parlare il fatti seppelliti sotto le coltri delle nostre narrazioni.
Il caso Shigir Idol (cronaca precedente), ad esempio, dice che il reperto russo era noto da più di centoventi anni ma che l’aggiornamento della datazione, è stato fatto solo di recente e da tedeschi, tedeschi che sono anche i responsabili di scavo di Gobekli Tepe in Turchia. Il Siberian Times (qui) si lancia subito a rivendicare per il centro euroasiatico, lo statuto di cuore di antica civiltà, non meno del Medio Oriente. Non è probabilmente un caso che russi coadiuvati da tedeschi “scoprano” dopo centoventi anni di avere per le mani un simile tesoro archeologico. Da qualche anno, i cinesi, scoprono grandi quantità di fossili che dimostrano la ricchezza creativa della flora ma sopratutto della fauna della loro terra nel tempo profondo. I cinesi, ricordiamolo, si oppongono alla teoria del sapiens-sapiens originato e proveniente dall’Africa, essendo convinti che il sapiens-sapiens si sia speciato, più o meno in sincronia, in diverse parti del globo, tra cui ovviamente l’area intorno a Beijing. Gli indiani, dopo aver lungamente ignorato la Civiltà dell’Indo, scoperta da inglesi e locata nell’attuale Pakistan (ricordiamo che si suppone esistere una relazione di qualche tipo tra la civiltà vallinda ed i Veda. Veda che sono l’”origine” del tronco spirituale indiano nonché del sanscrito), ora si sono impossessati dell’attività archeologica mobilitando schiere di archeologi ed interpreti che trovano strane sincronie tra il più antico dei Veda (il Rg Veda) ed antiche credenze addirittura di origine boreale. Gli israeliani, da tempo, scavano nella loro area arrivando a convincersi di esser stati la prima base della migrazione fuori dell’Africa e rivendicando quindi il primato di antichità. Per lungo tempo si è creduto che lì ci fossero le prove delle più antiche sepolture intenzionali umane nonché prove di pacifica convivenza sapiens-Neanderthal contrariamente a quanto sostenuto dalla paleoantropologia anglosassone che vedeva scontri hobbesiani in ogni dove. Poi, sono arrivati gli spagnoli che hanno vere e proprie miniere di scheletri neanderthaliani che non solo hanno confermato la convivenza ma hanno rivendicato a sé il primato di “primi pittori” (grotta di El Castillo) strappandolo ai francesi. Francesi che avendo cominciato per primi a scavare e facendolo in Francia, hanno dato l’idea che il sapiens-sapiens avesse sì un passato ma nebuloso. Fu solo quando arrivò in Francia che nacque il genio pittorico che vediamo a Lascaux. I “veri sapiens”, dopo una giornata di pittura montparnassiana, si rilassavano bevendo Pernod e scherzando sulle grazie delle timide fioraie sapiens. Insomma, tutta la faccenda è soverchiata da una sorta di pulsione a riscrivere il passato ponendo l’etnia e la cultura del ricercatore (a sua volta condizionato dalla sua accademia e dai suoi finanziatori che sono spesso conterranei) come misura di tutte le cose. Chi arriva dopo (indiani, cinesi, russi) cerca di soppiantare il paradigma imposto dai precedenti rivendicando un qualche primato di antichità o civiltà. In sé, la cosa non sarebbe poi neanche così scandalosa se però si trattasse l’insieme di queste verità provvisoriamente e non le si certificasse ogni volta del crisma della scientificità ultima e definitiva. Purtroppo però, le cose vanno diversamente. S’impongono paradigmi come quello lungamente dominante di origine anglosassone che prescriveva guerra e morte violenta nella lotta tra bande sapiens vs neanderthal, con sapiens furbissimi e molto violenti, gran parlatori (c’è un super-paradigma linguistico che ordina la filosofia analitica anglosassone, il concetto di razionalità logico-strumentale, le scienze cognitive e che fa di riferimento a tutte le concezioni sull’umano nella cultura dominante che è dominata dall’immagine di mondo anglosassone) ed infertili nell’accoppiamento con le femmine dei cugini più grossi ma più tonti. Forse bevevano birra e tifavano Manchester United. Ora pare che gli accoppiamenti non fossero completamente infertili, che semmai erano i potenti maschi Neanderthal a possedere le diafane e fragili sapiens, che forse le due specie hanno convissuto pacificamente in alcuni casi e che i neanderthal articolassero qualcosa di simile al linguaggio ed avessero registro simbolico, forse… . Forse tifavano Barcellona ed organizzavano corride coi bisonti… . Del resto, i tedeschi che oggi trovano siti di 11.000 anni fa aiutando turchi (Gobekli Tepe) e russi (Shigir Idol) a ripristinare l’”oggettiva verità scientifica”, furono quelli che iniziarono con l’ipotesi indoeuropea che ai tempi si chiamava indo-germanica perché l’Urheimat (patria originale in tedesco, appunto) era cosa loro, di un antico popolo biondo che adorava qualche precursore di Odino e beveva idromele. Stante il successivo uso nazista di questa tradizione, incluse le bande di scavatori uncinati spediti da Hitler in Bactriana e Tibet, l’indoeuropeistica è stata per lungo tempo ritenuta una disciplina confinante la pseudoscienza, cioè era scienza fino a che i tedeschi dominavano, diventò pseudoscienza quando dominarono gli anglosassoni, recuperò un po’ ma rimase nel limbo quando se ne interessò una studiosa lituana che studiò in Germania ma poi migrò negli USA. Peccato fosse donna, il che, si sa, è sinonimo di pseudoscienza date le ormonali correnti mensili come ci ricorda il prode Donald Trump. Un vero maschio razionale, la cui credibilità non è intaccata dal nido di cinciallegra che ha sulla testa… .
Questa proiezione che riscrive continuamente il passato, la vediamo in negativo, come cancellazione del passato, nelle gesta dell’Isis che, essendo islamici dei fondamenti, debbono negare tutto ciò che di significativo possa apparire tale nella loro area prima che Muhammad ricevesse il briefing da Dio, più o meno nel VII° secolo. Del resto, fanno con la dinamite e rumorosi trapani (sono un po’ rozzi), quello che ebrei e cristiani hanno fatto con silenziosa eleganza per secoli, incluso trasmettere per lungo tempo, nell’antichità, il solo Timeo platonico (quello col demiurgo che crea il mondo) ed il De Anima aristotelico, come uniche testimonianze dell’intera cultura greca antica. Non è poi che il tempio di Bal fosse poi così più rilevante della biblioteca d’Alessandria.
La cancellazione fisica del passato, la sua scrittura o la riscrittura lanciano sulle nostre “scienze” del passato, l’ombra ambigua della verità umana, un’ ombra umana, troppo umana.
CRONACA N.308 (01.09.15)
E’ SEMPRE TUTTO PIU’ ANTICO DI QUANTO PENSASSIMO: .. e così Shigir Idol avrebbe 11.000 anni (qui). Questa statua di legno oggi di 2,8 metri ma in origine, forse di 5,3, stava piantata (?) nel 9000 a.c. per qualche ragione non nota, da qualche parte a ridosso degli Urali. Non ne sappiamo di più ma questo poco, pur dice qualcosa. Primo, Shigir Idol ha più o meno la stessa età di Gobekli Tepe e quindi siamo a due ritrovamenti con la stessa incredibile anagrafe, apparentemente inspiegabili data la nostra visione recentista della storia. Le forme di civilizzazione umana, molto più antiche di quanto credessimo, appaiono per nulla semplici e tutto il nostro armamentario esplicativo dalla rivoluzione agricola alla scrittura dei sumeri, andrebbe seriamente sospeso per probabile falsificazione popperiana. Secondo, abbiamo tutti creduto esistesse un lontanissimo e lunghissimo passato detto “età della pietra” deducendone forme molto acerbe di umanizzazione ma non avevamo pensato che la pietra è ciò che rimane. Il legno, che probabilmente era la materia prima delle forme simboliche e culturali, deperisce. Non averne nel registro dei reperti non autorizza ad appiattire 3 milioni di anni ad una immota sequenza di deficienti che scheggiano choppers. Terzo, sono tra coloro che trovano semplicemente ridicola la pretesa di stabilire che la scrittura umana esista solo dai sumeri in poi. Il repertorio simbolico Vinča (6000-5000 a.c.), ad esempio (tra cui la svastica che qui si mostra ben prima dei successivi ritrovamenti in India) è ridotto ad una collezione di simboli ornamentali ma è una riduzione su cui si potrebbe discutere a lungo. Accolgo con piacere dunque la notizia che gli intagli sull’idolo di Shigir, siano studiati come proto-significanti. Da quello che ho potuto vedere, più o meno sono però lo stesso repertorio a lungo studiato da M.Ginbutas a proposito del supposto culto della Dea madre nel Paleolitico profondo. Anche la faccia dell’idolo e di quello schematismo (à la Modigliani) che ritroviamo in altri reperti addirittura sino alle culture cicladiche. In breve, c’era una cultura comune in un’area molto grande che è perdurata per lunghissimo tempo. Quarto ed ultimo, lì dove il reperto si trovava in origine (Yekaterinburg) è regione in cui non supporremmo esserci stata civiltà visto che noi siamo atlantici o al più mediterranei. Il grande mistero degli Indoeuropei, invece, presuppone che esistesse una vasta, longeva e perdurante cultura proprio nel centro dell’Asia. Cosa nota ai genetisti che infatti definiscono la nostra razza “caucasica” perché da lì, ancestralmente, proveniamo. Chi fossero, cosa facevano e perché ad un certo punto migrarono non solo in Europa ma anche in Iran, Afghanistan, Pakistan ed infine India questi popoli che discendono dagli intagliatori dell’idolo di Shigir, non sappiamo. Ma sarebbe bello farci qualche ricerca altrimenti detto “conosci te stesso”…
CRONACA N.307 (31.08.15)
Chi fa strategia vede cose che gli altri non vedono. Il gen, Giuseppe Cucchi (chi è) espone su Limes (qui), l’idea di una contro-alleanza Portogallo-Spagna-Francia-Italia volta a bilanciare la Germania. Noi, invero, siamo per uno scioglimento ordinato dell’euro e passaggio ad una unione, inizialmente monetaria ma subito dopo politica, tra i paesi mediterranei. Ma il senso tattico (non quello strategico) è simile. Del resto, Cucchi ben conoscerà le teorie del realismo nella politica internazionale che prescrivono l’equilibrio di potenza ovvero l’alleanza di tutti quelli che non sono il più forte, ben bilanciarne la potenza. L’articolo è più una invocazione che una analisi seria ma comunque è bene segnalare che dopo qualche filosofo e qualche economista, anche Prodi e almeno un generale, vedono le stesse cose…
CRONACA N.306 (31.08.15)
Dove abita la felicità? In Sud America. Il Global Emotion Report 2015, condotto da Gallup per l’ONU (qui un articolo al cui interno c’è il link per la classifica generale), segna ai primi dieci posti su 148, nazioni sudamericane (1° Paraguay, 2° Colombia, 3° Ecuador), tredici tra le prime quindici. Il “Positive Experience Index”, si basa su domande di questo tipo «Ti sei sentito rilassato ieri»?, «Ti hanno trattato con rispetto?», «Hai sorriso o riso molto? », «Hai imparato o fatto qualcosa di interessante?». Il Guatemala che è al 148° posto al mondo per Pil, è invece il 4° per felicità relativa.
Si possono fare tre caute considerazioni, caute perché è tutta da vedere la struttura dell’indagine ed il fatto stesso che le emozioni e gli stati d’animo possano esser rilevati da indagini di questo tipo. Stati continui di emozione positiva non sono necessariamente collegati alla ricchezza. Le emozioni positive sono fattori sociali legati ad un senso di moderata dinamica positiva. Le nazioni sudamericane sono in questa dinamica dopo la liberazione da vari tipi di colonialismo e godono di una fase di moderato sviluppo e relativa autonomia, sono lontane da guerre e sono ambientate in una natura decisamente confortevole (clima, cibo, etc.). Più che un paese, la classifica fotografa un continente, quindi un sistema.
L’Italia è al 64° posto, superata (in ordine decrescente) da Portogallo, Spagna, UK, Austria, Irlanda, Francia, Belgio, Germania, Lussemburgo, Finlandia, Danimarca, Svezia, Norvegia, Olanda. In termini di sistemi geo-culturali, le nazioni del Mare del Nord sopravanzano decisamente quella mediterranee. Questo per dire che che le condizioni naturali non sono così incidenti mentre quelle sociali sono decisamente più rilevanti.
Relativizzando quindi condizioni economiche e naturali, le condizioni strutturali, bisognerebbe indagare sociologicamente, quindi secondo aspetti sovrastrutturali, perché le nazioni del Nord Europa, non solo in questa classifica, mostrano un adattamento migliore di quelle del Sud.
CRONACA N.305 (30.08.15)
La variabile inaspettata: se confermata, questa notizia, promette novità. L’Egitto potrebbe diventare una maggior potenza regionale, emanciparsi da Libia e dalle cautele di rapporto con l’Arabia Saudita e diventare, di nuovo, una guida laica della regione. Certo Al-Sisi non è Nasser ma gas abbondante da usare ma anche vendere ed il nuovo canale di Suez, potrebbero ulteriormente attrarre investimenti e lanciare l’Egitto su una traiettoria di grande espansione e rilevanza. L’Italia, tramite ENI, potrebbe beneficiarne a sua volta, almeno in termini di forniture. Questo potrebbe spostare l’interesse ad ospitare il Turkish stream che arriva in Grecia e lasciare che questo salga i Balcani. Infine, la supposizione che certe parti del Mediterraneo siano piene di gas, riceverebbe prime conferme così come quella che se ci occupassimo un po’ di più del nostro mare e dei paesi che vi si affacciano ed un po’ meno dell’Europa, forse potremmo trarne qualche maggior vantaggio…
Punto di vista allargato e critico, qui.
CRONACA N.304 (29.08.15)
Piccola conferenza di Prodi a Capalbio, riportata anche da Dagospia (qui) che scegliamo per assenza di conflitto d’interesse ideologico. Ormai Prodi ha una agenda di temi e su questi batte con continuità: 1) Europa senza un progetto, destinata a subire l’egemonia cino-americana; 2) poco strategica e troppo opportunista (per non dire ottusa) la leadership tedesca; 3) necessità di una più stretta relazione tra Spagna, Italia e Francia ma l’auto-percezione fantasticante di questi ultimi impedisce si formi un contro-potere bilanciante quello dei tedeschi; 4) critica all’amministrazione Obama per l’azione di provocazione continua nei confronti dei russi: 5) necessità di una nuova cooperazione internazionale a partire da una nuova Bretton Woods che riformuli le regole del Grande gioco. Il sogno di Prodi si desume al negativo da questa lista: un Europa solidale ed unita, bilanciata tra nordici e mediterranei, in grado di proporsi come terzo incluso nella relazione USA – Cina ed in grado di creare forti relazioni coi russi. Beh, almeno c’è qualcuno che parla di cose interessanti …
CRONACA N.303 (28.08.15)
Questo articolo (ING,ITA ) racconta di come l’algoritmo di Facebook, reagendo ai segnali dei nostri like, si avvolga nel proporci sempre di più ciò che ci piace. E’ la logica basilare del feedback, il rinforzo che premia l’intensione a scapito dell’estensione. E’ anche la logica del comportamentismo, corrente principale della psicologia americana. In termini di informazioni, il fenomeno del Daily News personale, si compone sempre più di ciò che già sappiamo o di cui già siamo convinti, rinforzando esclusivamente la nostra particolare convinzione. Tutti i meccanismi di Internet, inclusi i cookie, seguono questa logica cibernetica. E’ questa anche la logica dello specialismo. Mai come nell’era della informazione generalizzata si formano nicchie di nicchie impermeabili ad ogni dissonanza cognitiva. Mai come nell’era della complessità, a fronte della potenziale estensione massima degli argomenti e delle opinioni, si va formando una cecità selettiva che riduce il tanto a poco, un poco in cui si riflette e si rinforza costantemente, quel poco che siamo. L’indurimento delle convinzioni porta poi all’intolleranza per le opinioni difformi, scatenando le risse polemiche tra diversamente pensanti. Divide et impera.
CRONACA N.302 (27.08.15)
Se tagli l’indice non capisci più cosa indica. Articolo del Corsera (qui) sulle turbolenze politiche conseguenti il grande crollo della borsa di Shanghai. Sono state proprio le informazioni spifferate da FT l’altro ieri sulla presunta “crisi politica” a voltare in rosso gliindici di Wall Street che invece stavano rimbalzando. Ma queste voci erano veritiere? Ah, saperlo… . Intanto registriamo il fatto che l’articolo riporta l’indice Shanghai Composite come abbiamo fatto noi ieri. La differenza è che Corsera taglia la slide (in fondo all’articolo) ad un anno mentre noi l’abbiamo riportato a tre anni. Portandolo a tre anni, appare chiara la bolla (Cronaca 298) mentre ad un anno si vede solo che sta perdendo più o meno quanto aveva guadagnato, una dissipazione riprovevole. Questo secondo taglio potrebbe giustificare tutti i giudizi sulle mancate riforme, l’inaffidabilità dei cinesi etc etc., mentre se prendete i tre anni si capisce che l’economia reale, con l’impazzimento ottimista da Novembre 2014 a quello pessimista dei giorni scorsi, non ha nulla a che vedere. Ciò non toglie che i cinesi avranno pur fatto i loro errori ma a seconda di come tagliate l’indice, appariranno errori di tipo assai diverso.
CRONACA N.301 (27.08.15)
F. Rampini (qui) interviene sul rapporto tra banche centrali e crisi finanziaria. E’ logico che il sistema finanziario basato sulla circolazione monetaria, dipenda dagli emettitori di moneta, cioè le banche centrali. Questo sistema ha però tre fragilità. La prima deriva dal fatto che ha rapporti asimmetrici con i dati dell’economia reale. Quando l’economia mostra segnali di crescita, così come di decrescita, il sistema finanziario moltiplica di molto queste indicazioni creando fenomeni di euforia e rovina, bolle e crolli. E’ come un amplificatore dell’isteria. La seconda deriva dal fatto che il sistema si fonda sull’abbondanza della liquidità. Non appena si paventa una seppur minima restrizione (un aumento del costo del denaro magari di 0,25%), si prospettano sciagure e disgrazie. Il sistema mostra quindi una eccessiva sensibilità alle restrizioni ed in definitiva mostra una indisponibilità a qualsiasi adattamento, pretendendo condizioni ottimali permanenti ed eterne. La terza fragilità, è data dal fatto che il sistema non è agganciato a nulla di esterno ad esso, è sostanzialmente un sistema chiuso ed autoriferito mentre è esteso a livello planetario, esportando/importando perturbazioni da ognidove. Come detto, i suoi rapporti con l’economia reale sono fintamente correlati. Lo sono a livello di segnale (la crescita, la decrescita) ma non di sostanza (tra i valori azionari di borsa ed i valori azionari dei reali bilanci delle imprese non esiste alcun rapporto sostanziale). Il problema ulteriore dato dalla somma di queste tre fragilità è il ruolo che questo sistema svolge nelle società ed economie avanzate. Il sistema finanziario ha da tempo perso la funzione di finanziare l’economia reale ed è diventato una economia parallela in cui i capitali si riproducono endogamicamente. Questo fatto limita la sua riformabilità. Molti pensano che il sistema finanziario origini da una perversione reversibile ma se dovessimo contingentarne il ruolo ovvero riportarlo a dimensione, ruolo e funzioni meno importanti e più razionali, emergerebbe allora drammaticamente il fatto che l’economia reale non è più in grado di sostenere le pretese di livello di vita delle nostre società.
Interessante il commento finale di Rampini. Le società-economie meno correlate al commercio internazionale, filtrano meglio e di più i segnali di turbolenza che imperversano nei sistemi complessi. Il che porta a pensare che i trattati libero scambisti sono l’esatto contrario di questa de-correlazione parziale. Rampini scrive conoscendo da dentro la mentalità americana ed è un discreto fiutatore di atmosfere. Sappiamo che le trattative del TPP si sono arenate, che non è stato concesso il “fast track” (l’approvazione veloce) richiesto da Obama, che Trump furoreggia vantando posizioni più isolazioniste nel vecchio spirito americano del chiudiamoci in casa (e Sanders con una aspra critica al potere condizionante delle multinazionali), che non si sa quanto effettivamente gli europei siano intenzionati a legarsi mani e piedi al gigante statunitense mettendosi contro russi e cinesi. Forse i tempi non sono ancora maturi negli USA ed alla fine, Bush e Clinton si giocheranno la partita presidenziale. Ma è da vedere cosa faranno i possibili partner del nuovo bi-polarismo planetario, cosa faranno gli stati del Pacifico e quelli euro-atlantici, sapendo che quei trattati istituiscono reti ad intensa conduzione di segnale e che non saranno loro ad emetterli.
CRONACA N.300 (26.08.15)
Due anni di espansione dell’ISIS, qui. Si consideri che buona parte delle bolle banche accerchiate da rotte controllate dall’ISIS sono desertiche e quindi andrebbero, nei fatti, colorate come controllate.