LA RACCOLTA DEI POST DELLE CRONACHE DALLA N. 1 ALLA N. 100 (15.09.14 – 22.02.15)
CRONACA N.100 (22.02.15)
Segnaliamo il Rapporto GEAB n.92 sulla questione euro-Grecia. Il rapporto è prodotto da LEAP2020, il think tank fondato da Franck Biancheri che produce previsioni su i macroscenari politico-economici. Il punto di vista GEAB è in genere europeista-democratico, alternativo al mainstream liberal-finanziario, critico con il potere anglosassone, a volte ci prendono, a volte no. Lo scegliamo nel mare magno dell’inflazione dei commenti sul contenzioso Grecia-EU (Germania) a titolo d’esempio. Un altro esempio potrebbe essere questo “La sfiga della Grecia è che Tsipras è sempre stato un figlio di troia bugiardo che sogna di finire poi in Deutsche Bank o in JP Morgan, dopo aver sterminato un popolo, e QUANTO SOPRA LO SA BENE. E che Varoufakis non ha ancora raggiunto l’evoluzione stadio Neanderthal, basta guardarlo” di un certo Paolo Barnard, un ex giornalista a cui alcuni entusiasti, riconoscono il fascino del carisma narcisistico che, seguace di un manipolo di economisti americani, promuove in Italia la loro teoria monetarista salva-mondo. Quello che c’interessa sottolineare non è questa o quella verità ma l’atteggiamento nei confronti del cambiamento. Il recente accordo Grecia-EU è chiaramente un buying time, un “prendere tempo”, da parte dei greci che non vogliono fallire-uscire dall’euro o perdere la faccia così ampiamente votata dall’esausto popolo greco, da parte dei tedeschi che debbono mostrarsi inflessibili e risoluti pena l’emorragia interna di voti verso AFD e l’allentamento della presa dogmatica nei confronti dell’euro-sistema, da parte di tutti i conservatori europei che non possono concedere ai greci cose che non sono state concesse a gli irlandesi-portoghesi-spagnoli (pena il tracollo elettorale dei partiti conservatori di quei paesi), da parte dei social-progressisti che hanno tutto l’interesse a mediare tra Syriza-Merkel per aprirsi qualche moderato spiraglio di allentamento dei vincoli che stringono la loro operatività economico-politica, nei rispettivi paesi. Intorno, ci sono le questioni geopolitiche. Gli USA ed il loro disegno di separare Europa da Asia in modo da trincerarsi nel baluardo occidentale, la strategia saudita-turca di ricostituire un Islam neo-califfale con l’agente tessitore degli uomini incappucciati, il gioco in difesa dei russi, quello lontano (al momento) dei cinesi e via discorrendo. Verso cotanta dinamica ed inedita complessità, dalle nostre parti, si fanno solo interpretazioni del tutto aliene dai fatti o, in alternativa, si sogna di cambiare il mondo anziché interpretarlo. Sopratutto, si fanno corride d’opinione tifando per questa o quella verità assoluta come se il mondo o lo stato di cose fosse: 1) semplice; 2) immediatamente modificabile; 3) isolato dalle conseguenze di ogni sua modificazione; 4) ordinato solo da un paradigma (parliamo o solo di monete o solo di teoria politica o solo di trame geopolitiche o solo di complotti elitari o solo di religioni o solo di ideologie economiche etc.) . La divaricazione tra complessità del reale e semplificazione del nostro atteggiamento nei suoi confronti, si allarga ogni giorno di più, il che preoccupa. Molto.
CRONACA N.99 (19.02.15)
Si chiama “Stato islamico” perché il progetto è, come dice il nome, imporre un unico stato in luogo delle nazioni ordinato non da famiglie regnanti o partiti politici o interessi etnici o prospettive economiche ma dal paradigma islamico, cioè da una interpretazione religiosa. Il progetto quindi riguarda le popolazioni musulmane e di nemici sono gli sciiti (perché il progetto è sunnita ed appartiene alla storia sunnita), i non musulmani che vivono nel dar al-islam (casa dell’islam cioè territori in cui vivono popolazioni che credono in questa religione), partiti politici, istituzioni politiche, potere dei militari che governano le nazioni del dar al-islam. Concetto di nazione ritenuto imposizione coloniale, non appartenente alla tradizione di quelle genti e di quei luoghi. Detto ciò, per quale ragione membri dello Stato islamico, dovrebbero prendere disarmati dei barconi per giungere alla spicciolata in Italia? Che servizi segreti britannici (vedi la storia dei documenti segreti pubblicati dal Telegraph) ed il governo libico ed egiziano, abbiano interesse a spaventare gli italiani per muoverli ad andare sul territorio ad aiutarli a fronteggiare il problema, è comprensibile. Che l’intero spettro dei formatori d’opinione italici vada appresso a questa propagazione paranoide, invece, non si comprende. Nel mentre siamo tutti intenti a preoccuparci dell’improbabile peste islamica qui, lì dobbiamo abbandonare postazioni petrolifere e svariati miliardi di investimenti. Poiché il problema era ben noto da tempo, ci si domanda quale sia lo stato della razionalità di un paese che non si cura dei propri interessi e corre appresso ad improbabili storielle che prefigurano ipotetici problemi nel futuro che nel frattempo già si manifestano concretamente nel presente. Visto che l’allarme paranoide sembra funzionare, chissà che a qualcuno non venga in mente di inscenare un attentato da mettere in conto a Is.
CRONACA N.98 (18.02.15)
Nella CRONACA 95 ipotizzavamo che l’Is puntava la Tunisia, oggi la conferma: qui.
CRONACA N.97 (18.02.15)
L’invincibile Saladino. Sulla questione Stato islamico, si segnalano due notizie: 1) il gruppo degli scalcinati e valorosi combattenti dell’YPG del Rojava, dopo aver resistito strenuamente nelle difesa di Kobane e dopo aver riconquistato completamente la propria città, ora avanzano all’interno dello Stato islamico e conquistano due colline prospicienti la capitale dell’Is, al-Raqqa; 2) le milizie di Misurata in Libia, fazione che appoggia il governo di Tripoli non riconosciuto dall’Occidente, in mezzo pomeriggio, riprendono Sirte nel mentre qui si discute se mandare 50.000, 100.000 o 200.000 uomini per fronteggiare i feroci saladini incappucciati. Punti nel vivo dell’orgoglio nazionale, giordani ed egiziani hanno mandato caccia a bombardare ripetutamente le installazioni dell’Is ed i morti si contano a decine, così i danni. A questo punto, curdi iracheni e siriani, iracheni regolari, iraniani, siriani regolari, giordani ed egiziani, fratelli musulmani libici combattono l’Is, turchi, arabo sauditi e siriani moderati (?), alleati principali dell’Occidente, no. Conclusioni?
CRONACA N.96 (17.02.15)
Catene di conseguenze. Se non avessimo appoggiato così criticamente la rivoluzione/colpo di stato ucraino, oggi non ci troveremo con la tensione russo-ucraina, col pericolo di doverci confrontare contro un arsenale atomico, con le sanzioni. Se non avessimo d’improvviso scoperto che il mondo non poteva tollerare un abominio come Gheddafi e avessimo lasciato il colonnello sbrigarsela contro i suoi avversari interni ed esterni oggi non ci troveremo con il puzzle impazzito libico alle porte di casa. Se non avessimo pensato che era conveniente far fuori Asad in Siria dando agio ad un turbinio di sigle islamiche di creare i migliori presupposti per lo sviluppo del caos nella regione, oggi non ci troveremo con la base di uno Stato islamico. Se, per altro, non avessimo distrutto l’Iraq di Saddam oggi la regione sarebbe ancora sotto controllo. L’Occidente mostra la più completa incapacità di muoversi all’interno del mondo complesso, continuiamo a comportarci in maniera compulsiva agendo sulla spinta di interessi di breve orizzonte ed ignari delle inarrestabili catene di conseguenze che l’agire senza prospettiva, mette in moto. Per passare dalla complessità critica al caos basta una risorsa molto diffusa: l’ignoranza.
CRONACA N.95 (16.02.15)
Dove va l’Isis? L’Isis si presenta come la riedizione del primo califfato storico, dopo il periodo dei quattro califfi, detti, “i ben guidati” (632-661). E’ assai probabile che al-Baghadadi si senta la reincarnazione del primo califfo Omayyade, Muʿawiya ibn Abi Sufyan. L’Isis è sempre stato molto attento, rivolgendosi prioritariamente al pubblico islamico, ai simboli perché questi simboli richiamano la più antica ed eroica storia della tradizione, di cui l’Isis, vuole farsi incarnazione. Ma la traccia simbolica è solo un aspetto, parallelamente c’è la traccia storica fatta di battaglie, strategie e conquiste. L’obiettivo è quello di far centro nel Maghreb per controllare la re-islamizzazione dell’intero nord Africa, braccio occidentale della strategia che dall’altra parte è ferma all’Iraq ma con intenzioni di proiettarsi sempre più ad Oriente. Nel 670 l’espansione africana, conquistò un importante centro, dove venne edificata la Grande moschea di ‘Uqba, a Qayrawan in Tunisia. Lì, credo, vuole arrivare Isis per completare la prima parte della sua strategia di penetrazione. Intanto avanza in Libia e lancia messaggi. Se il rogo del pilota giordano aveva mandato un messaggio chiaro alla famiglia hascemita, ora è la volta delle 21 teste tagliate a copti, sì, ma egiziani. Al Sisi conosce bene la faccenda ed infatti, recentemente, si è incontrato con Putin per uno scambio di segni di amicizia. Gli arabo sauditi sono i registi dell’operazione Isis e gli americani loro partner. Sono gli arabo sauditi, con il loro dumping sul prezzo del greggio a mettere in difficoltà la Russia, indebolita nell’area mediterranea dall’accerchiamento che Isis ed USA hanno posto al siriano Asad. Dopo aver appoggiato Al Sisi contro i Fratelli Musulmani, ora, gli arabo sauditi gli hanno mandato gli incappucciati come vicini di casa. Ci sta quindi che Al Sisi guardi a Mosca e ci sta che dopo lo scapocciamento dei 21 connazionali abbia dato ordine di alzare i caccia. Ma l’Isis è astuto perché è vero che i 21 erano egiziani ma copti, quegli stessi copti che vennero assaltati dentro le loro chiese da egiziani fondamentalisti nei disordini di poco più di un anno fa. Al Sisi quindi agisce in base allo spirito nazionale ma non a quello islamico che è poi quello che Isis vuole dimostrare al pubblico musulmano, egiziano e non. Nulla è più arabescato di una strategia araba.
CRONACA N.94 (09.02.15)
Nella tradizione islamica, ci sono dei musulmani che: rifiutano la pena capitale per adulterio, apostasia ed omosessualità e non contemplano la lapidazione; riconoscono i principi dell’evoluzionismo, quindi del divenire e del cambiamento, quindi della storia; rifiutano l’uso del velo ed anche del niqab per le donne nonché portare la barba stile Muhammad; ascoltano e fanno musica, cantano e ballano a piacimento; non considerano impuri i cani; alcuni di loro non riconoscono il divieto di bere alcol se non moderandosi ed astenendosi dal pregare alticci; rigettano circoncisione maschile e femminile; donne mestruande possono pregare, entrare in moschea e toccare il Corano; le donne possono essere imam e condurre la preghiera; consentono matrimoni interreligiosi ( con appartenenti alle altre religioni del libro cioè ebrei e cristiani); il jihad può essere solo difensivo; aborrono la schiavitù. Costoro sarebbero “satana” secondo gli ortodossi ma il bello è che non sono una gruppetto di liberals infiltrato nell’islam ma il gruppo ultra-fondamentalista cioè coloro che si attengono solo ed esclusivamente alla lettera del fondamento: il Corano. Si chiamano “coranisti” e la loro posizione è molto antica risalendo al teologo mu’tazillita Ibrahim an-Nazzam (775-845). Essi ritengono che tutto ciò che è pervenuto da opera umana (dalle biografie di Muhammad alle raccolte dei suoi detti cioè la Sunna, alla tradizione delle interpretazioni giuridico-teologiche che fanno la shari’a) non ha alcuna attinenza con l’islam, il quale si fonda su due cose sole: la Parola di Dio (Corano) e la pura ragione umana.
CRONACA N.93 (06.02.15)
Nella CRONACA 88 di una dozzina di giorni fa, anticipavamo l’invidiabile posizione internazionale in cui si sarebbe venuta a trovare la Grecia di Syriza. Puntualmente, si è verificata l’apertura di Putin proprio ieri. Si fa fatica a trovare commenti che aiutino a capire le cose del nuovo mondo complesso, proprio perché pochissimi hanno capito che tipo di mondo è. Il gioco è questo: Tsipras-Vaurofakis vanno davanti ai tedeschi ed i primi, come i secondi, mostrano le carte, carte molto distanti, inconciliabili. Una torma di confusionari comincia a discettare sul default greco e/o sulla necessità di uscire dall’euro. Ma più pragmaticamente, ecco che Putin vede un posticino pieno di isolotti appena fuori il Bosforo, all’entrata di quel Mediterraneo in cui tiene una piccola, precaria ed assediata base sulle coste siriane, vede che gli amici greci hanno un problemino di qualche spicciolo di miliardi di euro e si offre per una chiacchierata. La Grecia è anche dirimpetta alla Turchia e la cosa per far passare condutture di gas sembra interessante. Interessante anche per i greci a cui farebbe assai piacere avere amici ortodossi con interessi comuni visto che l’Ellade storicamente risente della paranoia turca. E non si son ancor fatti vivi i cinesi. I cinesi hanno investito recentemente in Grecia, per farla diventare il terminale della loro famosa nuova Via della Seta che possa collegare il gigante asiatico con l’Europa. Pensate che i cinesi non siano disposti a risolvere il problemino di cassa greco per tener stabili le condizioni della propria strategia? Magari si potrebbe organizzare un prestito della neonata banca internazionale dei BRICS, pensate che colpo, i BRICS che salvano la madre di Europa. Ma non finisce qui perché certo che gli americani queste cose le sanno meglio di chi qui scrive e di chi qui legge. Pensate che gli americani si fanno fare un “sotto” da i russi e dai cinesi, lì nel cuore del Mediterraneo? Insomma, con così tanti affettuosi amici, i greci possono starsene abbastanza tranquilli. E i tedeschi? Queste cose i tedeschi non le sanno? Certo che le sanno. Come abbiamo già detto all’indomani delle ultime elezioni europee, occorrerà vedere fino a che punto Berlino abbaierà per salvare la faccia (anche i tedeschi hanno un elettorato a cui rispondere) seguendo però il movimento di risistemazione della struttura dell’euro (in cui comincia ad avere contro praticamente tutti, più gli americani) o terrà duro per giustificare la propria uscita dal sistema che, chi scrive, continua a considerare l’opzione finale più probabile. Insomma, i giochi si fanno sempre più interessanti e fluidi ed una cosa è certa, nessuno mai più potrà controllare tutto, solo il tutto potrà auto-controllarsi connettendosi in reti di assetto variabile, ordinate da un certo numero di nodi. Un gioco, quello delle reti e dei nodi, che i greci, antico popolo di pescatori, potrebbero cominciare a giocare proprio qui, a due passi da noi. Tempi interessanti.
CRONACA N.92 (05.02.15)
Dopo una breve assenza dovuta a motivi di salute, torniamo, piano piano, ad aggiornare le nostre cronache. Non ho ancora possibilità per commenti più strutturati (con link e debite citazioni) per cui andrò per vie brevi. Già nei nostri due articoli sul Buco nero dell’islam, dei primi di settembre (e ci tengo a sottolinearlo perché le analisi possono essere pubblicizzate a ridosso della cronaca ma i ragionamenti e gli studi su cui si fondano non s’improvvisano), avanzammo l’idea che Isis, oggi Is, prima o poi, avrebbe tirato dentro la sua guerra d’area il Libano e la Giordania, dopo aver praticamente dissolto di fatto Siria ed Iraq. La faccenda del pilota giordano, come al solito per le azioni di Isis-Is è polisemica. Nell’islam ovvero nella shari’a non si contempla il rogo ed inoltre, per quanto il Corano sia non sempre lineare e qualche volta contraddittorio, l’uccisione di un musulmano da parte di un altro musulmano è molto probabile si possa dire espressamente vietata da Dio, al quale comunque spetterebbe finale ed unica competenza nel giudizio su chi sbaglia e chi no nel seguire la sua parola. Il tutto, dove nel tutto c’è anche lo stile del video dell’esecuzione che tutto è meno che islamico, sembra avere unità d’intenti: provocare. Ed infatti la reazione popolare giordana chiede a questo punto la guerra santa contro coloro che, a loro volta, hanno scatenato una loro guerra santa per auto-conferimento del diritto. Il progetto Is quindi procede per linee prevedibili e chiare, sebbene i più sembrano storditi da fattori emotivi e chiavi d’analisi inadeguate al fatto. L’Arabia Saudita che solo ora, qualcuno comincia a vedere come la vera intelligenza direttiva del progetto, ha nella famiglia hascemita (regnanti di Giordania) il proprio più importante avversario interno. L’Iran è sciita e quindi è da considerare avversario esterno (e con lui Asad, sciita siriano e il nuovo governo iracheno), gli hascemiti invece sono sunniti e per di più si chiamano così perché sono la diretta linea discendente della famiglia originaria di Muhammad, del Profeta. La famiglia saudita, invece, nasce molto più di recente e si afferma militarmente, proprio distruggendo il Regno dell’Hijaz che era in mano ad un hascemita (1925). Fondando la sua legittimità sulla sua lettura peculiare del Corano (wahhabita) e sulla spada che campeggia sulla sua verde bandiera, essa esercita il diritto territoriale di protezione dei luoghi santi (Medina, Mecca). Un bel groviglio arabo classicamente esplosivo la cui miccia è stata appunto accesa dalla torcia Is.
CRONACA N.91 (28.01.15)
Obama, ha fatto scalo di cortesia a Riyad, per salutare il nuovo re saudita. Con l’occasione si è fatto raggiungere da alcuni vecchi amici dei sauditi per fare un po’ di pubbliche relazioni: J. McCain che nella regione è di casa, J. Baker e C. Rice vecchi amici della rimpianta amministrazione Bush (senior il primo, junior la seconda) oltre a S. Rice. Tre generazioni di politici esteri statunitensi a stringere la mano e far sorrisi a Salman, a dire “ehi fratello, lo sai che vi vogliamo bene eh?”. In questo articolo, Rampini se la cava dicendo che in fondo è normale, rinsaldare vecchie alleanze anche se un po’ travagliate di recente. A me sembra molto islamico (islam = sottomesso) genuflettersi davanti alla potenza solo che è inusuale vedere la più grande potenza del mondo genuflettersi davanti al re di una scatola di sabbia. A meno che…
CRONACA N.90 (27.01.15)
[da Internazionale]. Tsipras termina il suo comizio per la vittoria alle ultime elezioni e parte Rock the casbah. Rock the casbah trae origine, come si sa, dal divieto di suonare il rock imposto dall’ayatollah Khomeini in Iran (Al signore non piace / che si suoni il rock nella casbah). L’eroe della canzone qui è il pilota mandato dal re a bombardare il minareto dove la folla si è riunita a ballare. Il pilota accende la radio nel suo abitacolo, ascolta la canzone, si mette a piangere e rifiuta di eseguire l’ordine. Narra un aneddoto che quando seppe che i piloti americani scrivevano sulle bombe da lanciare su Baghdad Rock the casbah, Strummer si mise a piangere. R.I.P. Joe.
CRONACA N.89 (27.01.15)
Landini ha definito Tsipras un “realista radicale”. In Italia troviamo realisti non radicali come gli eterni paldipancisti del PD o radicali idealisti che in questi giorni infestano facebook dicendo che Syriza è una creatura delle élite neoliberal o gridano al tradimento per l’alleato impuro o ghignano perché Tsipras non vuole uscire dall’euro dimostrando così di essere un souvlaki di gattopardo. Peccato che i realisti non radicali contino quasi nulla mentre gli idealisti radicali contano nulla proprio mentre Tsipras s’è portato appresso il 37% del popolo greco, giura laicamente senza cravatta, fa ministro dell’economia Y.Varoufakis e per la prima volta nella lunga ed infruttuosa storia della sinistra europea, segna un fatto e non il solito diluvio di chiacchiere di coloro che passano il loro tempo ad interpretare il mondo invece di provare a cambiarlo partendo da quello che è.
CRONACA N.88 (26.01.15)
Pare allora che Syriza di sinistra governerà con Anel di destra, almeno per le questioni euro-economiche l’accordo è solido e non è detto che su altre questioni, questioni su cui Anel potrebbe nicchiare, possano arrivare a Syriza altri aiuti. In fondo mancano solo due voti per una maggioranza occasionale su questo o quel decreto. Già ieri, Salvini aveva salutato la vittoria di Syriza con un certo entusiasmo, oggi quell’entusiasmo è molto più esplicito da parte di Marie Le Pen. Unire destra e sinistra è un altro di quei risultati che comporta l’unione dei centri liberisti. Quanto al possibile isolamento del nuovo governo greco, gli analisti peccano di semplificazione. Tsipras ha possibili alleati nell’ortodossa Russia, nei cinesi hanno molto investito in Grecia facendola diventare perno strategico della loro penetrazione europea e forse negli stessi americani (e quindi anche i britannici) in genere “pragmatici”, interessati sia contrastare questi due, sia pronti ad agire contro l’ottusità tedesca che blocca l’espansione monetaria che è l’unica arma disponibile per sostenere l’Occidente. Comunque sia, la fluidificazione della situazione che solo un anno fa, prima delle elezioni europee, vedeva il canone teutonico imperare come dogma assoluto intorno al quale si riunivano i due simmetrici ed uguali centro politici, è un bene per tutti noi, “muovere” la situazione è fondamentale.
CRONACA N.87 (26.01.15)
Poco meno di un anno fa, a commento delle appena svolte elezioni europee, dicevamo che la contraddittoria rete di divergenti interessi di cui l’Europa stessa era intessuta, avrebbe portato da lì a non molto, ad uno scioglimento concordato dell’euro. Mi sembra che si sia sulla buona strada. Le spinte centrifughe ci sono tutte. L”UK potrebbe lasciare l’Europa anche in seguito alle elezioni del prossimo Maggio. Il semestre lettone di presidenza dell’UE promette fratture sulla politica da seguire verso la guerra civile ucraina. La Francia è alle prese con le sue debolezze. In Spagna i sondaggi continuano a dar vincente Podemos. In Grecia, la netta affermazione di Syriza è già un fatto. Questo fatto apre diversi scenari ma prima ancora mostra, dal punto di vista di chi sino ad oggi ha imposto l’ordine monetario, un inequivocabile fallimento. Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, la pressione irrazionale verso la popolazione greca ha portato i greci a dare almeno il 53% dei voti a forze contrarie al sistema. Senza entrare negli aggrovigliati meccanismi del QE della BCE è un fatto che i tedeschi siano imbizzarriti. Quegli stessi tedeschi che si trovano manifestazioni anti-immigrati in casa, una AFD in crescita, una coalizione con un centro-destra assediato da forze che spingono a destra ed un centro-sinistra che non può non notare identica pressione in senso contrario. I socialisti praticamente non esistono più in Grecia e Spagna, rischiano la frattura in Italia e sono sempre più deboli in Francia. La coalizione di governo UE, presieduta da un trafficante valutario sotto inchiesta, è una unione di disperati. Queste tela che va a strapparsi, di fronte alle turbolenze monetarie, la crisi ucraina, quella medio-orientale, l’immigrazione, il TTIP, i rivolgimenti geo-economici spinti dalle politiche di prezzo arabo-saudite che condizionano l’OPEC, troverà ulteriori motivi per strapparsi. Le forze divergono, il sistema è debole, la frattura sempre più probabile.
CRONACA N.86 (23.01.15)
Il monarca assoluto dell’Arabia Saudita, Abdullah bin Abdul Aziz (91 anni) è morto. Obama dichiara “Ha dato un contributo durevole alla ricerca della pace nella regione araba“. Chi? Il monarca del paese che ha creato e finanziato al Qaeda? Che ha creato e finanziato l’Isis? Che ha pilotato la degenerazione delle proteste siriane in una guerra fratricida? Che ha scatenato il conflitto sunnita-sciita che sta infiammando la regione? Monarca assoluto ma non così tanto da non avvedersi che nel suo paese erano cresciuti 15 dei presunti dirottatori dell’11 Settembre? Che ha eterodiretto il compiacente governo yemenita che ha massacrato la propria primavera come del resto lui stesso ha fatto nel suo regno fuori dal tempo? Quel paese dove ci sono state 80 esecuzioni fatte così: “il procedimento per l’esecuzione è il seguente: il condannato viene portato in un cortile davanti a una moschea, gli vengono legate le mani, viene fatto accosciare e infine il boia sguaina la spada davanti a una folla che urla “Allah Akbar“, eseguite oltre che per stupro, omicidio e rapina anche per stregoneria, apostasia, sessualità fuori norma, consumo di droghe? O quello in cui un blogger viene condannato a 1000 frustate in 20 settimane (50 alla volta) di modo che appena la pelle si rimargina, il venerdì successivo viene strappata di nuovo e di nuovo e di nuovo, appunto per venti volte (per cinque mesi)? Il regno che unico in tutto l’Islam si fonda sull’interpretazione estremista della tradizione wahhabita da cui discendono tutti i fondamentalismi islamici? Il monarca assoluto del primo produttore di petrolio che sta mettendo in ginocchio con il suo peso nell’OPEC, l’economia venezuelana e russa? Ma ci vuole veramente un bel coraggio a scrivere un articolo come questo…
CRONACA N.85 (22.01.15)
Khamenei ha ragione. Chi segue questo blog, forse, avrà notato che non è ancora uscito l’articolo che di solito esce il lunedì. Sono da un po’ infatti impegnato in quello che ho chiamato “un piccolo studio islamico”. Piccolo perché la materia è vasta e sopratutto perché mi concentrerò su alcune cose e non altre. Sto leggendo il Corano, ho finito la biografia di Maometto di Rodinson e sto leggendo l’Islam di Filoramo dopo aver terminato un primo approfondimento sull’interpretazione del Corano di Campanini (gli ultimi due Laterza, il precedente Einaudi e il Corano di Moreno – UTET). Il programma di studio prevede poi altri due approfondimenti sul Corano (Scaccia Amoretti e de Prémare entrambi per Carocci), la famosa selezione della Sunna di al Suhrawardy con prefazione di Gandhi (Newton Compton), un altro Maometto di Ramadan (Einaudi), sempre per Einaudi il celebre Doner sull’Islam delle origini e l’ancora più classico Montgomery Watt, nonché un altro Campanini sul pensiero islamico contemporaneo ed un breve studio specifico sulla Shari’a (tutti il Mulino). Per finire (spero) un punto di vista di un laico radicale algerino (Zanaz per elèuthera). Non partivo completamene digiuno e la bibliografia completa uscirà con lo studio che si articolerà in più puntate, spero non più di tre o forse quattro. Complice una breve interruzione dovuta a ragioni personali che mi distrarrà la prossima settimana, conto di far uscire la prima puntata i primi del prossimo mese, forse.
C’è un mondo di un miliardo e mezzo di persone che si regola su questa cultura che, in genere, conosciamo poco e male. E’ una lacuna che dobbiamo colmare in fretta.
CRONACA N.84 (21.01.15)
L’instabilità in Yemen, fa parte della più ampia partita di risistemazione delle aree di presenza ed influenza tra sunniti e sciiti. In gioco, il progetto di federalizzazione dello stato yemenita e l’area specifica che dovrebbe esser riservata alla minoranza sciita Houti. Ma più in generale, le pedine in campo sono l’Arabia Saudita che vuole controllare lo stato meridionale della penisola, al Qaeda che è alleata di questo disegno, un governo debole, una popolazione che sebbene per lo più sunnita ha talvolta simpatie per l’azione degli Houti che si schierarono a supporto delle insurrezioni del 2011 che non sono state rubricate nel fenomeno “primavere arabe” dall’Occidente e la cui repressione non ha alzato nessuno sdegno. Non è chiaro se dietro gli sciiti Houti vi possa essere una qualche contatto iraniano anche perché gli Houti sono sciiti zaydisti, una interpretazione della shi’a tutto sommato moderata in campo religioso ma altresì molto decisa in campo politico del tutto specifica di quei luoghi. Storicamente lo Yemen, sebbene confinante con l’Arabia Saudita, va considerata un’area del tutto diversa. Quando gli arabi dell’Hijaz (Mecca, Medina) si erano da poco ed ancora non del tutto sedentarizzati, in quelle zone c’erano già monarchie ben evolute. Beneficiati dalle estreme propaggini dei monsoni, gli “arabi felici” come vennero chiamati dai Romani, avevano acqua, coltivavano, producevano incenso, mirra e molte altre essenze aromatiche commerciate in tutto il mondo di allora ed erano porti e mercati importatissimi sia per le rotte est-ovest, sia per quelle sud-nord. Celebre, la loro magnifica architettura. L’archeologia stima al -1200 la protostoria sabea (iniziata da popolazioni migranti dalla Mesopotamia del Nord-Ovest) ed il Regno di Saba era in pieno fulgore nel -VII° e -VI° secolo. Sia a livello regale, sia a livello religioso, le donne avevano un ruolo preminente o comunque molto importante. Più a ridosso dell’epoca immediatamente pre-islamica, la zona era controllata dai persiani sasanidi (oggi iraniani). Tutta la zona arabico-persiana è in sommovimento ed è conseguente che vecchie cicatrici storiche si riaprano secondo logiche difficili da comprendere per chi legge la contemporaneità come se il tempo non avesse il suo passato.
CRONACA N.83 (17.01.15)
Quanto è successo, succede e succederà in seguito a gli attentati di Parigi, segna un colpo forse esiziale alla Francia. La Francia, si ritirò tardi dal dominio coloniale e lo fece mantenendo il ruolo di partner di riferimento proprio di quelle terre che ex-colonie, sono poi diventate stati più o meno autonomi. Questo è valso alla Francia, il dominio di mercati e fornitori di materie prime particolarmente importanti, un vantaggio non goduto ad esempio da Italia o Germania e goduto da Gran Bretagna solo per quanto attiene fattori geo-politici e sopratutto banco-finanziari. La Francia è tra i primi clienti e fornitori del Maghreb e dell’Africa occidentale e mantiene un ruolo influente in tutto il Medio Oriente. Alla presenza commerciale ed industriale, si deve sommare quella culturale (una vera e propria egemonia) che si sommano tra loro per confluire in quella politica. Oggi, tutto questo è messo pesantemente a rischio. Qui si dà conto, della rivolta anti-francese che serpeggia nel mondo musulmano. Alcuni hanno commentato che, in fondo, tali manifestazioni non sono state poi così tante e così importanti. Ma la “manifestazione politica” è un fenomeno per lo più occidentale e bisogna vedere qual è in “sentiment” che aleggia presso le élite che non possono non preoccuparsi di ciò che pensa il “popolo” genericamente inteso, anche quando questo non scende in piazza a manifestare il proprio sentimento. Denunciare il permanente spirito delle colonie dei transalpini sarà gioco facile per l’islam estremo, perché è un fatto. Questo può servire a costruire il processo neo-identitario di un Islam che vuole definirsi per sé e non a caso, Erdogan, ha prontamente “cavalcato la tigre” denunciando i fatti di Parigi, come auto-attentato franco-sionista. Probabilmente, ci potrebbe essere anche un uso elitista del conflitto. Ci riferiamo a nuove élite che vogliono scalzare le vecchie compromesse, nel senso di “legate da interessi” con la Francia, in favore di chissà quale riassortimento delle alleanze e delle influenze. Non a caso, ieri, Hollande si è precipitato all’Istituto del mondo arabo di Parigi per curare le necessarie relazioni. Gioiscono probabilmente i britannici, gli americani, i cinesi che potrebbero proporsi per uno sbarco organizzato in questa parte di Africa, dopo essersi ben piantati altrove, favoriti dal loro pragmatismo, dalla non percezione di impero, dal non essere un soggetto da “scontro di civiltà” (anche perché sono piuttosto flessibili su tutto ma in specie, su i fatti religiosi). Insomma, se si libera un posto, altri possono subentrare. Ma se la Francia perde o si indebolisce consistentemente nel suo sistema d’oltremare, potrebbe finire in una voragine dagli esiti imprevedibili.
CRONACA N.82 (16.01.15)
Oggi, un nuovo esercizio di immedesimazione. Siamo uno studioso cinese, un cinese del miliardo e quattrocento milioni di cinesi che pensano di essere la più antica cultura del mondo (con qualche ragione concreta visto che l’Yi Jing, il testo più antico di quella cultura è stato scritto e sistematizzato nel -1000 ma colletta materiali orali che potrebbero risalire fino al -2500, ragione che potrebbe esser relativizzata da uno studioso indiano che potrebbe vantare per il Rg Veda una cronologia simile o addirittura più antica). Eccoci allora a studiare il fenomeno monoteista che lega e slega occidentali e medio-orientali. Apprendiamo così che in un punto imprecisato dell’antichità compresa tra il -900 ed il -500, un piccolo popolo senza terra si convince di essere il popolo eletto del dio creatore di tutto. Solo a loro si rivela, solo a loro spiega cosa e come farlo, promette, minaccia, si arrabbia e poi perdona e solo a loro affida i compito di imporsi su tutto il resto delle bestie animali ed umane (inclusi i cinesi). Vabbè, quanti sono questi ebrei? Oggi sono 16 milioni? (sorriso) ce ne sono tante di credenze locali bizzarre, questa è una di quelle. Lo studioso poi però scopre che questo dio è insoddisfatto, non l’hanno ben capito e compreso o se lo hanno compreso non l’hanno seguito. Allora manda il figlio a dar nuova specifica, messaggio universale rivolto al mondo (quindi anche ai cinesi) ma che sceglie la Galilea come tribuna. Non è più quello ebraico il popolo eletto ma chissà perché manda di nuovo lì il suo virgulto che per altro, di nuovo, non viene creduto ed anzi, prima torturato ed infine ammazzato. Lo studioso cinese è sempre più perplesso. Nella sua cultura, il padre, quello carnale, il vecchietto che a suo tempo ci ha fatto nascere unendosi con la madre, è rispettato, lui e la consorte, come sacri. Questi invece prendono non il padre ma il Padre e lo svillaneggiano, lo tradiscono, ci dialogano a tu per tu ed alla fine lo mandano pure a quel paese. Strana religione. Ma non è finita. Questo dio sull’orlo di una crisi di nervi, dopo seicento anni dalla morte del figlio-messaggero, prende un analfabeta del deserto arabico e tramite un arcangelo gli infonde memorizzato un testo di seicento pagine che più o meno dice tutto ma anche il suo contrario. La singola materia testuale è di per sé abbastanza chiara ed essendo, questa volta, parola diretta dio, dovrebbe esser al riparo da interpretazioni fantasiose. No, anche questa volta, si opina e i metriquadri di scaffali di commentari, interpretazioni, sanguinose dispute, crescono ma crescono dicendo che non dovrebbero crescere perché quella è parola di dio e come tale va presa (?). Siamo esterefatti. Questa gente d’Occidente è un po’ pazza. Hanno lo stesso dio, dicono che è unico, dicono che ha parlato loro direttamente ed indirettamente, ha mandato figli, spiriti santi, profeti per dir loro e solo al loro cosa si aspetta come ringraziamento per averli creati mai una volta che facesse una capatina chessò al Borneo? in Mongolia? sulle sponde dello Chang Jang (Yangzi)? e loro oltretutto si massacrano da secoli dicendo che a tizio ha detto una cosa ma a caio un’altra e poi è andato da sempronio a dire di ammazzare tizio e caio perché non capiscono niente. Cosa pensare di questa gente?
Pensosi ci avviciniamo alla nostra biblioteca e rimuginando prendiamo i Lun yu, gli aforismi di un saggio uomo del -500 che non era un dio e non era un profeta ma uno studioso della saggezza e dell’antichità umana. Apriamo a caso e capitiamo nel nono capitolo, al nono aforisma: “Il Maestro esacrava quattro cose in assoluto: la volubilità, il dogmatismo, l’ostinazione e la boria“. Richiudiamo il nostro antico e prezioso libricino e pensiamo “come mai potremo andar d’accordo con questa gente?”. Solo il Cielo lo sa.
CRONACA N.81 (15.01.15)
Sulla questione della libertà di stampa, mi sembra si stia facendo un po’ di confusione. La libertà di stampa è un diritto nazionale. Non esiste alcun diritto universale se non nelle dichiarazioni di principio, poiché non esiste alcuna forma giuridica planetaria, nessuna forma politica in grado di deliberarlo o gestirlo, nessuna forza di polizia in grado di difenderlo. Da Hobbes a Locke a Kant ai giorni nostri, è ben chiaro a tutti che lo stato di civiltà è inquadrato negli stati nazionali e nell’ambiente in cui gli stati si confrontano tra loro, viga lo stato di natura. Esiste certo qualche tentativo di istituzione planetaria ma sono tentativi assai deboli e del tutto incapaci di imporre una qualche forma di diritto planetario. Non c’è quindi alcun problema a riconoscere pieno diritto alla Francia, di far vigere la piena ed incondizionata libertà di stampa per Charlie Hebdo. Il fatto che tale libertà, in altri casi, non sia poi così piena, non smuove di un millimetro ciò che riguarda la posizione del giornale satirico. Il punto è che questo diritto francese, come la gran parte delle cose che fino a non molto tempo fa erano e rimanevano “nazionali”, oggi libera forme di comunicazione che hanno potenzialmente audience planetaria. Capita così, che una parte di questa audience planetaria si senta profondamente offesa da ciò che in piena libertà di espressione, CH decide di pubblicare. Una parte, di questa parte, sente che questa offesa va l’oltre di ciò che è sopportabile e decide di porre un limite all’altrui libertà. Che decida di farlo con i kalashnikov fa parte del più generale stato delle relazioni di natura il cui spettro va dall’indifferenza, al trattato di pace regolato, alla ritorsione armata. Limitare l’altrui libertà con i kalashnikov è fuori del diritto civile (nel caso specifico, quello francese) ma dentro il diritto di natura. “Nello stato di natura la libertà consiste nella possibilità di scelta limitata dalla norma di natura, che è una norma reciproca che prescrive di riconoscere a gli altri quelle stesse possibilità che si riconoscono a sé” J. Locke, I Due Trattati…. II, 2, 4. Dal nostro punto di vista, francese e più ampiamente “occidentale”, che la blasfemia porti per reciprocità alla condanna a morte è ingiusto ma da un certo altro punto di vista, quello di chi interpreta la scrittura che fonda la propria comunità (non solo religione, ma comunità nel più ampio senso esteso) in questo senso, la reciprocità è intesa proprio così. Nello stato di natura, si scontrano due diritti e non c’è un terzo diritto che possa decidere del conflitto, c’è solo il conflitto, l’unico insieme al buonsenso che possa decidere dove finisce la mia libertà e dove inizia la tua. La complessità della planetarizzazione si esprime anche così, ad ognuno sta la scelta tra l’imporre il proprio diritto all’altro o l’autoregolarsi, tra lo scrivere confini con la matita ed il kalashnikov o con il reciproco rispetto. In genere, la storia ci dice che all’inizio e per lungo tempo si tenta la reciproca sopraffazione, dopo molti morti e verificata l’impossibilità di prevalere sull’altro, si scende a compromesso. All’inizio, la libertà è intesa in senso assoluto ed unilaterale, solo alla fine si conviene che è un valore relativo ad una bilateralità. Il fatto che ciò sia logico ed al contempo sovrascritto da decine di casi storici non impedisce il fatto che ogni volta, si debba produrre un’ampia pozza di sangue prima di poter immergere il pennino che scriverà il trattato di pace reciproca. Pare che senza inchiostro rosso, i trattati di pace non valgano.
CRONACA N.80 (14.01.15)
Quando la complessità esubera è portatrice di caos, quando il caos ci minaccia, s’invoca l’immediata riduzione di complessità, la semplificazione. La complessità è prodotta dal mondo, la semplificazione è prodotta da noi che invece di adattarci alla complessità del mondo, riduciamo il mondo a quel poco spazio ed a quella povera logica che anima la nostra mente. Ogni giorno che passa, la complessità dei discorsi liberata dai fatti di Parigi, complessità che ha rapporto ma non perfetta coincidenza con la complessità concreta di fatti del mondo, aumenta. Ogni giorno, si forma uno strato ulteriore ed il volume complessivo delle cose dette, delle idee, delle accuse e delle difese, delle interpretazioni, dei possibili punti di vista, aumenta. Aumentando comincia ad auto-riprodursi, cose dette portano a dire ulteriori cose, idee portano altre idee contrarie, accuse sommarie spingono a difese altrettanto sommarie, interpretazioni spingono altre interpretazioni che hanno quelle in oggetto, i punti di vista si frantumano cominciando a riferirsi non più a fatti ma ad altri punti di vista.
Sul piano dei comportamenti, si sviluppa una seconda trama. Jihadisti da banlieue diventano eroi per al Qaeda AQAP (Al Qaeda -in the- Arabian Peninsula anche Ansar al-Sharia ovvero aiutanti della Legge Sacra) che rivendica ufficialmente l’attentato, omaggiando anche al-Zawahiri. Anche IS aveva provato a mettere la bandierina su i fatti sebbene fosse chiaro a chiunque conosce un minimo di cose di questo fenomeno, che non è nella attuale logica di IS compiere attentati verso il nemico esterno. Al Qaeda recupera punti verso IS e questo potrebbe esser un buon incentivo per altri attacchi, fai-da-te o organizzati in Yemen o per una escalation di dimostrazione di forza con nuove azioni, questa volta IS. Erdogan, dopo aver mandato il Primo ministro a Parigi alla processione degli ipocriti, tuona che è stato il Mossad e l’Occidente per gettare la colpa su i musulmani. Erdogan ha il suo pubblico interno ed esterno e, per il momento, schizzato dagli occidentali che non lo vogliono nell’UE, il suo progetto neo-ottomano rischia di perdere punti rispetto a IS e alla rivitalizzata al Qaeda. Ma dopo aver esacrato l’attentato, anche gli iraniani e quasi tutti gli imam, tuonano contro il nuovo numero di Charlie hebdo che è diventato la bandiera fiammeggiante di un Occidente a corto di simboli. Da una parte si compatta lo sdegno dei musulmani, dall’altra le file parigine per comprare il nuovo numero della rivista satirica accendono le fantasie dei supporter dello scontro di civiltà. Nessuno vorrà più concedere qualcosa all’altro e così potrà innescarsi la corsa al reciproco irrigidimento che è come miele per l’orso jihadista. Anche i russi accusano l’Occidente e con essi tutti coloro che nutrono dubbi nella vasta platea di Internet. Complottisti! è l’accusa infastidita che sembra provenire più dalla sinistra multiculturale e post-coloniale che non dal mainstream il quale comunque si accoda. Intanto i leader occidentali vanno in processione a Washington a prender consegne su i nuovi metodi anti-terrorismo, la tensione sociale sale, così l’apprensione, gli allarmi e le tracce d’odio. Il lunedì di PEGIDA a Dresda, ieri contava 40.000 manifestanti ed un’ariana che ho visto ieri in tv, annunciava che in settimana si formerà anche la filiale italiana. Intanto pare si stiano formando milizie armate di cristiani iracheni, stufi di essere perseguitati dai miliziani islamici.
C’è competizione tra jihadisti, tra sunniti e sciiti, tra potenze arabe regionali, tra colonizzati e colonizzatori, tra potenze mondiali geopolitiche, tra paesi occidentali, tra fazioni politiche nei paesi occidentali, tra occidentali e migranti, tra musulmani-ebrei-cristiani, tra laici e religiosi, tra semplificatori e complessificatori. La complessità dei fatti ha una sua dinamica ma anche una dinamica correlata alla complessità delle interpretazioni e delle opinioni che a sua volta oltre a questa, comincia ad avere una dinamica sua propria. Il tutto marcia spedito verso l’aumento esponenziale del caos. No, non va affatto bene.
CRONACA N.79 (13.01.15)
Da anni si cerca di ricostruire il processo che portò dalla chimica base a quella prebiotica a quella della vita. Qui pare si sia fatto un passo importante nella ricostruzione di quel continuum che dal semplice porta al complesso. Materia (acqua, monossido di carbonio, metanolo, ammoniaca, metano) ed energia (raggi cosmici, ultravioletti, termodinamica e forse anche le collisioni operate dalla gravità). Varietà ed interrelazioni questa la formula di tutto ciò che è, inclusi noi che qui lo pensiamo, complessità che pensa se stessa.
CRONACA N.78 (13.01.15)
Ora facciamo un esercizio di immedesimazione. Siamo musulmani francesi, viviamo con poco in una periferia di Parigi, nostro figlio è disoccupato, nostra figlia studia anche se a scuola la prendono in giro per il velo. Abbiamo visto la grande manifestazione repubblicana con Hollande e Netanyahu. Non ci piacciono le azioni violente. Apriamo Internet e leggiamo questa notizia “Nella Striscia di Gaza, si contano un neonato morto di freddo venerdì scorso, un altro trovato assiderato tra le rovine della sue casa bombardata questa estate, un pescatore col figlio sempre morti di freddo, trovati nella loro casa semi-diroccata” riferimento Jerusalem Post da fonti palestinesi. Sono 170.000 i palestinesi senza casa ma gli altri che ce l’hanno non hanno energia elettrica. 577 i bambini morti sotto i raid estivi, 3374 i feriti, moltissimi gli orfani che si aggirano spaesati lì dove c’era la loro casa e famiglia. Nevica sul Golan, alta Galilea, Negev e Gerusalemme, pioggia vento e freddo hanno ridotto Gaza in un freddo pantano. Je suis Charlie?
CRONACA N.77 (13.01.15)
Un commento su i fatti francesi che sottoscrivo parola per parola (e mi capita di rado). Conforta che qualcuno (sebbene pochi per ora) ammetta che la complessità del mondo prevarica le nostre stesse classi categoriali e che ci è richiesto uno sforzo (jihad) per rivedere il come pensiamo il mondo mentre lo viviamo e pensiamo.
CRONACA N.76 (10.01.15)
Ancora su i fatti di Parigi. Che mi risulti, a caldo, l’unico (o uno dei pochi) giornalisti a seguire la traccia della dichiarazione degli attentatori di CH che rivendicavano la loro appartenenza ad al Qaeda Yemen è stato C. Rainieri sul Foglio. Un po’ meno a caldo, oltre la mia nota sottostante, ieri ho incrociato questo commento di F. Cardini. Oggi, anche il manifesto (ed anche qui). La domanda è: perché si seguono più le interpretazioni dei fatti? Se non precisiamo i fatti, per quanto sia difficile e forse fattibile solo in via provvisoria ed ancora con riserva d’ipotesi, sarà difficile centrare ciò di cui dobbiamo discutere. Cosa c’entra la libertà di stampa, l’Illuminismo, lo scontro di civiltà, la Terza guerra mondiale, il Mossad, la convivenza tra fedi, il multiculturalismo, il relativismo, la CIA, la Fallaci ed il Front National, l’ateismo maleducato, dio e la Libertà se siamo alle prese con un atto militare di un gruppo politico impegnato in una guerra locale con altri poteri ritenuti nemici, protetti da un Occidente che da sempre s’impiccia di tutto ciò che succede da quelle parti? Cosa si risponde alla richiesta di al Qaeda: la Francia la smetta di intervenire nel Middle East, in North Africa ed in West Africa a protezione dei propri disegni geopolitici e post-coloniali. Sì? No? Ma…?
Abbiamo un gruppo di musulmani francesi, allineati alle posizioni di uno o più gruppi politici che portano avanti una lotta armata per la conquista di un potere locale che, quasi sempre, è protetto dall’Occidente. Lo stesso Occidente coloniale franco-anglosassone che ha sottomesso l’Islam per lunghi decenni salvo poi agire dietro le quinte e qualche volta all’aperta ribalta. Sempre come se quella fosse casa sua, fosse cosa che lo riguardava per diritto universale seminando morte, distruzione, terrore e il veleno, forse, più potente: l’umiliazione. Quello stesso Occidente doppiogiochista che altre volte ha alimentato ed usato quegli stessi gruppi che oggi sembrano così barbari solo perché hanno l’ardire di portare la morte direttamente nel salotto buono dell’inviolabile casa padronale. Cosa c’è di così inaccettabile sul piano logico (su quello fattuale è evidentemente un altro paio di maniche) nel fatto che costoro nutrano un odio profondo nei confronti dei nemici di sempre? Che vogliano colpirlo mostrando ai propri adepti o simpatizzanti che sì, si può, sono in grado, possono, anche loro hanno un piccolo potere, adesso?
Il fatto che di fronte a quella che sembra una evidenza assai verosimile, si preferisca parlar d’altro, dice che questa evidenza pone un problema imbarazzante. Una domanda contro la quale non si ha nessun punto esclamativo vero ma decine e decine di punti esclamativi che rispondono a domande che nessuno ha fatto, fantasmi che ci creiamo per eludere la cruda e sanguinosa, realtà. Non stiamo capendo i tempi che ci aspettano.
CRONACA N.75 (09.01.15)
Io non sono un esperto di cose islamiche ma non molto tempo fa, volendo saperne di più, ho condotto la mie brave ricerche che poi ho messo in due puntate scritte (1,2). Nel frastuono di questi giorni, sono allibito dalla sfilata di “esperti” che, invitati per fare luce, aumentano la densità della nebbia cognitiva, dicendo cose del tutto inutili, quando non errate, quando non del tutto fuori contesto. Una cosa nota a chi sa il minimo necessario sulle questioni dell’islam armato è la competizione tra Al Qaeda ed Isis-IS. Competono per tre ragioni: 1) perché si rivolgono allo stesso target (radicalizzazione islamica, giovani che nella demografia dei paesi musulmani sono preponderanti, giovani musulmani potenzialmente radicali residenti in Occidente); 2) perché dipendono dalle stesse fonti di finanziamento (ricche famiglie o paesi del Golfo); 3) perché presentano due diverse strategie politiche, rivolta contro l’Occidente quale elemento che condiziona la possibilità di evoluzione islamica dei paesi musulmani per Al Qaeda, rivolta direttamente contro alcuni paesi musulmani ritenuti non islamici per affermare un modello concreto di “stato islamico”, un prototipo di riferimento, per ex-Isis oggi IS. Ne consegue che Al Qaeda mantiene una struttura fatta a cellule mentre l’Isis è diventata un vero e proprio esercito di liberazione di terra islamica ed è la governo di territori. La recente ultima puntata dei report IS di un J. Cantlie sorridente e rilassato, era tutta tesa a dimostrare che una grande città come Mosul è governata ed amministrata in piena normalità. Lo “stato di normalità” tendeva a veicolare la “normalità di uno stato”, lo Stato Islamico. Quello che oggi vuole IS è diventare “stato di fatto”, conseguire il riconoscimento d’esistenza. Né IS ha mai promesso azioni dirette in Occidente, né ne hai mai eseguite, né le ha mai teorizzate, né la cosa sembra consona al tracciato principale della sua strategia.
Al Qaeda ha sofferto non poco l’affermazione di Isis prima e dello Stato Islamico oggi. Molte sono le cellule perse in favore della nuova espressione del radicalismo islamico, quasi totale è la perdita di riferimenti tra gli ex finanziatori, quasi del tutto persa la visibilità d’azione sul campo e quindi quasi del tutto perso il “capitale d’immagine” costruito negli ultimi anni e con esso la credibilità.
Non sappiamo ancora dire con convinzione se la rivendicazione ad “Al Qaeda Yemen” proferita dagli attentatori di Parigi, sia vera, però è verosimile, più verosimile dell’ipotesi “cani sciolti imitatori”, più verosimile dell’operazione false flag, più verosimile di una improbabile attribuzione all’IS che è del tutto fuori questione. C’è il movente, segnare un punto che muova la classifica dell’attenzione oggi monopolizzata da IS e dai suoi successi sul campo. C’è l’obiettivo, Charbonnier era uno dei dieci obiettivi pubblici esposti sul numero di Marzo 2013 della rivista Inspire (organo in lingua inglese della galassia alqaedista). Non da solo ma con tutta la redazione, era poi l’obiettivo più corposo tra tutti e dieci. Punire chi insulta il profeta è comunque un obiettivo largo in termini di consenso per tutto l’universo islamista armato ed anche di più. C’è il soggetto a cui attribuire tali meriti, Nasir al Wuhayshi (1,2) Al Qaeda Yemen che è oggi forse assieme alla siriana al-Nusra, l’unica vera realtà operativa della galassia ancora in forze.
Chi ha agito non è un improvvisato (tipo attentati in Canada ed Australia) come appare chiaro da come l’operazione di fuoco è stata condotta. Ma non è neanche della CIA o del Mossad perché non ha fatto neanche un sopralluogo sul posto visto che non conosceva l’indirizzo. L’operazione false flag ha poche ragioni: 1) non siamo sotto elezioni; 2) la Francia non era alle prese con decisioni per le quali l’attentato poteva spostare opinione pubblica; 3) oltre a non avere chiari obiettivi, servizi segreti interni o esterni non si presentano con due unità che perdono scarpe e sbagliano indirizzo; 4) vedremo se la carta d’identità è vera o è un depistaggio. Per il momento, siamo qui.
CRONACA N.74 (08.01.15)
Siamo tutti Charlie? Espellere tutti i musulmani dall’Europa? Gli attentatori sono esperti professionisti che risparmiano colpi ed agiscono in maniera coordinata? Abolire Schengen? Colpito il cuore dell’Illuminismo europeo? Scontro di civiltà? Gli attentatori non sapevano neanche il civico della redazione e si dimenticano la carta d’identità in macchina? Charlie Hebdo stava preparando un numero sulle scie chimiche? Non tutti i musulmani sono terroristi? E’ stato lo stato islamico, lo hanno detto gli stessi attentatori che erano di Al Qaeda? Aveva ragione Oriana Fallaci? Pubblichiamo vignette di Maometto dappertutto? Perché Al Qaeda Yemen? Una risata li seppellirà? Serve una guerra!? Ne ammazza più la penna che la spada? La democrazia e sotto attacco? La Francia se l’è cercata? E’ stato il Mossad? Non sono d’accordo con te ma darò la vita per permetterti di esprimere le tue idee? Allah Akbar? Aboliamo le religioni monoteiste?
Un fatto come quello di ieri, alza molti punti interrogativi. I punti interrogativi chiamano con urgenza quelli esclamativi. So che non è facile trattenersi e rimanere in quella terra di nessuno in cui l’interrogativo ti pressa e tu ti trattieni da dargli in pasto il primo esclamativo che ti passa per la testa o proviene prepotente dal cuore. Ogni azione di quel tipo ha in obiettivo una reazione, prima di sapere anche ipoteticamente ma un po’ più fondatamente contro chi e contro cosa reagire è meglio trattenersi, sottrarsi, astenersi. Prima di iniziare la guerra dell’interpretazione, debbono cadere molti punti interrogativi deve depositarsi la fog of war che qualcuno ha deciso di alzare e dentro la quale si sta dileguando proprio in questi momenti. Lasciamolo scappare, ci sarà modo e tempo per rinvenirne le tracce.
CRONACA N.73 (05.01.15)
Non ci è stato possibile verificare l’attendibilità di questa notizia, nel senso che la prima fonte pare la Deutsche Wirtschafts Nechrichten, sulla quale esistono riserve. Si tratterebbe dell’annuncio dell’ambasciatore russo presso la UE, Chizhov, della volontà di proporre all’UE stessa di abbandonare la firma che la vincolerebbe all’area di libero scambio con gli USA (TTIP), in favore di un accordo generale con l’Unione euroasiatica e la Russia in modo particolare. Se non è vera è verosimile. Secondo chi scrive, l’intera faccenda Ucraina e tutto ciò che ne è conseguito in termini di sanzioni, guerre fredde sempre passibili di diventare calde ed altre tensioni, sono state messe in opera americane col chiaro intento di annettere l’intera Europa in un protettorato a guida americana. Il modo migliore di farlo, era preventivamente creare un sorta di muro invisibile alla frontiera con la Russia, frontiera che non esclude solo la Russia e l’Eurasia ma ovviamente anche la Cina. Trattasi di pura geopolitica, ovvero lo scongiurare l’incubo anglosassone si venga a creare un centro del mondo continentale che farebbe in parte dell’UK ma sicuramente degli USA, una periferia. L’articolo che così riferirebbe l’idea di Chizhov, batte proprio sul fatto che il commercio naturale è quello coi vicini. Lo sarebbe a maggior ragione dato il fatto che l’Europa ha una fondamentale mancanza energetica che è invece una eccedenza pura dei possibili partner alternativi, viceversa, costoro sono affamati di tecnologie e varie manifatture, incluso l’agroalimentare e l’artigianato di lusso su cui l’Europa ha vari punti di forza. Questi ragionamenti, rendono la notizia verosimile, perché sono incontestabili, logici e razionali mentre l’area di libero scambio con un simile-competitor ad un oceano di distanza, non lo è. La faccenda poi confermerebbe un’altra nostra convinzione. Quella che all’Europa, non converrebbe formare trattati esclusivi con nessuno. L’Europa è il partner di scambio generale ideale, per chiunque sul pianeta. Frazionata politicamente, priva di intenzione militare significativa, composta da persone che tendono ad invecchiare, dotata di prodotti e servizi di prima qualità, totalmente dipendente su qualsiasi materia prima inclusa l’energia, ha certo una valuta un po’ troppo forte ma che può rappresentare una valida alternativa nella composizione delle riserve. A volte, i punti di debolezza possono diventare punti forza. Perché mai una signora così anziana ma ancora piena di fascino, debba unirsi in vincolo a doppia mandata con dei cowboy rissosi ed anche un po’ presuntosi, non si capisce.
CRONACA N.72 (04.01.15)
La Grecia esce dall’euro, no rimane, ma ridiscute il debito, no mantiene i patti. A tre settimane dal voto, sembra più in fibrillo la Germania che la Grecia stessa. Il voto greco rappresenta un bel problema per i tedeschi. Se accettano di ridiscutere il debito, saltano le riforme ed il vincolo stesso, il che rappresenta più un problema relativamente a Portogallo, Irlanda, Italia ma per altri versi anche Francia e Spagna che non verso la Grecia in se stessa. Se non accettano di ridiscutere il debito e spingono la Grecia fuori dall’euro, prima di tutto occorre vedere se ne hanno facoltà (esiste una procedura per bandire qualcuno fuori dall’euro? e se pure si trova, la Germania avrebbe la maggioranza?), poi bisogna vedere cosa dice la Grecia stessa che non pare intenzionata minimamente ad uscire, poi bisogna vedere come si procedurizza la cosa ed infine bisogna vedere se la Grecia non starà meglio. Infatti, tolto più dell’80% del debito in mano alla troika, tolti gli interessi e considerato che l’economia greca è in avanzo primario, gli ellenici potrebbero passarsela veramente alla grande, il che sarebbe un esempio piuttosto negativo per chi rimane ancora dentro il Letto di Procuste eurista. Sembra allora che lo spiffero dello Spiegel che ha lanciato l’idea che Merkel e Schaeuble fossero favorevoli all’uscita della Grecia (senza che la Grecia ne manifestasse la minima intenzione), faccia parte di una dialettica interna che forse spinge affinché dall’euro, si prepari ad uscire la Germania stessa.
CRONACA N.71 (01.01.15)
Kim Jong-un, propone alla Corea del Sud un “grande cambiamento” nelle reciproche relazioni. La mossa di Kim Jong-un, potrebbe modificare gli equilibri di area. Se la Corea del Nord si aprisse a relazioni normali, gli USA si vedrebbero sottratto il “nemico ideale”, vertendo sul quale, può destabilizzare l’intera zona. La Corea del Sud verrebbe ancorpiù risucchiata nella grande area confuciana, stante i già sottoscritti recenti accordi di favore commerciale e valutario con la Cina. In Corea del Sud, tra l’altro, potrebbe arrivare gas russo, facendo passare le vie gasifere proprio in Corea del Nord. Il Giappone si troverebbe abbastanza in imbarazzo poiché questo nuovo network di relazioni tra dirimpettai, renderebbe ancor meno probabile il già poco probabile inserimento dei nipponici nel TPP, per altro frenato dalle nuove iniziative cinesi in ambito ASEAN. Non si può non immaginare che dietro la mossa del giovane dittatore nord-coreano, ci siano pressanti consiglieri cinesi. La lunga partita a scacchi per i nuovi assetti multipolari che oltre che probabili ormai sono un fatto, è appena a gli inizi. Chissà se gli strateghi di Washington hanno calcolato la nuova arte della diplomazia cinese, nei loro piani.
CRONACA N.70 (31.12.14)
Così mi seno più sicura… . Pare che una giovane signora dell’Idaho, in base alle leggi americane di molti stati tra cui quello in cui questione, andasse in giro con la rivoltella carica e senza sicura (ma con regolare porto d’armi) nella borsetta. Distratta dallo shopping a Wal Mart all vigilia di Capodanno, ha perso di vista il figlioletto di due anni, il quale afferrata la rivoltella dalla borsetta, l’ha puntata contro la madre e pum! pum! l’ha ammazzata. I bambini americani muoiono per colpa del fuoco amico dodici volte più spesso che negli altri paesi industrializzati, 33.000 americani l’anno compresi gli adulti. Sono 310 milioni le armi private stimate negli USA per circa 30 miliardi di dollari di quell’industria che organizza più di 4 milioni di corsi per maneggiare armi, rivolte solo ai bambini. Evidentemente la madre non l’aveva ancora iscritto. Mah…
CRONACA N.69 (31.12.14)
Oltre che con la Russia, la Cina estende a Malesia e Nuova Zelanda, la possibilità di transare le reciproche relazioni economiche, scambiandosi le rispettive valute, cioè senza passare per l’intermediazione del dollaro. I cinesi sanno come giocare col tempo. Non è la prima volta che fanno accordi del genere e non sarà l’ultima, cioè lo hanno fatto, lo fanno e la rifaranno, goccia a goccia e non tutto e subito. Nel tempo, questo comporterà una riduzione delle riserve in dollari ed un incremento delle riserve in yuan, poiché la Cina può contare sulla sua oggettività centralità nella rete degli scambi mondiali. Forse hanno ragione quegli analisti americani che nell’interesse degli USA, consigliano di smetterla con le pseudo-strategie di guerra fredda e impossibili trattati commerciali, –conventio ad escludendum– e prendere un piglio più realista. Sedersi ad un tavolo e trattare da posizione ancora di forza, una nuova Bretton Woods. L’alternativa è che la goccia cinese, piano piano, riempirà l’oceano monetario ed a quel punto, il mondo multipolare sarà un dato di fatto irreversibile. Notizie qui.
CRONACA N.68(29.12.14)
E così, il 25 Gennaio si va a votare in Grecia. Com’è noto, le previsioni dicono Syriza anche se problematica si fa sia la necessaria coalizione, sia l’attuazione del programma. Resa precaria la coalizione e resa problematica l’attuazione del programma, il neo-governo potrebbe cadere e favorire un ritorno dell’asse neodemo-socialista forte del pentimento popolare. Ma potrebbe anche andare diversamente. Syriza potrebbe portare in porto l’operazione di cutting del debito pubblico o, se la Troika muovesse a posizione dura, portare la Grecia fuori dell’euro. Ma recenti pronunciamenti di Bloomberg e Financial Times affermano che in fondo il debito greco è, in assoluto, poco cosa, Tsipras non è il diavolo, in fondo si condonò parte del debito ai tedeschi già nazisti, quindi in fondo… . O Tsipras potrebbe farsi prestare i soldi non più sul mercato, ma dal nuovo Fmi cinese, stante i forti investimenti che questi hanno effettuato ed hanno intenzione di effettuare in Grecia. Non vi è dubbio che il pasticcio greco è la madre di tutte le svolte. Il 25 potrebbe cambiare l’intero assetto dell’ordine europeo e con esso anche i nostri destini nazionali tra cui quelli di una sinistra smarrita che circondata da Syriza e Podemos, potrebbe chiedere l’affidamento a gli altri mediterranei. Chissà…
CRONACA N.67 (29.12.14)
Ohps, ci eravamo sbagliati! Le precedenti previsioni sulla demografia planetaria prevedevano un picco a 9 miliardi e il successivo ridiscendere. Questa nuova previsione, prevede gli 11 miliardi entro la fine secolo. Se il mondo vi sembra complesso a 7 miliardi, ad 11 cosa vi sembrerà? Se rispetto al secolo precedente, l’Occidente è sceso dal 25% a poco più dell’11% dell’attuale totale, stante che facciamo sempre meno figli, diventeremo il 6% o anche meno? Noi non abbiamo alcun elemento per credere o falsificare i dati della nuova ricerca uscita su Science, avendo però seguito l’argomento da anni, ad occhio, non ci sembra molto improbabile. In effetti non avevamo mai capito la razionale dell’altra, quella che stimava i 9 e la successiva flessione. Poiché qui spesso ci occupiamo della crisi di adattamento a cui siamo soggetti data l’inflazione demografica già registrata, quanto andiamo dicendo non fa che rendere più urgente una vasta e profonda revisione dei nostri modi di stare al mondo.
CRONACA N.66 (21.12.14)
La cronaca precedente segnalava la traiettoria di una possibile strategia USA, tesa a fare amicizia con quelli che fino a poco prima erano definiti nemici (Cuba-Sud America). Operazione che prelude probabilmente ad una intera ridefinizione delle due categorie, nel senso che nemici minori più che diventare amici, diventano nemici interni/aspiranti amici per far spazio a nuovi nemici maggiori che rimangono quelli esterni (Russia, Cina). Ecco allora che così potrebbe anche spiegarsi l’improvviso ravvedimento europeo sulla questione palestinese. Dopo la Svezia, la Gran Bretagna, la Francia e pare anche il Lussemburgo, il parlamento di Strasburgo ha approvato una risoluzione non vincolante per il riconoscimento della Palestina e con misteriosa sincronia la Corte di Giustizia UE, ha chiesto di togliere Hamas dalle organizzazioni terroristiche. L’Europa, prima con processione di singoli stati, poi con il corale parlamento, prima con pronunciamenti indicativi, poi con procedimenti che saranno dispositivi, potrebbe segnare una strada lungo la quale potrebbero incamminarsi anche gli Stati Uniti.
A noi qui non interessa se ciò è bene o male, se fa felice il popolo cubano o McDonald o fa vomitare bile verde a Netanyahu e rende un po’ di sorriso ai poveri palestinesi. A noi, qui, interessa la nuda dinamica. Assai improbabile che gli ignavi staterelli del vecchio continente abbiamo deciso prima in ordine sparso, poi corale, di ravvedersi sulle posizioni che avevano sul Medio Oriente. Impossibile lo abbiano fatto senza informare, quindi concordare, con i grandi fratelli yankee. Difficile accettare il caso di una sincronia Cuba-Palestina e non sospettare il deployment di una strategia. Inevitabile procedere all’induzione di una possibile offensiva simpatia anche in Sud America (come già abbiamo ipotizzato nella cronaca precedente) ed un buon fine dei possibili negoziati con l’Iran. Se così fosse, dobbiamo concludere due cose: 1) l’offensiva verso la Russia prima e la Cina poi si fa più possibile, sottrarre loro possibili alleati nel grande disordine mondiale, assorbire piccoli problemi per dedicarsi ai grossi, dice che tale direzione si fa sempre più probabile: 2) l’Europa ha già scelto da parte stare ed almeno di qualche astuzia della ragione che dovesse farsi largo nel Vecchio continente, il Grande Occidente è il nuovo patto di diamante (più resistente di quelli di ferro o di acciaio) stretto per affrontare i nuovi tempi complessi. Se ne deduce che i vari trattati TTIP o TISA si è già deciso, in un modo o nell’altro, di firmarli e l’accoppiamento struttural-funzionale di un SuperOccidente a guida anglosassone, sarà il nuovo sistema in cui vivremo. Come diceva il buon J.M.Keynes: “L’importanza dei soldi deriva essenzialmente dall’essere un legame tra il passato ed il futuro”, quando quelli del passato sono talmente tanti da sorreggere un presente che altrimenti sprofonderebbe in se stesso, nel futuro non c’è alternativa al rinsaldare i vecchi legami.
CRONACA N.65 (19.12.14)
“Todos somos americanos“: l’idea di normalizzare i rapporti con Cuba muove probabilmente dall’esigenza di non tenersi un alieno a poche miglia dalla costa. Se le relazioni con Russia e Cina dovessero mai volgere a livelli massimi di tensione nel futuro, meglio non dargli la possibilità di riscoprire o fare nuove amicizie con i caraibici. Conseguente la convinzione obamiana che il soft power (dollari, cultura di massa, immagine di mondo nel bundle “democrazia+libertà”) può ciò che non può l’hard power, è facile immaginare che i cubani si vedranno sommersi da turisti yankee gonfi di verdoni che entrati in possesso dei cubani verranno poi spesi per acquistare i doni appesi ai nuovi alberi della cuccagna che apriranno per riprendersi con la destra quello che è uscito dalla sinistra. Il destino di Cuba è quello di diventare centro di una circolazione allargata che, oltre a minimizzare il rischio di farla diventare un covo di nemici (veri), porterà l’isola a diventare una colonia satellitare quasi integrata nell’Unione. Questa è la traduzione di “Todos somos americanos“.
Ma c’è poi un secondo significato. Dopo l’implosione dell’URSS, Cuba ha perso sponsor e solo di recente ha ricevuto aiuti costanti dal Venezuela. Sottrarre Cuba alle influenze del Venezuela è anche sottrarre l’idea-Cuba dall’immaginario dei nuovi governi socialisti e nazionalisti sud-americani. Se l’ideal-tipo dello specifico indios-andino-sudamericano-zapatista-bolivariano-cheguevariano diventa “americanos” gli USA infliggono una sconfitta sul piano dell’idealità. Una operazione di “castrazione” della costruzione di un immaginario alternativo Non solo. L’operazione Cuba, mostra la possibilità di una più generale “operazione simpatia” degli USA vs il Sud America: “Dài, smettiamola di guardarci in cagnesco, cooperiamo, scambiamoci merci e denari”. L’operazione simpatia si fa vieppiù necessaria poiché la strategia USA di costruire un mondo di serie A fatto sulla base dei trattati TPP, TTIP, TISA, NATO ha nell’Africa e nel Sud America due ampi territori contesi, in cui l’influenza della Cina cresce nelle misura in cui quella USA decresce (ma anche viceversa). Questo mondo “americanos” dovrebbe diventare la Premier League del pianeta, cinesi, russi, siriani, indiani (se non si ravvedono) ed ogni “nemico”, la seconda serie sempre passibile di essere promossa in alto se collaborativa ma sempre passibile di essere ulteriormente retrocessa all’inferno delle speculazioni dei mercati, dei blocchi commerciali e dell’accerchiamento missilistico, se riottosa all’assimilazione. Questo è l’invito sotteso al “Todos somos americanos“.
La frase pronunciata da Obama è la versione simpaticamente mariachi, del nome e delle intenzioni di quel famoso think tank neo-con che si chiama “Progetto per un nuovo secolo americano”, poiché tanto che la versione sia “soft”, tanto che sia “hard”, alla fine sono sempre “todos americanos”.
CRONACA N.64 (17.12.14)
Siccome con i russi o i cinesi potrebbe mettersi giù dura, non mi sembra il caso di avere quell’isoletta al largo della Florida messa lì come una spina nel fianco. Potrebbe finire come nel ’62. Che fare? “Todos somos americanos“, olè!
CRONACA N.63 (17.12.14)
Pochi conoscono il TPP, qualcuno adesso conosce il TTIP, quasi nessuno invece conosce ancora il TISA che è in assoluto il più pericoloso perché nelle economie occidentali avanzate, il 70% del Pil è fatto dai servizi e non dall’industria e dall’agricoltura. La notizia è pubblicata da Repubblica e questo la rende ancor più significativa. Occupatevi un po’ del TISA, visto che il TISA si sta occupando di voi….qui.
CRONACA N.62 (16.12.14)
Negli ultimi giorni seguo poco da vicino le questioni economico-finanziarie. Vedo però di sfuggita che il prezzo del petrolio continua a sprofondare e con lui rublo, borse, indici delle pmi, economia giapponese, aspettative cinesi e preoccupazioni per i francesi e l’eurozona as usual. Insomma le cose non vanno bene. Ho letto solo velocemente un Rampini che,a proposito del petrolio, riferiva di un sentiment che aleggiava nel cuore della comunità banco-finanziaria statunitense, come di una grande gelata invernale dell’intera economia mondiale. Lo sprofondo certo è pilotato dalle decisioni arabo saudite di vero e proprio dumping ma pare che riscontri anche previsioni sempre più deprimenti sulla crescita mondiale. Di contro, passato velocemente in una libreria l’altro giorno, spiccava un volumetto giallo dallo squillante titolo “Contro la decrescita” di un certo Luca Simonetti. Il più noto Matteo Renzi invece spende e spande sorrisi e battute salaci a destra e manca, convinto che riuscirà a riportare la crescita in Italia. Riferisco il tutto con un certo distacco perché di questi tempi sono in uno dei periodici ritorni ad Hegel di cui m’interessa il concetto di filosofia come proprio tempo appreso col pensiero. Ecco, sto cercando di apprendere col pensiero un tempo in cui pare chiaro che il sistema economico non funziona più mentre tutti coloro che dovrebbero esser lì a studiarne come uscirne recitano il mantra “deve funzionare”, “non può non funzionare”, “contro chi dice che non funziona più”. M’interessa in particolare la persistenza inossidabile del pensiero magico nella mentalità umana. Vi farò sapere…
CRONACA N.61 (15.12.14)
Ci sarebbe dunque un professore di “informatica filosofica” dietro le ultime performance persuasive di Salvini. Non tutto il successo della Lega si può ridurre a Salvini e non tutto Salvini può essere ridotto al regista concettuale delle sue performance di comunicazione, così come non tutto il M5s può essere ridotto a Grillo e non tutto Grillo può essere ridotto alla Casaleggio associati. De resto, anche il consenso di Renzi non può essere ridotto a Twitter. Però è indubbio che così come molta egemonia culturale di certa sinistra si poggiava sulla sua presenza nelle élite di comunicazione stampa e televisione, così come molto Berlusconi si spiegava tramite controllo diretto ed indiretto di un potente esercito mediatico di massa, i nuovi fenomeni politici (Podemos in Spagna ad esempio) vertono sull’uso delle nuove tecnologie di rete. E’ un progresso democratico? Beh dipende dal termine di riferimento. Se questo è il possesso di enormi capitali che permettono il controllo dei costosi giornali e televisioni, una presenza coordinata ed efficiente sulla rete è senz’altro più aperta. Né M5s, né la nuova Lega esisterebbero senza questa possibilità (sebbene la Lega, cioè Salvini, utilizzi non meno i mezzi tradizionali). Se il termine di riferimento è la teoria politica della democrazia, ovvero partecipazione attiva, informata ed in prima persona alla decisionalità politica di grandi gruppi di individui, allora le attuali forme push della rete non hanno in sé nulla di democratico. La rete, al massimo, riproduce le forme del marketing della persuasione, il push&pull che è appena più avanzato del bombardamento mediatico indiscriminato. La strada per la democrazia è ancora molto ma molto lunga e forse sta proprio su un’altra mappa che non quella di Internet.
CRONACA N.60 ( 13.12.14)
Dagli scontri per le questioni razziali alle ultime notizie sulle torture della CIA, dalle involuzioni della politica estera del gigante nord-americano, ai morti settimanali vittime di qualche pazzo che scarica la sua mitraglietta -legalmente acquistata e posseduta-, l’immagine che proviene dagli USA, parla di disagio strutturale, un irrigidimento del sistema posto sotto le forti pressioni di un mondo complesso che sta abbandonando il mono-polarismo statunitense al suo destino. Da tempo si parla dei campi FEMA come di un presupposto logistico per catastrofiche evenienze. Qui si dà conto di un primo utilizzo, quello di bonificare il sogno americano dai fallimenti che ne testimoniano la falsità. Significativo il procedimento del chip sottocutaneo, una vera e propria strategia del monitoraggio totale, incentivata in molto modi e che prima o poi, diventerà standard nel paese della libertà, un paese in cui, fino non molto tempo fa, non era obbligatorio neanche il possesso di una semplice carta d’identità. Gli USA non stanno bene.
CRONACA N.59 ( 12.12.14)
Il Sinn Féin irlandese, passa per essere il volto politico e pubblico dell’IRA, ma anche un partito dichiaratamente di sinistra, socialista e democratico. Ora, sembra sia passato in testa ai sondaggi politici, creando una sorta di triangolo con la Grecia di Syriza e il Podemos spagnolo. Tre quinti dei maiali PIIGS quindi, sembrano volersi ribellare allo scannamento. Il paese di Gramsci e della Resistenza, di Di Vittorio e Berlinguer invece, vede il suo ex leader Maximo, fischiato ed insultato a Bari mentre la nuova generazione si è messa la camicia bianca e favoleggia di una Terza Via (allo scannamento?). I sistemi cedono sempre nella loro parti più deboli che poi sono quasi sempre, quelle periferiche. Evidentemente l’Italia si sente ancora troppo interna al sistema per oggettivarlo, l’autocoscienza è debole, il cambiamento reale non voluto.
CRONACA N.58 ( 10.12.14)
Saxo Bank presenta un elenco di catastrofi (i cigni neri sono eventi rari ma non impossibili) che potrebbero devastare un già problematico forecast 2015. Ma l’elenco che comprende alcuni wishful thinking come il default russo, non comprende altre ipotesi, magari meno “cigni neri” che non l’attacco hacker ad Amazon. Elezioni in Grecia con vittoria di Syriza con ripercussioni nel sistema europeo, complicazioni geopolitiche gravi dal Medio Oriente all’Asia, qualche incidente nelle scaramucce USA-Russia (non necessariamente militare), fine dell’euro per abbandono tedesco, qualche evento pilotato per coprire qualche altra imminente catastrofe dei mercati fragilizzati o delle valute. Insomma Saxo pensa che il 2015 potrebbe essere l’anno in cui toccheremo il fondo ma potrebbe invece essere l’anno in cui capiremo che al fondo non c’è mai fine…
CRONACA N.57 ( 09.12.14)
Primo partito di Spagna, secondo un sondaggio di un mese fa per El Pais, Podemos è la terza novità politica mediterranea dopo la greca Syriza e l’italiano Movimento 5 stelle. In effetti, Podemos sembra mixare elementi del primo con quelli del secondo. Radici teoriche che affondano in Gramsci e Laclau, movimento fisico e virtuale, che si dichiara “né di destra, né di sinistra” ma poi iscritto al gruppo europarlamentare GUE/NGL, con leader carismatico ma fondato su i principi della democrazia diffusa e diretta. L’indagine di Pucciarelli e Russo Spena giunge puntuale. La sinistra radicale spagnola perderebbe il 66% della propria forza in favore di questo nuovo contenitore, segno che c’è qualcosa che la sinistra non ha capito ancora. Sembra invece averlo capito Syriza, la cui paventata vittoria in ipotetiche elezioni anticipate, ora un po’ più probabili dopo l’azzardo di Samaras, sta diffondendo il panico nei mercati.
CRONACA N.56 ( 05.12.14)
Gli stati occidentali, dopo aver a lungo permesso l’evasione e l’elusione fiscale di multinazionali e grandi possessori di capitali, ora vanno alla raschiatura del barile fiscale. Dopo l’offensiva USA seguita da quella tedesca e francese contro la Svizzera, dopo la “scoperta” che il Lussemburgo di Juncker ovvero del capo della Commissione europea per otto anni presidente dell’Eurogruppo era il capo di una organizzazione criminale che ha sottratto imponibile per anni se non decenni, dopo la lettera dei ministri economici di ITA-FRA-GER allo stesso Juncker che lo “invita” ad emanare direttive contro questi paradisi che si riproducono tra l’altra anche in Irlanda ed Olanda, ora arriva addirittura l’UK. Qui la notizia. Che la “baia dei pirati” scopra ora che si debbano pagare le tasse, dice di quanto è disperata la situazione dei bilanci nazionali.
CRONACA N.56 (05.12.14)
Peccato non ci sia un CENSIS mondiale, un Rapporto Mondiale di visuali integrate che tenti il monitoraggio dell’ Era della Complessità su scala planetaria. Intanto però possiamo approfittare della versione italiana. Oggi si presenta il 48° Rapporto, intanto una anticipazione, a giorni magari una sintesi prodotta dall’istituto stesso.
CRONACA N.55 (01.12.14)
Articolo di Repubblica sul profondo Nord europeo. Gli scandinavi hanno una aspettativa di vita alta, subito dopo quella italiana per Svezia e Norvegia, poco più in là per la Finlandia. La Finlandia ha recentemente perso il suo perno economico (Nokia), la Norvegia è legata a quotazioni del petrolio discendenti e riserve in vista del limite. Vicini tradizionalmente neutrali della Russia, connessi alle vicende europee anche se poco inclini ad accoppiamenti strutturali (solo la Finlandia aderisce all’euro e mostrandosi per altro assai insofferente), gli scandinavi-lapponi, sono anche loro preoccupati del Mondo Nuovo.
CRONACA N.54 (30.11.14)
Si affaccia una nuova interpretazione della meccanica quantistica. La Teoria Many Interacting Worlds (MIW) è una derivazione della interpretazione cosiddetta a molti mondi proposta da Hugh Everett III ma con importanti distinguo. In pratica, la teoria (che è matematica) ipotizza l’esistenza di molti mondi, ognuno governato da leggi deterministiche di tipo newtoniano, ma che, a volte, interferiscono tra loro. Sarebbero queste interferenze dovute a (casuali?) interrelazioni tra i diversi mondi, il momento in cui si manifestano alcuni tra i più bizzarri effetti quantistici. La segnaliamo, solo perché essa si basa sulla stessa matrice logica che informa la più generale cultura della complessità, la relazione tra sistemi diversi. Non siamo in grado di dire se ha una qualche solidità in campo fisico, ma riteniamo interessante notare il fatto che sia stata pensata, ricorrendo al concetto di interrelazione tra mondi-sistema. Forse sarebbe piaciuta ad Einstein, storicamente a disagio con le derive metafisiche di alcune interpretazioni della MQ che pure aveva collaborato a fondare e forse anche a D. Bohm, che ipotizzò non proprio “altri mondi”, ma almeno un altro, in cui però valevano altre leggi fisiche. Il link, porta ad un articolo in cui ci sono altri tre link, tra cui quello al paper originale, per chi fosse interessato a saperne di più.
CRONACA N.53 (28.11.14)
Arriva uno scoppiettante Natale e gli americani si preparano sfruttando gli sconti del Black Friday. Basta con l’elettronica e la moda, quest’anno va il fucile a ripetizione con mirino laser. Fossi una renna finlandese direi a Babbo Natale che negli USA, quest’anno ci va da solo, al massimo può usare un Hummer blindato trainato da quattro F-35. Auguri!
CRONACA N.52 (28.11.14)
Nella CRONACA N.29 avevamo già segnalato la dinamica legata al prezzo del petrolio. Il target price sotto il quale l’estrazione di shale gas diventava unprofit era di circa 80 dollari, quello sotto il quale la Russia andava praticamente in default era su i 60 dollari. Ieri si sono toccati i 66 dollari. Tutti i paesi produttori-esportatori avranno fortissime ripercussioni, Iran-Iraq, Venezuela, centro-asiatici, Russia, Nigeria, nord-africani, Messico, Canada e financo Norvegia. La Cina invece sorride di sottecchi essendo compratore netto. Negli USA si crea un problemino per il quale estrarre shale gas diventa manifestamente improduttivo ed anche le varie “sorelle” vedono aprirsi voragini nei bilanci e quindi nelle quotazioni. Si possono così forse spiegare le misteriose dimissioni di Chuck Hagel di cui abbiamo parlato nella CRONACA 48. A questo punto, a gli USA, conviene tornare a procurarsi fonti estrattive meno costose dello shale, cioè tornare in Medio Oriente. Registi dell’operazione di dumping, i famigerati “stati del Golfo”, Arabia Saudita in testa, che vogliono gli USA in Medio Oriente contro la Siria, contro l’Iran, contro il governo sciita del’Iraq. Dopo aver scatenato l’ISIS e constatato che la mossa aveva funzionato poco, ora la buttano giù dura, rifiutandosi di tagliare la produzione, sapendo che loro possono reggere per molto tempo questo tracollo dei prezzi, tutti gli altri, no. Tagliare teste e non tagliare l’estrazione, questa la doppia mossa della famiglia Al-Saud in grado di condizionare l’intero ordine mondiale.
CRONACA N.51 (27.11.14)
Speech del 107th presidente dell’ASA (American Sociological Association) all’annuale consegna degli awards della disciplina: Erik Owen Wright ( inclusa la presentazione da 49:00 alla fine). Il titolo della presentazione è REAL UTOPIA, concetto forse influenzato dall’utopia concreta di Bloch ma decisamente declinato con una propria logica. Il ragionamento di riferisce all’ipotesi di una teoria sociale emancipativa basata su i principi morali a priori dell’uguaglianza, della democrazia e della sostenibilità. Del discorso forse daremo conto più estesamente in un prossimo post. Owen Wright assieme a Robin Hahnel è autore di “Alternatives to Capitalism” in prossima uscita il prossimo 3 Dicembre. Interessante.
CRONACA N.50 (27.11.14)
Una ottima riflessione di C. Freccero su complessità e sinistra, qui. Il tema è oggetto di una riflessione in tre puntate di cui sto per pubblicare la prima, una riflessione che ho in mente da tempo ma che è difficile da mettere giù. Purtroppo sono già in ritardo avendo saltato la pubblicazione del post dell’ultimo lunedì, penso che la prima parte la pubblicherò ormai il prossimo lunedì. Il tema è cruciale e mi appassiona molto ma la fretta è cattiva consigliera. Per fortuna questo blog non produce verità minerali e quindi uscirà allo stato di completezza che le mie capacità mi permettono, cioè limitato. Del resto il tema, più in generale il disallineamento tra la complessità del mondo e le nostre capacità mentali e culturali, è quello che regge l’intero blog che quanto a quaderno di ricerca pubblico, rimane aperto ed incompleto di sua natura.
CRONACA N.49 (25.11.14)
Stavo giusto leggendo un libro che citava Guy Debord “il vero è un momento del falso” quando ecco on line la notizia della Russia che finanzia l’internazionale nera e chissà, prima o poi anche la Lega (qui). Guarda un po’ il giorno dopo la performance leghista in Emilia Romagna. La notizia era circolata in rete tempo fa addirittura parlando di una misteriosa riunione in un castello del Centro Europa, nazifascisti e apparati di Putin allacciati in rapporti scabrosi a base di euroasiatismo e tradizione. Per altro, pochi istanti dopo l’inizio delle ostilità in Ucraina, i russi hanno cominciato a spargere a piene mani, accuse di nazismo nei confronti degli ucraini. Poi i russi presentano una mozione ONU di cui abbiamo parlato nella CRONACA 46 per stanare americani ed europei, invitandoli a firmare una retorica censura contro nazismi e xenofobia di ultima generazione, cioè ucraina. Americani ed europei abboccano e votano contro-si astengono venendo lapidati su Internet con la diffusione di quel foglio la cui agghiacciante contabilità dice più di ogni commento. Per altro, è recente l’outing di una nota grande firma del giornalismo tedesco che ammette l’iscrizione a libro paga della CIA, sua e di molti suoi colleghi. Su Internet dilagano informazioni e controinformazioni ed informazioni travestite da contro informazioni in modo da sembrare informazioni di altro tipo. Lo stesso libro che stavo leggendo, riporta un brano di un manuale di Psywar, redatto da un alto papavero delle forze armate e di intelligence americane, S. E. Pease, il quale sosteneva un dottrina semplice “non importa quale sia la “verità”: voi siete un bravo ragazzo […] e il nemico è Satana”, se Satana è occupato, Hitler va benissimo uguale. Questo è ciò che in strategia pubblicitaria è anche chiamato net take away, la sostanza che ti porti via dopo l’esposizione al messaggio. Noi siamo l’oggetto del contendere, quella democrazia dell’ignoranza emotiva che deve dare il suo manicheo “sì ti credo, sto con te” a questo o quel satana che accusa l’altro di essere in verità un satana mentre lui è un bravo ragazzo. Forse poi le notizie qui date sono del tutto vere o del tutto false o vere ma date con interesse da chi è falso nella pretesa neutralità o false ma date in buonafede. Quindi? Astrarsi dalle notizie particolari e seguire i corsi generali, ragionare con la propria testa e nel turbinio di angeli e diavoli, coltivare un pragmatico ateismo. Ma sopratutto, coltivare l’autonomia, quando potenze aliene si scontrano sopra la tua testa strattonandoti chi da una parte, chi dall’altra, ricordarsi che il tuo interesse puoi coltivarlo solo tu. Come dice il Razzi-Crozza “ti do un consiglio d’amico, delega te stesso!”.
CRONACA N.48 (24.11.14)
Obama ha dimesso il Segretario alla Difesa, Chuck Hagel. Ex – repubblicano molto scettico sull’avventura irachena, conosciuto per una dichiarato anti-sionismo, incaricato di ritirare le truppe dall’Afghanistan e tagliare sensibilmente il bilancio alla difesa, Hagel viene imputato di non aver saputo fronteggiare l’affare Isis. Voci di stampa americana, parlano di nette divergenze sulla Siria. Se Hagel era il decorato in Vietnam incaricato di ritirarsi dal Medio Oriente e sgonfiare la macchina bellica USA, non ci vuole uno scienziato politico per capire dove svolteranno gli ultimi due anni di Obama.
CRONACA N.47 (24.11.04)
Come decodificare l’impetuosa affermazione dell’astensionismo nelle elezioni regionali di Emilia Romagna e Calabria? Con l’inutilità del gesto, votare non serve. Non serve perché non cambia le cose, non serve perché il voto non è ritenuto una informazione che i votanti inviano ai votabili, non serve perché si accetta passivamente che altri scelgano chi deve governare. Lo svuotamento del senso del voto era uno degli obiettivi principali che si posero gli strateghi della maggioranza silenziosa (silenziosa perché il suo silenzio è assenso), già negli USA anni ’60. Il fine è quello di tornare alla struttura originaria del sistema parlamentare, quello in cui pochi votavano i pochissimi, perché la politica è cosa elitaria. L’uso della parola democrazia è bandito da queste considerazioni perché sarebbe blasfemia categoriale l’accostamento del concetto del governo dei molti a questo elitismo strisciante. Che fare? Una proposta di legge per la quale al 49,99% dei votanti, le elezioni sono nulle e si riconvocano.
CRONACA N.46 (23.11.14)
Circola su facebook l’articolo che dava questa notizia, ma vedere fisicamente il documento ONU che contabilizza il voto contro di USA, Canada ed Ucraina e l’astensione europea (Italia inclusa) alla risoluzione: “Combattere la glorificazione del nazismo, neo-nazismo, ed altre pratiche che contribuiscono ad alimentare forme contemporanee di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e relativa intolleranza” fa, a dir poco, impressione:
Fai clic per accedere a L56.Rev1.pdf
CRONACA N.45 (19.11.14)
Oggi ci occupiamo di speciazioni strutturali. I fatti sono questi: 1) il Senato americano boccia lo USA Freedon Act che intendeva limitare la possibilità di spiare indiscriminatamente le telefonate private da parte dell’ NSA; 2) la Direzione affari religiosi turca stabilisce e quindi vieta, l’esposizione di immagini private su i social network, perché contraria alla morale islamica. Sulla faccenda turca si possono dire due cose. La prima è che Ankara, oltre all’amicizia fattiva con l’Isis, sembra volersi adeguare ad un vento hanbalita, quindi tradizionalista, come proprio modo di interpretare l’Islam. La seconda è che questo fatto ne segue altri, tutti diretti se non a sospendere, quantomeno a limitare, l’utilizzo di Internet ed in specie dei social network che furono, come altrove, il media portante della varie rivolte, da quella originaria di Gezi park a quelle più recenti seguenti i fatti curdi. Su quella americana, vale a commento quello che ha detto il capo repubblicano al Senato Mitch McConnell: “Questo è il momento peggiore possibile per legarci le mani dietro la schiena“. Il fatto americano è di natura telefonica ma fa capire più in generale che tipo di atteggiamento c’è e ci sarà sempre di più, rispetto al volume complessivo della comunicazione umana che gli statunitensi vogliano controllare. Ne consegue la possibilità si creino due specie di Internet, processo già in corso. Quello tutto aperto, tutto libero e tutto spiato di matrice anglosassone. Quello frazionato, a tratti chiuso, controllato preventivamente dalla censura, di tutti quelli (russi, cinesi, islam etc.) che: a) esercitano il controllo sulla popolazione con mezzi antagonisti ad Internet; b) non vogliono essere spiati dagli americani. Comunque, repressi prima o spiati poi, sempre di controllo si tratta.
CRONACA N.44 (17.11.14)
Il Giappone cade in recessione tecnica (due trimestri di Pil negativo) e la performance annuale sarà negativa anch’essa. Il Giappone era stato vivacizzato dalla politica economica del primo ministro Shinzo Abe, che si era meritata addirittura una propria definizione (abeconomics) ed era stata varata, proprio per rivitalizzare una economia che viaggiava in depressione da un decennio. Punto di forza, del Giappone più che di Abe, la sovranità monetaria. Abe poteva svalutare per tentare di star dietro allo yuan e finanziare un debito pubblico senza limiti, per altro tutto interno (ovvero che non deve preoccuparsi di rivolgersi al fatidico “mercato” e quindi fare i conti di spread di vario tipo). Oltretutto, Abe, stampando moneta come un ossesso, poteva produrre inflazione senza che Merkel avesse un attacco di possessione satanica. Ebbene tutto ciò non è servito a nulla o quasi, dopo un breve sussulto del paziente, l’encefalogramma è tornato piatto. Forse dovremmo cominciare a domandarci se lo standard occidentale è davvero quello delle economie anglosassoni e talvolta delle Germania ed il resto del capitalismo occidentale è in mano ad incompetenti o se al contrario, lo standard del capitalismo occidentale è quello della decrescita dei volumi economici e fattori contingenti fanno sì che alcuni, per ragioni che magari hanno a che fare con lo strapotere banco-finanziario o con quello militare e quindi geopolitico o con l’aver avuto colonie in tutto il mondo, riescono ad attutire i colpi di questa contrazione strutturale che rischia di diventare un destino. Ne va della diagnosi, poiché nel secondo caso vanno bene le varie “ricette” che folleggiano nel panorama dell’opinionismo, nel primo caso invece, vorrebbe dire che c’è un problema strutturale ben più grave, un problema epocale che si sta cercando di rimuovere in tutti i modi: noi Occidente, non abbiamo più le condizioni di possibilità che abbiamo avuto per più di due secoli. Fine.
CRONACA N.43 (12.11.14)
La notizia del giorno è ancora incerta nei dettagli ma è troppo ghiotta per non meritare un commento. Si tratta dell’annunciato accordo sul clima Cina – USA, accordo che forse presuppone anche altri accordi per un totale maggiore delle parti. Un totale che è lo stato delle relazioni Occidente – Oriente, USA – Cina, ex-Nuovo Mondo con il Mondo Nuovo. Per l’accordo sul clima il commento è più semplice. Obama segna un punto con la sua linea di conversione energetica, Xi Jinping pareggia auto-ironizzando sul cielo blu APEC (l’autoironia cinese è un ex-novo significativo) e schierandosi a favore di quella linea. La Cina si mostra intenzionata a prendersi responsabilità planetarie. Si tenga conto che la Cina è la seconda economia per la produzione di impianti di energia alternativa (la prima è la Germania). Ma Obama segna anche due punti su questioni interne. Il primo è che se tale accordo venisse confermato, i produttori di petrolio (in misura minore quelle del gas naturale come la Russia, Canada, Iran, Qatar o lo stesso fracking americano. Il gas naturale rappresenterebbe un prodotto di transizione dal petro-carbone alle rinnovabili) avranno dei problemi strategici in quanto il loro prodotto verrà progressivamente messo all’indice. Ne consegue uno spiazzamento per le lobby petrolifere interne ed esterne a gli USA, queste ultime da intendersi sopratutto come stati – monarchie del Golfo, già molto nervose. Il secondo è la messa in grave imbarazzo del nuovo Congresso a guida repubblicana, un Congresso che difficilmente favorirà le azioni necessarie che conseguono l’accordo, mostrandosi in una luce sfavorevole in vista delle elezioni presidenziali 2016. Questo dice che Obama, per quanto anatra zoppa, ha intenzione di mettersi in conflitto interno proprio contro tutti i fronti politici che l’hanno azzoppato, non solo i repubblicani ma anche i realisti interni al partito democratico. Per lo stato dei rapporti generali tra Cina ed USA il commento è più difficile. Gli USA sembra che tollereranno gli sforzi di Pechino per creare la nuova area di libero scambio che includa entrambi (Ftaap che però è solo all’inizio di un processo molto lungo e difficoltoso) e chissà cosa faranno del loro Tpp, che per altro è incagliato. Un assetto diarchico USA – Cina, una bi-polarizzazione del mondo è realistico (quello solo USA è irrealistico, quello decisamente multipolare è del tutto negativo per gli USA) e non esclude né momenti di frizione tipo guerra fredda, né momenti di collaborazione tipo accordo sul clima. Diventerebbe una partita aperta, una negoziazione permanente, una coreografia vivace fatta di abbracci e spintoni. E’ presto per dire, vedremo…
CRONACA N.42 (11.11.14)
Sul vertice APEC in corso a Pechino, sulla nostra nobile stampa nazionale (salvo alcune eccezioni), potrete trovare foto di tuniche viola e blu, notizie sul disinquinamento forzato dei cieli sopra la capitale, discorsi di Obama su i diritti umani, chilometrici tappeti rossi srotolati a benvenuto dei leader ed altre note di colore. Segnaliamo questo articolo del manifesto (forse dovrete registrarvi per leggerlo) che almeno dà qualche contenuto di merito più sostanzioso. In breve: la Cina aumenta l’acquisto di gas russo e Mosca e Pechino trattano il cambio diretto di rublo ed yuan senza passare dal dollaro, Xi Jinping incontra privatamente Shinzo Abe, la Cina apre un fondo d’investimento asiatico per implementare la nuova Via della Seta (ce ne è una di terra ed una di mare) con 40 mld US$, apre una banca per investimenti infrastrutturali in Asia con 100 mld US$, firma un accordo di libero scambio con la Corea del Sud ( abbastanza sottovalutata, la notizia è importante perché crea un asse di rilievo tra due economie moderne e molto dinamiche e sottrae l’esclusività di relazione a gli USA) e chiude il vertice con la sottoscrizione di un accordo per avviare il processo di creazione di un’area di libero scambio (Ftaap) tra tutti e 21 i paesi APEC, quindi anche gli Stati Uniti. Con il fondo e la banca, che si sommano alla banca dei BRICS, il ruolo di Fmi e WB viene significativamente marginalizzato per la prima volta dal 1945. Con i trattati di libero scambio, la Cina marginalizza il progetto Tpp promosso dagli USA a loro volta, per marginalizzare la Cina. Da una parte c’è il principio di inclusione, dall’altra quello di esclusione, un chiaro segnale dei rapporti di forza. Con i successivi accordi che si possono già prevedere di scambio valutario diretto, verrà marginalizzato il dollaro. Insomma, l’Asia è persa, la Cina dilata la propria proiezione economica e finanziaria, quindi geopolitica, si salda ulteriormente l’asse russo-cinese, difficile che i paesi TPP resistano al richiamo continentale e difficile anche la posizione giapponese. Quello che impressiona di questa dinamica è la progettualità. La Cina ha progetti, tanti, solidi, strategici, basati sulla convenienza di reciprocità, sostenuti non da chiacchiere ma da concreti ed ingenti investimenti, un leader forte che ha otto anni di mandato davanti a se. L’Occidente in compenso schiera una anatra zoppa ed un avvocato di un Gran Ducato che tratta privatamente accordi di evasione fiscale in nome della libera concorrenza. Come finirà ?
CRONACA N.41 (09.11.14)
Torniamo ad occuparci di Islam ed Is. Quanto all’Islam o meglio alla cornice delle questioni che è necessario comprendere per interpretare cosa sta avvenendo, linkiamo una ottima intervista al prof. R. Guolo, docente di sociologia delle religioni dell’Università di Padova (Trieste e Torino), qui (partire direttamente da 06:20). Secondo Guolo e noi con lui (si veda qui e qui, nel nostro piccolo abbiamo esposto più o meno gli stesso argomenti in una analisi di due mesi fa, immediatamente a ridosso dei primi eventi), la questione islamica che prende forma in quanto sta succedendo in Medio Oriente deriva da due fattori: 1) l’annosa e storica contrapposizione tra Arabia Saudita ed Iran (sunniti vs sciiti, arabi vs iranici); 2) una lotta per l’affermazione di un canone interpretativo centrale dell’Islam, promosso dai wahhabiti arabo sauditi. Il che ci stimola una domanda: perché gente come Guolo che è evidente che sa di cosa sta parlando, non vengono esposti come prima risorsa nella miriade di programmi d’informazione che dovrebbero cercare di illuminare la nostra conoscenza degli eventi ?
Quanto all’Is, si segnala che ieri è girata la notizia data da Al Arabiya (network degli Emirati Arabi Uniti apertamente concorrente di Al Jazeera network del Qatar), della possibile morte di al-Baghdadi. Nella nostra CRONACA N.16 del 1 ottobre scorso, rischiavamo la profezia che ad un certo punto il pupazzo al-Baghdadi sarebbe stato sacrificato per stabilizzare l’Is ovvero condurre una transizione dalla fase tagliagole assatanati a quella stato di fatto. Forse non è ancora giunto il momento, forse l’operazione non sarà così lineare (chissà che non ci sia una divisiva contrapposizione strategica tra EAU ed arabi sauditi o tra fazioni degli stessi) ma siamo curiosi di vedere se nei prossimi tempi, si cercherà di compiere questa transizione. Crediamo che, prima o poi, lo stato islamico verrà presentato come stato di fatto, ripulito delle espressioni più incivili e stabilizzato come baluardo della fede pronto a dettar il canone del nuovo (vecchio) Islam tradizionalista wahhabita.
SEGNALAZIONE N.1 (07.11.14)
Piero Pagliani è un mio compagno di logos, di discorsi che intrecciamo settimanalmente su un libero spartito di questioni. La nostra origine e formazione è certo diversa ma per una certa magia, riusciamo a ruotare sincronicamente intorno alle questioni facendo dialogare i nostri due punti di vista. Così, spesso i giudizi finiscono con il coincidere o con il darci reciproca curiosità sull’altrui posizione, stimolarci a un nuovo percorso. Segnalo quindi con piacere questo suo piccolo saggio di riflessione sulla questione del potere, questione centrale della condizione civile, questione che ci spinge a cercare, sempre e di nuovo daccapo, la difficile strada dell’emancipazione: qui.
CRONACA N.40 (06.11.14)
J.C.Juncker è il nuovo presidente della Commissione europea. Juncker è stato primo ministro del Granducato (l’unico granducato al mondo!) di Lussemburgo per diciotto anni, un caso di rimarchevole longevità politica, quasi pari a quella di Greenspan alla Fed e di quella di alcuni dittatori africani. Il Lussemburgo è grande come tre quarti della Val d’Aosta, ha una popolazione inferiore a quella di Genova ed il pil pro capite più alto al mondo (2012). Pochi, ricchi, felici. Come fanno? L’86% della ricchezza è data da servizi ed in particolare dalle 152 banche che ivi risiedono, più le finanziarie, i fondi e le 9000 holding che si godono il vantaggioso ecosistema lussemburghese. Questo irreprensibile paesino, già inserito nella lista grey dei paradisi fiscali e che ha il più alto indice al mondo di corruzione percepita, ha eletto ripetutamente Juncker a suo dominus, un personaggio molto amato in tutto il mondo dato che ben 15 paesi gli hanno voluto riconoscere gran croci e decorazioni al merito e ben più di cinquanta istituzioni accademiche gli hanno tributato premi, menzioni, lauree honoris causa. E’ stato anche presidente dell’Eurogruppo per otto anni, governatore della Banca Mondiale per sei ed anche governatore al FMI. Questo avvocato che non ha mai esercitato la professione, piace alla gente che piace. Perché?
Ecco qui, una ricerchina condotta dall’Icij, il consorzio internazionale dei giornalisti investigativi uscita giusto ieri, dopo che il nostro eroe aveva ironizzato su Renzi ma anche su Cameron (ahi, ahi, ahi mr. Juncker!). Le 28.000 pagine di documenti riservati setacciate da più di 80 giornalisti di 26 diversi paesi, scoprono l’ovvio: il Lussemburgo è un centro di sistematica evasione fiscale. Pepsi, IKEA, FedEx ed altre 340 compagnie internazionali hanno avuto accordi segreti diretti con il paradiso centro-europeo, per minimizzare il loro prelievo fiscale.
Quindi, il capo di questa associazione a delinquere che ha forma addirittura stato-nazionale è stato eletto da centro-destra e centro-sinistra continentali a capo dell’Europa e da questa posizione continuerà ad impartire le lezioni su rigore, restrizione dei diritti, sacrifici, deregolamentazioni per fare crescita, ovvero profitto per attori che poi porteranno i sudati proventi della loro stimata intraprendenza in Lussemburgo dove verrà garantito allo 0,1% della popolazione continentale un futuro di benessere ed agio in base al fatto che lì si applicano leggi speciali e tasse minime. Sono previste anche bacchettate a gli stati che spendono più di quanto incassano, stante che quanto incassano è meno di quanto potrebbero visto che le grandi imprese pagano le loro tasse direttamente a Juncker. A raccontarlo uno non ci crederebbe.
CRONACA N.39 (04.11.14)
E’ il giorno delle elezioni di mid-term begli USA. Si prevede la vittoria dei repubblicani che, conquistando entrambe le camere, opporrebbero un blocco sistemico all’agire politico di Obama. Cosa potrebbe cambiare in politica estera? Beh i repubblicani sono decisamente guerrafondai ma sopratutto legati a triplo filo con quelle lobby dell’industria delle armi di qualunque tipo, ai contractor, a tutta quella pletora di imprese private che pasteggiarono a lungo con i copiosi investimenti che seguirono le invasioni dell’Afghanistan e dell’Iraq. Sono altresì a quadruplo filo intrecciati con il sionismo israelita e da legami forti di interesse petrolifero con le monarchie del golfo. Ne potrebbe conseguire una spinta chissà se resistibile o meno all’invio di truppe in Medio Oriente per una nuova orgia di conquest&destroy, una girata di spalle ai negoziati con l’Iran, una ripresa in agenda della distruzione di Assad in Siria. Anche con la Cina si propagandano intenti minacciosi, magari più ristretti alla sfera commerciale, mentre con la Russia, gli intenti bellicosi degli ucraini e da ultimo, dei polacchi potrebbero ricevere una degna sponda. Le trattative su i vari trattati di libero scambio potrebbero avere una accelerazione, i repubblicani si sono mostrati sempre molto più favorevoli dei democratici a questo tipo di strategia. Ma poi, bisognerà vedere come tutto questo si trasforma in politica, poiché la vera guerra non è quella delle maggioranze parlamentari, ma la lunga corsa alle presidenziali del 2016. Bisognerà anche vedere la composizione della truppa repubblicana poiché i Tea Party sono una cosa, i conservatori storici un’altra, i libertariani poi, tutt’altra ancora. Questi ultimi, che i sondaggi danno in grande spolvero, in linea di principio sarebbero non interventisti e del tutto sfavorevoli ad opporre qualsivoglia barriera al commercio con chicchessia. Insomma, l’ipotesi più probabile sembra essere un presidente ostaggio della parte avversa, i repubblicani ostaggio della loro strategia per le presidenziali future e gli Stati Uniti ancora più nervosi e schizofrenici del solito.
CRONACA N.38 (02.11.14)
Nel nostro commento post elezioni europee, si faceva la facile previsione che l’euro si sarebbe dissolto di lì a non molto. Questa notizia (Libero, Il Foglio) accenna a qualcosa del genere. Non è questa la prima volta che escono indiscrezioni in tal senso, probabilmente non sono neanche del tutto vere o forse sì. Rimangono però validi i punti del nostro ragionamento, ribaditi dall’economista A. Melltzer nella sua intervista al Foglio. Aggiungerei un’altra motivazione tra quelle esaminate. L’UK probabilmente se ne andrà dall’UE, la Germania ha molte buone ragioni per rendersi autonoma per ragioni geopolitiche. Lo stress a cui gli USA stanno sottoponendo l’UE in chiave anti-russa oggi ed anti-cinese domani, potrebbe provocare la rottura finale. La Germania potrebbe essere la desinenza finale di un possibile BRICSD, dove la D sta per Deutschland.
CRONACA N.37 (02.11.14)
Si alzano i toni della questione climatica. L’ultimo rapporto IPCC, stringe i tempi ultimi entro i quali agire ed alza le soglie dell’intervento, altrimenti…le conseguenze sono note. Il prossimo Interstellar dà per scontata ad esempio, la desertificazione e la necessità di trovarci una nuova Terra. L’intera faccenda del cambiamento climatico è assai complessa. Il clima sta cambiando, questo è un fatto. Ma si stanno solo disclocando le aree climatiche o il pianeta si sta riscaldando davvero? Il clima si riscalderà in ogni dove o paradossalmente Gaia reagirà con una glaciazione? O si polarizzeranno aree calde e fredde con distruzione delle temperate? Cause umane o cause naturali? L’IPCC è davvero super-partes? Quali sono affidabili i modelli scientifici che usa? C’è un uso politico di queste previsioni o quantomeno un uso da protagonismo scientifico? Queste critiche recenti all’IPCC sono spontanee o c’è qualcuno che ha interesse a stendere polvere su polvere? Chi e cosa si deve fare? I paesi ricchi, già in buona parte convertiti da industria a servizi possono scaricare tutta la responsabilità su i paesi che si stanno sviluppando passando per le loro varie e prime “rivoluzioni industriali”? Insomma, un discreto casino su una questione già di per sé non semplice.
Mi colpiscono due cose. La prima è che da anni si discute del problema a lungo, ma non si discute mai il problema a breve. Intendo dire che, anche ponendo il caso che il cambiamento climatico non sia derivato dalla condotta umana, i deserti stanno avanzando, le nubi di polveri stanno imperversando, l’acidificazione dei mari avanza e così gran parte della preoccupante sintomatologia del pianeta che cambia il suo regolamento climatico. Cosa che per altro ha fatto per tutti i milioni di milioni di anni precedenti la sua lunga e travagliata storia. Poiché tutto ciò ha effetto immediato sulla vita di milioni di persone, cosa s’intende fare? Aspettare che ci mettiamo tutti d’accordo sulle quote di CO2? Ma qualsiasi scienziato può spiegare che gli anelli di retroazione, la cibernetica complessa dell’atmosfera, anche se domattina ci mettessimo tutti d’accordo (cosa che non sarà) impiegherà decenni eventualmente a ristabilizzarsi. E potrebbe anche non ristabilizzarsi mai più. Nel frattempo? Ed eccoci allora al secondo punto. L’intera questione pone un problema inedito: questo è il primo problema planetario della storia della specie umana che impatta ciascuno essere umano in quanto essere umano, cioè terrestre. Ma gli esseri umani, cioè terrestri, non sono uniti in una comunità planetaria. Essi sono divisi in civilizzazioni, geografie e storie, stati-nazione, sistemi economici spesso coadiuvati da sistemi di intelligence e sistemi militari. Per non parlare delle classi sociali. Tutti sistemi in aperta competizione reciproca. Quanto discutiamo in alcuni nostri articoli sul problema del nuovo assetto mondiale uni-bi-o-multipolare, che riferimento ha questo con questa questione? Pare difficile che mentre ritagliamo nuove forme aggregate di interesse (occidentali vs resto del mondo), queste possano poi serenamente trattare il problema che abbiamo in comune in quanto umani.
Insomma: a) è la prima volta che ci si presenta un problema planetario; b) questo ha contorni e forme assi complesse ed imprecise nel dettaglio, quanto le ha drammatiche nel nucleo dei suoi significati; c) la questione impatta in vario modo tutti i nostri specifici modi di stare la mondo; d) coloro che subiranno questo difficile passaggio evolutivo che poi sono coloro che unici, potrebbero far qualcosa per mitigarne gli effetti, stanno comportandosi in modo diametralmente opposto ad un senso di onesta presa di coscienza dei problemi e di cooperativa partecipazione, nel senso della ricerca delle soluzioni da contrattare con equilibrio e reciprocità. Infine, le opinioni pubbliche planetarie, dai paesi più arretrati a quelli più avanzati, sono lontane milioni di anni luce da una mentalità consapevole delle cause, degli effetti e dei correttivi necessari (che impatterebbero decisivamente su ogni aspetto sociale e personale del nostro modo di stare al mondo). Le élite economico-finanziarie sono distanti miliardi di anni luce e molte lobby di settore agiscono addirittura in senso contrario vedendo golose opportunità di profitto. Le élite politiche condizionate dalle prime e dalle seconde, sono distanti bilioni di anni luce. Un assetto minimo per affrontare il problema è quindi distante trilioni di anni luce. Gli effetti di questo problema invece, sono già qui. Su questo dramma si fonda la nuova era complessa. #statesereni
CRONACA N.36 (31.10.14)
Non proveremo neanche per sbaglio ad addentrarci nella illustrazione della Teoria del caos che è una parte significativa della più ampia cultura della complessità. La notizia di oggi è questa: le galassie si formano da turbolenze che si formano nelle nuvole di materia vaganti nello spazio. In effetti è una non notizia in quanto grossomodo la cosa era già nota. La notizia semmai è l’applicazione della Teoria del caos, che è una teoria di matematica visiva, al caso in questione. Rimanendo molto ai margini della questione che fa convergere concetti quali il determinismo, la complessità, la predicibilità dei sistemi molto complessi (cioè dotati di molte varietà in interrelazione sopratutto non lineari) fattori tecnici quali gli attrattori, lo spazio delle fasi, la dinamica non lineare, la sensibilità alle condizioni iniziali, in una regione concettuale che si chiama “caos deterministico”, possiamo indicare due fattori interessanti.
Il primo fattore è proprio il concetto di caos deterministico. “Caos”, già dalla Teogonia di Esiodo, sta per disordine senza senso, caos “deterministico” sta invece per disordine con senso, cioè ci sarebbe un senso determinabile in ciò che ci appare a prima vista, senza senso ed indeterminabile. Il concetto sarebbe quindi un ossimoro, l’unione di due concetti ritenuti opposti. Ecco, il punto è proprio qui. L’avventura dello sguardo scientifico, è iniziata ponendosi problemi che allora sembravano complessi ma che piano piano si sono rivelati semplici, in quanto stabiliti quelli, altri meno facili se ne sono presentati. Nel caso in questione, le equazioni della dinamica newtoniana prendono in esame due corpi, quando H.H. Poincaré (1854-1912) si pose il problema: ma cosa succede se invece di due prendiamo tre corpi (nel sistema solare ce ne sono molti di più tra pianeti, asteroidi, comete, satelliti etc.)? si scoprì per l’appunto che la faccenda diventava molto complessa ma in qualche modo conoscibile, anche se al prezzo della precisione e della perfetta determinabilità. L’ossimoro quindi, disegna uno spazio epistemico provvisorio in cui diciamo che il caos non è disordine senza senso ma non di un senso così facile (un disordine sensato o un ordine molto aleatorio), descrivibile e precisabile a piacere com’è nello stile del determinismo newtoniano-galileiano. Poiché il vocabolario è sintonico ad una concezione del mondo, qui è la concezione del mondo che andrebbe rivista ma poiché questa resiste per inerzia, l’ossimoro compone un ponte provvisorio (un “e – e”) lì dove prima si riteneva ci fosse un baratro (un “o – o”).
Il secondo fattore è più interno alle faccende cosmologiche. Da un certo tempo, i buchi neri sono tornati al centro di molti interessi. Qui nello specifico, con la loro incredibile massa e relativa forza attrattiva (gravità), diventerebbero uno dei motori della grande danza cosmica della materia e dell’energia. Come conclude l’articolo, la gravità e le leggi della termodinamica (ma ci sarebbero anche quelle dell’elettromagnetismo) sarebbero la cause di quelle turbolenze caotiche dalle quali si formerebbero le prime “isole di ordine” (ovvero di materia aggregata intorno ad un centro) che sono i copri celesti individuali e le loro formazioni collettive che poi diventano le galassie. Galassie che sempre più ci sembrano sistemi in equilibrio dinamico tra la velocità di fuga e l’attrazione del buco nero che hanno al centro.
La nuova galassia dei concetti che si va formando quindi prevede l’ordine dinamico, l’equilibrio fragile ma persistente tra fatale attrazione e dissipante fuga, lo sbattere fisico delle cose materiali tra loro (le cose si baciano e poi decidono di rimanere assieme), un determinismo determinabile solo all’incirca (statistica), l’emergenza di ordine da un apparente disordine, il fatto gnoseologico che ci avverte che la nostra mente è ancora troppo semplice e che il suo oggetto (il Tutto) è molto più complesso. Tali concetti non sono propri solo del Tutto cosmico, sono propri del Tutto più generale e sono quindi rilevanti per tutti gli sguardi che lanciamo sul mondo. Hanno cioè una applicabilità epistemica generale, valida per le scienze dure, quelle morbide, quelle psico-sociali, la storia e financo (e sopratutto) per il “pensiero che pensa se stesso”, la filosofia. Fanno tutti parte di una immagine di mondo che transita dalla sua versione semplice ad una versione più complessa che tenta l’adaequatio del nostro intelletto alle cose che sono, che sono diverse da come le abbiamo ritenute essere sino ad oggi, cioè meno semplici, più complesse.
CRONACA N.35 (28.10.14)
Comincia ufficialmente il possibile processo di revisione delle epoche geologiche. Noi saremmo nell’Olocene, iniziato 11.700 af e seguente il Pleistocene che è durato 2.471.000 anni. Quello che si va a valutare è se sottocategorizzare l’Olocene con l’Antropocene o se quest’ultimo stabilisce una epoca a sé. In entrambi i casi, Antropocene, un concetto inventato dal biologo E. Stoermer ai primi anni ’80 e successivamente imposto dal Nobel per la chimica P. Crutzen ( Paul Crutzen, Benvenuti nell’Antropocene. L’uomo ha cambiato il clima, la Terra entra in una nuova era, Mondadori, 2005 ), uscirebbe dalla letteratura per diventare una classificazione stratigrafica. L’Antropocene, sarebbe la prima epoca geologica determinata non dall’insieme dei fattori naturali tradizionali, ma dall’impatto decisivo che lo stile di vita umano ha sul pianeta, un discontinuità concettuale profonda. In linea teorica, sarebbe forse più corretto usarlo come sottocategoria in quanto non è che l’insieme dei fattori naturali è scomparso dal novero delle cause dei cambiamenti geologici. In un caso o nell’altro, i geologi sembrano volerci dire che qualcosa di assolutamente nuovo ed inedito sta accadendo al pianeta e siamo proprio noi a farlo accadere. Servirà a responsabilizzarci?
CRONACA N.35 (29.10.14)
Il presidente della Russia, Putin, sembra avere le idee ben chiare. Quello che sta succedendo (come nel nostro piccolo abbiamo già da tempo detto) è uno scontro tra gli USA e la loro visione unipolare dell’ordine mondiale e l’oggettiva multipolarità che è e si sta formando. Lucida l’analisi sulla “costruzione del nemico” in atto che vorrebbe imporre lo schema “o con noi o contro di noi” per semplificare la complessità planetaria. Significativo anche l’accenno sul fatto che tale complessità è ormai irriducibile ad Uno, neanche volendo e potendo e quindi, le azioni dell’agente semplificate, stanno diventando sempre più affannate ed irrazionali. La strategia euroasiatica, che è poi la stessa della Cina e forse lo sarà anche dell’India, ha un dato geografico-realistico difficilmente oppugnabile. L’incubo di Mackinder agita i sonni delle cancellerie anglosassoni. Che un discorso di tale rilevanza, sia passato del tutto sotto silenzio e si debba linkare il Giornale per averne traccia, è il segno del fatto che in Occidente, le scelte sono già state fatte a priori e da tempo e quello che vedremo è solo cattiva recitazione di sceneggiatura altrove scritta. Che qualche dio salvi l’Europa!
CRONACA N.34 (27.10.14)
Torniamo ad occuparci di papa ed immagine di mondo cattolica. Questi due articoli (qui e qui) dell’HP, raccontano di un pronunciamento teso a concordare creazionismo e darwinismo da una parte ed una iniziativa di fiancheggiamento di movimenti grass-roots con delegazioni altermondiste e il presidente boliviano Evo Morales, dall’altra. Non entreremo nel merito degli argomenti perché il primo articolo non fornisce essenziali particolari sulle argomentazioni esposte (sebbene si possano intuire in massima parte), il secondo sembra più interessato a far colore che a dare informazioni precise. Ma in entrambi i casi, casi che si sommano ad altri precedenti della svolta Bergoglio, la traiettoria appare chiara. Sappiamo dell’interesse strategico della nuova dirigenza vaticana a tornare al target degli umili ed indifesi, vieppiù oggi che da una parte aumentano i suoi effettivi, dall’altra è abbandonata di rappresentanza politica vista l’infatuazione di gran parte di ciò che era la sinistra per il neo-liberismo modernista. Sappiamo anche che questa strategia ha chiari risvolti di marketing delle fedi, visto che varie sette e chiese protestanti hanno recentemente fatto un attivo recruitment nei continenti strategici per il radicamento religioso, usando in forma critica gli argomenti della lontananza e dell’opacità della chiesa romana. In risposta, Bergoglio attacca le chiese di derivazione anglosassone, quindi decisamente interne allo stile di vita del successo del denaro e del profitto come segno di merito, con il suo anti-capitalismo semi-comunitario-ambientalista. Anche una testata on line censita come anti-capitalista, critica ed alternativa, Informare per resistere, ha compiuto una sua recente conversione alla fede cristiana.
Ne parliamo non tanto per il fatto in sé che è comunque assai interessante e senz’altro rilevante, ma per una breve riflessione. Cosa c’è nell’immagine di mondo occidentale, che sia la versione neo-liberale o quella comunista o quella modernista o quella iper-razionalista-scientista che, di fronte ai radicali mutamenti del mondo, impedisce un simile movimento di rimessa in discussione dei propri dogmi per aprire un percorso di cambiamento delle forme del pensiero? Come mai vi riesce una immagine di mondo che quanto a dogmi ha segnato la storia stessa del pensiero occidentale, eppure ha l’energia per aprirsi all’ignoto, al cambiamento, all’adattamento ad una realtà che cambia veloce sotto i nostri occhi? Come mai la chiesa sta diventando una struttura di mondo e le strutture di mondo si sono rinchiuse nel loro dogmatismo teologico? Forse direbbe Braudel, la chiesa è una struttura di lunga durata, il suo tempo è il ciclo dei millenni. Le altre invece sono mentalità legate ad epoche ed è normale che muoiano ora che muore l’epoca che ha fatto loro da madre. Mah, ci dovremo ritornare su… .
CRONACA N.33 (22.10.14)
Un articolo di Jacobin, che prende spunto dalla recente condanna a morte (cioè alla decapitazione stile Is) del religioso sciita-saudita al Nimr. Noi insistiamo a puntare i fari sull’Arabia Saudita perché come già ripetutamente scritto, riteniamo questo un agente fondamentale del terrore medio orientale e mondiale. Le lettura del prof. Jones, segue a tratti la prudente vulgata per cui l’AS avrebbe finanziato all’inizio l’Isis ma oggi sarebbe pentita ed attiva nel contrasto. Non è questo il nostro pensiero. Ma è altresì interessante il suo ragionamento sul fatto che l’alleanza organica e strategica con gli USA blocca ogni possibile cambiamento in un paese che quanto a sclerosi istituzionale è un gradino sopra addirittura alla Corea del Nord. L’articolo è qui.
CRONACA N.32 (19.10.14)
E così, le due mozioni innovatrici su omosessuali e divorziati, promosse da Francesco I (ma avallate anche da Benedetto XVI° che pare aver dato “buca” a gli ultra-conservatori che si erano appellati a lui) non sono passate, ma come ha detto il papa, ci saremmo meravigliati se fossero passate. Siccome non sono passate poi non di molto e siccome i più conservatori tendono a morire perché sono i più anziani, si ripresenteranno tra un po’ e passeranno. La Chiesa romana si muove, lentamente come si conviene ad una istituzione di tenuta millenaria, ma si muove. Non sempre le istituzioni non democratiche mostrano maggiori capacità adattative, ma qualche volta, mostrano più facilità a smuoversi dall’immobilismo proprio perché i pochi che ne rappresentano l’intenzionalità, hanno più potere di decisione. E’ questa una contraddizione grave non tanto dell’istituto democratico in sé, ma della scarsa qualificazione delle opinioni pubbliche. Nelle istituzioni democratiche, anche l’intenzionalità dovrebbe esser diffusa, se si hanno istituzioni formalmente para-democratiche ma chi le usa non le usa, non vi partecipa e coltiva in remoto opinioni non verificate, il risultato finale sarà peggiore di quello ottenuto in certe istituzioni dichiaratamente non democratiche.
CRONACA N.31 (19.10.14)
Questo articolo riepiloga ancora una volta alcune delle dinamiche già note sulla situazione geopolitica. Ma la mossa arabo saudita va secondo noi letta, come manifestazione in atto di un mondo multipolare. Nei fatti, i sauditi, ballano da soli sulla faccenda della qm del petrolio, ovvero contro tutti gli altri, americani compresi. Questo manifesta il nuovo ordine di complessità del mondo, ordine che la strategia americana tenta di ridurre a due blocchi “con noi” vs “contro di noi”. Verso questa strategia, ribadiamo il nostro giudizio già espresso nell’articolo linkato all’inizio di questa cronaca: 1) quella americana è una strategia necessitata ed è l’unica che possono mettere in campo; 2) non funzionerà. E’ necessitata e chi commenta il comportamento americano come passibile di revisione morale (se gli americani la smettessero di…) non ha capito quale è la meccanica del sistema. Tale meccanica “necessita” quel comportamento che non ha opzioni alternative. E’ l’unica poiché gli USA non possono pretendere di rimanere l’Uno che tutto controlla (non è semplicemente nel novero delle cose possibili) e non possono accettare di diventare Uno tra i Tanti perché la propria nazione andrebbe in frantumi. Altresì, chi sta scoprendo con sorpresa e meraviglia che gli Altri si associano e stiano formando una loro rete alternativa a quella gestita dagli USA, non considera che gli americani certo hanno previsto questo esito. E’ proprio della loro strategia “o con noi o contro di noi” prevedere che ci sarà un blocco organizzato contro di loro e quindi bisogna aspettare i tempi lunghi per capire se le nuove alleanze Russia-Cina-BRIC-etc. funzioneranno e quanto. La partita è ancora tutta da giocare, per ora si stanno solo formando le squadre. Infine, secondo noi, la strategia americana non funzionerà. Lo diciamo dal punto di vista dell’analisi complessa, c’è un grado di complessità nel mondo che ha superato la soglia della controllabilità. Gli americani forse hanno fatto i loro errori ma credo, meno di quanto di pensi. Semplicemente, le condizioni storiche che permettono per lungo tempo un certo assetto, quando cambiano radicalmente, non lo permettono più e questo, del tutto a prescindere dal comportamento di A o B. Queste condizioni hanno cominciato il loro radicale mutamento dagli anni ’50 e per certi versi, gli americani sono stati gli agenti più attivi di questo cambiamento. Il testo dipende sempre dal contesto, entro certo limiti, il testo ha facoltà di adattarsi, oltre un certo limite, no.
CRONACA N.30 (16.10.14)
La quotazione delle interpretazioni. Le borse crollano ed allora si costruiscono edifici di chiacchiere per dar conto e ragione del fenomeno come sempre, sincronico ed ingente. Queste interpretazioni compiono sistematicamente due errori. Il primo è quello di cercare “una causa”, il secondo è quello di cercare un perché a ridosso degli eventi. La causa non è mai singolare ma plurale. Nel caso si sommano cattivi presagi mondiali, rallentamento cinese, guerra dei mondi USA-EU vs Resto del mondo, recessione europea e rottura dell’euro, scoperta che la crescita USA o non è vera o non è ingente e nell’immediato futuro sarà comunque ancora meno vera e meno ingente, rottura del patto di soggezione tra governo greco e Troika (e temute elezioni anticipate in cui Syriza potrebbe vincere stanti i sondaggi), guerra delle quotazioni del petrolio, effetti negativi su i bilanci della aziende che operano in Africa, stress test bancari in Europa (ovvero emersione di bilanci emmental cioè coi buchi), sconto della bolla che ha continuato a prodursi negli ultimi mesi se non anni che è poi, di tutte, è la ragione prima. Quanto alla sincronia sembra che nessuno di questi narratori di favole si domandi: perché ora e perché tutti insieme? La risposta è: perché il gioco è truccato. I principali operatori di mercato seguono come una muta 5/6 leader che agiscono in sincronia perché concordano la loro operatività. Essendo coloro che gasano le bolle, sono anche coloro che decidono quando sgasarle, gonfia e sgonfia, qualcosa ti rimane (se tu preventivamente sai quando si gaseranno e quando si sgaseranno). La clientela prima non si farà male e dalle mille transazioni in entrata ed uscita, loro trarranno il loro profitto. Il coro degli “ohhhh, sorpresa” e quello di quelli che la-sanno-lunga è rituale e serve a far sembrare naturale, eventi che sono artificiali.
CRONACA N.29 (15.10.14)
Il petrolio viaggia verso area 80 dollari, se ne produce più di quanto non si vende e la contrazione economica mondiale non promette inversione di rotta. Invece, dai nuovi pozzi russi a quelli di shale americani mentre anche brasiliani ed africani stimano prossime nuove trivellazioni, l’offerta esubera. I sauditi hanno abbassato per primi il prezzo e sia gli iracheni, sia gli iraniani da poco parzialmente alleggeriti del blocco delle sanzioni, si sono presto accodati. I sauditi si sono detti consci del fatto che stiano facendo dumping ma hanno anche detto che a loro interessa difendere la quota mercato e possono reggere comodamente anche per due anni. Se c’è esubero che siano gli americani a tagliare la produzione! Si presenta così una inedita partita con il cuore dell’OPEC che sembra intenzionato in tutti i modi a mantenere il proprio ruolo geo-strategico basato sulla q.m. e Stati Uniti e Russia messi in grave crisi, i primi perché sotto gli 80-85 dollari lo shale sballa i conti, i secondi perché già provati dalle sanzioni, a 60 andrebbero praticamente in default. Dall’Is al petrolio, i sauditi sembrano molto attivi nel nuovo scenario multipolare, forse dovremmo dedicargli maggiori attenzioni.
CRONACA N.28 (15.10.14)
Á la guerre comme à la guerre. La notizia (da prendere con le dovute molle dato il contesto e le fonti – la britannica Reuters) è che c’è qualcuno che risponde all’Is secondo la logica dell’Is. A Deir ez-Zor, provincia siriana dell’estremo lembo nord orientale che si protende verso Mosul e l’Iraq, pare ci sia una banda di circa 300 arrabbiati che si fa chiamare il “Bianco sudario” (il lenzuolo che avvolge il morto nella tradizione musulmana), i quali se ne vanno in giro di notte a pizzicare i jahdisti solitari, ammazzandoli uno ad uno. Più di cento, pare, sino ad oggi. Pare altresì che altri gruppi, come la “Brigata fantasma” o quello “Angelo della Morte” si stiano approntando con simile finalità.
Secondo Amnesty International, le zone lasciate incustodite dall’esercito regolare iracheno ma non definitivamente in mano all’Is, sono affollate di milizie sciite (‘Asa’ib Alh al-Haq, le Brigade Badr, l’Esercito del Mahdi e Kata’ib Hizbullah) che prelevano, torturano ed infine uccidono, sospettati fiancheggiatori sunniti dell’Is. Anche l’esercito regolare non sarebbe esente da pratiche di tortura ed esecuzioni sommarie.
Sull’Is è inutile affondare i tasti su teste che volano, mani, piedi, lingue mozzate, stupri singoli e di massa. Mistica violenta della punizione in salsa peculiarmente musulmana?
Nella civilissima Europa, tra il partito ucraino Svoboda, quello che si fa chiamare Settore Destro, il famigerato battaglione Azov, ci ritroviamo i nazisti al potere in un paese attivamente sponsorizzato dall’Occidente. Costoro pare siano responsabili della strage di Odessa e delle fosse comuni di filo-russi (la gran parte semplici civili, inclusi donne e bambini) e qualche disertore, recentemente trovate in Ucraina di cui il mainstream, pudicamente, tace. Torture e stupri non mancano neanche qui, ma anche sequestri ed estorsioni, nonché il pacco dono delle teste mozzate mandate via posta alla madri e mogli dei miliziani filo-russi secondo le fonti Amnesty , OSCE et varie.
Se la strategia di color che hanno dato la stura a questa emergenza di barbarismi è veramente quella del caos controllato, quali sono i limiti delle capacità di controllo ovvero quanto caos si può sostenere ? O i meccanismi di reciprocità che, nel bene come nel male, sono la base dell’etica umana standard, creeranno catene perturbative, onde di azioni e retroazioni ovvero faide esponenziali che nessuno saprebbe o potrebbe più controllare? O il fine era proprio quello di creare caos incontrollato che qualcuno ben difeso, protetto e geograficamente isolato dai focolai caotici, si limiterà ad osservare fino a che l’entropia totale non avrà messo in inarrestabile auto consunzione alcune parti del mondo? Chi mai potrebbe essere e con quale movente? O stiamo dando personalizzazione a fenomeni impersonali che si auto producono?
CRONACA N.27 (14.10.14)
Oh-là-là, i britannici votano 274 a 12 con poco più del 50% dei presenti all’ House of Commons, una mozione non vincolante in favore del riconoscimento (già fatto dagli svedesi) di uno Stato palestinese. La mozione non è vincolante, il parlamento era mezzo vuoto, Cameron ha detto che se frega, non si capisce bene cosa sia uno Stato palestinese se questo Stato non c’è. Ma si potrebbe anche dire che la mozione è un pronunciamento politico, il parlamento era mezzo vuoto perché gli assenti non volevano comparire formalmente correi dello sgarbo nei confronti di Israele (anche se lo erano nei fatti), Cameron deve tenere il punto formalmente ma… . Insomma, sembra che i britannici, dalla foga con la quale si sono gettati sulla questione russo-ucraina a quella con la quale hanno inviato i caccia in Iraq a bombardare gli incappucciati dall’indice alzato a questo atto politico in favore dei minimi di giustizia e logica rispetto l’annosa questione israelo-palestinese, stiano coltivando ambizioni geopolitiche in proprio. Il mondo si muove ed i britannici non stanno fermi, ci sarà da divertirsi.
CRONACA N.26 (14.10.14)
Nel nostro ultimo articolo “Da gene al genere” si riporta una frase di E.O.Wilson secondo il quale per capire la nostra storia dovremmo capire la nostra preistoria, pensiero che condividiamo. Due piccole scoperte recenti falsificano le convinzioni formanti in nostro paradigma interpretativo della presistoria più recente. La prima , conferma quel generale movimento di reinterpretazione degli specifici distinguenti i Neanderthal dai sapiens. Da un po’ di tempo infatti, una cascata di scoperte ha eroso la convinzione che dai primi ai secondi si sia manifestato un salto genetico decisivo, riflesso nel fenotipo ed espresso nei comportamenti. I Neanderthal erano sociali, inumavano i morti e facevano cerimonie di sepoltura, avevano strumenti variegati, suonavano il flauto e quindi danzavano, parlavano in qualche modo ed ora, scopriamo, che avevano anche facoltà simbolica. La seconda , conferma che il sapiens europeo era un tipo di una speciazione di più vasto raggio. In Indonesia sono state ri-datate delle pitture rupestri scoperte negli anni ’50 e il risultato è che sono coeve a quelle più antiche trovate in Europa. Se ne deduce che: a) il sapiens ha almeno due rami di diffusione, quello occidentale ben conosciuto ma anche uno orientale che è tutto da mappare; b) mostrando facoltà simili, tali facoltà dovevano essere già presenti nel soggiorno africano originario e quindi dovrebbero essere ben più antiche di quanto ritenuto. Ne consegue anche che il sapiens europeo non era poi così speciale, ma questo già lo sapevamo. La faccenda è importante per due motivi. Il primo è la riformulazione dei paradigmi interpretativi sull’emersione del linguaggio, la socialità, la creatività, il pensiero simbolico che, come pochi ma tenaci sostenevano, non è affatto una prerogativa recente di specie (sapiens) ma di genere (homo). L’esplosione se mai effettivamente di esplosione si trattò (nel senso che bisogna vedere se ciò ci appare perché così fu o perché campioniamo un numero limitato di scoperte e molte ancora sono da fare), deve essere motivata in termini non di facoltà ma di possibilità. Ecologia, geografia, demografia forse furono gli effettivi agenti di questo salto del comportamento e non già la genetica (o quantomeno, non solo). Il secondo è quel generale movimento di formazione della tradizione che per lungo tempo venne fatto solo dagli occidentali, tanto da far apparire vera la loro specialità, oggi viene fatto anche dalle nuove potenze economiche orientali (Cina, India, Indonesia) che scavando, trovano che anche loro hanno una tradizione, altrettanto antica e complessa. In definitiva, la complessità umana è di lungo periodo e la sua piena espressione è dovuta a reti di fattori e non è riducibile al gene ed all’Occidente. Come si vede, il mondo diventa economicamente e geopoliticamente multipolare, così l’immagine di mondo diventa multifattoriale e multietnica. Il movimento dall’Uno al Molteplice è la dinamica forte che contraddistinguerà il corso degli eventi e dei pensiero dei prossimi decenni.
CRONACA N.25 (12.10.14)
Comprare o non comprare il fenomeno editoriale dell’anno, il Capitale del XXI° secolo di T. Piketty? Io l’ho comprato non tanto per le tesi esposte già rese note nei numerosi riassunti e critiche che hanno fiancheggiato la scia di questo fenomeno (edizioni in 30 paesi, lungo best seller su Amazon, nuvola tempestosa di commenti e critiche anche velenose come si conviene ad ogni fenomeno da pubblica opinione), quanto per le tabelle. Sì sono un appassionato di tabelle e Piketty è senz’altro un gran tabellista, forse uno dei più grandi dopo Pitagora e il Maestro Angus Maddison. Mi interessa la ricostruzione storica che farà degli andamenti economici. Lo sto leggendo (comprato ieri per ora ho letto solo l’Introduzione) ma una cosa diversa dal testo mi ha sollecitato questo commento: le reazioni. Ah Piketty, quello che picchiava la moglie? Beh certo sta facendo molti più soldi di quanti ne fece Marx con il suo Capitale! Piketty ha cambiato la scienza economica (P. Krugman). La sistematizzazione scientifica di ciò che aveva già detto Balzac. E’ un economista di sinistra, ma moderno (?). Una econostar in salsa roquefort. Il Marx del XX° secolo (ma questi non hanno neanche letto l’Introduzione, altrimenti non direbbero una corbelleria simile che l’autore stesso si premura di confutare in premessa visto che critica il pessimismo marxiano sin dalle prime pagine e si dichiara decisamente a favore del capitalismo sebbene riformato). Patrimoniale? Sì ma sullo Stato (l’ineffabile Giannino per Ist. B. Leoni). Vecchia ricetta keynesiana, altro che rivoluzione! Un ingenuo terapista dei mali incurabili del capitalismo. Il lavoro documentale di Piketty è prezioso, ma le spiegazioni del fenomeno sono inadeguate, le proposte per emendarlo sono ingenue ed utopiche, per questo abbiamo ancora bisogno di Marx (D.Harvey). Mancanza di coraggio di elaborare una teoria economica alternativa (Libero!?). Ma l’egualitarismo implica anche una parte di rassegnazione: accetta la società com’è accettando la ripartizione dei beni e dei privilegi (Le Monde Diplomatique). Il Vero merito del Capitale di Piketty risiede nel costringere un po’ tutti a pensare marxianamente, a cercare in ciò che egli non dice ciò che noi vogliamo vedere per lottare (C. Marazzi, il manifesto). Che dire?
L’argomentazione di Piketty è nota: storicamente, a parte eccezioni spiegabili da complesse contingenze storiche, il sistema economico in uso (detto capitalismo) non solo non equalizza le diseguaglianze di ricchezza, le accentua. Inoltre tali diseguaglianze non sono neanche motivate dal merito ma da privilegi aristo-oligarchici. A parte qualche scalmanato ultra-liberista che segue il comandamento “negare, negare sempre anche davanti all’evidenza”, pare che sul punto siano tutti d’accordo. Allora? Piketty dice che non c’è nulla nella teoria economica che possa cambiare questo stato di cose e che questo è compito della politica. Si tratterebbe in sostanza del classico scontro tra i Pochi ed i Molti, tra oligarchia e democrazia. Bene. Che fanno i difensori dei deboli? dei Molti oltraggiati? di coloro che non hanno lavoro, servizi, opportunità e si barcamenano al di sotto del livello di sopravvivenza? Eh, ma non c’è Marx, non si prevede la critica radicale, non ci dice quali sono i meccanismi reali, non si consiglia la rivoluzione, il superamento del capitalismo, è un Proudhon del XXI° secolo! Ah, l’abbiamo smascherato questo sporco socialdemocratico!
La fede dei marxisti nel fatto che la presa di coscienza dei meccanismi intrinseci e scientifici del capitalismo, svelati della loro acuta facoltà critico-critica, che poi è la ripetizione salmodiante del Primo Libro del Capitale, porterà all’auto liberazione delle masse organizzata dalla loro superiore facoltà di disinteressata comprensione, è stata per lungo tempo intenerente, poi è diventata patetica, oggi è del tutto irritante. Questa tribù dogmatica, chiusa nella difesa della loro religione del libro occupa abusivamente la posizione dei difensori dei Molti, posizione che nessuno più nessun altro difende visto la corsa dissennata ad iscriversi nell’altra religione, quella del mercato. Risultato? Nulla, un nulla ripieno di niente ma solo di parole che svaniscono nell’antimaterialismo, cioè nelle nubi delle Idee platoniche. Nel paese con la maggiore ricchezza privata d’Europa, ci fosse uno dotato di minimo buonsenso che dicesse seriamente: vabbé, intanto che organizziamo la rivoluzione con le masse che non sono in fila per l’ultimo i-phone, la facciamo questa patrimoniale a scalare sopra il milione e mezzo di capitale posseduto? (sorriso ironico di superiore comprensione per l’imbarazzante demenza dell’idea) … ingenuo … il problema non è questo… . Ma n’date a fanc…!
CRONACA N.24 (10.10.14)
Raùl Zibechi è un pensatore-scrittore uruguayano che mostra spesso di avere un buon punto di vista e sopratutto una mente ben organizzata per ordinare ciò che vede. Qui un recente articolo che legge gli ultimi avvenimenti geopolitici internazionali. La notizia è la richiesta dell’India di entrare organicamente a far parte del SCO fornendo quindi all’asse di alleanze russo-cinesi una terza importante gamba. Assieme alle repubbliche centro-asiatiche e a nuovi possibili ingressi da parte dell’Iran e forse del Pakistan, SCO potrebbe diventare l’alleanza politico-commercial-militare fondante una rete strutturale orientale alternativa all’Occidente NATO-TTIP. Questo polo potrebbe porre non pochi problemi anche al tentativo di istituzione del TTP, il gemello orientale del TTIP occidentale. Altresì questa unione potrebbe diventare molto efficiente nella penetrazione in Africa dove già Cina ed India sono fortemente presenti e diventare il partner ideale anche per il Sud America. A quel punto i pezzi sulla scacchiera sarebbero tutti posti per disputarsi il futuro del nuovo sistema mondiale: USA vs Resto del mondo. Questi due poli saranno assai asimmetrici poiché uno veicola il concetto dell’Uno gerarchico che domina tutto mentre l’altro veicola il concetto del Molteplice orizzontale e collaborativo. Sul piano puramente logico, il primo concetto non ha praticamente chance rispetto al secondo poiché è ovvio che nessun paese sovrano del pianeta, piccolo o grande che sia, deciderebbe spontaneamente di devolvere la propria intenzionalità in favore di un altro. I pezzi rimasti liberi di decidere, gli altri stati orientali e l’Europa, avrebbero così due modelli di sistema a cui potersi riferire. Gli altri stati orientali sono certo preoccupati della vicinanza con il gigante cinese ed in questi casi vige il contro-bilanciamento della serie il nemico del mio nemico è mio amico. Ma non v’è dubbio che sul piano reale delle cose complesse non avrebbe senso per questo pezzo d’Oriente secessionare in favore di un sistema remoto e dalle dubbie capacità di reggere. Per questi motivi tra inchini e sorrisi, il TTP non sta facendo nessun passo in avanti concreto, il Giappone vuole firmare accordi con i russi e difficilmente i sud coreani rinuncerebbero all’export con la Cina che vale 2,5 volte quello con gli USA. E’ quindi assai più probabile che questa parte d’Oriente tergiverserà in una politica dei due forni, lasciando tutte le porte aperte e non allineandosi a rapporti di esclusiva con nessuno dei due sistemi. L’Europa è un caso a parte. Obbligata ad emettere sanzioni suicide verso la Russia, bisognerà vedere cosa farà sopratutto la Germania le cui esportazioni in Cina sono aumentate del 700% dal 2000 ad oggi, Cina che è il terzo fornitore di importazioni per la Germania.
CRONACA N.23 (09.10.14)
Il World economic outlook dell’Fmi, appena uscito, sancisce la completa multipolarità economica del mondo nuovo. Il G7 dei paesi affluenti (BRICS+Messico, Indonesia, Turchia) ha, di poco, superato in termini di Pil, il G7 storico. La classifica dei primo 10 stati del Pil per potere d’acquisto, sancisce la nuova leadership cinese e registra l’India che supera il Giappone, Russia e Brasile che superano la Francia, l’Indonesia che supera il Regno Unito. L’anno prossimo o quello successivo il Messico rimpiazzerà l’UK e l’Indonesia potrebbe sopravanzare la Francia. Se definissimo la Lettonia un paese occidentale, stante la sua crescita al 3,8%, vi sono altri 88 paesi che crescono di più (dal 3,8% al 13% della Sierra Leone e Mongolia). Ovviamente, nessuno di essi è “occidentale”. Il senso della globalizzazione è tutto qui, travaso mondiale di opportunità e ricchezza dai paesi ricchi a quelli poveri, travaso occidentale di opportunità e ricchezza dagli individui poveri a quelli ricchi.
CRONACA N.22 (07.10.14)
Un buon articolo su Kobane, qui.
CRONACA N.21 (07.10.14)
La geografia dei diritti umani è asimmetrica. Dove conviene è una leva per appoggiare movimenti di protesta che possono destabilizzare nemici degli USA, dove non conviene è semplicemente un problema inesistente. Il Bahrein è uno degli “stati canaglia” del Golfo che finanzia, appoggia, recluta e fornisce logistica e know how bellico allo Stato Islamico con una mano, partecipa alla coalizione degli svogliati guidata dagli USA, con l’altra. Gli USA hanno in questo arcipelago abitato da poco più di mezzo milione di bahreniti ed altrettanti stranieri, la base della V Flotta. Nabil Rajab, si batte contro il sistema medioevale – sunnita che governa lo stato e per questo entra ed esce di prigione un mese sì e l’altro pure. Due articoli sul caso: qui e qui.
CRONACA N.20 (07.10.14)
Questo articolo, segnala ancora una volta la crescita di peso quanti-qualitativo della Cina nel sistema mondiale. La cosa più interessante è nel grafico della DB (per altro uno studio OECD che ha già più di un decennio). Il grafico sintetizza la dinamica del movimento storico che portò prima del 1850, il GDP (Pil) britannico a superare quello cinese e poco dopo il 1910, il GDP statunitense a superare quello britannico. Nei prossimi anni avverrà il fatidico sorpasso di quello cinese vs quello americano. Sembra esserci stata sempre una correlazione diretta tra una crescita ed una decrescita, ovvero se il player secondo cresce, il primo decresce. I movimenti di riassortimento interni al mercato mondiale sono più rapidi e decisi della crescita complessiva del mercato mondiale. Questo anche perché ogni player è connesso in reti di scambio privilegiate. Nel caso cinese, ad esempio, la bilancia degli scambi è attiva nei casi EU ed US, passiva nei casi Sud Corea, Giappone, ASEAN, Brasile, Taiwan, il che risulta un trasferimenti netto di ricchezza dall’Occidente all’Oriente. La strategia USA per rallentare il declino relativo, l’abbiamo esposta qui. Ma in termini sistemici, occorre anche considerare che il declino investe ed investirà anche l’Europa. L’Europa però si trova in una situazione differente da quella americana ed avrebbe la possibilità di reggere assai meglio la dinamica se solo si affrancasse strategicamente dalla supervisione USA. Gli oggettivi interessi materiali di fondo tra EU ed USA saranno cioè divergenti. Casi come le sanzioni alla Russia e l’eventuale firma del disgraziato TTIP, vanno però in senso contrario.
CRONACA N.19 (06.10.14)
La cronaca di oggi esce dagli scenari di guerra per occuparsi di una delle tanti ragioni che spingono alle nuove guerre: terra ed acqua. C’è il Tigri e l’Eufrate nel nord della Siria, ci sono Huang He, Yangteze, Mekong, Indo, Gange, Bramaputra, Sutlej in Tibet, etc. . Qui una piccola inchiesta di primo inquadramento del fenomeno del land grabbing (accaparramento di terre).

http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2014/10/01/news/ terreni_agricoli_venduti_a_stati_e_investitori_privati_al_2012-97081918/
Le componenti del fenomeno sono: da una parte, stati ricchi privi di terra ed acqua (Arabia Saudita, Emirati, Singapore), stati ricchi con sbilancio tra terra ed acqua e popolazione (Cina, India), stati ricchi che hanno terra ed acqua e un corretto bilanciamento tra queste e la popolazione ma che basano il loro modo di stare al mondo sul profitto ed il potere che ne deriva (Stati Uniti, Regno Unito); dall’altra stati poveri, élite locali facilmente corruttibili, disponibilità di terra ed acqua da vendere. Gli Stati Uniti si distinguono tra l’altro per ingenti operazioni in Liberia il che spiega perché, all’appello dell’ONU di mandare risorse in loco per fronteggiare l’epidemia di ebola, i nostri cowboy hanno risposto inviando 4.000 soldati (?). Operatori secondari (o primari in alcuni casi), multinazionali, fondi sovrani, fondi d’investimento occidentali e non solo, fondi pensione occidentali. Coadiuvanti ovvero coloro che fiancheggiano gli interessi dei player dominanti, mercati, eserciti e terroristi. La pressione della domanda di sempre più cibo e sempre più acqua (da circa 2,5 a 7,2 miliardi di individui negli ultimi 65 anni, qui un simpatico monitoraggio dei numeri del mondo) spinge chi può, a prendersi l’altrui risorse non più con il primitivo colonialismo ma con una versione 2.0, più silenziosa ed elegante. Questi processi hanno le due tipiche caratteristiche del nostro modo disadattativo di andare incontro all’era complessa: cecità a medio lungo termine e processi impersonali. Con questo mix, il futuro diventa sempre di più un tempo problematico nel quale declinare il verbo esistere.
CRONACA N.18 (05.10.14)
A Kobane nell’area curda della Siria del Nord, l’Is sta assediando la città per entrare. I turchi dicono di voler aiutare i fratelli curdi ma che siano fratelli giunge nuovo visto sia quello che i turchi hanno fatto direttamente per l’Isis, sia quello che hanno permesso l’Isis facesse. La Siria ammonisce la Turchia che l’invasione dei confini sarebbe giudicato atto ostile, una dichiarazione di guerra. Gli americani bombardano di notte ma non si sa se ci vedono visto che pare abbiano fatto fuori solo qualche tagliagole e poco meno. Una corrispondenza di un intrepido corrispondente della tv svizzera visto ieri, riferiva che polizia ed esercito turco, abbiano caricato e disperso coloro (corrispondente compreso) che si trovavano su di una collina da cui si poteva vedere cosa stava succedendo a Kobane. Insomma, notizie dirette poche o nulle. Azioni concrete per salvare l’enclave curda nulle. Sembra proprio che ciò che sta facendo l’Is, dopo il polverone di chiacchiere senza fine, faccia comodo a molti. # SAVE KOBANE
CRONACA N.17 (02,10,14)
Questo nostro commento ai risultati delle recenti elezioni europee, venne pubblicato a caldo, il giorno dopo il voto. Si dedica tempo a leggere quello che qualcun altro scrive a due condizioni che poi sono una: poiché ci aiuta a leggere le cause prime. Individuate le cause prime si darà conto dei fenomeni ed al contempo si dovrebbe esser in grado di far previsioni. Questo è quanto più si avvicina a forme di conoscenza utili quali quelle scientifiche. Sfortunatamente, la precisione che si può ottenere nell’ambito scientifico è fuorviante poiché la scienza, nella moderna accezione, è giovane e questo suo essere vicina all’inizio le ha permesso di scegliersi i fenomeni più semplici e più chiari. Sembra così che la precisione sia un paradigma assoluto mentre lo è solo relativamente, relativamente a gli oggetti e di fenomeni che scegliamo di indagare da una parte e le nostre facoltà ed utilità di spiegazione dall’altra. Quando comunque usciamo dal regno degli oggetti e dei fenomeni più semplici e ci inoltriamo nei vasti territori della crescente complessità, la precisione si deve abbandonare a meno di non scegliere la violenza interpretativa del Letto di Procuste a cui spesso ci richiamiamo ovvero adeguare la cosa all’intelletto, sindrome tipica di ogni idealismo. Tutto ciò per dire che anche se con incerta precisione, dire a caldo che l’Europa usciva dalla tornata elettorale come un ente entropico, che ciò tendeva a forme di disordine che ne avrebbero dissipato la costituzione era proporre lettura di cause che potevano esser usate per previsioni. La previsione era che il risultato del FN in Francia e del M5S in Italia e dell’AFD in Germania erano inconciliabili. Che ad ogni strappo nazionale per il quale i governi locali (Francia ed Italia) avrebbero disatteso le aspettative di rigore tedesche per parare la pressione delle posizioni più popolari nei loro paesi, l’AFD avrebbe contro-reagito con l’irrigidimento teutonico, anch’esso nel suo specifico nazionale assai “popolare”. La Merkel si sarebbe trovata così al centro di un doppio vincolo: salvare l’Europa ma perdere la Germania o salvare la Germania e lasciar perdere l’Europa. Abbiamo già riferito nella CRONACA N.13 dei nuovi successi dell’AFD in Germania. Oggi registriamo lo strappo francese al tetto del deficit, inevitabile per un Hollande sceso al 13% di popolarità. Vedremo le mosse dell’Italia segnalando che l’invocazione di De Bortoli e Scalfari ad un passaggio di mano in favore della Troika, di fronte alla ribellione transalpina, perde logica. Vedremo le reazioni della Merkel che non fatichiamo ad immaginare dure a parole ed impotenti nei fatti. Ma poiché i fatti sono più pesanti delle parole, la breccia francese potrebbe diventare la famosa goccia che alla lunga (ma non troppo) farà traboccare il vaso. Vedremo.
CRONACA N.16 (01.10.14)
Alcuni libanesi, siriani, curdi, sciiti iracheni ed iraniani sostengono che l’Is (ormai dobbiamo chiamarlo così) è un progetto arabo saudita. Potrebbero dire, come sostengono molti analisti critici, che è un progetto americano o americo-sionista ma invece dicono che è arabo saudita. Loro sono parti in causa perché Is è diretto esplicitamente contro loro e sono proprio loro -con i loro morti- che lo combattono, loro sono sul campo e si presume che sappiano cose che molti volenterosi occidentali pestatori di tastiere di computer, forse ignorano. Invece qui nessuno è interessato all’Arabia Saudita, si hanno occhi e neuroni vigili solo per marcare stretto l’Impero. In effetti sembra che che vi sia un asse di interessi comuni che lega l’Arabia Saudita a gli USA ed anche a Israele e non da ieri (si veda l’11 settembre). Il problema è solo di capire chi ha deliberato questa specifica strategia e chi l’appoggia ovvero chi ne è padre e chi padrino, chi causa prima e chi causa seconda ed individuato chi ne è padre e causa prima, che fini ha anche per capire poi quelli dei padrini-cause seconde. Noi siamo convinti (e qui l’abbiamo motivato) che abbiano ragione i “locali”, IS è un progetto arabo saudita fiancheggiato dagli USA (ma non dimentichiamoci dei servizi segreti di Sua Maestà britannica, incluso quel simpatico giornalista in suite arancione che sta mandando videomessaggi seriali che ci spiegano che l’Is non è così brutto e cattivo, preparandoci alla svolta revisionista) e con nullaosta israeliano. Cosa cambia? Cambia il fine, cambia quello che possiamo ipotizzare accadrà e quello con cui avremo a che fare quando il progetto giungerà al suo obiettivo.
Rischiamo la profezia perché nei commenti ex-post siamo bravi tutti ma nei tempi che ci aspettano, arrivare “dopo” sarà come non arrivare affatto. L’Is, dopo uno strenuo bombardamento di chiacchiere ad opera della coalizione dei 40 svogliati, alla fine diventerà uno Stato di fatto. Al Baghdadi sparirà ed ufficialmente verrà dichiarato morto, lui e la sua cerchia di tagliatore di gole infine cancellata e sostituita da più presentabili fondamentalisti per bene, innocui vecchietti barbuti magari con occhiali che fa tanto ermeneuta coranico. Certo ci sarà la shari’a ma se già l’accettiamo per l’Arabia Saudita che problema c’è ? L’Is sarà il buco nero dell’islam, lì da dove si controllerà, oltre che altro petrolio, anche qualche rete di condotte che sbucherà nel Mediterraneo (rifornendo Israele ed un’ Europa ormai separata dalla Russia) invece che nel Golfo Persico che come dice il nome è in condominio con i persiani, cioè gli iranici. Si consideri poi l’ acqua del Tigri e dell’Eufrate, acqua che è vita, elettricità e sviluppo. Ma sopratutto, l’Is sarà il centro dell’interpretazione più restrittiva dell’islam, l’uno Stato con l’una Moschea al servizio dell’uno Dio che vagheggiava al-Wahhab, il teologo hanbalita (su di lui, un punto di vista a dir poco critico, qui), sponsorizzato dal fondatore della casa dei al Sa’ud, da cui l’attuale casa regnante saudita. Una teocrazia fondamentalista, sunnita, armata. E da qui, al grido di “tagliatori di gole di tutto il mondo, unitevi!”, la regia dei gruppi armati che creeranno instabilità e problemi in tutta l’Africa, la Russia, il centro Asia, l’Asia del sud-est e la Cina del Xinjiang e non solo, cercando altresì di dare ai custodi di Mecca e Medina, il controllo sullo sviluppo politico-religioso dell’islam prossimo venturo. Nonché soluzione del problema siriano-iracheno e bastione confinante con l’Iran. Un buon alleato per chi ha il progetto di semplificare un mondo sempre più complesso. Frasi di Obama come “non c’è posto per uno stato islamico” o “non si disegnano i confini con la pistola” sono casi di negazione di livello nevrotico? Scotomizzazione di dati di fatti conflittuali ? Negazioni che affermano ? A pensar male si fa peccato ma… .
CRONACA N.15 (30.09.14)
La guerra all’Isis sarà lunga, molto lunga secondo gli americani a capo della –coalizione degli svogliati-. Sarà lunga anche perché non ci sono scarponi sul terreno, ovvero soldati. Ma qualche scarpone ci sarebbe invero, ad esempio i curdi. Ed infatti è stato annunciato che si manderanno armi ai curdi siriani, solo che la logistica relativa è stata affidata ad un branco di bradipi (bradus-pous = piede lento). Mentre infatti i curdi si armano da soli costruendosi improbabili mezzi corazzati stile Mad Max (qui il servizio Daily Mail), “Le bande di ISIS possiedono armi pesanti, inclusi i missili Grad fabbricati in Russia, missili statunitensi a guida termica, mortai avanzati, armi antiaeree, carri armati e missile anticarro” (comunicato UIKI). Meno male che i turchi hanno annunciato di star preparando una forza d’intervento rapido che agirà alle spalle dei curdi i quali si troveranno così tra l’incudine ed il martello. E così tra malafede dei 40 svogliati, l’Isis e la Turchia, finalmente si risolverà la minaccia di questa banda di egalitari che fanno addirittura combattere le donne!
CRONACA N.14 (28.09.14)
Ed eccoci giunti alla Cina. Non poteva mancare il gigante asiatico in rapida e voluminosa crescita, nella sceneggiatura del film “nascita della nuova era complessa”. Due fatti recenti da segnalare a margine dell’attivismo del governo cinese che stringe accordi con la Russia, visita l’India, manda navi in ricognizione nel Golfo Persico, compra energia imponendo di fatto una valuta alternativa al dollaro statunitense (yuan) di cui per altro controlla il valore non affidandosi al mercato, ma all’interesse dello stato.
Il primo è una serie di attentati nel Xinjiang, la regione uigura dell’estremo occidente cinese dove risiede una etnia non-han, ovvero turcofona-musulmana. Gli uiguri sono indipendentisti e vorrebbero idealmente secessionare dalla repubblica popolare per affratellarsi con i simili turcofoni-musulmani centro asiatici. Un intellettuale guida di questa idea, Ilham Tohti è stato recentemente condannato all’ergastolo da Pechino. Il Xinjiang è una questione molto più seria di quella tibetana poiché la regione è altrettanto strategica (l’acqua per il Tibet, la cosiddetta nuova via della seta, lo sviluppo dei gasdotti, fracking e possibili giacimenti indigeni nonché ovvie ragioni confinarie e geo-strategiche del versante occidentale per lo Xinjiang), ma la popolazione locale è molto più ribelle di quella tibetana che si appoggia sulle élite emigrate negli USA e su Richard Gere. In particolare si segnalano molti arruolati uiguri nelle falangi dell’Isis, jihadisti in corso di formazione che prima o poi faranno ritorno in patria. Lo scarno comunicato del governo cinese parla di cinquanta morti negli attentati, di cui 40 terroristi. A meno di non pensare a quattro attentatori suicidi per ogni non terrorista morto, si deve arguire che forse c’è stato un piccolo attentato e che successivamente, le forze dell’ordine cinesi hanno operato una bonifica saltando la fase arresti-processi-condanne. La situazione è da monitorare perché la storia non inizia ieri e non finisce certo qui. Destabilizzare o stabilizzare lo Xinjiang è strategico sotto molti punti di vista e dove ci sono possibilità e moventi, possiamo esser certi ci saranno fatti.
La seconda segnalazione è la manifestazione con una settantina di arresti e feriti che si è tenuta ad Hong Kong per la democrazia rappresentativa. Le notizie specifiche le trovate qui e qui. Nel primo caso abbiamo Repubblica che sventola il simbolo Tienanmen e chiosa: “…l’ex “cortina di bambù” rischia di trasformarsi nella nuova frontiera armata dello scontro tra la dittatura del capital-comunismo cinese e la democrazia del consumismo finanziario occidentale.”. Brutti e cattivi vs buoni e belli è il nuovo standard analitico del quotidiano italiano, già operativo con l’Ucraina e la salvazione del Medio Oriente. Nel secondo caso abbiamo addirittura il WSJ che riporta doverosamente e senza distorsioni, le accuse circostanziate del fatto che il movimento degli studenti di Hong Kong, avrebbe la stessa spontaneità e freschezza che ha animato la varie primavere colorate con le quali i servizi di intelligence americani, hanno e stanno facendo e disfacendo i corsi storici dove più a loro conviene. Curioso che l’organo della cupola dell’impero dia anche l’altra parte della versione dei fatti e il foglio dei valvassini della periferia riporti la notizia nel format Davide vs Golia, nel più stereotipato manicheismo semplificante che è la nuova wave del giornale (?) italiano.
Insomma, tra Xinjiang ed Hong Kong, tra musulmani e finanza, si comincia a portare dentro il grande gioco della risistemazione del mondo complesso anche il Paese di Mezzo che letteralmente, sta per esser messo “in mezzo” allo scontro USA vs Resto del Mondo.
Per l’analisi macroscopica della partita generale si rimanda alla nostra analisi che trovate qui.
CRONACA N. 13 (26.09.14)
Sebbene abbia il dubbio che A. Evans-Pritchard sia un agente britannico, segnalo questo articolo per la dinamica che illustra. La dinamica è riportata da un report S&P, il quale in sostanza dice che l’AFD continua a crescere nelle elezioni regionali e che questo condizionerà l’atteggiamento della Merkel nei confronti delle politiche sull’euro che molti (Italia, Spagna, Francia e la stessa BCE per parte di Draghi) vorrebbero più elastiche. Dopo aver fagocitato l’area politica dei liberali FDP, l’AFD potrebbe cominciare ad erodere proprio l’elettorato più conservatore della CDU e in reazione a ciò, Merkel mostrerebbe maggior inflessibilità progressiva proprio mentre le richieste di flessibilità si fanno più urgenti e pressanti. Tutto ciò, porterebbe a dover scegliere tra una frattura in Germania o una frattura tra Germania e gli altri partner dell’euro. Ma in entrambi i casi questa sarebbe una ennesima frattura che si aggiunge al già pericolante edificio della disgraziata moneta comune. (Fa piacere aver previsto già all’indomani delle ultime elezioni europee, questi fatti).
CRONACA N.12 (26.09.14)
Sul referendum scozzese avevamo proposto questa analisi. Come poi è andata lo sappiamo: 55% per il NO e 45% per il SI. Tra le file dei tifosi per il SI, sopratutto non scozzesi, si è registrata la consueta delusione, consueta perché pare non si riesca mai a vincere una battaglia, figuriamoci la guerra. A parte il tardivo ed un po’ confuso interesse per il fatto in sé, quello che si rileva è una idea piuttosto fuori registro di cosa è un cambiamento. Sopratutto quando a dover cambiare è un ente così complesso come una società, un format politico-istituzionale con tutte le sue ramificate ed intrecciate implicazioni culturali, economiche, sistemico-sociali, storiche. Questo articolo del Jacobin Magazine, illustra bene il valore di prospettiva che il voto ha espresso. Così anche questo commento di Aldo Giannuli il quale, nell’ottica del commento politico per il quale i voti non si contano ma si pesano nei significati, dichiara provocatoriamente che in realtà il referendum è stato vinto. Se il primo commentatore evidenza che per ragioni di scorrimento del nastro generazionale, fra pochi anni esisterà di fatto una nuova maggioranza per il SI, il secondo evidenza che il prezzo pagato da Cameron per le concessioni last minute di sempre più autonomia, prefigurano un federalismo accentuato che cambierà radicalmente la dinamica politica britannica. Si può aggiungere che l’ago della bilancia è stato il conflitto d’interessi del partito laburista, schierato a maggioranza per il NO. L’interesse locale è andato in conflitto con quello nazionale, se la Scozia avesse scelto per la secessione, il Labour sarebbe praticamente scomparso dalla scena britannica ed è quindi chiaro che sia per calcolo politico, sia per calcolo di puro interesse, i vertici del partito abbiano premuto, non poco, per evitare l’eutanasia. Il che ci dice che per i cambiamenti radicali occorrono almeno tre cose: 1) nuove generazioni perché sono loro i portatori d’interesse per la costruzione di un futuro; 2) nuovi soggetti politici poiché i vecchi soggetti sono ambientati nelle vecchie strutture e di fronte al cambiamento radicale sono conservatori per puro interesse ontologico, nelle pratiche come nelle idee; 3) un posto dove andare, un progetto concreto, una alternativa praticabile. Anche Newsweek annusa l’aria e sentenzia per secolare sistema bi-partitico britannico, la fine inevitabile. Noi rimaniamo convinti che il ridisegno delle entità socio-statali è la strada più interessante per produrre adattamento ai cambiamenti che ci saranno richiesti dal corso del mondo. Rimaniamo convinti che dalle dicotomie moneta del mercato vs quella dello stato, unione vs nazione, tecnocrazia delle élite vs parlamenti delle élite, si debba uscire con uno scarto, una posizione terza, un imporre nuovi contesti in cui ambientare nuovi giochi, giochi da giocare assieme, nuovi “giochi di società”. E siamo pure convinti, che piano piano, accadrà.
E così, il papa autorizza l’arresto di un arcivescovo polacco accusato di pedofilia. Francesco sembra aver l’energia e la forza per fare quello che Benedetto XVI° sapeva si dovesse fare ma non aveva la forza di fare. Alcuni hanno ipotizzato che il passaggio Benedetto-Francesco sia stato voluto e pilotato dal primo e che i due costituiscano una diade di comuni intenti, anche se con personalità e modi diversi. Il papa povero ed umano, vicino alla gente, deve rimuovere i punti critici della Chiesa Cattolica. Ma gli osservatori informati e molti commentatori occidentali, in genere agnostici se non atei, confondono quello che andrebbe fatto dal loro punto di vista con quello che sta facendo il papa, anche se in effetti c’è una apparente coincidenza su alcuni punti. Diversa è l’intenzione e l’insieme di cause sottostanti. Il papa certo non ha come target gli agnostici e gli atei, nemmeno gli occidentali secolarizzati su cui la Chiesa sa che può poco e che comunque avranno in prospettiva sempre più un peso irrisorio per chi ha intenti “universali”. La Chiesa Cattolica è impegnata in una difficile partita contro alcune chiese protestanti, evangelici e pentecostali. La partita si gioca in Sud America ed in Asia, ma potrebbe aprirsi all’Europa dell’Est e all’Africa. Questa “terza chiesa” si fonda su: “profonda fede personale, moralità esigente e puritana, ortodossia della dottrina, vincolo comunitario, forte spirito di missione, profezia, guarigioni, visioni” (rif.). Questa nuova chiesa (che poi tanto nuova non è) avrebbe gioco facile a stigmatizzare i comportamenti mondani dei vertici cattolici, l’opacità finanziaria, la collusione con mondi oscuri, la pedofilia, la lontananza dalla gente, per accreditarsi come vero cristianesimo. Ecco qui l’esatta agenda degli interventi di Francesco, agenda a cui il papa aggiunge due punti perché va bene difendersi, ma la miglior difesa, com’è noto, è l’attacco. Ecco allora la critica alla bramosia del denaro che arriva fino ad un neanche troppo velato anti-capitalismo e la pesante censura alla produzione e traffico d’armi, fino alla recente denuncia del bellicismo mondializzato, poiché questi punti fondano la società di riferimento, la culla da cui provengono queste aggressive chiese: gli Stati Uniti d’America. Le prossime elezioni in Brasile, con la candidata Marina Silva, membro della Chiesa pentecostale Assembléia de Deus, saranno la prossima tappa di questo scontro, puntata che è anche sviluppo della strategia geopolitica americana alla ricerca di una nuova influenza e nuova egemonia sul giardino di casa ovvero quel Sud America che la gestione geostrategica Bush sr – Clinton – Bush jr si erano dimenticati di coltivare, permettendo la nascita dei vari Chavez, Lula, Morales, Maduro, Rousseff, Mujica, Correa, Kirchner etc.
NOTA: il commento prende spunto da una osservazione privata dell’amico Piotr.
CRONACA N.10 (23.09.14)
Dopo il gran baccano della terza guerra mondiale USA-Ucraina-Russia, cosa rimane al momento? Infittiti gli scambi tra Russia e Cina, sostituite buona parte delle importazioni alimentari europee con quelle sud-americane, il Giappone ha dichiarato che, per il momento (com’era previsto, vedi qui) non applicherà le sanzioni. Non le applicherà neanche Israele che sta firmando contratti per l’aumento dell’interscambio. Forse l’Europa più che infliggere le sanzioni se le è auto-inflitte. Forse l’intera razionale delle manovre condotte dietro gli eventi era questa: costruire un Occidente duro e coeso a difesa del castello americano minacciato da ognidove. Per l’Europa era previsto il ruolo di fossato e l’Europa, diligentemente, si è affossata. Su ciò che sarebbe potuto essere e non sarà, si veda qui.
CRONACA N.9 (22.09.14)
T. Piketty è l’econo-star di cui è da poco (e con grande ritardo) uscita l’edizione italiana del suo “Il Capitale del XXI° secolo”. Il libro ha fatto molto rumore e venduto un inusuale numero di copie, io non l’ho letto e non è di questo che voglio parlare. Su Repubblica, esce oggi una intervista a Piketty sull’euro: qui. Il francese sostiene che “l’unione monetaria senza unione fiscale e politica è la situazione peggiore“, addirittura peggiore del ritorno alle monete nazionali che di per sé, egli pensa sarebbe una “catastrofe”. La soluzione da ricercare, pure con urgenza, sarebbe una immediata unione politica a sei: Olanda, Belgio, Francia, Spagna, Italia e Germania. Perché a sei? Si suppone sia per ridurre l’indice di difficoltà dell’impresa.
Chi scrive ha altrove argomentato (qui) per l’unione politica dei paesi del Mediterraneo secondo un ben preciso schema geo-storico-culturale, quindi politico che darebbe maggiori garanzie di riuscita. Si dovrebbero infatti approfondire i profili dei sistemi stato-nazionali che puntano ad una fusione e non tirare a caso giù delle liste che sommano mele con pere, cosa che gli economisti fanno spesso. Ma che l’iper euro-dogmatica Repubblica, comunque ospiti dei pensanti euro-critici e che qualcuno, comunque del mainstream europeo (in quello anglosassone le voci critiche sono sempre esistite), cominci a far la voce grossa sull’impossibilità strutturale del sistema così come è congegnato, è già qualcosa. Stato e moneta sono enti strutturalmente coincidenti, averli separati è insano ed insensato. Su questo punto si potrebbe forse raggiungere un certo accordo tra forze sociali, politiche e teoriche, relativamente consistente.
CRONACA N.8 (22.09.14)
In Sierra Leone, uno dei paesi al centro della nuova epidemia di ebola, è stata dichiarata la legge marziale per ragioni sanitarie: tre giorni (per il momento) di autoreclusione in casa. Non solo si pensa così di limitare il contagio, la misura serve anche ad individuare, casa per casa, chi è malato e chi no, chi è scappato dagli ospedali ed è agente infetto in libera uscita, chi è contagiato ma non vuol dichiararsi tale. La nuova grande complessità nella cui era siamo entrati, si presenta con effetti simili a quelli che si registrarono con l’avvento della modernità. Intorno al 1350, fu l’epidemia di Peste Nera importata in Europa dai mercati di Costantinopoli in cui era arrivata dalla Mongolia, l’evento cataclismatico che decise le sorti del corso storico, ciò che diede vita ad una transizione dal vecchio modo di stare al mondo (Medioevo) ad un nuovo (modernità). Dopo la fase spensierata e fiduciosa del “villaggio globale”, ora si manifesta quel ripercorrere all’indietro il percorso che si era fatto in avanti, tagliare i ponti, le vie dell’interrelazione generalizzata di tutti con tutto, potare le connessioni, isolare per prevenire treni di retroazioni disordinanti. Fine della globalizzazione quindi ed autoreclusione dell’Occidente in casa propria, fine del multiculturalismo ed autoreclusione delle civilizzazioni che si manifesterà come “ritorno ai fondamenti”, alle “identità”. Forse si manifesterà anche una nuova autoreclusione nelle nazioni, non necessariamente coincidenti con gli stati. Alla grande apertura, farà seguito una grande chiusura. All’azione corrisponderà una reazione uguale e contraria. Al manifestarsi del Grande Disordine, farà seguito l’affermazione impaurita e dai più auspicata di un nuovo Grande Ordine. La nostra incapacità di governo della complessità, ci porterà ad una fase in cui la legge marziale, non tanto in sé ma in quanto concetto, diverrà abbastanza generalizzata, auspicata, voluta. Questo nuovo lungometraggio della fase storica avrà titolo : “Non aprire quella porta” ed avrà i suoi bravi sequel fino a che non impareremo che c’è un modo diverso di stare al mondo.
CRONACA N.7 (21.09.14).
Un documentario da poco realizzato da VICE NEWS, all’interno dell’Islamic State. “It’s a state and not a group. We aim to build an islamic state to cover every aspect of life” questo il succo espresso dall’addetto stampa dell’IS (27:03).
Questo è quanto vuol mostrare il documentario: armi, polizia, amministrazione della giustizia, legge (shari’a), welfare, controllo dell’economia di strada, revisione dei confini, giovani generazioni educate ai nuovi principi. Ripetuto più volte e messaggio fondamentale del filmato, tutto ciò è in atto, il califfato è “established”. Dove arriveranno tanti giovani, ben armati, con molti soldi, un progetto chiaro e la forza della volontà identitaria collegata ad un fede millenaria?
CRONACA N.6 (20.09.14)
L’appello dell’ONU e dell’OMS alla mobilitazione mondiale per far fronte alla situazione dell’epidemia ebola che va degenerando in Africa occidentale è stato per il momento accolto da Cuba che invierà 165 tra medici ed infermieri in Sierra Leone e dagli USA che invece, manderanno 3000 soldati in Liberia. Quale sia il nesso tra virus grandi nanometri e militari che imbracciano armi in grado di colpire medi bersagli a chilometri non è chiaro. Potrebbe esser un caso del tipo “se hai solo martelli, tutti i problemi assomigliano a chiodi” oppure potrebbe esserci dell’altro?
CRONACA N. 5 (19.09.14).
Ancora dall’ultimo Limes appena uscito, l’articolo del corrispondente del 24 Ore, A. Negri. Negri sembra invece prendere piuttosto sul serio l’idea del califfato. Isis è accreditata di una ricchezza di 875 milioni di dollari e le sue forze dovrebbero essere maggiori di quelle stimate visto che si è permessa di tenere in contemporanea, il fronte iracheno, quello curdo, quello siriano, anche contro le altre forze nemiche di al Asad ed anche una puntata in Libano. Isis, cioè Is è pienamente operativo quanto ad amministrazione del suo territorio, scuole, tribunali, polizia religiosa, logistica, recruitment, addestramento e formazione, media ed evidentemente tesoreria ed anche riscossione tasse, per circa un milione e mezzo di cittadini del nuovo stato. La cura particolare dei giovani, dice di un progetto a lungo termine, almeno nelle intenzioni. Il piano è l’unione dei sunniti sirio-iracheni, clan e tribù a loro volta connesse con quelle del deserto saudita. Alla fine, il realista Negri, pone la questione con onestà: siamo sicuri che questa alternativa non sia stata accarezzata in più di qualche cancelleria? Si riferisce all’articolo di R. Wright sul NYT del 09.13 in cui si ipotizzava la frammentazione dei vecchi stati della regione per ridisegnarne la geo-politica delle influenze e dei controlli. Terminando con la classica citazione di Andreotti sul pensar male, Negri suggerisce che il piano dell’Isis non è così campato per aria. Strategicamente parlando non solo ha senso, tra cui quello di sanare lo storico disordine creato dai tempi di Sykes Picot, ma potrebbe avere molti più alleati di quanto la pubblica commedia dell’armata dei 40 svogliati volenterosi non mostri. Concordiamo.
CRONACA 4 (18.09.14).
Appena scaricato l’ultimo Limes su “Le maschere del califfo”, riferisco sull’editoriale di Caracciolo. Il direttore è piuttosto cauto, la faccenda appare molto complessa e sicuramente non ci sono note tutte le informazioni. Caracciolo tende a non dare molta importanza all’Isis in sé per sé, ma come marcatore, come rilevatore del contesto in cui si manifesta come fenomeno e come attrattore dei comportamenti dei principali attori geo-strategici locali e non. La tesi in breve è: 1) Molteplicità e frammentazione dell’Islam e del Medio Oriente; 2) crisi delle forme nazionali imposte nel secolo scorso dai colonialisti occidentali; 3) dialettica trasversale fra innovatori e conservatori con i sauditi campioni di questo secondo atteggiamento; 4) utilizzo della religione a fini politici; 5) poli centrali della dialettica medio-orientale che si disputano l’egemonia sul Golfo, l’Arabia Saudita e l’Iran. In pratica, il menù del volume. Caracciolo sembra dar credito alla tesi “mostro sfuggito di mano” ovvero un Isis creatura saudita che però ora si ritorce contro il suo creatore, tesi per noi poco credibile. Ma sottolinea anche di come le popolazioni locali dei territori da esso controllati e la stessa opinione pubblica popolare dell’Arabia Saudita vivano con affettuosa partecipazione le vicende del nuovo Stato Islamico che forse non sarà così effimero come Caracciolo crede. Nel pezzo anche una notizia che ci era sfuggita: Israele ha messo Isis nella lista nera delle organizzazioni terroristiche, solo lo scorso 3 settembre, quanta prontezza! Israele che è oggettivo alleato saudita, anche secondo il nostro. A chiudere, la tesi per la quale la strategia di Obama sarebbe quella di sfruttare la crisi per accelerare la formazione del quadrilatero degli stabilizzatori, Turchia, Iran reintegrato nella comunità internazionale, Arabia Saudita ed Israele, la cui unica alternativa sarebbe il caos hobbesiano. Infine, la nota per cui tra guerre mediorientali, crisi russo-ucraina, somalizzazione della Libia, stagnazione e deflazione dell’Eurozona, chi subirà di più, “pagando per andar a sbattere contro il muro” saremo noi.
CRONACA 3 (17.09.14).
Questa notizia: http://www.lastampa.it/2014/09/02/esteri/spostare-i-resti-di-maometto-riad-pensa-a-sfidare-il-tab-u06oDyvkIbfSGGDcfDcn2O/pagina.html, dice che sarebbe in corso una strategia saudita-wahhabita per assumere il controllo delle molteplici interpretazioni dell’Islam, secondo il paradigma più ortodosso e fondamentalista, tipico di certa tradizione hanbalita. La strategia che appare relativa a fatti teologici, per la conformazione del sistema islamico, ha effetti chiaramente politici e geo-politici. Coerente con questa strategia, il senso dell’Isis che per conseguenza, sarebbe interpretabile come una creatura arabo-saudita. Non una creatura occasionale, un fiancheggiamento privato di alcuni emiri, un frankenstein sfuggito di mano, ma un piano stabilito dalla reggenza saudita, ben pianificato, sostenuto e puntato a creare un effetto ben preciso. Questo non esclude quanto si dice dei supporti USA, Israele, Turchia etc., ma per capire la natura sostanziale del fenomeno Isis, forse dovremmo dismettere le nostre presunzioni coloniali e capire cosa sta succedendo nell’Islam dal punto di vista degli islamici.
La questione è stata studiata qui:https://pierluigifagan.wordpress.com/2014/09/01/il-buco-nero-dellislam-12/ e come seconda parte qui: https://pierluigifagan.wordpress.com/2014/09/06/il-buco-nero-dellislam-22/
CRONACA 2 (16.09.14).
E’ in atto una complessa dialettica tra Al Qaeda ed Isis, due sistemi diversi e per molti versi, concorrenti. Isis nasce proprio come ver. 2.0 del radicalismo fondamentalista. Isis è wahhabita, quando quasi tutte le organizzazioni di Al Qaeda sono salafite. Al Qaeda scomunicò Isis tacciandola di kharigismo, il più pesante insulto (una vera e propria accusa di apostasia) in ambito musulmano. Al Qaeda è terroristico-dimostrativa ed agisce tanto nell’Islam che (in teoria) fuori ovvero anche in Occidente. Isis invece è un progetto di creazione di uno stato califfale ed ha quindi un esercito. Inoltre il suo obiettivo è l’Islam degenerato e non l’Occidente o Israele (noto il suo pronunciamento contro Hamas e Fratelli Musulmani, in linea con le ossessioni arabo-saudite). Capita così che recentemente, Al Qaeda annunci la formazione di una branch indiana perché il suo progetto è pan-islamico e non pan-arabo com’è quello dell’Isis (la faccenda è più arzigogolata ma facciamola semplice altrimenti si va lunghi). Infine oggi Al Qaeda dice che quanto sta facendo Isis con gli ostaggi occidentali non è islamico, quindi dovrebbero liberarli tutti. Nel frattempo, Al Nusra (salafita, quindi Al Qaeda) annuncia una tregua con Isis perché prima in Siria erano nemici. Tre organizzazioni di Al Qaeda dichiarano l’abbandono e l’affiliazione a Isis. Insomma il progetto 1.0 che secondo molti risponde al Qatar è furiosamente in lotta con il progetto 2.0 che risponde all’Arabia Saudita, in lotta per l’egemonia dell’Islam radicale.
CRONACA 1 (15.09.14).
Contro l’indipendenza scozzese si sono pronunciati: la Regina, Barroso, Van Rompuy, l’Fmi, la City, i principali fondi d’investimento e l’intero sistema bancario anglosassone, la Spagna, la Casa Bianca, la diplomazia indiana, un delirante Enrico Letta, gli orangisti unionisti protestanti, la Deutsche Bank ed il Ministro degli Esteri tedesco, la NATO, la BP, Mick Jagger, David Bowie e la mamma di Harry Potter. Non sempre i nemici dei nostri nemici sono nostri amici, ma… https://pierluigifagan.wordpress.com/2014/09/13/filo-scozzese/.