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CRONACA 817
[08.04.20] SITUAZIONE E PROSPETTIVE. [Post di taglio realistico basato su sole informazioni + qualche commento] Facciamo un po’ di punto della situazione, riepilogando dati ed informazioni reperite sulle fonti informative disponibili. Anche per farci un’idea realistica del come andranno le cose nelle prossime settimane e mesi.
A Wuhan in Cina, viene revocato il blocco dopo 11 settimane. Il blocco di Wuhan, complice il fatto che è solo una città (delle dimensioni demografiche più o meno pari alla Lombardia) di un Paese ben più grande, è stato il più severo al mondo. Ciononostante, son passati 76 giorni dalla chiusura alla riapertura. In Italia, se meccanicamente applicassimo la stessa tempistica, arriveremo al 18 maggio, un lunedì. Borrelli si era lasciato sfuggire un 16 maggio, siamo lì. Però, i cinesi imposero il lockdown a 260 casi dichiarati, mentre noi lo abbiamo fatto che eravamo già a 1797. In più avendo avuto un Paese attorno, hanno effettivamente chiuso ogni centro di potenziale contagio, mentre noi abbiamo dovuto lasciare in funzione trasporti (anche se limitati) ed alcune attività industriali. Stante il dubbio che aleggia su i dati, prendendo comunque questi come indicativi, i cinesi sarebbero scesi sotto i 100 nuovi casi giornalieri già un mese fa. Hanno ciò tenuto il blocco per un intero mese, con casi sotto i 100 ed assai spesso sotto i 50 e qualche giorno anche a 0 nuovi contagiati. Noi ieri registravamo ancora 3.039 nuovi casi e purtroppo, tra fabbriche, trasporti, ospedali ed RSA che offrono ancora al virus circolazione sebbene a bassa intensità, sotto i 100 dubito che ci arriveremo mai. Poiché si stima che attualmente noi si sia ad un fattore di contagio 1 (il famoso R0), se domattina riaprissimo tutto, in pochi giorni avremo 6000 nuovi contagi che è poi il dato peggiore registrato sino ad oggi, il 21 marzo, quando i pronto soccorso esplodevano, i medici e gli infermieri piangevano e molti venivano rispediti a morire a casa.
Tutto ciò tanto per dire quanto bizzarra sia questa ossessione dilagante su i media sulla riapertura, alimentata da certi politici che fanno da cassa di risonanza ad un desiderio, per altro comprensibile, di una popolazione che comincia a soffrire della lunga cattività. In realtà, molti “riapristi” sono in modalità “populista” ovvero farsi interpreti del lamento popolare, ma in effetti agiscono per mandato dell’interesse economico che, come si sa, è assai influente. Si comprende dunque la cautela delle autorità nel dare le notizie di lockdown di quindici giorni in quindici giorni, si comprende l’omertoso ed evasivo allineamento delle pubbliche dichiarazioni dei sanitari, si comprende anche che i giornalisti facciano finta di non avere un cervello pensante riportando il come stanno le cose e si comprende ovviamente anche l’aspettativa popolare ad un individuabile traguardo di fine pena. Detto ciò però, la logica non può che prender atto dei numeri che abbiamo dato sopra, il resto è psicologia di massa manipolata dal conflitto “sanità vs capitale”.
E’ possibile che nei prossimi giorni, qualche misura venga allentata, probabilmente riprenderà un più ampio raggio di attività produttive. Tenete però conto che ogni nuova formazione di potenziale diffusione del virus, aumenta i nuovi casi. Quindi il “tornare a lavorare” per alcuni, significherà una o più settimane di lockdown per molti altri. Giorni fa, sul New York Times, è apparso uno studio congiunto M.I.T-Federal Reserve, su i casi di lockdown-riaperture delle città americane ai tempi della famosa “influenza spagnola” (1918-1920). Lo studio mostrava la logica inesorabile per la quale le città che avevano fatto lockdown prima e lo aveva rimosso più tardi, erano quelle che dopo si erano economicamente riprese prima e con più vigore. Si potrebbe dire un meccanismo per il quale quanto più si è severi prima, permette di esser più forti dopo. Andare in compromesso con la severità, allunga i tempi di ripresa. Il caso però vale per le città di un Paese, un po’ come a Wuhan, mentre noi non abbiamo un Paese intorno, noi siamo un Paese.
Se quindi la agognata fase 2 sarà limitata al ritorno al lavoro di qualcuno, ce ne sarà poi una 3, una 4, una 5 e così via. Ogni volta che allenteremo qualcosa, i nuovi casi di contagio risaliranno e si tratterà di un continuo aprire e chiudere la valvola dei nuovi contagi potenziali concedendo un po’ più di libertà e qualcuno che verrà scontata con la minor libertà degli altri. Ogni corsetta al parco varrà una settimana in più a casa degli ultra sessantenni, la libertà di alcuni sarà la condanna di altri, concetto che vedo si fa fatica a comprendere in una società basata sull’individualismo liberale. Sul piano pratico, l’importante sarà che i nuovi contagi non tornino a far collassare il sistema sanitario. Si tenga anche conto che quanto più si monopolizza il SSN su i malati Covid19, tantomeno bene si assistono gli altri, il che fa aumentare la mortalità generale. Tanto più il SSN va al limite, tanto più si morirà di Covid19 in casa. Questo “up&down” durerà mesi, meglio saperlo.
I test seriologici, pare che possano dare un aiutino. Ma quei testi hanno tre problemi: 1) testano solo il fatto che qualcuno abbia gli anticorpi del virus; 2) hanno una affidabilità ancora molto relativa; 3) gli anticorpi in misura rilevabile dal test, si producono dopo almeno 10 giorni che è contratta l’infezione, questo è almeno ciò che ho capito della questione. Quindi, qualche indicazione la danno il che ricade nella categoria “meglio di niente”, ma sono uno strumento un po’ vago che non aiuta decisivamente la gestione dell’epidemia.
Quanto i tamponi, fatta salva la fornitura dei reagenti ed il continuo ampliamento dei laboratori in grado di processare i tamponi, ci vedono già oggi -pare- come il primo tra i grandi Paesi europei per numero di tamponi fatti, prima della Germania. A pari con l’Austria, solo dopo Norvegia, Islanda, Svizzera, Estonia, Slovenia, Malta e Lussemburgo, questi ultimi, ricordo che hanno la dimensione di un Municipio di Roma. Per capacità di tamponare ogni 1 milione di abitanti, la Germania ci segue a stretta ruota, la Spagna è ad un 40% in meno, Francia ed UK ad un 70% in meno. Quanto alle capacità ricettive di letti in TI, stante la Germania che svetta inarrivabile, non sembra che tra Spagna, Francia e Regno Unito, si stia meglio che in Italia dove la ricettività è nel frattempo aumentata, sembra, ad una capienza dedicata al CVD19 di 4000 unità. Sono 3792 attualmente i ricoverati CVD19 in TI, di poco sotto il limite di capienza, ma ogni giorno il bilancio migliora.
Sulle “mascherine” penso siate informati a dovere. Procede intanto la sperimentazione dei farmaci che possano evitare di scivolare nella polmonite bilaterale che porta a T.I. da cui si esce spesso morti, mentre per il vaccino, le stime internazionali danno un vago “prossimo inverno”. Naturalmente prendere i casi all’inizio e curarli prima che peggiorino, aiuta la gestione del bilancio delle T.I.. Così, pare, siamo messi.
[Lo studio citato: http://news.mit.edu/…/pandemic-health-response-economic-rec…]
CRONACA 816
[07.04.20]QUANDO IL GIOCO SI FA DURO … . Una costante universale delle reazioni alla pandemia in corso, è l’impossibilità di darne numero, peso e misura. La cosa ha un che di paradossale, ero rimasto al fatto che noi si viveva nella società dell’informazione, che combatteva le fake news, della trasformazione immediata dei fatti in Big Data. Ma, per la versione numerata dei fatti legati alla pandemia, ci si scontra con due difficoltà. La prima è oggettiva poiché nessuno è in grado di monitorare lo stato reale della salute della propria popolazione nei vari gradi di – sano – infettato asintomatico – sintomatico lieve casalingo – sintomatico ospedalizzato – sintomatico ventilato artificialmente – morto. C’è un solo posto al mondo dove hanno fatto lo screening del 10% della popolazione, le isole Faroe dove vivono in 50.000. La seconda si aggiunge alla prima ed è data dal fatto che chi i numeri dovrebbe raccoglierli, non ha poi sempre questo grande interesse a farlo.
Il Giappone forse ora va in stato d’emergenza e il dato dei contagiati è esploso ma solo dopo che hanno a malincuore accettato ufficialmente di posporre le Olimpiadi. Su i cinesi si dubita sulle cifre poiché sarebbero sparite più utenze telefoniche dei morti dichiarati. Gli italiani hanno avuto morti a casa in numero forse pari al 50% di quelli censiti, almeno nel quadrilatero della morte padano. Ma tale caveat leggo emergere sulla stampa mainstrem sia della Spagna che della Francia, della Gran Bretagna che della Germania. Qui si comincia ad adombrare il dubbio che nelle case di riposo per anziani sia in corso una strage silenziosa mentre tutto il mondo continua a domandarsi perché i tedeschi non muoiono come gli altri. A tale proposito, segnalo che il WoM, da qualche giorno espone di dati dichiarati dai vari Stati sul numero dei tamponi. Scopriamo così che la Germania fa meno tamponi dell’Italia. Sì, pare strano penserete voi, eppure pare che i tedeschi abbiano fatto 10.962 tamponi ogni milione di abitanti, mentre noi ne abbiamo fatto 11.436 e si tenga conto che per andare in pari parametrando alle diverse popolazioni, ne avrebbero dovuti fare più di 15.000. Per dire come stanno gli altri, i francesi ne hanno fatto 3.436 ed i britannici 2.880. Qui i fatti ci sarebbero pure, ma a noi interessano le narrazioni e quindi via a scrivere articoli che sbavano invidiosi sull’efficienza germanica e/o sull’inettitudine italica.
Tutti aspettano con ansia picchi e plateau come i bimbi Babbo Natale la sera del 24. I britannici, dopo aver lungamente negato l’inesorabile logica dei fatti, ora stanno a pezzi. Le curve e proiezioni britanniche sono tra le peggiori e Boris Johnson che aveva sfavillato con l’orgogliosa dichiarazione dell’immunità di gregge ora è in ospedale. Gli svedesi, che avevano preso il posto dei sud coreani nell’immaginario dei “un’altra epidemia è possibile”, pare ora stiano per ripiegare al triste lockdown di gregge. Gli olandesi se la cavano egregiamente invece, basta dare il consenso informato al fatto che in quanto anziano con patologie, scegli di morire a casa così non sporchi i conteggi con la tua inutile morte. I francesi che s’erano dimenticati di contare i morti nelle case di cura, hanno fatto per tre giorni il primato mondiale dei morti per giorno quando le hanno dovute inserire. Gli americani annunciano nuove Pearl Harbour con dentro uno o più 11 settembre, mentre non fanno lockdown serio quasi da nessuna parte ed un 25% di popolazione non lo fa per niente col risultato finale che quando gli altri saranno alla fine della curva verranno reinfettati da coloro che sono ancora portatori. Qui si nota il divorzio tra scienza e tecnica da una parte e capitale dall’altra. Infatti, scienza e tecnica dicono cose semplici ovvero che ci sono solo due modi di contrastare il virus, il vaccino che è lungi da venire ed il congelamento delle relazioni intra-umane. Ma il capitale che attende l’avvento del vaccino pur sapendo che non c’è modo di averlo prima del prossimo inverno (se non dopo), non accetta la seconda opzione. Nel frattempo hanno comprato respiratori made in Russia da aziende da loro stessi messe sotto sanzione.
Con lucida e fredda razionalità, è il meritevole the Economist l’altro giorno, ad aver inquadrato la questione sotto forma di dilemma etico-pratico, genere a cui gli anglosassoni sono molto affezionati [vedi “dilemma del carrello ferroviario” (P. R. Foot 1967)]: “Fino a quando potremo permetterci di dire che una vita umana non ha prezzo?”. L’inquietante dilemma riprendeva una stentorea dichiarazione di A. Cuomo, il quale s’era fatto bello con un vibrante “We’re not going to put a dollar figure on human life”. L’organo del Capitale, argomenta freddamente che “Forse non troveremo presto vaccini e cure. Con l’estate, le economie avranno subito crolli a doppia cifra. Mesi di reclusione casalinga avranno minato coesione sociale e salute mentale”. Alla fine, “il costo del distanziamento potrebbe superare i benefici”. L’argomento cita anche i lavoratori che avranno perso il posto, i bambini che non hanno più un pasto a scuola per loro vitale. E i giovani, “su cui cadrà gran parte del peso della malattia, sia oggi sia in futuro, con tutto il debito che i loro Paesi accumuleranno”. Considerazioni qui impopolari per via del fondo cattolico, ma che in qualche modo qualcuno, ad esempio Renzi e Confindustria, ha già cominciato a fare. Considerazioni che the Economist si permette di far pubblicamente perché in certi ambienti sono giorni che circolano gli allarmati forecast dei centri studi e dell’intelligence economico-finanziaria.
Se posso condire con un’avvertenza, sbaglia chi pensa di affrontare la questione sul piano del giudizio morale, il mondo non funziona a base di principi morali ma pratici. E sul piano pratico il dilemma c’è, ineliminabile. Molti di noi pur di solito critici col capitale e la sua fenomenologia detta “capitalismo”, sono oggi in conflitto di interessi personale. Il sistema rischia di andare in crash, ma con noi dentro ovvero con i nostri mutui, affitti, impegni, tenori di vita, posti di lavoro, prospettive future, figli e mogli o mariti a carico. Si sognava un “Aufhebung” (“superamento” ma espresso in forma di citazione colta), ma mica sul serio, era per gioco, il gioco sociale del criticare una realtà senza averne una sostitutiva di rimpiazzo, se non nell’etereo mondo delle parole e dei concetti.
Cos’è allora un gioco? “Agire in accordo con certe regole” diceva un filosofo tedesco. Non esistono davvero Vicolo Stretto e Viale dei Giardini, ma esistono se accettate la convenzione di quel gioco. Così la convenzione del nostro mondo moderno è lavorare otto ore al giorno per più o meno cinque giorni/settimana, riceverne delle fiches, spenderle per comprare cose che in minima parte servono e per gran parte soddisfano illusori bisogni deviati o aiutano a posizionarci nella scala sociale, mostrando a gli Altri se valiamo un po’ più o un po’ meno di loro. Il gioco ha poi altre innumerevoli condizioni di possibilità da soddisfare, questioni di violenza geopolitica, ambientale, umana, non scritte nel Regolamento. Sul tavolo di gioco in cui eravamo assisi intenti a far il nostro gioco, si sta abbattendo una piccola tempesta reale, vento dalla finestra e pioggia dal soffitto.
Continuare il gioco si fa improvvisamente duro ed ognuno dovrà scegliere (e scegliere provoca ansia) se fare il duro e continuare a giocare o se fare il duro in altro modo ed alzarsi dal tavolo e rimanere nell’incertezza del cosa verrà dopo il gioco, magari un altro gioco. Ma disegnato da chi? Con quali nuove regole? Con quanto umano “divertimento” e soprattutto con quali rapporti con la concreta realtà che ci assedia? Quello che giochiamo di solito è un gioco disegnato in tutte le sue regole e condizioni tre secoli fa, oggi i disegnatori di giochi non ci sono più, chi saprà inventarne un altro adatto ai tempi nuovi?
Siete sicuri che “la vita umana non ha prezzo”? Siete sicuri di voler seguire John Belushi e l’orgoglioso richiamo a gettare il cuore oltre l’ostacolo ovvero inventare un nuovo gioco? Faites vos jeux! Della serie “dilemmi virali” …
CRONACA 815
[20.04.20] PAESE CHE VAI, VIRUS CHE TROVI. Rapido giro mattutino della stampa int’le (SPA,FRA,UK,GER,USA).
1) L’EUROPA. Nel gruppo euro, siamo a 15 paesi contro 4 (GER-OLA-AUS-FIN). I 4 hanno capito di aver clamorosamente sbagliato il primo round, critiche interne si sono sollevate soprattutto in Olanda ed un po’ anche in Germania. Soprattutto hanno capito di star mettendo seriamente a rischio euro ed UE. Così ora scatta l’operazione elemosina ovvero gettare in pasto alle opinioni pubbliche un marasma di ipotesi di intervento tutte largamente insufficienti, ma che possono dar l’impressione si stia facendo fattivamente qualcosa. Si parla di un fondo per la disoccupazione di 100 mld e l’olandese Rutte, si è anche spinto fino all’idea di una donazione caritatevole da 10 mld che i Paesi “ricchi” farebbero ai “poveri”. Von der Leyen ci scrive chiedendoci scusa, i tedeschi ci prendono qualche decina di malati da qualche giorno, Rutte ha chiesto scusa alla Spagna per l’infelice uscita che gli è valso quel “ripugnante” da parte del premier portoghese. L’importante è non fare nulla o poco, guadagnare tempo, minimizzare i danni d’immagine ed evitare che il “sogno europeo” venga percepito come “incubo europeo”. “Percepire”, questo è secondo questi illusionisti il problema, diagnosi che si commenta da sé. Segnalo però anche l’avvenuta gara europea per le fornitura centralizzata di miliardi di mascherine (Cina, India, Vietnam). Aspettiamoci quindi una invasione di mascherine con il logo europeista da portare tutti quando sarà obbligatorio, di modo da confermarci che l’Europa ci protegge.
2) POPOLI E GOVERNI. FAZ pubblica un sondaggio a 100.000 casi (Cambridge, Princeton, Harvard) sull’umore dei popoli. I più contenti del proprio governo sono gli austriaci, poi noi. Due terzi di consenso per Merkel, mentre così così (sotto o sopra 50%) stanno gli olandesi e svizzeri sebbene più positivi che negativi, mentre un po’ meno positivi ed un po’ più negativi francesi e spagnoli. Più di due terzi critici i britannici, più dell’80% degli americani (russi e turchi ancora peggio, secondo il sondaggio). Britannici, americani ed olandesi si auto-criticano anche come reazioni e comportamenti della popolazione all’emergenza, ma anche un po’ francesi e canadesi. Giudizi critici sull’onestà del proprio governo nel dire come stanno le cose soprattutto in USA, ma anche in Francia, Gran Bretagna e Spagna. Italia, più o meno a livello di Germania, Olanda, Svizzera e Svezia in territorio decisamente positivo.
3) CAPITALE vs SALUTE. Ovunque si mostra il conflitto tra interessi economici ed interessi sanitari. Segnalo che i governi spagnolo ovviamente ma anche francese, britannico e tedesco, sembrano voler frenare (come in Italia per altro) l’impeto a “riapriamo e fatturiamo”. Ovunque e stamane ne ho letto addirittura sulla stampa tedesca, c’è il semplice problema che noto ad alcuni fatica ad entrare in testa, della capacità ricettiva degli ospedali. Gli “altri” poi, sono indietro a noi nella tempistica di sviluppo dell’epidemia. Segnalo che oltre ovviamente a noi che abbiamo iniziato per primi e gli spagnoli che stanno sotto un treno, in termini di rapporto morti per 1 milioni di abitanti, cominciano a star maluccio anche francesi, belgi, olandesi e svizzeri, più indietro i britannici. Com’è noto i tedeschi sono invulnerabili, perché allora si preoccupino non si capisce. A proposito di tedeschi segnalo che per la terza volta in breve tempo, dopo la tempestosa riunione dei premier eurogruppo ed un messaggio alla nazione, Merkel continua a mandare messaggi vocali ma si rifiuta di comparire in video come nella conferenza stampa di ieri. Ricordo che Merkel è ufficialmente in “isolamento”, forse non si è fatta la messa in piega e non vuole mostrasi “scapigliata”?
4) SALUTIAMO L’AMERICA. Trump sta capendo in che razza di casino è capitata l’America. Diventato a fatica serio e preoccupato, pochi giorni fa ha annunciato di aspettarsi 100.000 morti poi appena qualche giorno dopo è passato a 240.000. L’America sta mostrando un livello di organizzazione pari forse solo all’Iran. Manca tutto in termini di materiali, c’è un casino tra entità federali pazzesco, non sanno dove mettere i morti e sono solo a poco più di un terzo dei nostri morti (e sono pure cinque volte più grandi di noi per non parlare della ricchezza). Non hanno fatto scattare alcun lockdown serio e quindi continueranno a contagiarsi e finire in ospedale per mesi e mesi. In più stanno fallendo compagnie di shale gas una dopo l’altra e seguiranno vari tipo di industria. La foto che gira degli homeless messi sdraiati per terra a distanza di sicurezza occupando – per “distanziamento sociale” – ognuno uno scacco dei parcheggi vuoti di Las Vegas con tutti gli alberghi vuoti a teorica disposizione dice dello stato di civiltà di quella nazione. Ricordo qualche settimana fa i commenti dei liberali italici indignati per i miseri ospedali messi su in una settimana dai cinesi, ma si sa, noi viviamo in un eterno presente e nessuno si ricorda quello che ha detto l’altro appena due giorni fa. Poi arriveranno i ghetti in rivolta e con la nazione che ha un terzo della popolazione con almeno un’arma (ma in complesso in USA ci sono più armi private che abitanti quindi alcuni hanno veri e propri arsenali), vedremo film à la Carpenter con Jena Plissken dal vivo.
Di cinesi, giapponesi, indiani, brasiliani ed africani ci occuperemo un’altra volta. A chiedere tre punti: 1) nonostante le difficoltà in cui si dibattono, i popoli si stringono al proprio leader o forse solo alla nazione detto in senso culturale, il “noi”. In emergenza, nessuno sente il bisogno di far esagerate polemiche, non è il momento, ora. Ma il momento arriverà, sembra che pochi abbiamo capito l’entità e la durata di questa storia; 2) l’epidemia è come un apparato radiografico semovente. Mano a mano che procede, rivela di ogni Paese e di ogni popolo, le nudità strutturali. Ogni giorno qualcuno scopre qualcosa di nuovo e di inaspettato, è un bagno di realismo il che in un’epoca surreale è interessante; 3) ricordo che i cinesi, a Wuhan, hanno chiuso tutto ma tutto davvero per dieci settimane. Oggi però sono alle prese con nuovi possibili focolai ed hanno richiuso Hong Kong. L’Imperial College, in uno studio -mi sembra logicamente affidabile-, ha detto settimane fa che la faccenda, a cicli di up&down, durerà probabilmente 18 mesi. Ognuno ne tragga la conclusione che crede su tempo e spazio del fenomeno.
CRONACA 814
[31.03.20] IDEE DI SOCIALISMO SANITARIO. Oggi ci lanciamo in una semplice idea guida, un esempio di modo di ragionare che può tornare utile quando le cose saranno se non normali, meno eccezionali. Ed a tale proposito, da ieri possiamo dire -per il momento- che si vede forse la fine almeno della fase 1, quella emergenziale. L’emergenza era data da un semplice fatto, bisognava diminuire il flusso dei contagiati negli ospedali perché questi si riempivano più di quanto non si svuotassero. In quelle condizioni i morti sarebbero aumentati di molto.
In questi giorni molti hanno continuato a non darsi conto del fatto che i morti complessivi per e con coronavirus non fossero più delle normali epidemia di influenza. A parte il fatto che più di 11.000 morti in poco più di un mese sono ben più dello standard statistico delle influenze annuali, il problema principale in termini di “urgenza” (ciò che viene prime vs ciò che viene dopo) non erano solo i morti ma i bisognosi di ricovero (terapia d’assistenza respiratoria + terapia intensiva), tant’è che molti non ce l’hanno fatta, rimanendo a casa perché non c’erano posti nelle strutture ricettive. Nonostante giri da febbraio un disegnino con le curve a picco del “se non fai niente” o a curva sdraiata “se fai il lockdown”, ovvero spalmare i richiedenti ricovero bloccando i contatti sociali, come hanno capito per altro tutti i dotati di senno in tutto il mondo, vedo che molti hanno avuto insormontabili difficoltà a collegare un numero sufficiente di neuroni per capire questo fatto. Ieri però Callera ha detto che tra entrati ed usciti dagli ospedali lombardi, il saldo era solo di +2 e quei due letti in più ci sono, quindi incrociamo le dita per gli andamenti futuri e passiamo ad altro.
L’altro non è la fase 2 o 3 del coronavirus, ma quella posteriore l’epidemia. Ieri mi veniva in mente un sistema circolare di questo tipo. Lo Stato con suoi capitali, potrebbe creare un sistema che chiameremo Officine Sanitarie Nazionali. Sarebbe un network di imprese che producono, non tutto ma una buona parte dei materiali necessari al Servizio Sanitario Nazionale. Ora abbiamo avuto lo shock da mascherine, disinfettanti e ventilatori polmonari, ma ci sono anche molti farmaci con le molecole a libera produzione, solventi, vari tipi di liquidi necessari in varie terapie, strumenti diagnostici, strumenti di cura, fino ai letti reclinabili, l’arredo delle ambulanze e quant’altro d’uso comune e non solo per il coronavirus che prima o poi avremo domato. Tutto il necessario per un SSN in un Paese con un terzo di abitanti anziani quale abbiamo scoperto finalmente di essere. Una gran parte del valore di spesa della voce di bilancio “Sanità” che ogni anno lo Stato italiano deve spendere attingendo alla fiscalità generale, oltre a gli stipendi per le maestranze, se ne va per comprare tutto il necessario sul libero mercato, italiano ed estero.
La cosa tra l’altro produce costi enormi per via del’enorme macchina amministrativa (ordini-fatturazioni-rendicontazione) che deve indire gare a ripetizione. In più, oltre al costo vivo dei materiali ed al costo indiretto di gestione, c’è il costo occulto delle migliaia di atti di micro o macro corruzione che affliggono la gestione della spesa pubblica in Italia. Questi tre costi sarebbero semplicemente eliminati o abbassati grandemente perché se il fornitore è unico ed è dello Stato: 1) la spesa d’acquisto del SSN diventa guadagno del produttore statale, una buona parte della spesa sanitaria annua diventa una partita di giro; 2) non c’è da mantenere alcun ipertrofico apparato amministrativo perché non c’è da fare alcuna gara, solo ordini; 3) non c’è alcuna mazzetta che gira tra privati, Regioni, partiti, ospedali e primari.
L’occupazione persa tra amministrativi degli ospedali e delle Regioni così come le maestranze che oggi lavorano in aziende private verrebbe semplicemente assorbita dal network di aziende pubbliche che crea una sorta di socialismo sanitario nazionale (SSN). Ci sarebbe ovviamente da meglio curare l’efficienza delle imprese pubbliche, un problema che il “socialismo teorico” dovrà prima o poi affrontare perché il problema c’è ed è innegabile. Ma studiando credo si possa trovarne soluzione almeno parziale. Gran parte di questi costi, rimarrebbero in Italia in quanto potremo produrre molte cose qui invece che esser dipendenti da fornitori esteri. Ovviamente questo non coprirebbe tutte le necessità. Molti farmaci speciali, macchinari particolari, strumenti troppo costosi da produrre in pochi pezzi, rimarrebbero da acquistare sul mercato. In più, altri stanziamenti in ricerca, potrebbero alimentare continuamente di idee nuove e nuove soluzioni l’upgrade tecno-scientifico delle produzioni magari competitive al punto da avere anche un loro mercato estero. Di base però, cedo che il risparmio e l’efficienza di costo e gestione, sarebbe comunque notevole. In più permetterebbe di acquisire una certa resilienza per un servizio che è sempre più necessario data l’estrema longevità dei connazionali e che non può dipendere dalle sempre più frequenti perturbazioni di quadro internazionale. Un buon servizio sanitario nazionale, ovviamente, sarebbe anche un risparmio di spesa per singoli e famiglie ed il servizio nazionale potrebbe esser implementato proprio a partire dai risparmi ottenuti fornendo materiali prodotti in casa su cui non è più necessario far profitto.
Non mi viene in mente altro modo di onorare le vite di coloro che sono morti oltre il dovuto solo perché ci siamo fatti trovare “impreparati”, che far del loro sacrificio una lezione da apprendere. Quando inizieranno le geremiadi retoriche per coprire con l’emozione empatica il disastro a cui non siamo stati in grado di far fronte, facciamoci trovare pronti con altre soluzioni che non i pianterelli di circostanza. Finiremmo con l’esser colpevoli due volte, il che è inammissibile. Glielo dobbiamo …
CRONACA 813
[30.03.20] SENZA NE’ CAPUA, NE’ CODA. (Un’avvelenata) Il post è sull’uso improprio degli “esperti” nel dibattito pubblico, un problema già noto che è passato dalla sovraesposizione di economisti che non saprebbero gestire neanche il bilancio della rosticceria sottocasa, ai biologi che passano dalle piastre di Petri al crisis management con altrettanta nonchalance.
Nulla in particolare contro la signora in questione, già parlamentare della lista Monti (Scelta civica), che tutti i giorni ci spiega come si dovrebbe gestire l’emergenza da coronavirus in Italia stando a Miami, senza far i conti con il fastidioso attrito della realtà concreta. Senz’altro una “eccellenza” (mammamia questo uso smodato del vocabolario retorico mi fa venire l’orticaria), in più “donna e scienziata”, quindi mille punti, per carità. Ma “mille punti” a che gioco? in che contesto? mille punti ad un idraulico valgono anche per risolvere problemi dell’impianto elettrico? Il problema è che se aprite un qualsiasi quotidiano nazionale spagnolo, francese o inglese, scoprirete che con ritardo di una settimana, le stesse questioni che dibattiamo qua, vengono improvvisamente “scoperte” anche là. E così scopriamo tutti la stesse cose che -in breve- sono quattro:
1) mentre diventavamo tutti Paesi con concentrati di vecchi anziani che si camuffano con botulino e jeans, i nostri Paesi hanno continuato a ragionare come fossimo ai primi del Novecento quando cinque rivoluzioni tecno-scientifiche (energetica, meccanica, chimica, elettrica e sanitaria) dettero lo start all’incredibile sviluppo economico del Novecento. I nostri Paesi cioè, non sono “paesi per vecchi” eppure siamo sempre più vecchi, ragioniamo con mentalità forgiate ai tempi che non sono più;
2) abbiamo creduto … alla favola bella che ieri ci illuse ed oggi ci delude … di un rampollo di famiglia portoghese sefardita trapiantata a Londra e proprietario di una banca (tal David Ricardo) che, due secoli fa, sosteneva che ogni Paese deve concentrarsi a produrre sempre meglio una specifica cosa e poi la scambia con altri Paesi per avere tutte le altre che non produce eppure servono per vivere. Così in ogni Paese mancano mascherine, camici, ventilatori, tamponi, reagenti chimici, farmaci ed ogni altro strumento necessario improvvisamente ed in quantità inimmaginabili per far fronte all’emergenza sanitaria. Quindi il primo che dice “facciamo a tutti i tamponi”, è pregato di tirar fuori anche i reagenti, i biologi, i laboratori e le attrezzature, altrimenti taccia.
3) come ben espresso da una studiosa politica britannica ieri sul Guardian, la nostra immagine di mondo è settata sul modo “aspettiamo di non avere scelta e poi ci adattiamo”, quando il mondo complesso funziona in modo che se non prevedi per tempo e ti attrezzi ex ante, quando ti svegli è tardi e il locomotore sulla rotaia su cui ti eri appisolato pensando di esser nel migliore dei mondi possibili, di trancia la gola;
4) pensavamo di vivere in un “mondo globale”, un grande villaggio comune mentre invece eravamo solo in un Risiko di giocatori egoisti competitivi che rubano le mascherine e la clorochina gli uni a gli altri. Pensavamo di esser in una commovente comunità degli europei ed invece stiamo in un tavolo da poker in cui si gioca a “mors tua vita mea”. Pensavamo di esser nell’era dell’informazione e della conoscenza ed invece tutti quanti non sappiamo e forse mai sapremo quanta gente ha preso davvero il virus, quanta ha l’influenza, quanta ne muore a casa, quanti tamponi davvero si fanno, quanti i ricoverati, gli ossigenati, gli intubati e soprattutto i morti. Dai cinesi ai russi, dai tedeschi a gli inglesi ed americani è gara a non dirla tutta e non turbare troppo il bambino che è in noi. Sulla “democrazia” non spendo parole, di questi tempi sparare sulla croce rossa è inelegante.
Ecco allora che quando il problema è complesso, l’esperto della frazione infinitesimale, apporta solo entropia, confusione falsa conoscenza. E giù col solito tormentone: gli economisti non sanno di biologia, i biologi di logistica, i logistici di geopolitica, i geopolitici di economia, in circoli vari sempre più larghi e senza chiusura, cioè senza né capo né coda. In questo triste momento di clamoroso fallimento cognitivo ed adattivo, ci illumina solo il terso pensiero dell’intramontabile di Ponte a Ema, il quale scuotendo sconfortato la testa diceva: “L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare”. Aggrappiamoci alla sua saggezza, quando i sopravvissuti avranno acquisito tutti l’immunità di gregge, finito di contare i morti, forse sarà il caso di ripartire rimettendo proprio in discussione la nozione di “gregge” e cominciar col rivedere molte cose, se non tutte visto che son tra loro interconnesse.
CRONACA 812
[28.03.20] CHI FA DA SE’, FA PER TRE. La questione SARS-CoV-2, ci ha insegnato, o almeno avrebbe dovuto, che la velocità di reazione a contrasto del fenomeno, determina la contabilità del suo esito. Presto è meglio, tardi è peggio.
Uno di questi effetti di espansione ad albero, s’incomincia ad intravedere non solo per quanto alla contabilità mortuaria e lo stato di prolungato collasso dei servizi sanitari nazionali, ma anche nel contagio che il fenomeno strettamente epidemiologico produce sul fenomeno economico e sociale, che sarà poi politico e financo geopolitico. Siamo solo a due settimane e mezzo dall’inizio del lockdown (il molto più severo lockdown di Wuhan è durato dieci settimane) e già in molti si domandano se mai riapriranno il negozio, se riceveranno lo stipendio, se manterranno il lavoro.
Non voglio far dell’inutile allarme, ma in sede di fredda previsione delle possibilità, non si può escludere che nel tempo, le catene di fornitura delle materie prime e seconde s’inceppino. Potremmo scoprire di fatto cosa significhi far dipendere il nostro mondo materiale da una catena produttiva mondiale. Molti porti di fatto sono chiusi, mezzo pianeta è in lockdown, molte produzioni sono rallentate, così la catena distributiva è ai minimi regimi, molti Paesi si stanno domandando quanto ancora esportare o trattenere. Ieri circolavano notizie su presunti meditati embarghi russi all’esportazione di grano, magari minacciati per chiedere la sospensione delle sanzioni. Grano si può leggere anche “costo del pane e della pasta”, fu una inedita siccità in Russia ed Ucraina a far schizzare il prezzo del grano e quindi del pane ad innescare la rivolta tunisina che diede vita alle c.d. “primavere arabe”, tanto per dire. L’Occidente ha devoluto l’industria all’Asia trattenendo per sé i servizi, la quota “servizi” nella composizione del Pil dei Paesi occidentali va dall’80% di USA, UK e Francia, al 76% italiano, al 70% tedesco. Aggiungete un 2% medio di agricoltura, quello che rimane è industria. Per dire, la Cina ha di quota industria il 40% mentre l’India ha di quota agricoltura il 16%. Il rischio di trovarci in stati di scarsità quindi va contemplato. L’ipotesi congiunta meno soldi, meno sicurezza, prezzi più alti, scarsità è la miscela perfetta per ciò che non ho bisogno di scrivervi poiché le vostre facoltà deduttive lo faranno con altrettanta certa inesorabilità.
Altresì, leggo stamane di una sorta di ipotetico piano d’azione “accelerazionista” delle estreme destre continentali, euro nordiche precisamente, nel senso del “tanto peggio, tanto meglio” con finalità di caos incontrollato fomentato in nome della mistica del “conflitto”, al fine di promuovere soluzioni “ordine&gerarchia”. Lo cito solo perché ne ho letto, il disordine potrebbe prorompere per vie naturali, anche al di là degli intenti accelerazionisti. Preoccupazioni per lo stato del crescete nervosismo sociale, oggi vengono espresse in prima pagina riferendosi al sud d’Italia, il problema c’è. E la tempesta di malanimo che imperversa nei social, a base di ipotesi su chi ha inventato il virus, chi l’ha diffuso, chi se ne avvantaggia a nostre spese, chi ha sbagliato e continua a sbagliare, non aiuta. Si consideri che nel mentre si combatte e si muore in corsia, la competizione politica va avanti, così quella economica, così quella finanziaria, così quella geopolitica. “Tanto peggio, tanto meglio” non vale solo per gli ipotetici “complotti” dei neonazi germano-scandinavi. E la competizione, dentro quadri turbolenti, è come accendersi una sigaretta in un impianto petrolchimico. Tocca stare attenti.
Tutto ciò detto, veniamo al: che fare? Qualsiasi cosa abbiate in mente di fare, per le vie brevi e gli interventi di prima presa, avrete bisogno di soldi, tanti. Non si tratta solo del primo intervento di necessità o della funzione di rassicurazione che allievi l’ansia montante, si tratta anche degli interventi di medio-lungo periodo perché ormai s’è capito che andremo in lunga e perdurante recessione tipo post ’29. Dove trovare i soldi?
Qui, per il decisore politico italiano, si aprono tre possibilità, da cui il titolo del post.
La prima è per noi legata alle vicende europee. Ma l’esito della battaglia per “più soldi dall’Europa” ha due limiti. Il primo è il tempo, qualsiasi cosa alla fine decideranno di fare, sarà tardi. Il secondo è la quantità. Seppur si metteranno alla fine d’accordo su i fondi MES incondizionati, per noi si tratterebbe di 36 mld “one shot”. Qui però, il problema prima tratteggiato, non si riduce al 36 mld, ma a molto di più e per molto più tempo.
La seconda è legata ad un insieme di azioni di politica fiscale e finanziaria. Ci sarà forse una patrimoniale (o prestito forzoso?), si può attingere alle spese non necessarie tipo gli F-35, si può senz’altro emettere nuovo debito e cercare un po’ di ossigeno nel costoso ventilatore finanziario dei mercati mondiali.
La terza possibilità è quella che da sola potrebbe agire come il più rapido e forte ansiolitico disponibile oggi su piazza: emettere moneta interna parallela. Lascio a gli idraulici esperti di questioni monetarie i vari come, ci sono doversi modi. Gira a riguardo un appello di Paolo Maddalena, ex giudice costituzionale, il quale spulciando nei trattati, avrebbe trovato appigli per giustificare la momentanea “sospensione dei trattati” e permettere l’emissione di “biglietti di Stato” (arti. 128 Trattato di Lisbona e statuto BCE). Ma per imporre lo “stato d’eccezione” oggetto di deliziose analisi dei critici biopolitici nei giorni scorsi, basta la condizione eccezionale che taglia la testa al toro ancor prima di almanaccare nei codici. Si fa e basta, se la situazione è eccezionale, lo stato d’eccezione è auto-confermato e giustificato.
C’è da inondare i conti correnti di titoli di valore d’uso corrente, al più presto possibile. L’appello alla complessità è doveroso in sede di analisi e comprensione dei fatti. Poi scatta l’Io penso che deve ridurre tutto ad un imput semplice che passa all’io agisco e, in questa situazione, deve agire secondo la legge del “presto è meglio, tardi è peggio”. L’imperativo a questo punto “categorico” del cosa fare? è il doppio invito a diffondere a pioggia titoli di valore e di farlo, presto!
CRONACA 811
[27.03.20] EPIDEMIA DI DIVORZI. Le prefetture di Xian in Cina, vennero prese d’assalto non appena finito il lockdown da code interminabili di richiedenti il divorzio. La convivenza segregata prolungata, portò molte coppie allo scoppio. I sistemi delle relazioni umane, quando messi sotto violenta e prolungata pressione, rivelano la consistenza dei legami. Quando le sottostanti tensioni non possono esser sfogate all’esterno o compensate con varie distrazioni, si rivelano esiziali. Così sembra possa accadere per quanto alla riunione di ieri dei vertici europei.
Chi titola in testa l’argomento è la stampa spagnola. Noi giustamente ci occupiamo dei nostri problemi lombardi molto gravi, ma quello che sta succedendo in Spagna sta assumendo proporzioni catastrofiche. Non ho trovato tracce, ma forse qualcuno potrà aiutarmi, di notizie sul merito, sulla stampa francese che segue invece un Macron che rilancia la grandeur annunciando prossime iniziative straordinarie concordate con Trump. La Francia non vuol rimanere sola con la Germania e quindi dà sponda a Roma, ma bisognerà vedere cosa farà quando sarà messa alle strette. Die Zeit invece, apre sulla notizia ed è un articolo molto preoccupato, che per altro centra il punto. Ieri sera hanno guadagnato tempo prima di mandarsi a quel paese (ognuno al suo, il che come nota il giornale tedesco rivela l’inconsistenza del presunto concetto di “comunità”), forse aspettando che i morti crescano anche dove oggi sono meno che da noi. Ma non credo sia una buona idea. L’Olanda ha cifre mortuarie molto alte, la Finlandia ha isolato Helsinki, i Paesi dell’Est sono il Großraum della Germania per destino geo-storico (o in alternativa quello della Russia) e quindi pigolano appresso a mamma anatra tedesca, credo sia proprio inaccettabile in via di principio per loro, l’idea di far qualcosa di straordinario a fronte degli eventi laddove si tratta del ruolo che la moneta ha nell’economia. La stampa italiana tende un po’ a minimizzare l’indisponibilità nordica dopo il Draghi sfascia-miti-monetari di ieri, è evidente l’imbarazzo. E’ un doppio cazzotto in faccia a tutta la mielosa ed irrealistica narrazione che in questi anni ha avvolto -L’Europa-, nuovo culto della madonna come dea madre appiccicato ad un volgare accordo geopolitico di convivenza tra Francia e Germania a base di vil denaro del quale noi siamo solo gli spettatori interessati, paganti.
Gli amici si vedono nel momento del bisogno. I nemici anche. Ai matrimoni d’interesse, quando l’interesse diverge, rimane solo il mettersi in coda alla prefettura di Xian per la domanda di divorzio, previo distanziamento sociale, s’intende.
CRONACA 810
[26.03.20] BIFORCAZIONI. I sentieri possono, ad un certo punto, presentare biforcazioni. Ma scegliendo una delle due vie, si potrebbe poi scoprire che ce ne sarà più avanti un’altra o forse poi un’altra ed un’altra ancora e chissà fino a dove, per andare dove, arrivando quando e come?
Del momento attuale si possono dire tre cose in generale: 1) la crisi è già di dimensioni tali da segnare una cesura storica con un primo ed un dopo, questo ormai è chiaro a tutti; 2) l’entità di questo “prima e dopo” è però funzione della gravità e lunghezza della crisi stessa, quantificazione che non siamo in grado di fare poiché lo svolgimento è in corso; 3) la crisi interviene in un transizione storica già in atto, dal moderno che termina così definitivamente la sua lunga vigenza penta-secolare a quello che io chiamo il complesso, la nuova era i cui albori risalgono a sessanta/settanta anni fa.
Dentro questo potente quadro, dinamico e pieno di incertezze, s’inscrive una delle tante biforcazioni del percorso. Oggi si riuniscono i capi di Stato e di governo dell’eurozona. Il Presidente del Consiglio italiano, probabilmente con mossa concordata già giorni fa col Presidente francese nell’incontro avuto a Napoli, se non altro a livello di strategia comune, ha emesso una chiamata al finanziamento straordinario di debito comune a livello europeo, per far fronte ai molteplici impegni che la crisi produce e viepiù produrrà. Hanno -pare prontamente- aderito il Portogallo, la Spagna che uscirà devastata nel profondo da questa crisi, la Grecia, la Slovenia, ma anche la Francia e la sua area di riferimento ovvero il Belgio ed il Lussemburgo -hot spot della finanza europea- nonché la cattolica Irlanda che deve posizionarsi anche in vista delle traiettorie dell’ingombrante vicino britannico in via di irreversibile Brexit.
Ieri Trump ha messo sul piatto 2.000 mld US$, pare 4.000 con l’effetto leva, più la promessa di QE illimitato di FED. Sempre ieri, Mario Draghi rompe il pudico silenzio di ex governatore BCE e scrive al Financial Times. Draghi dice alcuni rilevanti cose di idraulica economica e monetaria, tra cui spicca oltre al nuovo ruolo centrale dello Stato -poiché s’è capito che il Mercato è ordinatore solo quando le cose vanno bene-, il doppio nuovo standard che dovrebbe prevedere: 1) permanenti nuovi livelli di indebitamento più alti di prima, come nuovo standard; 2) assorbimento di tutti i debiti privati poi da cancellare. Infine, dice la cosa più importante: “Di fronte a circostanze impreviste, un cambiamento di mentalità è necessario in questa crisi come lo sarebbe in tempi di guerra. Lo shock che stiamo affrontando non è ciclico. La perdita di reddito non è colpa di nessuno di coloro che ne soffrono. Il costo dell’esitazione può essere irreversibile. Il ricordo delle sofferenze degli europei negli anni ’20 è sufficiente come storia di ammonimento.” Secondo il Draghi, toccherebbe esser radicali e veloci. Quando gli economisti riesumano la Storia, vuol dire che sono davvero nei guai …
Poiché qui non possiamo dilungarci, segnaliamo solo tre punti di possibile prossima biforcazione.
1) Tutta l’élite del vecchio sistema, è pronta a fare tutto ed il suo contrario per “tener botta”. Si spera che la crisi non duri quanto potrebbe durare (18 mesi), forse ci salverà la ricerca (cure e vaccini), guadagniamo tempo poi si vedrà. Quel “tutto ed il suo contrario” stupirà forse qualcuno, vedere certi personaggi trasformarsi in più keynesiani di Keynes, elicotteristi che spargono denaro a pioggia, pasdaran del reddito di cittadinanza e dignità, alfieri del più Stato e meno Mercato, fa stupore. Ma non c’è alcun stupore, quando la realtà impone il suo principio, le chiacchiere vanno a zero e qui sono in gioco le condizioni di possibilità che sostenevano il vecchio sistema, quindi si farà di tutto, ma proprio “di tutto” per sostenerle. A differenza dei loro critici che sono ideologici, i guardiani del sistema son pragmatici.
2) C’è però un problema decisivo in Europa. L’Europa ha una moneta che strutturalmente dietro non ha un prestatore di ultima istanza. Questo è il dogma fondativo del’impianto dell’euro, perché è dogma fondativo dell’ordoliberismo, che è il dogma fondativo della nazione che ha provocato due guerre mondiali che –sebbene la costruzione sia Made in France- risulta il perno centrale della costruzione europea: la Germania. Germania e sua area allargata di condivisione culturale e di interesse economico (che sono due cose diverse). Forse a molti che hanno studiato solo economia, tale principio sembrerà potenzialmente reversibile. Dovrebbero però studiare anche un po’ di storia allargata e comprendere che il sovvertimento di questo paradigma (giusto o sbagliato a noi qui non interessa dire e per altro questi sarebbero propriamente affari tedeschi) non è tra le cose realisticamente possibili poiché non è una semplice ideologia economica, al limite flessibile quando la grave realtà lo impone, ma un perno inamovibile piantato nel subconscio tedesco. Il perno cui si aggrapparono quando devastati materialmente nella psiche e nel concreto, riemersero dalla devastazione cui erano stati causa, riesumando loro idee degli anni ’30. Riavvolsero il nastro di ciò che era successo ed andarono alla biforcazione precedente riesumando la strada che non fu presa, un modo per far un “ravvedimento operoso” senza mettere in discussione la loro stessa ontologia.
Si pone quindi qui una biforcazione. Da una parte i Paesi euro-med, dall’altra i nordici con area subalterna euro-orientale, a proposito degli strumenti atti a “reggere botta”. Tale faglia non è ideologica e componibile, è concreta ed inaggiràbile. Spagna, Italia ma anche Francia per molteplici motivi che non possiamo qui approfondire, non potranno tollerare il non risolvimento del problema del finanziamento. Ma dopo questa biforcazione che promette di lavorare a mo’ di faglia, quindi con effetti geologici profondi ed irreversibili anche se le mediazioni cercheranno di coprirla di coriandoli, si presenterà quella decisiva. Al di là di tutti i debiti possibili ed immaginabili contraibili sul mercato, temo che si ripresenterà il problema dell’asimmetria tra domanda di denaro e possibilità del mercato di fornirla in quantità e condizioni accettabili. Si ripresenterà cioè il problema del prestatore di ultima istanza e lì si cozza contro il dogma. Quando il vitale bisogno s’incontra col dogma inamovibile, son scintille
3) I primi due punti si basano su una ipotesi ovvero che il sistema potrà in futuro esser riavviato e che quindi si tratti di contingenza, di emergenza, di “regger botta”. A chi scrive vien da sorridere di questo “wishful thinking”, ma non c’è modo qui di dar conto di questo sentimento di affettuosa ma disillusa comprensione. Il vecchio sistema, il sistema moderno occidentale ovvero ordinare la società sul principio economico ordinato sul mercato, aveva già numerose gravi patologie pregresse ed abbiamo capito che quando un vecchio con molteplici patologie pregresse incontra il virus, muore. Non si tratta della fine del “neoliberismo” si tratta di qualcosa di molto più profondo e complesso, ma ne riparleremo in seguito anche perché oggi vediamo solo la prossima biforcazione e ci vorrebbe un Tiresia per vedere anche tutte le successive in rapporto a tempo della crisi e dimensione dei suoi effetti.
Gustiamoci quindi l’esito dell’incontro europeo di oggi che probabilmente non sarà decisivo e quello che succederà i prossimi giorni. Sono tempi interessanti sebbene, vissuti non da spettatori, siano anche scomodi. Così è andata, sul come andrà vedremo, siamo in balia di tempo & variabili.
CRONACA 809
[25.03.20] AL TAVOLO DI BRISCOLA COL VIRUS. Il post oggi è problematico, nessuna tesi forte, semplice riflessione problematica. La lettura mattutina di alcuni link ha indicato la sincronica messa a fuoco di un lato del problema epidemico che si rivela col passare dei giorni. Ho cominciato con una lettera dei medici dell’ospedale principale di Bergamo ad una delle tre più importanti riviste di medicina al mondo, ho continuato con un breve podcast pubblicato sul Sole24Ore, poi con un articolo di Bloomberg. Altre letture dei giorni scorsi e conoscenze generali supportano la messa a fuoco.
IL PROBLEMA. La natura di questo virus ovvero la somma di sua facilità e velocità di trasmissione/circolazione + impatto al SSN (in termini di necessitanti ricovero + contabilità mortuaria che è percentualmente bassa, ma solo “relativamente”) + modi di gestire l’emergenza + condizioni politiche ed economiche dei Paesi coinvolti (197 Paesi su circa 205 totali-mondo) + stato generale della mentalità dei decisori ma anche dei popoli gestiti da costoro, rende tangibile quello che qui spesso abbiamo in passato chiamato “rischio dis-adattativo” ovvero il non essere capaci di adattarsi alle condizioni mutevoli che il nostro mondo sta prendendo. E che sta prendendo non da quando c’è il virus, sono cose di cui qui abbiamo a lungo parlato, mesi, anzi anni addietro.
In beve: Bloomberg avanza il problema che si potrebbe venir a creare tra Paesi esportatori ed importatori di cibo. Rotta ormai la fiducia reciproca tra Stati già interconnessi nella catena degli scambi globali, c’è la possibilità che chiudendosi ognuno a casa propria, i Paesi dipendenti da importazione di cibo (ma vale per qualsiasi altro aspetto delle necessità materiali dalla chimica per i farmaci, ai pezzi di ricambio di qualsiasi macchinario), vadano in sofferenza. Ad esempio aumento dei prezzi e scarsità, accaparramenti e speculazioni. Borrelli ha l’altro giorno detto di come l’acquisto delle semplici mascherine su i mercati int’li sia diventato impossibile visto che i broker vendono all’asta per strappare il guadagno più alto.
Ciò chiamerebbe ad un concerto della cooperazione internazionale per gestire tale grave ed enorme problema ma sappiamo che il momento storico vede una già nota e problematica transizione tra l’area di potenza occidentale e quella asiatica ed all’interno di queste le competizioni interne, per quanto ci riguarda, tra Europa – UK ed USA, ed all’interno dell’Europa tra i vari Paesi UE-euro. Dopo i furti di materiale sanitario ai nostri danni da parte di Repubblica Ceca e Polonia, ieri l’asse Germania-Olanda-Finlandia ha escluso fermamente si possa immaginare un indebitamento comunitario (eurobond) per finanziare il difficile momento. Noi, nello specifico, i soldi o li prendiamo da lì, o li prendiamo dal Meccanismo Europeo di Stabilità il quale però poi ci commissarierebbe imponendoci forzatamente ristrutturazioni economiche di devastante impatto sociale (e politico) o li prendiamo al mercato emettendo debito. Ma più debito emettiamo più costerà, sempre che nei prossimi mesi il sistema dei capitali mondiali vorrà continuare a rischiare su di noi, il che non è detto. E non è detto anche per ragioni proprie del sistema dei capitali mondiali che si sta accorgendo di quale pandemonio di lungo periodo sarà questa pandemia, assumendo la temuta “preferenza per la liquidità”, ovvero tenere i soldi su i conti bancari offshore salvo brevi speculazioni. Merci necessarie, prezzi e forniture, soldi per regger botta, geopolitica, questo il primo quadrilatero problematico.
Il secondo quadrilatero è fatto di altri elementi. Il podcast del Sole24Ore pone un problema qui discusso più volte: quale sapere maggiore può ordinare i saperi minori? Ordine qui sta solo per mettere in ordine, in peso, sequenza, relazione. Nel caso in questione, sono necessari diversi saperi verticali (medici, biologi, ricercatori, chimici, anestesisti, virologi, epidemiologi, infermieri, medici, psicologi etc,) da unire a saperi politici, economici, logistici, geopolitici. Il problema qui è che mancano esperti generali, teorici dei sistemi complessi che sono gli unici orizzontali in grado di gestire questo sistema fatto solo di linee verticali. I teorici dei sistemi complessi, inoltre, sanno cose che gli altri non sanno, cose relative alla natura fenomenologica e strutturale dei sistemi complessi di cui qui abbiamo parlato spesso, cose che non sono nella natura della conoscenza condivisa. Quindi anche ad averceli (qualcuno ci sarebbe) e stante che non si può comunque delegare a presunti “tecnici” decisioni così strategiche, manca la cultura comune per la quale i detentori dei saperi verticali possano e vogliano interagire con i sistemico-complessi accettando le loro idee basate su una conoscenza su cui non c’è mediamente condivisione.
Si arriva così alla lettere dei medici di Bergamo. Qui si evidenzia come la logica dell’emergenza se è necessaria e prioritaria nelle fasi iniziali che sono appunto “emergenziali”, non è adatta a gestire questo tipo di epidemia. Soprattutto perché è ormai chiaro, a partire del famoso studio dell’Imperial College di Londra, che la faccenda durerà almeno uno o due anni. Ciò che sarebbe adatto richiama quanto detto su i saperi sistemico-complessi ma anche quanto detto a proposito di soldi e collaborazione internazionale, nel mentre potrebbe scarseggiare cibo ed altre risorse. Questo secondo quadrilatero è quindi fatto da forme di conoscenza, loro disabitudine a dialogare, loro scarsità relativa soprattutto in ambito politico ed amministrativo oltreché presso le opinioni pubbliche che poi giudicano gli amministratori ed i politici e limiti obiettivi posti alle possibilità di risolvere il nodo. Limiti economici, gestionali, temporali, politici.
Mi dispiace non poter andare oltre la semplice (“semplice” si fa per dire e mi scuso preventivamente se non sono riuscito a semplificare al meglio la questione) presentazione del problema e non aver ansiolitici da offrire per sedare gli effetti di tale presa di coscienza.
Però, da tre milioni di anni, la nostra specie si basa su una specifica qualità evolutiva che è quella di pensare prima di fare. Tale distinta peculiarità ci ha portato qui, non c’è motivo per non continuare a farvi perno. Quindi pensiamoci per come siamo in grado, poi faremo il meglio di ciò di cui saremo stati in grado di pensare sebbene noi qui si valga il famoso “due di coppe a briscola quando regna bastoni”.
[1. Bloomberg: https://www.bloomberg.com/…/countries-are-starting-to-hoard…; 2. Sole24Ore: https://stream24.ilsole24ore.com/…/quali-competenz…/ADysCAF…; 3. Lettera dei medici bergamaschi: https://catalyst.nejm.org/doi/full/10.1056/CAT.20.0080…; 4: Articolo sullo studio Imperial College https://it.businessinsider.com/quanto-durera-dopo-il-picco…/ (non è la migliore versione, più tardi lo sostituirò, forse, comunque il centro dell’articolo è ciò che va messo a fuoco, al di là delle considerazioni che ne fa BI]
CRONACA 808
[24.03.20] LA REALTA’ NON E’ C0ME CI APPARE. Userò questo bel titolo di un altrettanto bel libro di C. Rovelli, per fare una riflessione su fatti, narrazioni e dibattito pubblico, temi che ruotano intorno ad un concetto qui più volte affrontato: l’immagine di mondo. Partiamo dai fatti.
Il 12 marzo scorso, l’UK contava 590 casi di contagi Covid-19 ed appena 10 morti. Il primo ministro B. Johnson, andava in televisione a dire ai propri connazionali di “abituarsi a perdere qualche caro”, ma tutti gli altri sarebbero sopravvissuti acquisendo “l’immunità di gregge”. Quindi, data l’intelligenza della mano invisibile della logica epidemiologica, non occorreva far nulla di ciò che altri Paesi meno intelligenti stavano facendo. UK terra di libertà , intelligenza scientifica ed un pizzico di darwinismo in salsa spenceriana. Johnson come Churchill, “l’ora più buia” ed altri miti ben strutturati. L’Italia era ufficialmente in lockdown dal giorno prima. La Cina, terra di dispotismo asiatico, era in lockdownn feroce dal 23 gennaio a Wuhan e relativa provincia circostante del Hubei (50 milioni di abitanti, la Cina ha 1,4 miliardi di abitanti).
Qui da noi si aprì un vivace dibattito in cui molti sostenevano la tesi britannica, ammirando il coraggio e la fierezza del Primo Ministro, già valente studioso dei classici, fiero capitano della Brexit, paladino ideale di ogni anti-europeismo. Intrigava in particolare quel concetto di “immunità di gregge”, concetto astuto, contro-intuitivo, coraggioso perché imperio del razionale sull’emotivo.
Ma nel mentre si sviluppava questo profondo strato di idee, giudizi, concetti, modi idealizzati di intendere la politica, la società e purtroppo anche la biologia, il sottostante strato dei nudi fatti produceva realtà. E la realtà era che mano a mano che i giorni passavano nei pub inglesi in cui si brindava alla libertà ed al mai domo coraggio britannico, i contagi aumentavano in logica semi-esponenziale ed i conseguenti morti anche. A ieri altro, (non ieri, ieri l’altro), UK aveva con quindici giorni di ritardo, 200 contagiati in meno dell’Italia e 50 morti in più (marzo 22 UK vs mar 7 ITA). Eppure, a differenza dell’Italia di quindici giorni fa, qualche blanda misura restrittiva l’aveva pure introdotta.
E veniamo ad oggi. Oggi la situazione è questa: 1) Johnson ieri ha annunciato il lockdown totale per tre settimane. UK chiude con più o meno gli stessi numeri contagiati/morti italiani di 15 giorni fa. Ne consegue che i prossimi 15 giorni avrà la stessa progressione italiana. Come vi faranno fronte vedremo, non è che il SSN inglese sia messo molto meglio del nostro dopo anni di tagli neoliberisti fatti dai conservatori e dai laburisti à la Blair che poco si distinguono dai neoliberali conservatori, 2) l’Italia poco maschia ed un po’ fellona chiusasi a casa l’11 marzo, da due giorni mostra curva contagi in discesa, mercoledì infatti scadono i 14 giorni di possibile incubazione del virus SARS-2 e quindi ogni giorno che passa dovrebbe andare meglio; 3) in Cina, terra di comunisti panoptici biopolitici antiliberali, domani si riapre alla libera circolazione l’Hubei e l’8 aprile Wuhan tornerà città aperta. I cinesi contano nuovi casi e morti sulle punte delle dite di una mano. I coreani notano qualche ripresa di focolaio qui e lì.
La conclusione è doppia.
La prima conclusione è l’abnorme strato si discorsi sganciati dai fatti che s’è formato in questi ultimi dieci giorni. L’immunità di gregge non è concetto è la semplice conseguenza di ciò che tutti gli esperti mondiali sanno sin dall’inizio di questa storia: A) il virus si può controllore ma non fermare; B) alla fine in tutti i Paesi dovrebbe o potrebbe esser contagiata dal 60% al 70% della popolazione; C) questi otterranno (“forse”, con questo virus non si sa bene perché è “nuovo”) l’auto-immunizzazione. I più sopravviveranno senza problemi e solo una percentuale minore, purtroppo, morirà; D) il problema chiaro a tutti gli esperti sin dall’inizio è contenere la curva iniziale dei contagiati che richiedono assistenza sanitaria perché se non si controlla quella curva, collassano i SS nazionali e ci saranno molti ma molti più morti com’è successo in Lombardia, come sta succedendo a Madrid, come succederà a New York. A fronte di tutto ciò c’è un unico e solo modo di controllare la curva ed è tagliare drasticamente ogni contatto umano per almeno due/tre settimane se non di più. Più lo fai, prima lo fai, prima torni alla normalità e con meno morti.
Questo concetto non è difficile da capire per chi sa due-cose-due della Teoria dei sistemi e Teoria delle reti, per altri magari è meno immediato. Non è questione ideologica, è banalmente tecnica. Alternativamente puoi gestire la diffusione del contagio con logiche sartoriali, à la coreana, ma devi trovarti nella situazione dei coreani, essere coreano, avere la sanità e l’organizzazione pubblica coreana ed accettare il controllo panoptico à la coreana. Che è esattamente la stessa che i cinesi applicano fuori dell’Hubei e che quindi nulla ha a che fare con la democrazia e la libertà. Ha più a che fare con Confucio, la Samsung o Huawei e la geo-demografia dell’epidemia.
La seconda conclusione è l’errata sovrapposizione di ideologie sopra i fatti. I fatti hanno una loro semplicità logica, le ideologie vi ricamano sopra ghirigori che confondono. Johnson è solo un pupazzo dell’élite inglese che chiusa per tempo nei propri manieri di campagna, voleva aspettare il più possibile prima di perdere gli introiti del proprio business as usual. Che gli inglesi si infettassero pure, magari ci si levava il peso di tutti quegli inutili vecchi che non producono e costano solo in assistenza. Ha dato in pasto alle opinioni pubbliche un falso concetto ed i cani affamati hanno sbavato davanti al finto osso. Mi spiace per gli inglesi ma mi spiace ancorpiù per coloro che anche qui hanno abboccato senza riflettere. Democrazia, libertà, sistema sanitario nazionale, investimenti su rischi possibili anche poco probabili, biopolitica, controllo digitale, anzianità delle popolazioni, “o la Borsa o la vita”, sono tutti argomenti su i quali dovremo ritornare a riflettere e discutere quando sarà finita l’emergenza.
I cinesi saranno presto di nuovo “più o meno” liberi, noi a seguire, gli inglesi arriveranno dopo, gli americani per ultimi. Poi, contati i morti rispettivi, ci dovremo sedere e ricordarci chi ha detto cosa, su cosa, basandosi su cosa, cosa è successo in conseguenza di cosa. Dal non chiudere i confini perché è razzista e sovranista, a gli apericena solidali con i sospetti di contagio alle idee di bioingegnerizzaizone del virus fatta secondo alcuni dagli americani (quando conteremo i danni economici, finanziari, sociali, politici e geopolitici degli americani ne riparleremo), a “è stato Bill Gates” o “è stata Blackwater che ha scommesso 1,6 mld sul crollo delle borse!”, ai bond della WB che frenava WHO a dichiarare la pandemia che si è poi dimostrata ipotesi falsa, al “è solo una influenza”, al virus “inventato da Big Pharma” che arriverà con un vaccino e solo forse tra un anno e passa, all’immunità di gregge, all’essere gregge che non riflette e viene sballottato di qui e di là da chi controllandone il pensiero, a volte col potente flusso del mainstream ma a volte anche con il nuovo ed a volte ambiguo flusso dell’anti-mainstream, ne controlla la vita.
CRONACA 807
[23.03.20] DER ELEFANT IM RAUM (L’elefante nella stanza). Un fantasma si aggira nelle statistiche mondiali sul fenomeno pandemico. Un solo Paese al mondo, mostra statistiche del tutto fuori logica tra i dichiarati contagiati ed i morti: la Germania.
E sì che la Germania è il Paese europeo più grande (demograficamente circa un terzo circa più grande dell’Italia, della Francia e dell’UK), ha un peso di popolazione anziana praticamente pari all’Italia ed in più, è il primo Paese europeo in cui si è accertata la precoce presenza del virus il che è ovvio visto che è anche il Paese con i maggiori contatti ed interscambi economici coi cinesi. Il virus è lì da più tempo che altrove, in un Paese pieno di anziani, un terzo almeno di più che in Italia, ma i tedeschi non muoiono. Lo “spread dei morti” tra ogni Paese del mondo e la Germania è ovunque alto ma si sa, quando si tratta di spread, ai tedeschi piace ben figurare.
Il mistero ha attratto i giornalisti anglosassoni, vi hanno scritto articoli a vario titolo il FT, the Guardian, the Indipendent, WSJ, ma molto meno la stampa europea. L’Espresso, l’altro giorno, vi ha posto ritardata attenzione confezionando un “the best of” di ragioni a spiegazione, copiato dagli articoli anglosassoni che avevano doverosamente riportato le risposte tedesche alle domande poste:
1) Il loro facente funzione di ISS, il Robert Koch Institute (RKI) afferma che i morti tedeschi sono più giovani quindi la popolazione anziana è stata misteriosamente per il momento evitata dal virus (a parte il medico della Merkel). Qualcuno sostiene che gli anziani tedeschi vivono più “isolati” dai giovani che non in Italia o Cina, ma francamente a me pare una stupidaggine insostenibile, anche perché andranno pur in giro a far la spesa come tutti, no? ma le spiegazioni arzigogolate hanno anche varianti;
2) i tedeschi sostengono che l’epidemia, da loro, si sarebbe sviluppata più tardi. Ma come? esistono studi pubblicati su the Lancet che confermano la precocità del paziente 0 in Germania come è ovvio che sia. Portano loro l’infezione in Lombardia ma non in Germania? Tutta Europa ha più morti percentuali di loro perché loro sono “in ritardo” nella diffusione del contagio? Incredibile … anche perché la stampa tedesca se ne uscì a gennaio e primi febbraio con notizie di una incredibilmente contagiosa e virulenta epidemia di influenza polmonare, rigorosamente diagnosticata come tale e non corona virus come probabilmente era. Alla domanda se RKI dispone di test Covid-19 post mortem, gli interessati hanno risposto sì ma i giornalisti inglesi hanno verificato che la strana struttura sanitaria tedesca che è iper-federale, crea notevoli asimmetrie tra centro e periferia, ognuno fa un po’ come gli pare. In più perché fare i tamponi ex post e non ex ante visto che dichiarano di farne in ognidove? Questa strana struttura della sanità tedesca darebbe anche conto del perché i tedeschi danno le cifre in ritardo mentre John Hopkins University che segue la pandemia dall’inizio, dà cifre diverse perché attinge direttamente ai Lander. Insomma, a voler pensar male si potrebbe notare una certa cortina fumogena di grande confusione fatta apposta per render difficile la comprensione reale degli eventi e sopratutto per darsi la libertà di sparare cifre ad estro;
3) poi c’è la versione secondo la quale i tedeschi farebbero molti più tamponi di chiunque altro, dichiarazione del RKI riportata anche dalla stampa inglese (in effetti RKI dichiara che “possono” far tamponi, non che li fanno). Non so, a me secondo altri dati non risulterebbe, o sono sbagliati i miei dati o la stampa inglese riporta dichiarazioni tedesche senza verificarle e chissà perché tutti fanno finta di crederci;
4) si arriva così alle note enormi capacità di ricovero ospedaliero e letti di terapia intensiva tedesche. Ma dati alla mano, è vero che la Germania sta messa meglio dell’Italia ma l’Italia starebbe comunque messa meglio di (in ordine) Francia, Svizzera, UK ed Olanda oltre a molti altri. Ma più che altro, questa spiegazione se sembra logica di primo acchito non lo è in approfondimento. In Italia il SSN ha retto botta per un bel po’ prima di andare in affanno ed è andato in affanno solo nell’area più colpita. I morti a casa perché gli ospedali son pieni, in Italia non compaiono nelle statistiche. In più i morti italiani censiti, passano dai letti di terapia intensiva e finiscono nella bara comunque, come per altro in tutto il mondo visto che non sembra esserci una cura effettiva ma solo un supporto terapeutico che è lo stesso in tutto il mondo. Cos’hanno i tedeschi di diverso? Letti più comodi? Respiratori fabbricati dalla Mercedes? Dottor House in ogni stanza? Non si sa …
Ma una rasoiata di Occkam comincia qui e lì a comparire a mezza bocca. Un portavoce del direttivo del’ISS che ogni sera affianca Borrelli in conferenza stampa, a precisa domanda, qualche giorno fa ha risposto qualcosa tipo “io so che noi contiamo sia “morti di” che i “morti con”, come contano gli altri, non lo so”. Da qualche giorno questo insistere sul fatto che noi contiamo -tutti- i morti è stata ripetuta da Borrelli, Brusaferro e altri membri dell’ISS che si alternano giornalmente anche fuori dal contesto della “questione tedesca”. Ieri hanno avanzato dubbi su questa differenza che è logicamente l’unica e per giunta auto-evidente statisticamente e logicamente parlando, un biologo su la Stampa ed uno sul Corriere.
Nessuno può ufficialmente accusare i tedeschi di contare i morti in modo scorretto è evidente, sarebbe guerra diplomatica ed anche improprio perché non lo si può dimostrare, ovviamente. E’ inoltre una questione più politica che non virologica o biologica, non sta a gli scienziati fare ipotesi di tal fatta anche se ogni biologo o virologo o statistico sa che quella sproporzione è talmente esagerata che non c’è altro modo per spiegarla. E così si spiega anche il silenzio pudico in Europa, chi va a fare una accusa così grave ed indimostrabile e pure antipatica perché politicizzare i morti è davvero brutto?
Abbiamo visto tutti come ogni cancelleria ha negato sin dall’inizio l’esistenza del problema del virus pur nota a tutti come ora viene fuori nei rapporti dati con grande anticipo tanto negli USA che in Francia, UK e non c’è motivo di non ritenere, anche Germania. E tutti abbiamo visto come i Paesi più ostinatamente difensori del mercato come ordinatore sociale abbiamo ritardato gli interventi a costo di mentire, inventare idiozie come “l’immunità di gregge”, modulare interventi ma salvaguardando l’operatività economica come plaudono anche molti insospettabili difensori del “market first”, forse involontari, qui da noi. Magari avanzando cautele costituzionali o biopolitiche o libertarie o sdilinquendosi davanti ai miracoli del “modello coreano” o solo perché ormai il far polemica su tutto gli parte di riflesso facebook-esistenziale. E vediamo tutti la reazione furibonda al decreto del Governo pur in ritardo, pur mal comunicato, pur pieno di difetti, quando tocchi la fabbrica ed il denaro scoppiano scintille, è ovvio.
Il governo tedesco non conta i morti reali per non spaventare la propria popolazione che lo costringerebbe a misure che vogliono ritardare il più a lungo possibile, come hanno provato a fare tutti, e questo avviene nel cuore dell’Europa, dell’Occidente democratico e trasparente che s’indigna per i ritardi cinesi e le nebbie russe. Il virus in Germania colpisce solo giovani alti, biondi e sanissimi, per questo le Merkel va in quarantena stanziando miliardi di miliardi per far fronte ai 90 morti dichiarati (cioè come gli svizzeri che sono otto volte di meno!) in un mese e mezzo su 82 milioni di individui. “Buying time”, comprare tempo pagandolo con morti non censiti. Berlino manipolando la sua opinione pubblica ed iniettando al contempo denaro nell’economia, si vuole garantire il suo rimaner al centro del sistema europeo anche nel “dopo”, perché è quella la sua “potenza”. Ed alla potenza si sacrifica tutto.
[Il post è della serie libere opinioni. Naturalmente seguo la faccenda da giorni ed ne ho letto e studiato il più possibile, per quanto mi è stato possibile. Se qualcuno ha da postare dati (le opinioni di articoli che si arrampicano sugli specchi per favore no), che facciano ulteriore luce, è il benvenuto. Vediamo chi mi fa cambiare opinione …]
CRONACA 806
[21.03.20] LA SOCIETA’ DELL’IGNORANZA. L’altra sera in televisione, ascoltavo un biologo dei sistemi che faceva questo ragionamento che riporto in forma semplificata: “… mettiamo che tu sia il decisore politico ultimo, ti arrivano i dati della nascente diffusione di una epidemia, tre giorni fa ci sono stati 2 morti, due giorni fa ci sono stati 4 morti, ieri ci sono stati 8 morti. O lì intervieni pesantemente tagliando ogni linea di possibile contagio (alla cinese, alla coreana, all’italiana non è questo il punto) oppure ogni giorno che ritardi avrai poi almeno due ulteriori settimane di incrementi esponenziali che porteranno il sistema sanitario al collasso”. Ci sono due cose da mettere a fuoco in questo ragionamento, il tempo e l’incremento esponenziale e sono tra loro correlate. Sono però due cose, due concetti, che non sono nel nostro senso comune.
Quanto al tempo, siamo abituati a il modello semplice “azione-reazione”, tipo spingo l’interruttore si accende la luce, immaginate invece di spingere l’interruttore e sapere a priori che la luce si accenderà dopo tre minuti. Dovreste passare da una logica della reazione (agire dopo che accadono i fatti) ad una della previsione (agire in vista della previsione di fatti, previsioni non sempre certe anzi quasi mai), dovreste costantemente vivere anticipando quello che accadrà.
Quanto alle logiche non lineari, seguite questo esempio: “se vi trovaste in piedi dentro un cilindro chiuso di plexiglas nel quale ad ogni secondo entra una quantità di acqua che è il doppio di quella presente nel contenitore, a quale altezza di acqua vi dovreste preoccupare di non affogare?”. Normalmente sareste portati a preoccuparvi di non affogare quando l’acqua arriva alla gola, ma nel caso in questione che è sotto la logica esponenziale, o vi preoccupate quando vi arriva alla cintola, o morirete affogati il secondo dopo.
Ora unite i due esempi ed immaginate di trovarvi dentro una situazione in cui quando agite, l’effetto della vostra azione avverrà un bel po’ di tempo dopo mentre siete in un fenomeno a logica esponenziale per il quale quando percepite l’arrivo di un rischio serio, è già tardi. Questa è la situazione logica del fenomeno epidemico-pandemico in cui siamo capitati.
Sappiamo che rilevazioni di polmonite anomale risalgono in varie parti del mondo più interconnessi a dicembre e viepiù a gennaio. Sappiamo che WHO ha sancito esserci una epidemia di un nuovo virus comparso in Cina che doveva preoccupare il mondo intero a fine gennaio. Sappiamo che tutto il mondo ha potuto osservare il rapido e letale diffondersi del virus a Wuhan-Hubei sempre più velocemente ed intensamente dai primi di febbraio. Dal circa 20 febbraio prendiamo anche noi coscienza dell’arrivo del virus in Italia. Il 28 febbraio Trump dichiara che il corona virus è una “bufala” inventata dai democratici. Il 7/ 8 marzo in Italia si chiudono Lombardia ed 11 province, l’11 l’Italia intera. Nel mentre, in Spagna si fanno feste di piazza con decine di migliaia di persone, i francesi fanno una festa pubblica con migliaia di persone vestite da puffi, Macron va a teatro sorride-bacia-abbraccia come non ci fosse un domani, i tedeschi stanno zitti e lavorano come al solito, Johnson più tardi annuncia che qualcuno morirà ma non c’è problema la vita continua. In seguito, vanno tutti regolarmente in lock-down, chi a gradi, chi di colpo.
I tedeschi, unici al mondo, decidono di non contare i morti come tutti gli altri, contano solo i morti prima del tutto sani, morti per l’effetto del solo virus. Ancora ieri, la Germania dichiara di essere il quarto Paese al mondo per contagi (ma credo sia il secondo in realtà) ma solo il decimo per morti, con quasi sette volte in più dei contagiati olandesi dichiara poco più della metà dei morti. I russi non dichiarano neanche i contagiati per non sbagliare. I leader hanno davvero mal compreso l’avanzare degli eventi? O i leader sapevano che le proprie opinioni pubbliche avrebbero sopportato interventi drastici solo in contatto percettivo diretto ed allarmato da qualche centinaio di morti in su? E come la mettiamo col fatto che il problema di questa epidemia non sono solo i morti ma anche coloro che debbono esser ospedalizzati?
Qui non fa molta differenza il tipo di modello politico applicato ai vari Paesi. Tutti gli scienziati politici seri, non certo i giornalisti e i commentatori della domenica che purtroppo imperversano anche il resto della settimana, sanno che il rapporto tra leadership politica ed opinione pubblica è lo stesso a prescindere del sistema più o meno democratico in vigore in quel Paese. Si può perdere il “mandato celeste” o si possono perdere le elezioni, il risultato di un leader che non corrisponde al sentimento largamente maggioritario in un Paese, è lo stesso. Il problema allora è qual è il sentimento largamente maggioritario o meglio “qual è lo stato di “conoscenza” nelle popolazioni?”.
La conoscenza è fatta certo di informazioni e ragionamenti e concetti più strutturati, ma anche di logica con la quale si opera il pensiero. Le nostre società sono gravemente deficitarie a livello di qualità delle informazioni mentre sono eccessive quanto alla quantità, per altro scadente. Sono molto gravemente deficitarie di conoscenza. Sul totale di popolazione adulta, in Italia, circa il 40% ha dalla licenza media in giù. Laurea o diploma superiore non sono di per loro garanzia di conoscenza. Psicologi non sanno niente di economia, economisti non sanno nulla di storia, storici di biologia, biologi di geopolitica. Eppure nel mondo ci sono fatti da conoscere di tutte queste categorie, fatti che interagiscono tra loro, fatti conosciuti i quali è legittimo farsi una opinione e poi dare giudizi, ma che opinione si ha e che giudizi si danno senza le opportune conoscenze? Su quali basi si esprime il diritto di cittadinanza? Infine logica e categorie, qui c’è il rischio sul fatto che ci troveremo sempre più spesso ad aver a che fare con fenomeni di questa natura che è tipica della c.d. “complessità”. Tutta la questione ambientale si basa su queste logiche, ad esempio. Noi però veniamo dalla modernità, un periodo storico che inizia cinquecento anni fa, quando il mondo era relativamente più semplice. Ancora nel XIX secolo era relativamente molto più semplice di oggi. Noi siamo tutti ancora convinti che la luce si accenda quando spingi l’interruttore e fino a che l’acqua non ti arriva alla gola c’è ancora tempo per l’ultimo aperitivo.
Una società della sostanziale ignoranza che per altro si auto valuta come invece al culmine del progresso conoscitivo, che entra in una epoca di terre incognite dalle strane e sconosciute fenomenologie, con popolo medio e relativi leader alieni a livelli di massa dalla realistica conoscenza dei fatti in cui sono immersi, che ragionano con logiche inappropriate, dovrebbe preoccuparci. Il mondo cambia, noi dovremmo cambiare in accordo. Se non ci daremo come priorità una più ampia ed intensa diffusione della conoscenza, rischiamo vari tipi di nefaste conseguenze dal probabile fallimento adattivo. Dovremmo tutti pretendere di “saperne di più” e non individualmente, a livello di sistema sociale, prendendo realisticamente atto del fatto che l’unica cosa che sappiamo e di non sapere abbastanza.
C’è chi ha deciso di dedicarci la sua morte per lasciarci questo messaggio. Credo ci converrebbe tenerne conto come priorità di tutte le priorità politiche, relative alla polis, alla cittadinanza.