L’EUROPA GIOCA A “GO”. Ovvero, quando la soluzione è ammettere che non c’è soluzione.

«Il mondo è una partita di Go, le cui regole sono state inutilmente complicate»

(proverbio cinese)

A Maggio 2014, commentavamo i risultati delle elezioni europee, qui  . L’espressione EU = entropia unita era un voluto ossimoro ovvero una espressione per dire due cose opposte. L’entropia è concetto di disordine mentre l’unità è un concetto di ordine per cui l’Europa ci sembrava mostrarsi come una unità formale sotto un disordine sostanziale. L’idea di -unione degli europei- portato avanti in questi decenni mostrava di interessare poco (bassa percentuale di votanti) e mostrava che il “core” dei portatori del progetto era viepiù assediato da forze ostili in crescita, tanto da costringere all’unione sistemica i due gruppi storici (conservatori e progressisti, PPE e socialisti). Tre le forze negative al sistema europeo che emergevano: 1) la freddezza emotiva che sottrae entusiasmo e benevolenza necessaria a superare difficoltà e contraddizioni disseminate in progetti così complessi;  2) la crescita di vari tipi di forze antagoniste all’idea stessa di Europa unita o al modo col quale, sino ad allora, il progetto era stato condotto; 3) una terza forza che non usciva dalla cabine elettorali ma circondava il problema ovvero la spinta centrifuga a dividere alcuni storici stati nazione in frazioni indipendenti, più o meno autonome. Il tutto, in una situazione ambientale ovvero somma di fattori ecologici, geopolitici e geoeconomici, storici, di crescente complessità, quindi difficoltà.

Nei quattro principali paesi continentali, si affermavano forze politiche (Front National, Movimento Cinque Stelle e Lega, Alternative for Deutschland, Podemos) che appartenevano alla nostra seconda notazione. Queste forze creavano pressione al core del sistema che in Italia e Germania e da Maggio 2014 anche in Europa, erano costrette ad unirsi per mantenere la guida del progetto. Successivamente, si è notato che sempre più, ha agito una ulteriore forza invisibile che è l’entropia degli interessi nazionali. Sulle questioni relative alle sanzioni russe, l’Europa occidentale è divergente rispetto a quella orientale. Sul problema dei migranti, l’Europa meridionale è divergente a quella settentrionale. Sul problema della filosofia economico-monetaria, l’Europa latina è divergente a quella barbara (divisione del limes romano, circa). Faglie orizzontali, verticali, diagonali più faglie interne ai vari quadri politici nazionali, più faglie interne alla stessa costituzione nazionale, più la storica faglia della Manica che divide l’isola britannica dal continente. Questa l’entropia.

Per avversare questo potente coacervo di forze  centrifuganti, si è posta fede in un sistema assai fragile che oltretutto si è reso anelastico subordinandolo a trattati scritti e firmati ventitre anni fa (Maastricht). Il sistema ha una natura monetaria, scissa come ormai ben sanno tutti, dal naturale sistema di riferimento in cui agisce naturalmente una moneta ovvero il sistema economico, fiscale ed infine politico. Paesi grandi e piccoli, industrializzati e non, competitivi e non, meridionali e settentrionali, avrebbero dovuto convergere all’unità di fatto, perché vincolati dalla comune fede nel vantaggio di avere una stessa moneta, forte, rigida. Nelle varie analisi critiche che mettono in luce la stramberia eurista, non sempre è chiaro l’ambiguità di fondo di questa invenzione. Essa rivela una volontà fondamentalmente debole, una intenzione di unire sì ma non troppo, una sorta di sottrazione dello strumento della competizione economica continentale che però non prelude affatto ad un successivo passo di unificazione a maggiori gradi. La retorica europeista che accompagna la difesa dell’euro è un falso storico, nessuno in Europa (a parte Scalfari) vuole qualcosa di più che non una unica moneta. La scelta della moneta, scelta fatta, ricordiamolo, in piena epoca dell’ottimismo da fine della storia, trionfo dell’Occidente e del capitalismo, era una scelta debole perché si contava su un potente vento della storia. Quando i tempi si sono fatto viepiù difficili e il vento della storia è girato, dalle contraddizioni della globalizzazione, alla tensione Ovest vs Resto del mondo, al Big Bang Lehman bro. in poi,  proprio la moneta, lo strumento che di solito viene usato come un elastico (espansiva – restrittiva) si è rivelata sia una struttura troppo debole, sia una struttura troppo rigida per tenere unita, tanta entropia divergente.

Ne conseguivamo, nella nostra analisi, la predizione di un scioglimento concordato dell’euro, da lì a non molto tempo dopo.

gioco_GO

In questi giorni, ad appena poco più di un anno da quei fatti, c’è stato un passo importante in direzione di quella predizione. La classica sabbia nella vasellina, un piccolo coacervo di eterogenee forze politiche più o meno di sinistra in un paese periferico del sistema (i sistemi si rompono sempre a partire dalla loro periferia tranne quelli molto rigidi che resistono sino a spaccarsi proprio al centro), ha portato al governo un giovanotto dall’aria cocciuta ed un po’ testarda, A. Tsipras.

Costui, si è trovato con un mandato popolare ed una chiara volontà politica a sbattere contro il nucleo duro dei guardiani del sistema debole ed anelastico che è l’euro. Giunto al punto di non poter andare né un centimetro avanti né un centimetro indietro (strappare qualche concessione significativa vs concedere qualche concessione significativa), è andato un centimetro di lato. Usare il lato in alternativa all’avanti e all’indietro è il nucleo del pensiero creativo ed il creativo Tsipras si è inventato un referendum per sciogliere il nodo del che fare? La cosa ha immediatamente provocato la reazione scomposta del nucleo duro perché convenzione basica del loro modo di operare è che le faccende si trattano in piccole stanze chiuse lontane da tutto e da tutti, lì dove lo sporco lavoro del dipanare i nodi è condotto con concreto cinismo al riparo dagli occhi dei cuori deboli che credono ancora nella giustizia, nel Manifesto di Ventotene, nella logica piana e lineare, nel bianco e nel nero,  nell’Europa dei popoli, nella inesorabilità delle leggi economiche,  nella contrapposizione “populisti vs responsabili” ed altre amenità di conforto, somministrate a piene mani delle élite informative, intellettuali e da coloro che, nel gioco, contano meno del due di coppe quando regna bastoni (a briscola). Non solo.

Il casino contraddittorio e poco estetico che accompagna la gestione di faccende così complicate, una volta che esce dalla linee telefoniche, le stanzette chiuse, i capannelli che si fanno e si disfano a secondo delle ondate di interessi nervosi, diventa non solo uno spettacolo scandaloso ma anche una dinamica ingestibile perché aizza gruppi rigidi di entità che non “sanno” dei misteri del potere e come un coro greco, sostengono opinioni ingenue che vanno tutte di qui e tutte di là, aumentando il disordine fino al caos.

In questi giorni, ci siamo concentrati nell’osservare proprio cosa succedeva in questo campo, il campo delle élite non più protette da quelli che Bobbio chiamava gli arcana imperii, la cortina impenetrabile dei segreti che protegge sempre l’esercizio del potere dagli infantili occhi delle persone normali che vivono in un mondo hobbesiano credendo però di vivere in un favola dei fratelli Grimm o in un fumetto della Marvel.

Al centro della scena abbiamo registrato…. .

Una reazione indecorosa delle élite eurocratiche che hanno sostenuto l’assurdità del regolare questioni che riguardano la vita del popolo chiedendo al popolo cosa pensa delle varie possibilità. Questa indignazione è stata fatta propria anche da alcuni commentatori che dovrebbero esser pagati come contro-poteri per bilanciare i poteri effettivi e financo da alcuni onesti “democratici” che hanno convenuto sul fatto che Tsipras fosse un vigliacco, uno che non si prende le responsabilità, una politica che ha “abdicato” alle folle, un populista sudamericano, un furbacchione tendente al pagliaccio. Wow, quanto sfoggio di lucidità equilibrata! Sul momento uno non se ne accorge e forse ancora per molti, non è chiaro il prezzo di una reazione così irrazionale ma credo che i più avveduti, se ne siano resi conto e dopo qualche telefonatina, tra cui quelle del signor Obama che va in giro nel mondo come un piazzista a vendere il pacchetto Occidente = democrazia, eccoli lì tutti allineati ad aspettare il “sacro verdetto” del popolo greco.

Lunedì, crollano le borse e prendono ad oscillare cambi e materie prime. L’intero mondo della finanza planetaria s’accorge che gli europei hanno un problemino ma poiché non lo sanno risolvere senza che questo diventi una piazzata pubblica, l’intero sistema viene preso dal punto interrogativo. Ora, il sistemone generale dell’insieme delle scommesse e transazioni che forma il capitalismo finanziario che tesse l’infrastruttura totale dell’economia globalizzata, non prevede mai l’uso del punto interrogativo o meglio del punto interrogativo che rimane aperto, che piomba nell’incertezza. L’incertezza, nei mercati, è una certezza, la certezza che non si possono fare previsioni ma poiché il sistema si basa tutto su previsioni ecco che l’incertezza è come l’aglio per i posseduti. Juncker, con l’aria di chi l’ha fatta grossa ed ha preso qualche cazziatone non da poco, martedì tira fuori l’idea di continuare a trattare magari anche solo per dare l’idea che “stiamo solo discutendo”, tranquillizzare sul fatto che prima o poi, ci sarà una quadra. I mercati sospendono il processo di fusione del nucleo e si sospendono ma per portarsi avanti, cominciano a fondere Shanghai, così, tanto prima o poi…. . La Merkel che di mestiere fa la cancelliera, chiude subito lo spiraglio del cancello che Juncker voleva tenere aperto. Rivelatrice una sua dichiarazione: attenzione, il mondo ci guarda. L’idea, forse mai nutrita veramente, di portare avanti una trattativa pubblica è ritracciata sotto una coltre di “attendemus”. Ma, dopo l’insorgenza anti-democratica, ormai sé visto e saputo che la faccenda oltre che monetaria è politica, che le élite europee fanno campagna elettorale in un paese sovrano, che il nucleo PPE-socialisti mai concederà nulla ad un rappresentante dell’area critico-scettica perché altrimenti Podemos, Grillo, la Lega, la Le Pen, che Rajoy…, che Hollande la pensa così e Merkel colà che l’incompetente di Firenze dice cose assurde con l’aria dal nervoso sorriso di chi sa di dirle. Schulz scrive la pagina più triste della socialdemocrazia europea che si consola con Pittella, il che dà l’ennesima misura del caos. Il volume di condizionamenti, minacce, ricatti, la scompostezza con cui i giocatori europei giocano la partita, denota la loro fragilità e rigidità. Affrontare problemi complessi con fragilità che porta alla rigidità (e viceversa), è garanzia di non esser in grado di risolverli. Diciotto paesi ed altrettanti governi che affrontano un paese solo ed un governo solo, magari legittimato da un chiaro ed inequivocabile mandato popolare, hanno un problema poiché se l’unione fa la forza, la non unione fa la debolezza.

Nel frattempo, ci si accorge che Obama è parecchio incazzato. Ma come, mentre lui stende la ragnatela  orientale per imprigionare il ragno russo, questi squarciano il fronte sud occidentale, lì dove Putin farà passare il Turkish stream e dove magari rischia di ottenere qualche isoletta come base nel Mediterraneo per la sua flotta insidiata prima col tentativo di guerra in Siria, poi con la rivoluzione colorata ucraina che però non è riuscita a tenersi il boccone principale, la Crimea? Guarda caso, anche qui, una penisola strategica persa per un democratico referendum… . Ma poi, a ben vedere, forse gli stessi russi e sicuramente i cinesi che mandano il Primo ministro a Bruxelles, non vogliono una Grecia de-eurizzata e quindi il coro degli “ma che c…. state facendo????” cresce, aggravando l’impressione della montante euro-tropia caotica.

L’apice della confusione si raggiunge giovedì. Il sito dell’Fmi, se ne esce con un documentino che data al venerdì precedente, in cui si dice “cari ragazzi, la faccenda è molto semplice: 1) il debito è impagabile e annienta ogni possibile azione di riequilibrio dell’economia greca; 2) si deve estendere il periodo di grazia (la sospensione di ogni forma di restituzione) da 10 a minimo 20 anni; 3) si deve tagliare di brutto (30%? 50%) e per “creditori” si deve intendere banche e stati dell’eurozona perché noi abbiamo soci internazionali che non prevedono di perdere i propri soldi poiché sono 186 stati del mondo e non siamo qui a fare beneficienza all’Europa; 4) fate 2) e 3) e dopo fate ingoiare ai greci le paginette delle riforme Juncker. Fine della storia e sbrigatevi che qui sono tutti nervosi!”. L’Fmi ha un paio di problemi anche lui. Il primo è che l’anno prossimo scade Lagarde, il secondo è che a breve, viene varato Fmi2 ovvero la banca dei Brics. Se Fmi non la smette di far da cassa lubrificante ai problemi del funzionamento del capitalismo e del bislacco sistema monetario europeo, o l’Occidente perderà la carica di Managing director del fondo che ha per diritto divino dalla sua fondazione o prima ancora, perderà come soci tutti quei paesi che hanno problemi e strategie proprie, la cui vita non può ruotare intorno ai dolori della Markel, Hollande, Grillo e Tsipras. Reuters, ieri, conferma che le cancellerie europee hanno fatto il diavolo a quattro per impedire l’uscita del documentino Fmi ma non c’è stato nulla da fare. Il riccioluto presidente dell’Eurogruppo Dijsselbloem, mostrando per l’ennesima volta l’inesorabilità del conflitto di interessi e del principio d’incompetenza che ha preso il cuore delle élite europee, sentenzia l’Fmi così: “non sanno ciò che stanno dicendo”. Dijsselbloem??? Volano stracci.

Mentre la stampa internazionale europea, da subito, ha mantenuto un finto aplomb (il Guardian, ad esempio, ha alternato giudiziosamente articoli che pendevano da un parte ed articoli che pendevano dall’altra, così la più avveduta stampa tedesca e l’italico Sole 24 ORE), le due colonne del quarto potere italico hanno brillato per scomposto livore. Repubblica si è un po’ ripresa gli ultimi due giorni ma il Corsera, il prode Fubini in particolare, ha veramente mostrato i limiti della sua poca intelligenza strategica. Come possa aver potuto il principale giornale italiano, condurre una campagna dis-informativa così imbarazzante è la domanda. Le uscite sempre più “pazzerelle” del liberato De Bortoli, contro Renzi, sembrano la risposta.

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Il punto, l’osso di questa faccenda, volendo ridurre il molteplice complesso ad uno è questo: o cade Tsipras e si dà un po’ d’ossigeno alla farsa “stiamo risolvendo il problema” stante che il problema, sino a che non si taglia pesantemente il debito, non lo si risolverà per nulla (ed a questo punto, dopo il paper Fmi, ciò è chiaro a tutti nel mondo) o il sistema euro collassa. Tagliare il debito, significa che gli stati nazionali dovrebbero assorbire enormi quantità di passivo e ciò significa sangue sudore e lacrime per paesi-economie già sull’orlo di una crisi di nervi. In accompagno, la crescita di tutte le posizioni contrarie o molto critiche all’euro-questa Europa che sono poi quelle che hanno vinto le ultime elezioni. Posizioni che crescerebbero anche se l’eurocrazia concedesse a Tsipras più del possibile che è praticamente nulla. Tecnicamente, la soluzione ci sarebbe, portare tutto il debito in carico alla BCE, rivedere i trattati ma a questo punto, la Germania uscirebbe dal sistema.

Domenica, non termina nessuna partita. Se vince il SI, il sistema guadagna qualche mese di vita. Se vince il NO nessuno sa come e chi ne uscirà. Il “go” antichissimo gioco cinese, si basa sul tentativo di non lasciare la propria pedina, in una situazione in cui non ha condizioni di possibilità, perché quando tutte e quattro le possibilità sono chiuse, la pedina lascia la scacchiera. La pedina con la E tagliata da due barrette al centro, ha tre posizioni bloccate e la mano tocca all’avversario…

Informazioni su pierluigi fagan

64 anni, sposato con: http://artforhousewives.wordpress.com/, due figli, un gatto. Professionista ed imprenditore per 23 anni. Negli ultimi venti anni ritirato a "confuciana" "vita di studio", svolge attività di ricerca da indipendente. Il tema del blog è la complessità, nella sua accezione più ampia: sociale, economica, politica e geopolitica, culturale e soprattutto filosofica. Nel 2017 ha pubblicato il libro: Verso un mondo multipolare, Fazi editore. Ogni tanto commenta notizie di politica internazionale su i principali media (Rai3, la7, Rai RadioTre Mondo, Radio Blackout ed altre) oltre ad esser ripubblicato su diverse testate on line. Fa parte dello staff che organizza l'annuale Festival della Complessità. Tiene regolarmente conferenze su i suoi temi di studio. Nel 2021 è uscito un suo contributo nel libro collettivo "Dopo il neoliberalismo. Indagine collettiva sul futuro" a cura di Carlo Formenti, Meltemi Editore.
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3 risposte a L’EUROPA GIOCA A “GO”. Ovvero, quando la soluzione è ammettere che non c’è soluzione.

  1. Marco ha detto:

    Ma allora questo è un problema senza soluzione analitica! Mi viene da pensare che l’unico comportamento possibile sia quello di continuare a recitare ognuno il proprio ruolo e lasciare che siano le “regole del caos” a decidere. Il mio ho la sensazione che sia quello di fregarmene degli interessi dei creditori europei, mondiali, interstellari. I posteri, se ce ne saranno, potranno poi giudicare, come sempre.

    Vivo sulla costa mediterranea e mi sembra di vedere le vele dei Popoli del Mare che tornano.

  2. aiace ha detto:

    … eppure, Pierluigi, conoscendo un poco il Go a me pare che tutta la situazione greca sia appesa ad una situazione di Ko dove la soluzione dell’interruzione di continuità potrebbe arrivare all’improvviso (per il bianco o per il nero) magari con la scomparsa (cattura) di un intero grosso gruppo!

    • pierluigi fagan ha detto:

      Non sono così esperto da conoscere la situazione di Ko ma per come l’hai spiegata, concordo pienamente. La situazione è bloccata e potrebbe ancora riservare sorprese “catastrofiche” (nel senso della teoria delle catastrofi, mutamenti potentemente strutturali, repentini).

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