[Commento alle elezioni europee del 25.05.14 relativamente all’Europa e non all’Italia]
Il primo significato che si può trarre dalle elezioni europee appena svolte è che esiste un insieme formale che si autodefinisce unito, si definisce o ambisce o ritiene di poter essere un “sistema”, ma tale sistema non mostra alcun deciso ordine, mostra invece una tendenza al disordine, cioè all’entropia. Questa forma di unità entropica è l’Europa.
Il commento conformista, si è affrettato a rimarcare che le elezioni sono state vinte dai conservatori (PPE) ma invero essi ottengono il peggior risultato dal ’99 e perdono anche la concreta possibilità di guidare una maggioranza di blocco, data anche la pari caduta dei liberali (ALDE). Saranno quindi obbligati ad una qualche forma di grande coalizione con i gemelli diversi dei socialdemocratici (S&D), i quali a loro volta, ottengono un risultato statico, più o meno storicamente il linea con il proprio peso. La somma quindi del “cuore del sistema” europeo (PPE+S&D+Lib), rispetto al 2009, perde complessivamente quasi il 15% del suo peso, tutto a carico della parte lib/centro-destra.
A questa parziale eclisse, fa da contraltare lo scontato successo di coloro che verso questo sistema hanno sentimenti negativi e critici in linea generale. Sono queste, varie forme di posizione politica che vanno dal rifiuto stesso dell’idea di avere un sistema europeo, alle idee di basarlo radicalmente su altri principi, con l’intermedio di averlo sì, ma in forma molto blanda ed assai meno coattiva di quanto non sia fin qui stato. Alla caduta dei conservatori euroscettici (ECR), corrisponde la salita della sinistra (GUE/NGL), un moderato incremento di un certo tipo di euroscetticismo (EFD) e l’esplosione dell’euroscetticismo radicale o euro-contrario, vero vincitore della tornata elettorale (i cosiddetti Non Iscritti = NI), stabili i Verdi (GREENS/EFA). Tutti valutati rispetto al 2009. I cosiddetti NI (FN, M5S, altri) passano da residuo marginale a terza forza del parlamento (dopo PPE e S&D) e con EFD (UKIP di Farage, Lega), rappresentano ora poco meno di un quinto del parlamento. Sempre però che riescano a costituirsi in gruppo politico in grado di districarsi nell’euro-burocrazia.
Complessivamente quindi, il “cuore del sistema” sarà costretto ad unirsi in coalizione formando l’opzione -sistema sì-, per controbilanciare l’emergere piuttosto deciso della nuova opzione –sistema no/nì-. Dinamicamente, i risultati dicono che i cittadini europei mantengono uno scarso interesse per l’idea europea (votanti stabili sotto il 50%), giudicano negativamente le politiche sin qui perseguite (caduta PPE/ALDE) e cominciano a domandarsi pure se ha senso l’idea stessa d’Europa Unita (il successo dei vari euro/Europa-no-nì).
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Non vi è dubbio però, che proprio perché l’Europa è un sistema concettualmente debole, i risultati elettorali subiscono anche una curvatura che deflette il significato europeo, piegandolo verso i significati nazionali locali. Si entra così nel frammentato mondo delle nazioni che sommano dinamiche locali a quelle generali.
Qui le cose, se possibile, vanno anche peggio per il “cuore del sistema” e per leggere il futuro di questo cuore, occorre concentrarsi sul sotto (o sovra) – sistema che meglio lo rappresenta, la Germania. In Germania, si afferma una piccola forza che propone l’uscita della Germania dall’euro (AfD) e si affloscia la forza più euro-entusiasta (i liberali FDP), di contro, si conferma il sistema Merkel – socialdemocratici. Nei grandi numeri non succede nulla di rilevante, ma nelle tendenze dinamiche è interessante notare che AfD rappresenti la prima manifestazione di una opposizione all’eurocrazia tedesca, nel ventricolo centrale del “cuore del sistema”. Ciò significa anche, che Merkel, nel suo ruolo di punto centrale del sistema eurocratico, sarà strattonata da una triplice incrocio di forze contraddittorie: 1) la forza euro-negativa che ha vinto le elezioni in Europa dal punto di vista dinamico; 2) il condominio coatto con i S&D che giocoforza saranno costretti a chiedere un allentamento delle forme più estreme di coerenza eurocratica proprio per fronteggiare, soprattutto nella varie chiavi nazionali le forze più critiche (si pensi soprattutto alla Francia, all’Italia, alla Grecia, al Portogallo, alla Spagna dove si affermano sia Izquierda Unida, sia il nuovo movimento “indignato” Podemos), condominio in cui la posizione Merkel è ulteriormente indebolita dall’eclisse dei Liberali europei e dalla stessa contrazione più generale del PPE ; 3) la piccola forza interna dell’AfD che ad ogni concessione contraria a gli interessi unilaterali dei tedeschi dovesse eventualmente porsi, possono riscuotere ulteriori dividendi. La forza di AfD va inoltre misurata non solo quantitativamente ma anche dal punto di vista dell’influenza d’opinione in quanto non è una forza popolare o populista, poiché nasce come progetto elitista.
Una deriva entropica del futuro europeo nel senso del suo governo di sistema è in questo trivio di forze eccentriche che peggiorano ulteriormente la stabilità già messa in discussione dai risultati elettorali. La Germania si trova improvvisamente sola. Senza la Francia in cui lo spettro FN, dai primi commenti francesi, è già diventato il segno inequivocabile di una crisi che non è una crisi politica da leggere solo nelle consuete forme di destra-sinistra-centro-europa sì-europa no. La Francia è e sarà sempre più in crisi perché la sua auto percezione di potenza ordinata ed ordinante è di molti gradi sovradimensionata rispetto alla sua realtà. Semplicemente, la Francia è una ex-potenza che continua ad atteggiarsi ed a ritenersi, molto più di quanto non sia oggettivamente. Questo per i francesi, sarà un lungo dramma nazionale poiché tocca corde archetipiche del sentimento nazionale e parallelamente, non farà che riflettere il ritardo di adattamento al Mondo Nuovo, sul quale i francesi sono indietro quasi quanto gli italiani, con la differenza che i secondi hanno di loro stessi una auto percezione un po’ meno fantasticante.
Paradossalmente, l’Italia potrebbe assumere allora una nuova, inedita, posizione, la posizione di un perno di moderata dialettica vs l’interesse tedesco. C’è la clamorosa (occorre riconoscerlo perché in politica nulla è peggio della negazione della realtà) affermazione del PD-Renzi, un PD che è oggi la prima forza della socialdemocrazia europea, c’è la presidenza di turno del consiglio dell’Unione, c’è l’oggettiva convergenza di interessi tra i paesi mediterranei e c’è, oltre la batosta francese, l’affermazione dei socialisti portoghesi, la contrazione dell’asse PPE-S&D spagnolo, l’affermazione di Syriza in Grecia che indeboliscono o tanto o un poco, le forze conservatrici nazionali dei paesi euro-mediterranei e pongono alle forze di governo, l’imperativo di “far qualcosa“. Ci sono dunque le condizioni potenziali affinché l’Italia possa diventare un perno di interessi bilancianti il dominio tedesco. Lo spread diminuirà, la borsa si alzerà, Blackrock vedrà crescere i suoi investimenti e tutti accorreranno in aiuto al vincitore che potrebbe ingolosirsi sognando un ruolo anche in chiave continentale.
Certo è però, che all’eventuale affermarsi di interessi mediterranei o anche debolmente social – democratici, Merkel soffrirà internamente sempre di più e in Germania, potrebbe rinforzarsi la convinzione che a questo punto, è meglio giocarsela da soli o a capo di quell’Europa del nord e del nord-est, i cui interessi tendono a divergere oggettivamente da quelli dell’Europa del sud e sud-ovest. Questo movimento eccentrico potrebbe poi esser rinforzato anche da vicende di geopolitica mondiale. E’ noto che l’interesse strategico tedesco è volto verso l’Europa dell’est, verso la Russia e verso la Cina ed è evidente che le recenti manovre statunitensi, tese a spaccare in due il mondo (o con noi o contro di noi), rappresentano un ostacolo a questi interessi che richiedono invece un mondo aperto, multipolare, dialogante. Potrebbe così venirsi a formare un quadro complesso di livello superiore in cui non agiscono più solo gli interessi nazionali in chiave continentale, ma quelli nazionali in rapporto duplice con l’ambiente continentale e con quello occidentale-mondiale. La Germania, non sarebbe più solo impegnata dalla dialettica europea nella quale avrà una posizione comunque meno forte e priva di alleati consistenti, ma potrebbe esser altresì molto coinvolta in decisioni da prendere rispetto alla penetrazione degli USA nell’est Europa e dal formarsi dell’asse Russia-Cina, nonché dal riflesso che questo nuovo gioco della geopolitica planetaria avrà sulla stessa dialettica interna europea. Occorrerà cioè vedere come si muoveranno gli interessi tra atlantisti ed euro-asiatici, tra entusiasti e perplessi del TTIP, tra gli interessi di Blackrock e del dollaro o quelli che puntano altrove, tra amanti del gas russo e quelli dello shale che per altro ancora non è disponibile e chissà quanto costerà quando lo sarà, semmai lo sarà. I britannici che su queste cose vedono lungo ad arrivano prima per consumata vocazione, hanno già deciso da tempo ed il risultato dell’UKIP, nonché le eterodosse recenti posizioni fatte filtrare dalla loro banca centrale rispetto ai sistemi monetari, dicono di un ritorno al “io gioco da sola” della sempre vigile Albione. Il Regno Unito sarà una forza in più a boicottare l’Europa, godendo tanto più sarà il disordine che si verrà a creare nel continente, as usual.
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A questo punto la previsione sul futuro dell’Europa sembra potersi dirigere verso la soluzione entropica e l’indebolimento, chissà se fino al dissolvimento, del sistema. Il sistema Europa ha una forma debole che è quella parlamentare ed una forte che è quella del sistema monetario.
Sul sistema debole soffiano venti disordinanti con forze centrifughe che tendono ad abbandonare la forma continentale perché questa non porta nulla di vantaggioso agli interessi nazionali e spesso porta solo ulteriori difficoltà di manovra politica. Inoltre va considerato realisticamente che nessuno in Europa, più o meno, vuole realmente istituire un sistema sovranazionale. Né le élite (se non per ottenere quei “vincoli esterni” che permettano loro politiche che aggirino i freni democratici nei propri paesi), né i popoli che sono per lo più all’oscuro della complessità del mondo contemporaneo, se non avvertendone gli effetti in maniera tanto incisiva, quanto confusa nella corretta attribuzione delle cause. E’ facile vedere quanto lontani siamo dalla concreta possibilità di andare incontro ad una opera così ambiziosa. A parte il Manifesto di Ventotene (1944), il retorico richiamo alla Pace perpetua di Kant (1795), a parte Habermas e pochissimi altri, si fa fatica a trovare una qualche produzione intellettuale che indaghi seriamente quanto è possibile o meno un progetto del genere. Come si possa costruire un progetto così impegnativo e così privo di precedenti, senza uno straccio di blueprint, senza una analisi complessa di una idea ai limiti della concepibilità e forse anche oltre a quelli della fattibilità, dice di come “Europa” sia un concetto privo di sostanza. Data la sua debolezza, non è difficile prevedere l’ulteriore fragilizzazione di questo sistema, dopo il voto del 25.
Il sistema forte è quello formato dal disciplinare monetario. L’interpretazione tedesca di questa costruzione (i vari trattati che ne ordinano il funzionamento) ha terminato le sue possibilità. A fronte di una crisi che non è stata prodotta dall’euro ma che questo euro ha peggiorato senz’altro, l’indisponibilità di manovrare il valore di cambio (si vedano le recenti uscite francesi al consiglio della BCE), l’impossibilità di aiutare le congiunture economiche nazionali, addirittura l’assurda pretesa di rientrare dal debito e di pareggiare i bilanci in una congiuntura negativa che tra l’altro non è congiunturale ma sistemico-strutturale, sono tutti fatti, fatti che pesano sulla sostenibilità del sistema. I bracci di ferro che si instaureranno tra tedeschi e resto d’Europa non porteranno probabilmente alcun vantaggio ad entrambi poiché gli interessi oggettivi degli uni e degli altri, non sono coincidenti o armonizzabili se non con un sovrappiù di volontà politica, di visione, che oggi non si può attribuire ad alcun leader europeo. I leaders non hanno visione, non esiste un blueprint del progetto Europa che vada al di là di quattro norme scritte da ragionieri monetaristi, le nazioni sono in difficoltà e qua e là in subbuglio, i popoli non condividono nulla di una tale possibile visione. E’ probabile che la stessa “visione” sia possibile solo per fervide immaginazioni sognanti. Ne consegue la previsione negativa, il possibile scioglimento concordato dell’euro, da qui a non molto.
L’Europa delle élite eurocratiche e quella della moneta ordo-neo-lib volge al tramonto. Sarà allora il caso di cominciare a pensare a qualcos’altro. Chi scrive è equidistante dalla posizione eurocratica, quanto da quella neo-nazionale e ritiene inconsistente, poiché fuori della realtà concreta, quella dell’ –Europa dei popoli– che è un bello slogan e niente più. Il qualcos’altro che urge pensare, dovrebbe muoversi tra due limiti, un tetto ed un pavimento.
Il pavimento è che non è una buona idea tornare ai sistemi nazionali nel mentre il mondo giunge a quasi 8 miliardi di individui, USA, Cina, India, Russia, Sud America, Africa sono in preda alle convulsioni da riassestamento geopolitico e riappaiono termini come guerra fredda, nazisti, chiudiamo le frontiere, catastrofe ambientale, la Francia ai francesi, l’Ungheria a gli ungheresi, l’India a gli indù. Sul piano monetario, economico, militare e politico, le entità stato nazionali di massa maggiore, detteranno legge nel prossimo, immediato, futuro. Avere a che fare con questa megafauna pensando di rinchiudersi nei limiti dei sistemi facili da controllare (di cui ci si illude sia possibile e facile il controllo) senza domandarsi se tali sistemi saranno in grado di giocare le partite che saranno chiamati a giocare nel Nuovo Mondo è un pensiero compulsivo. Un pensiero che dalla sinapsi –ordine sovranazionale delle élite– fa un saltino alla sinapsi –allora ripristiniamo lo stato nazione democratico!– e si ferma stremato dall’improbo sforzo. Purtroppo le cose non sono così semplici come ci piacerebbe fossero e un mondo complesso, richiede qualche sinapsi e parecchia agilità di pensiero in più.
Il tetto è che il qualcos’altro dovrebbe essere sì difficile, poiché soluzioni facili non ce ne sono in un mondo complesso, ma possibile. L’Europa dei 45 stati-nazione, quella a 28 dell’Unione e quella a 18 dell’euro sono sistemi che non hanno nessun minimo comun divisore oggettivamente perseguibile. Non sono possibili, se non in forme estremamente deboli, cioè non effettivamente politiche e costituzionali oppure -è il caso dell’euro-, sistemi che non possono funzionare date le asimmetrie delle parti. Dovendo unirsi con qualcuno, unirsi politicamente poiché avere un unico sistema politico (economico-militare-culturale) è l’unica forma possibile per costruire un nuovo soggetto che abbia un futuro nel mondo ipercomplesso, è meglio farlo tra sistemi nazionali compatibili. Sistemi che, pur nella diversità che storicamente connota le forme dello stato-nazione europeo, mostrino una qualche funzionalità possibile, un sostrato comune, un possibile interesse condiviso, una minima strategia convergente. Ad esempio una moneta di pari valore del dollaro, una geopolitica terza rispetto a gli USA e a Russia-Cina, uno sganciamento completo dall’irrazionale ideologia liberista. A nostro avviso l’Unione dei paesi euro sud-occidentali è l’infrastruttura di questa possibile forma molecolare che ha pavimento sopra lo stato nazione atomico e tetto entro le cose che hanno una qualche possibilità di funzionare, cioè di essere.
A proposito di pigs, lasciamo quindi Timmy e Tommy alle loro casette di paglia e legno e pensiamo a come Jimmi ne creò una di mattoni e cemento. Prima che i grandi Lupi Ezechiele si mettano a soffiar ancor più forte di quanto non abbiano già cominciato a fare.
Dell’idea di una Europa sud occidentale unita in una federazione democratica, abbiamo parlato qui.
L’articolo, riprendeva una originaria intuizione del filosofo di vaste simpatie hegeliane, A. Kojève. Ci sta quindi bene una citazione di Hegel (Differenza fra il sistema filosofico di Fichte e quello di Shelling, Lezione I, 14): “Quando la potenza dell’unificazione scompare dalla vita degli uomini e le opposizioni hanno perduto il loro rapporto vivente e la loro azione reciproca e guadagnano l’indipendenza, allora sorge il bisogno della filosofia“.