DANNOSO E’ TENERE UNITO CIO’ CHE E’ DIVISO.

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Le transizioni sono forti dinamiche che sottopongono ciò che le attraversa a potenti torsioni strutturali. Se ciò che le attraversa non ha una articolazione ben coordinata, prima o poi si spezzerà. Il caso del Partito Democratico italiano e quello dell’euro sono gemelli. Qui come lì, si pensa di poter tenere unite delle eterogeneità fondamentali.

Nel caso del Partito Democratico abbiamo progressisti e conservatori, sinistra (quasi) e centro, laici e cattolici, nuove e vecchie generazioni. Questo eccesso di eterogeneità venne disgraziatamente messo insieme da chi pensava possibile fare in Italia un partito copia dei partiti progressisti anglosassoni (laburisti, democratici americani). Si trattò in sostanza di una forma di pensiero magico: “lì funziona tutto ed hanno due partiti, facciamo anche noi due partiti e così funzionerà tutto”. Ma la desinenza “anglosassoni” non è lì per caso. Essa dice che la tradizione politica di quei paesi ha un minimo comun divisore forte, l’interesse della nazione a governare un impero. Intorno a questo minimo comun divisore forte si formarono già nel XVII° secolo (cioè la seconda metà del seicento…), due diverse interpretazioni, una più “lib”, l’altra più “con”. Il modello non è prelevabile dal contesto storico imperiale e replicabile a piacere, la forma è strutturalmente connessa ad una sostanza che è ciò che gli da l’ordine e ragion d’essere.

La fusione fredda che diede vita al progetto PD, portò con sé la seconda disgrazia, il sistema maggioritario, formatore di bipolarità. Oggi che l’Italia è in strutturale transizione occorrerebbe sciogliere questi treni non articolati che tendono a spezzarsi ad ogni curva e che si paralizzano ad ogni scelta. La transizione è una dinamica, rimanere rigidi in una dinamica porta al cedimento strutturale. In una transizione occorrerebbe rimanere agili, cambiare, formare-sciogliere e riformare, allearsi in un modo e poi in un altro, assecondando il potente flusso dinamico di cui si è oggetto.

Nel caso dell’euro abbiamo 17 paesi, alcuni piccolissimi altri di decine di milioni di individui, alcuni con tradizioni cattoliche, altri protestanti, meridionali e settentrionali. Alcuni di origine latina, altri di tradizioni sassoni-scandinave. Alcuni hanno prospezione internazionale, altri solo mediterranea. Alcuni hanno una struttura sociale ed economica ben definita da una storia fatta in un modo, altri in un altro. Alcuni dovrebbero poter svalutare per reggere la competizione internazionale, altri vedono l’inflazione come possibile scaturigine di quel disordine che in altri tempi portò dritti in un buco nero. Alcuni hanno una struttura bell’è pronta per andare a finanziare il proprio debito pubblico sul mercato, alcuni altri non hanno alcuna necessità di finanziare il proprio debito pubblico, altri lo hanno ingente ancorché ereditato dal passato e semmai dovrebbero scalarlo, altri ancora lo avevano ma lo stanno ri-generando proprio in questa difficile transizione. Anche qui si vorrebbe fare di questo universo delle eterogeneità un monolite, si vorrebbe uniformare ad un modello preso da uno specifico contesto, ciò che si trova in diverso contesto. E’ l’antica idea di riportare a forza il particolare all’universale, il molteplice all’unità forzosa, la metafora che in mitologia è conosciuta come “Letto di Damaste o Procuste”. Lo si vorrebbe fare -subito- laddove la diversa storia che ha depositato queste diverse strutture ha lavorato per decenni ed a volte per interi secoli (se non di più come nel caso latini-barbari). Lo si vorrebbe fare senza aver la minima possibilità di poter lubrificare l’attrito che s’ingenera nelle trasformazioni poiché privi del controllo della moneta. Lo si vorrebbe fare usando un vincolo esterno (appunto, un sistema monetario) laddove cotanta complessità storica-sociale-umana non può certo rispondere ad alcun vincolo singolare, tanto meno “esterno”, ancor meno “tecnico”. Non è un caso che la figura monetaria precedente all’euro, fosse il serpente, animale sinuoso, snodato e quindi flessibile.

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Inutile resistere a dispetto della realtà. Il PD si sciolga felice, almeno in due. Da una parte l’area socialista-socialdemocratica, dall’altra quella cristiano-popolare. Che ognuno torni a pensare ed agire secondo un principio di condivisione di fondamentali che tenga uniti ma politicamente efficaci nei passaggi più difficili, quelli delle sempre più necessarie ed importanti scelte. L’euro si sciolga almeno in due. Da una parte chi ha necessità urgente ed assoluta di una banca centrale che stampi denaro e finanzi debito pubblico a tassi ragionevoli, chi necessiti di un valore di cambio internazionale inferiore all’attuale; dall’altra chi ha necessità assolute di stabilità monetaria per dedicarsi alle esportazioni ed è in grado di pagare un tasso di cambio anche più alto, senza farne pagare il prezzo di contenimento ai primi.

Qui come lì, estremamente dannoso è continuare a tenere unito ciò che ha natura fondamentalmente difforme. La transizioni chiedono in primis di adattarsi ai tempi, chi rifiuta di cambiare (adattarsi è cambiare) è destinato all’estinzione.

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Informazioni su pierluigi fagan

64 anni, sposato con: http://artforhousewives.wordpress.com/, due figli, un gatto. Professionista ed imprenditore per 23 anni. Negli ultimi venti anni ritirato a "confuciana" "vita di studio", svolge attività di ricerca da indipendente. Il tema del blog è la complessità, nella sua accezione più ampia: sociale, economica, politica e geopolitica, culturale e soprattutto filosofica. Nel 2017 ha pubblicato il libro: Verso un mondo multipolare, Fazi editore. Ogni tanto commenta notizie di politica internazionale su i principali media (Rai3, la7, Rai RadioTre Mondo, Radio Blackout ed altre) oltre ad esser ripubblicato su diverse testate on line. Fa parte dello staff che organizza l'annuale Festival della Complessità. Tiene regolarmente conferenze su i suoi temi di studio. Nel 2021 è uscito un suo contributo nel libro collettivo "Dopo il neoliberalismo. Indagine collettiva sul futuro" a cura di Carlo Formenti, Meltemi Editore.
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6 risposte a DANNOSO E’ TENERE UNITO CIO’ CHE E’ DIVISO.

  1. bortocal ha detto:

    sembra che tu non sia mai stato in India….

    come non rendersi conto di quanto sia provinciale e cattolica questa idea degli stati fondati su una perfetta omogeneità.

    tendno poi conto di che cosa è l’Italia e di che razza di contraddizioni che la attraversano dal Sued Tirol a Pantelleria, quasi maggiori di quelle tra i diversi stati europei….

    • pierluigi fagan ha detto:

      Scusa ma non vedo pertinenza tra il tuo commento e quanto scritto. Cosa c’entra L’India o l’Italia? Stavo parlando di un partito politico e di un sistema monetario, non di uno stato nazione. E’ un fatto che il PD non funzioni (vedere le ultime elezioni) ed è un fatto che l’euro non funzioni (vedere la cronaca economica-finanziaria degli ultimi mesi/anni). Sono casi in cui la sintesi non è stata fatta o non è riuscita, ostinarsi a tenere assieme un aggregato che non diventa un sistema è dannoso per tutti coloro che ne fanno parte. Cordialmente.

      • bortocal ha detto:

        sul partito politico sono d’accordo se si tratta di un partito che tiene insieme idee opposte (come attualmente il Partito Democratico), ma non se prova a coordinare visioni semplicemente diverse, che tuttavia possono avere obiettivi comuni.

        sull’euro dissento completamente: è facile dire che non funziona, ma basta pensare in che condizioni sarebbe l’Europa se non avesse l’euro: non parliamo dell’Italia, poi.

        e mi piacerebbe pensare in che condizioni si troverebbero gli Stati Uniti se si dissovesse la Confederazione e il dollaro fosse sostituito da 52 monete nazionali.

        il vero problema è che l’euro è una unione soltanto monetaria e che l’Europa deve assumere rapidamente una struttura politica federale che ostacoli l’attuale egemonia della grande finanza, facilitata dalla debolezza e frammentarietà dei centri di decisione politica.

        opinione naturalmente, ma la ripetizione dei luoghi comuni imperversa, vedo.

        ricambio cordialità e ci aggiungo un pizzico di stima, che non guasta.

      • pierluigi fagan ha detto:

        Sull’euro tornerò con post dedicati a partire da Settembre/Ottobre. La mia personale posizione prende atto che l’unione monetaria così come è stata fatta non funziona. Da altri post che potrai leggere se ritieni, vedrai che la mia è in genere una posizione sistemica e che non sono certo favorevole ad un ritorno alle monete nazionali semplicemente perché ritengo che lo stato-nazione di tipo europeo, tenda ad avere sempre meno senso per ragioni inspiegabili in un commento come questo. Facendo esercizio di illuminismo kantiano, cioè provando a ragionare con la propria testa, si può provare a pensare a qualcosa che non sia né l’Europa a 17 o 28 che è un progetto senza alcun dato di realismo, né il ritorno alle nazioni ottocentesche. La mia posizione segue quella di alcuni (come l’economista B. Amoroso, ma non solo) che pensano a due zone, una “mediterranea” ed una “germano-scandinava”. Questo proprio perché una unione monetaria, non può che non essere una unione economica ed una unione economica non può che non essere una unione politica ed una unione politica deve fare i conti con le storie e le culture dei popoli. Ma ci sarà tempo di riparlarne. Grazie comunque per lo scambio di idee, fa sempre bene… .

      • bortocal ha detto:

        certamente leggerò i tuoi prossimi post sull’argomento, sono abbonato al tuo blog.

        è già interessante per me sapere che non sei a favore del ritorno alle monete nazionali, e questo almeno ti distingue dalla destra.

        ma neppure l’idea di una doppia valuta europea mi convince; gli Stati Uniti hanno avuto differenze storiche, economiche e culturali, fra Nord e Sud, ben maggiori; e dunque la guerra di Secessione che unificò gli Stati Uniti dunque è stata un grave errore storico?

        esistono due civiltà europee, una del Nordeuropa ed una dell’Europa meridionale, che debbano avere due storie future distinte?

        sarebbe una bella condanna per noi, dato che immagino che il fascismo da Franco a Mussolini ai colonnelli greci sia l’unico collante di questa Europa seconda, affidata a se stessa.

        comunque chiedo scusa di quest’ultima replica e aspetto di leggere – e forse anche di criticare – ancora.

  2. Pingback: piccolo e stupido è bello. | I discutibili

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